SALUTE E BENESSERE

96 Lezioni di Felicità - Anteprima del libro di Marie Kondo

Perfezionare i vostri sensori di felicità

Perfezionare i vostri sensori di felicità

LEZIONE 2 - Riordinare significa fare i conti con voi stessi; pulire significa affrontare la natura

«Questa volta lo faccio sul serio! Mi lancio nelle pulizie di fine anno!»

In Giappone questo è il periodo in cui tradizionalmente si fanno le pulizie in previsione dell'anno nuovo (come le pulizie di primavera in altri Paesi). Ogni dicembre, i programmi televisivi e gli articoli delle riviste impartiscono consigli e i detergenti e altri prodotti per l'igiene della casa sono messi in bella mostra nei negozi. Alcuni si buttano nell'impresa come se fosse un evento di portata nazionale, che sembra addirittura inscritto nel DNA dei giapponesi.

A cose fatte, però, moltissima gente dice: «Mi sono impegnato sul serio, ma non sono riuscito a finire per Capodanno». Quando chiedo loro cos'hanno fatto, capisco che hanno riordinato pulendo. In altre parole, hanno gettato via, senza metodo, tutti gli oggetti inutili capitati a tiro, hanno pulito i pavimenti e le pareti a mano a mano che si liberavano da ciò che li ingombrava, hanno regalato scatoloni di libri per poi spolverare gli scaffali finalmente liberi...

Vorrei essere molto chiara. Con questo approccio, passerete il resto della vita a riordinare. È naturale che le pulizie di fine anno non vengano completate. Sarò sincera. Per anni la mia famiglia e io abbiamo usato lo stesso approccio, e non siamo mai riusciti a sistemare davvero casa nostra entro la fine dell'anno.

Le parole riordinare e pulire sono spesso usate come sinonimi, invece si tratta di due operazioni completamente distinte. Se non lo capite, casa vostra non sarà mai pulita per davvero. Tanto per cominciare, l'obiettivo è diverso: il riordino si concentra sugli oggetti, la pulizia sullo sporco. Entrambi mirano a dare un aspetto pulito a una stanza, ma riordinare significa spostare oggetti e metterli al loro posto, mentre pulire significa spazzare e spolverare per eliminare la sporcizia.

La responsabilità del disordine e della confusione ricade al 100% sull'individuo. Le cose non si moltiplicano di loro spontanea volontà, ma solo se vengono comprate o ricevute da qualcun altro. Il disordine si crea quando non rimettete al loro posto gli oggetti. Se una stanza è invasa dal disordine «senza che ve ne accorgiate», è solo colpa vostra. In altre parole, riordinare significa fare i conti con voi stessi.

La polvere, invece, si accumula da sé. È una legge della natura: polvere e sporcizia possono solo aumentare.

Quindi pulire significa affrontare la natura. Bisogna lavare regolarmente per rimuovere la sporcizia che si accumula in modo naturale. Ecco perché in Giappone a fine anno si fa «pulizia», e non «riordino». Se volete riuscire a concludere le pulizie di fine anno nel tempo stabilito, il segreto sta nell'ultimare, prima, la vostra maratona di riordino.

Nel mio primo libro spiegavo che una «maratona di riordino» consiste nel procedere a un'eliminazione veloce e completa degli oggetti ormai inutili, e nel decidere dove mettere quelli che avete deciso di conservare. Si tratta di un'operazione da sbrigare una sola volta. Una volta presa la decisione e completato questo processo, potrete concentrarvi veramente sulle pulizie di fine anno. Spesso chi pensa di non saper pulire in realtà non sa riordinare. I miei clienti, che hanno messo definitivamente ordine in casa loro, affermano che le pulizie sono diventate velocissime. Anzi, si divertono pure, mentre prima era un'incombenza che li faceva sentire degli incompetenti.

La pulizia del tempio fa parte delle pratiche buddhiste, riordinarlo no. Mentre puliamo possiamo svuotare la mente intanto che le mani si muovono, invece il riordino ci impone di pensare a cosa scartare, cosa tenere, dove mettere tutto ciò che conserviamo. Si potrebbe dire che con il riordino ordinate anche la mente, mentre con la pulizia la purificate. Se volete pulire casa in previsione di Capodanno, cominciate con una maratona di riordino. Per quanto vi impegniate, infatti, casa vostra non sarà mai linda fino in fondo se prima non fate ordine.

LEZIONE 3 - Se non sapete cosa vi ispira felicità, cominciate da ciò che è più vicino al vostro cuore

«Mi fa sentire... ecco... sì, mi fa sentire felice. Penso che mi trasmetta una sensazione di gioia, o forse... è una via di mezzo tra la gioia e l'assenza di gioia.»

Nel corso della sua prima lezione, la mia cliente è come paralizzata davanti a una montagna di indumenti. Stringe in mano una maglietta bianca, e ha accanto a sé un sacco della spazzatura, pronto per l'uso. Rimette la maglietta sulla pila e afferra un cardigan grigio. Dopo averlo fissato per dieci secondi, alza lentamente lo sguardo. «Non so che effetto faccia la felicità» ammette infine.

Come ormai ben sapete, il segreto del mio metodo sta nel conservare solo ciò che suscita gioia e nell'eliminare tutto il resto. Vi sentite felici quando lo toccate?

Se per certe persone si tratta di un criterio facile da afferrare, molte altre non sanno cosa significhi, e i miei clienti non fanno eccezione alla regola. Quando ciò accade, assegno loro questo esercizio.

Scegliete i tre elementi di questa pila che vi trasmettono più gioia. Avete tre minuti per decidere.

Nel caso appena descritto, la mia cliente si fermò per riflettere qualche istante. «I primi tre...» borbottò. Si mise poi a frugare nel cumulo di indumenti, ne estrasse cinque e li dispose in fila. Dopo averne cambiato l'ordine diverse volte ne rimise due sulla pila e, allo scadere del tempo, dichiarò con sicurezza: «Sono questi tre, da destra a sinistra!» Aveva davanti un abito bianco con una stampa a fiori verdi, un maglione beige di mohair, e una gonna a fiori blu.

«Ecco!» le dissi. «Questa è felicità!»

Ero serissima. Il modo migliore per capire cosa vi rende felici oppure no sta nel procedere a dei confronti. All'inizio, a meno che non abbiate le idee estremamente chiare, è difficile decidere se qualcosa vi rende felici esaminandolo singolarmente. Quando lo paragonate ad altri articoli, però, le vostre sensazioni si definiscono meglio. Ecco perché è tanto importante selezionare una categoria alla volta, cominciando dai capi di abbigliamento.

Questa classifica dei tre articoli preferiti può essere applicata anche ad altre categorie. Se siete indecisi su libri oppure oggetti da collezionismo, provate ad adottare questo metodo. Purché vi limitiate a un'unica categoria, scoprirete che non solo riuscirete a identificare i tre elementi favoriti, ma che sarete in grado di stilare una classifica per tutto il resto. Naturalmente, assegnare una posizione a ogni oggetto richiederebbe parecchio tempo, ma quando avrete scelto i primi dieci o venti elementi vedrete che tutto ciò che viene dopo una certa posizione non ha più nessuna utilità per voi. Scoprire il vostro «confine di felicità» personale è un processo affascinante.

Vorrei anche condividere con voi un altro trucco speciale per trovare ciò che vi rende felici già all'inizio dell'operazione di scelta degli abiti: cominciate da quelli che indossate vicino al cuore. Riuscite a capire perché? Perché è lì che provate felicità: nel cuore, non nella testa. Più un indumento è vicino al cuore, più la scelta è facile. Ad esempio pantaloni e gonne sono più facili delle calze, ma camicie e magliette sono più facili di pantaloni e gonne. In teoria biancheria intima, reggiseni e canottiere sono gli indumenti più vicini al cuore, ma molta gente non ne possiede abbastanza per fare un confronto. Vi consiglio, quindi, di cominciare con le parti di sopra.

Se non siete sicuri di un certo capo, non limitatevi a toccarlo: abbracciatelo. La differenza nella reazione del vostro corpo quando ve lo premete sul cuore può aiutarvi a capire se vi ispira gioia. Provate a toccare, abbracciare, fissare i vestiti dei quali non siete certi. Come ultima possibilità potete anche provarli. Se avete molti capi da esaminare, è meglio creare una pila a parte e provarli tutti insieme quando avete finito di selezionare gli altri abiti.

All'inizio può essere difficile capire cosa vi provoca un brivido di gioia. Una delle mie clienti impiegò addirittura un quarto d'ora a decidere cosa fare del primo indumento che prese in mano. Anche se avete l'impressione di metterci molto tempo, non preoccupatevi. La differenza di velocità riflette semplicemente la differenza di durata dell'esperienza. Se all'inizio dedicate un tempo sufficiente alla scoperta di ciò che vi riempie di felicità, la velocità delle decisioni accelererà quasi subito. Non lasciatevi abbattere, quindi. Se continuate a provare, anche voi arriverete a quel livello.

LEZIONE 4 - «Potrebbe servirmi ancora» è una frase tabù

Una delle domande che i miei clienti mi rivolgono più spesso è: «Cosa fare delle cose necessarie ma che non contribuiscono alla mia felicità?» Molti sono indecisi sulla sorte da riservare agli indumenti che hanno un uso esclusivamente pratico, come la biancheria invernale, lunga, che si indossa solo nei giorni più freddi dell'anno. Lo stesso vale per utensili come forbici o cacciavite. «Non è un oggetto che mi faccia impazzire, ma ne ho bisogno, no?» È un discorso che sento ripetere spesso, e la mia risposta è sempre quella: se davvero non vi dona un briciolo di felicità, eliminatelo pure! Se, a quel punto, il mio cliente dice: «Mmh, perché no? Ora lo butto», va bene così. Più spesso, però, protesta. «No, aspetti, ne ho bisogno», o «Ma a volte lo uso». In questo caso, li incoraggio a conservarlo senza farsi scrupoli. Forse vi sembrerà una risposta irresponsabile, ma si basa su molti anni di esperienza.

Cominciai a studiare sul serio l'arte del riordino quando ero alle scuole medie. Dopo essere passata attraverso una fase in cui buttavo tutto come una specie di robot, scoprii l'importanza del conservare solo ciò che sprigiona una scintilla di gioia, un approccio che da allora ho sempre applicato. Mi sono liberata, almeno temporaneamente, di innumerevoli oggetti che non mi rendono felice e, per essere sincera, la loro assenza non ha mai causato catastrofi. Trovavo sempre, in casa, qualcosa che fungeva da sostituto.

Ad esempio, un giorno gettai un vaso sbeccato e il giorno dopo ne ebbi bisogno. Creai un sostituto perfetto coprendo una bottiglia di plastica con un tessuto che amavo. Dopo avere gettato un martello la cui impugnatura era rovinata, per piantare chiodi usai una padella. Da quando ho eliminato gli altoparlanti dello stereo, che erano pieni di spigoli e non mi davano alcuna gioia, come altoparlanti utilizzo le cuffie.

Naturalmente, se qualcosa proprio mi serve, lo ricompro, ma ormai non mi capita più di accontentarmi della prima cosa che mi capita a tiro. Osservo attentamente l'aspetto, la sensazione che mi dà in mano, la praticità e qualunque altro fattore importante per me, finché non trovo proprio quello che fa al caso mio. E questo significa che scelgo il meglio che c'è, un oggetto che avrò caro per tutta la vita.

Mettere in ordine non è solo decidere cosa conservare e cosa scartare. È invece un'ottima opportunità per imparare, per valutare e perfezionare il rapporto che avete con i vostri oggetti e per realizzare lo stile di vita che vi rende più felici. Il riordino non vi pare ancora più divertente, visto da questa prospettiva?

Può sembrare un po' drastico, ma sono convinta che disfarsi, almeno una volta, di tutto ciò che non vi emoziona è il modo più efficace per circondarvi solo di cose che vi rendono felici.

«Potrebbe servirmi ancora.» Credetemi, non succederà mai. Potete farne a meno. Per chi si imbarca in una maratona di riordino, questa frase è tabù.

LEZIONE 5 - Chiedetevi cosa fanno per voi quelle cose necessarie che non vi rendono felici

Come ho appena detto, mi capitò di sostituire un vaso appena gettato con una bottiglia di plastica. Era leggera, infrangibile e, quando non mi fosse più servita, non avrei avuto bisogno di un posto dove riporla, l'avrei semplicemente gettata. Potevo anche tagliarla per darle le dimensioni che volevo e cambiare il rivestimento di tela per conferirle un aspetto ogni volta diverso. Anche se nel frattempo mi sono comprata un vaso di vetro che mi piace, uso ancora le bottiglie quando ho troppi fiori per un solo vaso.

Anche usare le cuffie come altoparlanti fu un'ottima soluzione per il mio stile di vita semplice. Alzavo il volume abbastanza da sentire, ma senza posarmele sulle orecchie. Agli appassionati di musica forse verranno i brividi, ma a mio avviso il volume e la qualità del suo no erano più che adeguati per la mia stanza, e ne ero soddisfatta. Non saprei da dove cominciare se dovessi elencare tutti i nuovi piaceri scoperti eliminando cose. Detto questo, devo ammettere che esistono alcune eccezioni. Prendiamo l'aspirapolvere, ad esempio. Me ne liberai perché era un modello vecchio, e mi misi a pulire scrupolosamente il pavimento con tovagliolini di carta e stracci. Alla fine, però, ci impiegavo troppo, e dovetti comprare un aspirapolvere nuovo.

Poi, vi fu la storia del cacciavite. Dopo averlo gettato via, provai a usare un righello per avvitare una vite allentata, ma questo si ruppe proprio al centro. Mi venne da piangere perché l'adoravo, quel righello.

Tutti questi incidenti erano dovuti alla mancanza di esperienza e alla sconsideratezza tipiche della giovinezza. Dimostravano che non avevo ancora perfezionato la capacità di capire cosa mi procurasse felicità. Ingannata dalla banalità di quegli oggetti, non ero riuscita a capire che in realtà mi piacevano. Immaginavo che, se una cosa mi trasmetteva gioia, avrei dovuto provare un brivido di eccitazione che mi desse il batticuore. Ora la penso diversamente.

Le sensazioni di fascino, entusiasmo o attrazione non sono le uniche indicazioni di felicità. Un oggetto semplice che vi fa sentire a vostro agio, un alto grado di funzionalità che vi facilita la vita, il senso di adeguatezza, la consapevolezza che un articolo è utile per le nostre vite quotidiane: anche tutto questo è indice di felicità.

Se qualcosa, invece, non emette alcuna scintilla di gioia, possiamo liberarcene senza remore. Quando ci sentiamo combattuti vi sono tre ragioni possibili: l'articolo ci infondeva gioia un tempo ma ha esaurito il proprio scopo; ci rende felici ma non ce ne rendiamo conto; dobbiamo tenerlo anche se non ci dà nessuna emozione positiva. Di questa terza categoria fanno parte i contratti, gli indumenti formali egli abiti da lutto, gli accessori vari da usare ai matrimoni, funerali e altre occasioni speciali, e gli oggetti che, se eliminati senza permesso, potrebbero suscitare reazioni negative da parte di altre persone, specie dei famigliari.

Ho un segreto per aumentare il livello di felicità trasmesso dagli oggetti necessari ma che non ci fanno vibrare di emozione: riempiteli di elogi. Fate loro sapere che, sebbene non vi facciano battere il cuore, ne avete bisogno.

Potreste dire qualcosa del genere.

«Ehi, guardati, sottoveste. Sei proprio formidabile. Nerissima, liscia come raso, migliori l'aspetto degli abiti che indosso sapendo essere discreta. Che grazia, che eleganza, che fascino! Sei davvero preziosa!»

Oppure: «Caro vecchio cacciavite, forse non ti uso spesso, ma quando ho bisogno di te il tuo contributo è essenziale. Grazie a te riesco a montare uno scaffale in pochissimo tempo. E mi hai salvato le unghie, anche. Le avrei rovinate se le avessi usate per girare le viti. E che bel design! Sei forte, robusto, freddo, con un aspetto moderno che ti permette di distinguerti dagli altri».

Forse sulla carta può sembrare un po' patetico, ma se parlando fate un po' di scena, esagerando, sarà divertente. Il punto è proprio questo. Gli oggetti che ci sono necessari rendono più felici le nostre vite. Dovremmo quindi trattarli come fonti di felicità. Attraverso questo processo impariamo a identificare accuratamente anche gli oggetti che, pur essendo dotati solo di uno scopo pratico, contribuiscono alla nostra felicità.

Un punto che tocco abitualmente nel corso delle mie lezioni riguarda l'importanza dell'apprezzare ogni oggetto che usiamo. Si tratta di un metodo molto efficace per affinare il nostro giudizio. Quando i clienti cominciano a passare in rassegna gli utensili da cucina, sanno affermare con sicurezza che una banalissima padella o un vecchio frullatore li rendono felici. Oppure può accadere il contrario. Alcuni scoprirono che nessuno degli indumenti che indossavano per recarsi al lavoro li rendeva felici. Quando cercammo di coglierne il motivo, capimmo che era il lavoro stesso a non entusiasmarli. Se anche gli oggetti che sembrano non procurare alcuna gioia ci fanno, al contrario, felici, la mancanza di qualsiasi coinvolgimento da parte nostra non è che un riflesso della nostra voce interiore. Questo dimostra quanto è profondo il rapporto tra noi e ciò che possediamo.

Quando, durante il processo del riordino, impariamo a capire cosa ci trasmette felicità, impariamo anche a conoscerci meglio. Questo è lo scopo ultimo del riordino.

Questo testo è estratto dal libro "96 Lezioni di Felicità".

Data di Pubblicazione: 30 settembre 2017

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