SAGGI E RACCONTI   |   Tempo di Lettura: 7 min

Best Brain - Anteprima del libro di Garth Sundem

Intuizione o energia: fai bene a schiacciare il tasto snooze?

Intuizione o energia: fai bene a schiacciare il tasto snooze?

Avrai già sentito parlare di onde cerebrali, ma forse sarai curioso di sapere come funzionano. Immagina che gli 86 miliardi di neuroni che hai nella testa siano grilli. Quando uno frinisce, non succede granché: non sarà certo un singolo grillo a permetterti di versare una tazza di caffè, o a farti venire in mente una risposta brillante. Perché i tuoi grilli cerebrali non lavorano indipendentemente, ma si uniscono nella tipica cacofonia pulsante di una notte d’estate.

In realtà questi grilli possono produrre ritmi diversi. Quando dormi, i grilli neuronali del tuo cervello «friniscono» più lentamente rispetto a quando sei sveglio.

Inoltre, proprio come in una notte d’estate, le onde cerebrali create dal frinire dei neuroni sono come un rumore di fondo. Quando sei sveglio, qualsiasi cosa tu faccia o pensi avviene su un pattern chiamato «onde beta». Nel sonno più profondo entrano invece in gioco le onde delta. Se potessi ascoltarle, ti accorgeresti che le prime hanno un tono più acuto, mentre le seconde suonano come se quei grilli interpretassero una sezione di bassi orchestrali. Tra questi due pattern ci sono le onde alfa del rilassamento cosciente e le onde teta del sonno leggero.

Ogni onda cerebrale è dunque associata a un livello di sonno o di veglia. Lo scopo di una sveglia è mandare in tilt quei grilli, costringendoli a frinire secondo il pattern da te prescelto. Ovviamente, contro la dittatura della sveglia c’è un ultimo baluardo: il tasto snooze! Il desiderio di schiacciarlo e tornare a dormire ancora un po’ è pari soltanto al bisogno di dare un’occhiata a Facebook mentre sei al volante, o alla pulsione irresistibile di grattare la puntura di una zanzara.

Ma devi chiederti: faccio bene a rimandare la sveglia? Sì e no.

Ecco un motivo per cui la risposta è no: non sarebbe bastato puntarla cinque, dieci o quindici minuti più tardi? Liberandoti del vizio dello snooze potresti dormire un po’ di più, e quei pochi minuti potrebbero essere sufficienti al cervello per giungere allo stato naturale di veglia, senza dover passare per la doccia gelata di quel trillo fastidioso. Se regolarizzassi gli orari del sonno, il tuo corpo saprebbe esattamente quando giunge la conclusione di quella che viene definita «fase NI», e invece di scivolare in un’altra fase del ciclo, ti sveglieresti spontaneamente. Se quel quarto d’ora che ti concedi ritardando la sveglia lo utilizzassi invece per arrivare alla conclusione della fase NI, il tuo cervello e il tuo corpo ne farebbero miglior uso dormendo per davvero, invece di indugiare in una sorta di torpore.

Ma ecco un motivo per cui la risposta (a volte) può essere sì. Hai mai avuto un’improvvisa folgorazione? Un’intuizione ti ha mai colpito come un lampo? Quando è successo? Per caso è stato mentre facevi una doccia calda o nel cuore della notte? È probabile. Il cervello che gravita su un cuscino di onde teta, infatti, è predisposto all’intuizione: in pratica, quando ti rilassi facendo una doccia o ti trovi nella zona di confine tra onde alfa e teta della fase del sonno NI, il cervello è pronto a ricevere messaggi dall’esterno. Puoi trovarti in una fase N1 fra i diversi cicli di sonno, oppure stai lasciando vagare lo sguardo fuori dalla finestra in un giorno di pioggia, quando ecco che arriva un’intuizione (che nel tuo cervello assume la forma di un’esplosione di onde gamma ad alta frequenza).

Se hai bisogno d’energia, lascia quindi perdere il pulsante snooze e abituati a rispettare orari regolari, così da favorire un risveglio naturale. Ma se ti serve un’intuizione, prova a schiacciare lo snooze e inizia a navigare a cavallo delle onde alfa e teta, sulla linea di confine tra sonno e veglia. Il tuo cervello potrebbe finalmente fare luce su qualcosa che finora era rimasto ostinatamente oscuro.

La differenza tra sonno e veglia

Perché siamo qui? Siamo soli nell’universo? Cosa vuol dire essere coscienti? Perché le foto dei gatti diventano virali su Facebook? Esiste una risposta soddisfacente solo per una di queste domande, quella sull’essere coscienti. E illustra cosa accade la mattina, quando rientri nel tuo corpo.

La spiegazione è frutto di una lunga serie di ricerche di Francis Crick (celebre per le sue scoperte in materia di DNA) e Christof Koch, dell’Allen Institute for Brain Science di Seattle. I due partirono da una domanda assai semplice: c’è un’area del cervello che si accende durante tutte le esperienze coscienti? Se i diversi aspetti sensoriali, motori e cognitivi fossero descritti in un diagramma di Venn, che rappresenta graficamente gli insiemi, in quali punti si sovrapporrebbero i loro cerchi?

Ciò che scoprirono fu il claustro, una lamina di neuroni spessa un millimetro che divide gli emisferi del cervello. È presente in tutti i mammiferi ed è connessa a tutti gli attori protagonisti racchiusi nel tuo cranio, tra cui la corteccia prefrontale, la corteccia uditiva, la corteccia visiva, la corteccia motoria primaria, la corteccia premotoria, e molte altre aree funzionali. Se il claustro smettesse di funzionare, la coscienza andrebbe in tilt? Ovviamente non è possibile (né etico) mettere fuori uso il claustro di un paziente per indagare gli effetti sulla sua coscienza. A volte si presentano però casi eccezionali che possono essere illuminanti.

Uno di questi riguarda la cura dell’epilessia. Negli epilettici, c’è un’area del cervello che si accende in maniera anomala: l’elettricità si «propaga» nei tessuti circostanti, rimbalzando nel cervello come una pallottola in una cassa toracica, spesso con conseguenze altrettanto devastanti. Per curare i casi più gravi e debilitanti, i medici esplorano l’interno del cervello di pazienti coscienti, in cerca dell’origine del problema, e provano in qualche modo a rimediare con l’inserimento di un sofisticato pacemaker elettrico. Solo che l’epilessia può interessare qualsiasi area del cervello, e trovarne la fonte può rappresentare un compito assai impegnativo.

È proprio ciò che è successo a Mohamad Koubeissi e ai suoi colleghi quando si sono ritrovati con una paziente di cinquantaquattro anni colpita da «epilessia incurabile», secondo la loro diagnosi. In un lavoro pubblicato nel 2014 su Epilepsy and Behavior, viene illustrato ciò che è accaduto durante quella che viene definita «mappatura tramite stimolazione elettrica», allorché i chirurghi si sono messi a intervenire sul claustro della paziente. «La stimolazione dell’elettrodo claustrale ha prodotto sistematicamente un completo arresto del comportamento volitivo, con insensibilità e amnesia, senza sintomi motori negativi o mera afasia.» In parole povere, quando Koubeissi è intervenuto sul suo claustro la paziente ha perso conoscenza. Non appena ha smesso, è tornata subito cosciente. Durante la mappatura cerebrale, di solito, i pazienti leggono ad alta voce o svolgono qualche altra attività mentale, in modo da mostrare ai medici come gli stimoli elettrici influenzino le diverse funzioni cerebrali. Nel caso appena citato, quando Koubeissi ha immesso impulsi elettrici ad alta frequenza nel claustro della sua paziente (vale a dire, lo ha «fritto»), costei ha smesso di leggere e di reagire agli stimoli dell’equipe medica, mentre il suo corpo è precipitato lentamente in una condizione di profondo rilassamento. Ha riaperto gli occhi e ha continuato a leggere solo quando l’impulso è stato interrotto.

In un articolo pubblicato su Forbes, Koubeissi definisce il claustro «l’interruttore del sonno», paragonandolo alla chiave di avviamento di un’auto. La comprensione della differenza tra sonno e veglia, coscienza e incoscienza, è ancora ai primi stadi, e le possibilità di convalidare le teorie tramite esperimenti non si presentano così spesso. Ma c’è un aspetto affascinante: stiamo cominciando a capire la collocazione e il funzionamento della coscienza umana, e ciò potrebbe permetterci non solo di rintracciarne le radici, ma anche di replicarla. Comprendere la differenza tra sonno e veglia nel cervello umano potrebbe consentirci di creare una «consapevolezza artificiale».

Questo testo è estratto dal libro "Best Brain".

Data di Pubblicazione: 2 ottobre 2017

Ti è piaciuto questo articolo? Rimani in contatto con noi!

Procedendo con l'invio dei dati:

Lascia un commento su questo articolo

Caricamento in Corso...