SALUTE E BENESSERE

Breve Storia del Tutto - Anteprima del libro di Ken Wilber

C’è differenza tra sesso e genere?

Si parla di sesso in Sex, Ecology, Spirituality?

Certo, con tanto di grafici e diagrammi.

Tu scherzi...

Sì, sto scherzando; ma la sessualità è comunque uno dei temi principali, specialmente in relazione al genere.

C’è differenza tra sesso e genere?

Comunemente si utilizzano le parole “sesso” o “sessualità” per riferirsi agli aspetti biologici della riproduzione umana, e “genere” per intendere le differenze culturali tra uomini e donne che emergono come corollario delle differenze sessuali o biologiche. Di solito si fa riferimento alle differenze sessuali utilizzando i termini “maschio” e “femmina”, mentre per le differenze culturali si impiegano gli aggettivi “maschile” e “femminile”; tuttavia, se da un lato le caratteristiche di maschi e femmine sono ben definite biologicamente, ciò che può essere definito maschile o femminile in gran parte è una creazione culturale.

Quindi il segreto sta nello stabilire quali caratteristiche riguardino il sesso e quali il genere?

In un certo senso è così. Le differenze sessuali tra maschio e femmina, essendo principalmente biologiche, sono universali e interculturali: ovunque i maschi producono sperma, mentre le femmine producono ovuli, partoriscono, allattano, e così via. Ma le differenze tra maschile e femminile vengono create e modellate principalmente dalle diverse culture in cui i maschi e le femmine crescono.

Una parte dell’attuale attrito tra i sessi riguarda il fatto che, mentre le differenze tra maschi e femmine sono biologiche e universali e quindi non si possono cambiare molto, ciò che è maschile o femminile in molteplici modi è un prodotto della cultura e si riferisce a ruoli che effettivamente possono essere cambiati, almeno riguardo ad alcuni aspetti significativi. Noi, come cultura, ci troviamo in mezzo al difficile e insidioso processo di cambiamento di questi ruoli di genere.

Ad esempio?

Be’, anche se in media il corpo del maschio è più muscoloso e fisica-mente più forte di quello della femmina, non significa necessariamente che “maschile” sia sinonimo di “forte e volitivo” e “femminile” implichi “debolezza e passività”. Ci troviamo in un periodo di transizione nel quale i ruoli maschili e femminili vengono ridefiniti e ricreati, un fatto che ha gettato sia gli uomini che le donne in una spirale di vicendevoli critiche, pungenti e rancorose, e in vari tipi di guerre di genere.

Parte del problema consiste nel fatto che mentre i ruoli maschili e femminili in effetti possono essere ridefiniti e rimodellati, e si tratta di un rinnovamento quanto mai necessario già da lungo tempo, nondimeno le caratteristiche di maschi e femmine non possono essere cambiate molto, e nel nostro tentativo di livellare le differenze tra maschile e femminile siamo pericolosamente vicini al voler eliminare le differenze tra maschio e femmina. Mentre la prima trasformazione è una buona idea, l’altra è un’impresa semplicemente impossibile. Suppongo che il segreto stia nel conoscere la differenza tra i due.

Quindi alcune differenze tra maschi e femmine sono fatte per rimanere, mentre cè bisogno di cambiarne altre?

Così sembra. Continuando a esaminare le differenze tra uomini e donne, riferite sia al sesso che al genere, in effetti se ne trovano alcune, perfino in ambito culturale, che riemergono continuamente in tutte le civiltà. In altre parole, a livello interculturale tendono a ripetersi non solo determinate differenze di sesso, ma anche di genere.

E come se le differenze sessuali biologiche tra uomini e donne fossero una base così forte da tendere a invadere l’ambito culturale, e quindi manifestarsi anche sotto forma di differenze di genere. Così, anche se il genere viene modellato dalla cultura e non è stabilito biologicamente, nondimeno certe costanti nei generi maschile e femminile tendono ad apparire interculturali.

Questa presa di posizione, anche solo dieci anni fa, sarebbe stata piuttosto controversa, ma adesso sembra un punto di vista generalmente accettato.

Sì, adesso anche le femministe radicali sostengono l’idea che, parlando in generale, ri siano delle differenze molto forti tra le sfere di valori di maschi e femmine, sia in ambito sessuale che di genere. Gli uomini tendono all’iperindividualismo, accentuando l’autonomia, i diritti, la giustizia e l’organizzazione, mentre le donne sono più inclini alla consapevolezza relazionale, con enfasi sulla condivisione, la responsabilità e i rapporti. Gli uomini tendono a sottolineare l’autonomia e temono la relazione, mentre le donne sono inclini all’esatto contrario.

Ovviamente, in questo cambiamento di prospettiva l’opera di Carol Gilligan e Deborah Tannen è stata cruciale, ma è sorprendente che nell’arco di un solo decennio o poco più, gran parte dei ricercatori ortodossi e delle femministe si siano trovati generalmente in accordo riguardo a determinate differenze fondamentali nelle sfere di valori dei maschi e delle femmine. Questo è un punto cruciale anche per il nuovo campo di studi noto come “psicologia evoluzionistica”, che indaga gli effetti dell’evoluzione biologica sulle caratteristiche psicologiche.

Ora, il punto insidioso è questo: come riconoscere queste differenze senza utilizzarle, ancora una volta, per privare di diritti le donne? Tale interrogativo è d’obbligo perché, non appena viene annunciato un qualche tipo di differenza tra le persone, i privilegiati sfruttano queste distinzioni per accentuare i propri vantaggi. E chiaro dove il problema?

Sì, ma adesso sembra che stia accadendo tutto il contrario. A quanto pare, queste differenze vengono utilizzate per dimostrare che gli uomini sono degli insensibili porci sconsiderati e mutanti testosteronici che semplicemente “non ci arrivano”. Il messaggio è che gli uomini dovrebbero essere più sensibili, premurosi, amorevoli e relazionali. Quella che definisci sfiera dei valori del maschio è ovunque sotto attacco. L’idea di fiondo è: perché mai un uomo non può essere più simile a una donna?

Sì, e in questo atteggiamento c’è una certa quantità di “occhio per occhio”. Si era abituati al fatto che le donne fossero definite come “uomini deficienti” o fossero tacciate di “invidia del pene”, per citare un esempio classico. Adesso sono gli uomini a essere descritti come “donne deficienti”, definiti attraverso le caratteristiche femminili di cui sono carenti e non per gli attributi positivi che posseggono. Penso che entrambi questi atteggiamenti siano spiacevoli, per non dire degradanti per entrambi i generi.

Il punto più critico, come stavo suggerendo, è capire come svolgere due compiti molto difficili: primo, decidere in modo ragionevole quali siano le differenze maggiori tra la sfera di valori dei maschi e quella delle femmine, per dirla alla Carol Gilligan, e in secondo luogo imparare a valorizzare entrambi equamente. Non per renderli identici, bensì per valorizzarli con equità.

La natura non ha suddiviso la razza umana in due sessi senza un motivo e quindi cercare solamente una loro omologazione è stupido. Tuttavia, perbno i teorici più conservatori ammettono che la nostra cultura è stata predominata dalla sfera di valori del maschio per moltissimo tempo, fino ad ora. E così noi ci troviamo nel delicato, arduo e spesso ranco-roso procedimento per provare a riequilibrare i piatti della bilancia. Non si tratta di cancellare le differenze, ma di equilibrarle.

E queste differenze hanno origine dalle diverse caratteristiche biologiche di maschi e femmine?

In parte sembra che sia così, in particolare nelle differenze ormonali. Gli studi sul testosterone, effettuati in laboratorio, a livello interculturale, embrionale e persino nei casi in cui è stato somministrato alle donne per motivi medici, portano tutti a un’unica semplice conclusione. Non è mia intenzione esprimermi in modo brutale, ma sembra che fondamentalmente il testosterone abbia due, e solo due, grandi impulsi: accoppiati o uccidi.

E i maschi si accollano questo assillo biologico praticamente da sempre, un incubo che le donne possono a malapena immaginare, tranne quelle alle quali il testosterone è stato iniettato per bnalità mediche e alle quali sembrava di impazzire, perché, come disse una di loro: «Non riesco a smettere di pensare al sesso, per favore, non potete farmi smettere?» Ancor peggio, a volte gli uomini fondono e confondono questi due impulsi, in una pericolosa miscela di “accoppiati e uccidi” che raramente ha delle conseguenze felici, come le donne sono più che disposte a sottolineare.

Qual è l’equivalente femminile di questo problema?

Potremmo indicare l’ossitocina, un ormone che tende a inondare la femmina anche se le viene solamente accarezzata la pelle. L’ossitocina, che è stata definita «la droga della relazione», induce dei sentimenti incredibilmente forti di attaccamento, e induce a voler rimanere in relazione, prendersi cura, abbracciare e toccare.

Non è difficile comprendere che entrambi questi ormoni, testosterone e ossitocina, abbiano avuto origine dall’evoluzione biologica, il primo per la riproduzione e la sopravvivenza, e il secondo per la maternità. Molti rapporti sessuali nel regno animale avvengono in pochi secondi, durante i quali entrambi i partner sono esposti al rischio di essere predati o divorati vivi. Questo conferisce un nuovo significato all’idea maschilista di appuntamento come «cena e sesso», perché la cena potresti essere tu. Per questo motivo, la prospettiva degli uomini è di «una botta e via», «tante grazie e addio», niente condivisione di sentimenti, emozioni, coccole e teneri abbracci. Mister Sensibile, il mito dell’uomo delicato, è un’invenzione davvero molto recente, e potremmo dire che agli uomini ci vorrà un po’ per abituarsi.

Al contrario, i requisiti sessuali per la maternità sono molto diversi. La madre deve essere costantemente sintonizzata con il neonato, ventiquattrore al giorno, e sempre in allerta per recepire eventuali segnali di fame o sofferenza. E l’ossitocina la mantiene esattamente in questa condizione, focalizzata sulla relazione ed estremamente attaccata. In lei le emozioni dominanti non implicano l’impulso “accoppiati o uccidi” bensì quello a relazionarsi continuamente e con cura, dolcezza, premura e tatto.

Quindi Mister Sensibile è un ruolo di genere strano in rapporto al ruolo sessuale?

In un certo senso è così. Ma questo non signibca che gli uomini non potrebbero o dovrebbero diventare più sensibili, anzi, oggigiorno questo è diventato un imperativo. Signibca solamente che di solito gli uomini devono essere educati ad agire in questo modo. E un ruolo che devono apprendere. E ci sono molti validi motivi per apprendere questo ruolo, ma dobbiamo dare un po’ di corda agli uomini mentre si sforzano di raggiungere questo strano e nuovo territorio.

Questo però vale anche per le donne. Fa parte dei nuovi requisiti dell’essere una donna nel mondo di oggi lottare per la propria autonomia e non debnirsi solamente o principalmente nei termini delle relazioni instaurate. Questo, ovviamente, è il grande appello del femminismo, affinché le donne inizino a definirsi sulla base della loro autonomia e del loro valore intrinseco e non meramente in rapporto a qualcun altro. Non per svalutare le relazioni, ma affinché le donne trovino il modo di onorare il proprio sé maturo e non si rifugino solamente nell’abnegazione nei confronti degli altri.

Quindi sia gli uomini che le donne stanno operando contro le proprie specifiche biologiche?

In un certo senso è così. Ma è proprio in questo che consiste levo-luzione: andare sempre oltre ciò che cera prima. Si tratta di sforzarsi per stabilire nuovi limiti, e poi sforzarsi altrettanto per infrangerli, trascenderli e spostarsi oltre, verso modalità olistiche più comprensive e integrative. Se una volta i ruoli sessuali tradizionali del maschio e della femmina erano perfettamente necessari e appropriati, oggi stanno diventando sempre più obsoleti, ristretti e soffocanti. Così, sia gli uomini che le donne si stanno sforzando di trascendere quei vecchi ruoli, senza però limitarsi a cancellarli, ed è questa la parte insidiosa del procedimento. L’evoluzione trascende e include sempre, incorpora e prosegue, va oltre.

Pertanto, i maschi avranno sempre alla base l’impulsività testostero-nica, “accoppiati o uccidi”, ma tali impulsi potranno essere innalzati ed elaborati in modalità di comportamento più appropriato. Gli uomini in parte saranno sempre incredibilmente portati a infrangere i limiti, allargare i confini, mettercela tutta, selvaggiamente e follemente e, così facendo, a portare alla luce nuove scoperte, invenzioni e modi di essere inediti.

E le donne, come insistono le femministe radicali, avranno sempre alla base l’essere relazionale, un nucleo di ossitocina, ma su quelle fondamenta si può costruire un senso più solido di autostima e autonomia, valorizzando la maturità del sé pur continuando a dare valore alle relazioni.

Così, sia per gli uomini che per le donne, si tratta sempre di trascendere e includere. Trascendere e includere. Ci troviamo tutti a un punto nell’evoluzione in cui i ruoli sessuali principali, iperautonomia per gli uomini e iperrelazione per le donne, in parte vengono trascesi dagli uomini che imparano ad abbracciare l’essere relazionale e dalle donne che imparano ad accogliere la propria autonomia. In questo difficile processo, entrambi sembrano dei mostri agli occhi del sesso opposto e per questo penso che sia importante una certa dose di gentilezza da ambo le parti.

Dici che per un certo periodo la nostra società è stata orientata al maschile e che adesso è in corso un riequilihrio delle parti?

Dominava quello che in generale viene definito “patriarcato”, una parola che oggi viene sempre pronunciata con disprezzo. La soluzione ovvia e forse ingenua consiste nel limitarsi a sostenere che gli uomini abbiano imposto alle donne il patriarcato, una condizione brutta e brutale che si sarebbe potuta facilmente evitare, e quindi ritenere che ci sia bisogno solo che gli uomini dicano alle donne: «Oh scusateci tanto, non intendevamo schiacciarvi e opprimervi per cinquemila anni, ma a cosa stavamo mai pensando? Possiamo ricominciare da capo?»

Purtroppo credo che non sia così semplice. A quanto pare, ci furono determinate circostanze ineluttabili che resero il “patriarcato” un sistema inevitabile per una parte importante dello sviluppo umano e noi stiamo solamente raggiungendo il punto in cui tale sistema non è più necessario, e così possiamo iniziare, in modi radicali, a “decostruire” il patriarcato, o in modo più caritatevole a bilanciare la sfera di valori maschile con quella femminile. Non si tratta di smantellare una situazione brutale che facilmente avrebbe potuto essere diversa, ma di superare una situazione non più necessaria.

Questo è un modo molto diverso di considerare le cose.

Be’, se consideriamo la tipica reazione secondo cui il patriarcato è stato imposto alle donne da un’orda di uomini sadici e assetati di potere, rimaniamo intrappolati in un’unica e ineludibile dehnizione di uomini e donne, ovvero gli uomini sono dei maiali e le donne delle pecore. Ritenere che gli uomini abbiano voluto intenzionalmente opprimere metà della razza umana traccia un quadro molto tetro della totalità degli esseri umani maschi, i quali, testosterone o meno, non sono così totalmente malevoli.

In realtà, questa spiegazione del patriarcato è altrettanto inverosimile per l’immagine oltremodo adulatoria che offre degli stessi uomini, i quali sarebbero riusciti a unirsi e a concordare di opprimere metà della razza umana e, cosa ancora più sorprendente, ci sarebbero riusciti totalmente in ogni cultura conosciuta. Gli uomini non sono mai riusciti a creare un governo che durasse più di qualche secolo, ma secondo le femministe sarebbero riusciti a instaurare un dominio di massa per cinquemila anni, alcune dicono perbno per centomila anni. Se fosse vero bisognerebbe aver stima di tipi tanto svegli.

Il vero problema di questa “teoria dell’imposizione”, ossia dell’oppressione della donna da parte dell’uomo sin dalle origini della specie, è che dipinge un quadro orrendamente fosco delle donne stesse. Non si può essere forti, intelligenti e oppressi. Questa teoria invece raffigura le donne praticamente come pecore, più deboli o più stupide degli uomini. Anziché comprendere che, in ogni fase dell’evoluzione umana, uomini e donne hanno cocreato le forme sociali della loro interazione, questa teoria definisce le donne come esseri per lo più modellati da qualcun altro.

Queste femministe, in altre parole, presuppongono e rafforzano proprio quell’immagine della donna che dicono di voler cancellare. Ma gli uomini non sono così porci e le donne non sono delle pecore.

Per questo motivo, una delle cose che ho provato a fare, basandomi su studi femministi più recenti, è stato tracciare il potere nascosto che le donne hanno avuto e che ha influenzato e cocreato le varie strutture culturali nel corso della storia, compreso il cosiddetto patriarcato. Tra l’altro, questo solleva gli uomini dall’essere definiti degli stupidi e le donne dallo stereotipo di essere un branco di credulone.

In diversi tuoi scritti hai tracciato cinque o sei grandi epoche nell’evoluzione umana, analizzando lo status degli uomini e delle donne in ciascuna di esse.

Sì e vogliamo osservare lo status degli uomini e delle donne anche in ogni fase di evoluzione della coscienza umana. Questo ci consente di trarre delle conclusioni importanti e anche di distinguerci, credo.

In generale cosa implica questo approccio?

Per prima cosa vogliamo isolare le costanti biologiche che non cambiano molto da cultura a cultura. Esse appaiono semplicissime e scontate: ad esempio, in media gli uomini sono avvantaggiati in termini di forza e mobilità fìsica, mentre le donne partoriscono e allattano. Ma queste semplici differenze biologiche rivelano un’influenza enorme sui tipi di diversità culturali o di genere che emergono da esse.

Ad esempio?

Cosa accade se i mezzi di sussistenza nella cultura in cui vivi sono i cavalli e l’allevamento del bestiame? Come ha sottolineato Janet Chafetz, le donne che partecipano a queste attività hanno un tasso molto elevato di aborti; non partecipare al settore produttivo, che pertanto viene occupato solamente dagli uomini, è un vantaggio darwiniano e infatti più del novanta per cento delle società basate sull’allevamento sono “patriarcali”. Ma la spiegazione di tale orientamento patriarcale non implica l’oppressione delle donne. Al contrario, le prove suggeriscono che esse hanno partecipato liberamente a questo sistema.

D’altra parte, se cadiamo nella reazione ingenua di supporre che le donne in queste società siano necessariamente oppresse perché non fanno esattamente quello che le femministe moderne ritengono dovrebbero fare, continuiamo con la recriminazione stereotipata che definisce gli uomini dei maiali e le donne delle pecore, un quadro orribilmente degradante per entrambi i sessi.

Nessuno nega che alcuni di questi sistemi fossero molto duri, perfino raccapriccianti, ma scopriamo anche che quando i sessi vengono polarizzati o rigidamente separati soffrono terribilmente entrambi. Infatti, le prove suggeriscono che le società patriarcali in media erano molto più dure con gli uomini che con le donne, per ragioni di cui possiamo discutere, se vuoi. Ma l’ideologia e la politica vittimistica non aiuta molto a questo riguardo. Barattare il potere femminile con il vittimismo è un’impresa fallimentare che presuppone e rafforza ciò che afferma di voler superare.

Quindi stai dicendo che vogliamo fare due cose, e la prima è considerare le differenze biologiche universali tra i sessi?

Esatto, e la seconda è considerare in che modo queste differenze filologiche costanti sono entrante in gioco durante le cinque o sei fasi dell’evoluzione culturale umana. In generale, con questo approccio possiamo isolare i fatti che storicamente hanno condotto a società più “egualitarie”, vale a dire società che hanno concesso grossomodo uno status paritario alla sfera dei valori maschili e a quella dei valori femminili. Queste società non hanno mai equiparato maschi e femmine, ma li hanno equilibrati. E così, nel nostro attuale tentativo di raggiungere una situazione più armoniosa, avremo un’idea migliore riguardo a cosa debba essere cambiato e cosa vada mantenuto.

In questo modo, forse, possiamo imparare a valorizzare le differenze tra le sfere dei valori maschili e femminili. Esse, anche secondo le femministe radicali, sembrano esserci per una buona ragione, ma possiamo imparare a valorizzarle in modo più equo. Come farlo è una delle cose di cui potremmo voler parlare.

Questo testo è estratto dal libro "Breve Storia del Tutto".

Data di Pubblicazione: 2 ottobre 2017

Ti è piaciuto questo articolo? Rimani in contatto con noi!

Procedendo con l'invio dei dati:

Lascia un commento su questo articolo

Caricamento in Corso...