SALUTE E BENESSERE

Come l'Intestino Parla al Nostro Cervello

La Comunicazione Mente-Pancia - Anteprima del libro di Emeran Mayer

Cosa avviene nella tua pancia?

Nel corso della giornata, mentre affronti le responsabilità della vita quotidiana, quante volte pensi a ciò che avviene nella tua pancia? Se sei come la maggior parte delle persone, probabilmente non molte. Ma per quanto discretamente essa si occupi dei propri affari, gli eventi che vi accadono sono importanti. Per avere un’impressione di prima mano di queste sensazioni, prova a fare un esperimento: scegli un giorno in cui non hai troppo da fare e concentra l’attenzione dal mattino alla sera su tutto ciò che ti dice l’intestino.

Si tratta di cose alle quali normalmente non fai molto caso: sottili sensazioni fìsiche e suoni, e le emozioni che li accompagnano. Cerca di rilevarne il maggior numero possibile e annotali su un foglio di carta o dettali al tuo smartphone quando si presentano. Puoi anche aggiungere informazioni su ciò che stai facendo in quel momento, come ti senti e cosa stai mangiando. Ecco un esempio di questo esperimento: un intero giorno di sensazioni corporee sperimentate da Judy, una sana ventiseienne che partecipò come volontaria a uno studio da noi condotto molti anni fa.

La domenica mattina Judy si alza presto, beve una tazza di caffè, poi va a fare la sua corsa quotidiana di tre miglia. Non mangia nulla, perché sa per esperienza che avere lo stomaco pieno interferisce con l’esercizio fìsico. Al ritorno, fa le sue telefonate settimanali alla madre e a una buona amica. Quando ha finito di parlare con loro sta ormai morendo di fame e non vede l’ora di consumare la sua solita colazione domenicale: un’omelette ai funghi e una baguette fresca a lievitazione naturale con formaggio spalmabile.

Si gode il pasto, ricavandone una piacevole sensazione. Nello stesso tempo, non presta molta attenzione a quello che mangia perché sta leggendo un interessante articolo sul giornale. A un certo punto si sente sazia e lascia nel piatto metà dell’omelette. Ha in progetto di andare in bicicletta alla spiaggia con il fidanzato, ma prima di uscire deve recarsi in bagno per liberare l’intestino. I due giovani si divertono un mondo, e quando lei torna a casa sono ormai le 19.

Dopo una cena leggera, Judy si rende conto di non aver dedicato nemmeno un minuto a una presentazione che deve fare lunedì mattina. Comincia a preoccuparsi, e avverte una sensazione sgradevole alla bocca dello stomaco. La sensazione aumenta gradualmente mentre cerca di lavorare alla presentazione, e alle 22 decide di andare a letto e alzarsi presto il giorno dopo per dare gli ultimi ritocchi. Regola la sveglia sulle 5,30, ma non dorme bene. Ogni volta che si sveglia sente un gorgoglio nella pancia, una sorta di brontolio rumoroso e prolungato che si muove lentamente verso il basso. Alla fine si alza, va in cucina e termina di mangiare l’omelette avanzata a colazione. I rumori cessano, lei si sente meglio e torna a dormire.

Ogni giorno sensazioni analoghe

Se ci pensi, probabilmente sperimenti ogni giorno sensazioni analoghe, anche se forse non ne sei pienamente consapevole. Tutti viviamo l’esistenza in loro compagnia, ed esse sono diventate una seconda natura. Dal punto di vista della mera sopravvivenza, questa generale mancanza di attenzione e di consapevolezza è un fatto positivo: è già abbastanza diffìcile destreggiarsi attraverso le complessità e la sovrabbondanza di informazioni del mondo moderno. Immagini cosa significherebbe trascorrere ogni giorno concentrato sui brontolii e le contrazioni del tuo intestino, o non riuscire ad addormentarti la sera quando un’altra ampia onda di contrazioni attraversa il tuo tratto Gl? Se dovessimo continuamente badare a queste sensazioni, non potremmo occuparci di nient’altro. Non potresti portare avanti una conversazione mentre mangi, schiacdare un sonnellino dopo pranzo, leggere l’edizione domenicale del New York Times o dormire la notte.

Le uniche sensazioni corporee di cui in genere siamo coscienti sono quelle che richiedono una risposta: un senso di fame che ci spinge a mangiare qualcosa, un senso di sazietà quando è il momento di smettere di mangiare o un senso di pienezza nel ventre che ci induce a cercare una toilette. Restiamo beatamente ignari della maggior parte delle altre finché non sperimentiamo qualche calamità gastrica, come un mal di stomaco, una pirosi, un attacco di nausea, un persistente senso di gonfiore o, peggio, un’intossicazione alimentare o una gastroenterite virale. Oppure può sembrarci di aver mangiato troppo e ci sentiamo malissimo anche dopo aver consumato un pasto normale. Improvvisamente, le informazioni sensoriali fornite dal nostro intestino diventano importanti, e di solito per buoni motivi. Queste spiacevoli sensazioni ci spingono a cercare aiuto e ci stimolano a evitare in futuro ciò che ha causato il disturbo, impedendoci di dimenticare.

Il cervella che sentiva troppo

Anche se la maggior parte di noi è inconsapevole di quasi tutte le proprie sensazioni corporee, vi sono alcune notevoli eccezioni. Una riguarda quella speciale categoria di persone in grado di avvertire facilmente le loro pulsazioni e i movimenti del cibo nello stomaco. Questi individui mostrano una maggiore coscienza di ogni segnale del corpo, inclusi quelli provenienti dall’intestino. In esperimenti effettuati con tecniche di brain imaging, hanno dimostrato di avere reazioni più accentuate da parte dei sistemi cerebrali preposti all’attenzione e alla valutazione della salienza percettiva.

L’altra eccezione alla regola è costituita da quello sfortunato 10 per cento della popolazione che percepisce segnali corrotti dall’intestino che non corrispondono ai veri dati sensoriali trasmessi al cervello. Tra i tanti pazienti che ho avuto nell’esercizio della mia professione, un amabile signore si distingue per la sua particolare anamnesi, che illustra questo concetto di maggiore consapevolezza delle proprie sensazioni corporee.

Frank era un insegnante in pensione settantacinquenne che venne da me lamentando disturbi gastrointestinali che lo affliggevano da cinque anni, inclusi i tipici sintomi della SII: gonfiore e fastidio addominali, ed evacuazione irregolare. Ma non erano questi il suo unico problema. Sperimentava anche la continua e sgradevole sensazione di avere qualcosa bloccato nella parte superiore dell esofago (il cosiddetto bolo isterico), frequenti episodi di eruttazione, senso di disagio dietro lo sterno che a volte bruciava come se avesse ingerito del mentolo, facendolo tossire, e l’impressione di non immettere aria sufficiente quando respirava. Tutto questo era iniziato circa cinque anni prima che venisse da me, in coincidenza con la morte della moglie a causa di una grave malattia.

Quando lo sollecitai a fornirmi altre informazioni che potessero aiutarmi a formulare una diagnosi, Frank ammise di aver sperimentato una lieve forma di SII fin dall’infanzia. Poiché si era sottoposto a ripetuti e approfonditi esami diagnostici del torace, del tratto gastrointestinale e del cuore che non avevano rivelato alcuna causa plausibile che spiegasse la sua condizione, sembrava assai probabile che soffrisse di qualche genere di disturbo funzionale gastrointestinale. I suoi sintomi erano compatibili con un’ipersensibilità generalizzata alle sensazioni provenienti da vari punti del tratto Gl, dall’inizio dell’esofago fino all’estremità inferiore del colon. Anche se alcuni medici potrebbero sottovalutare simili sintomi considerandoli di natura meramente psicologica, oggi sappiamo che nel nostro apparato gastrointestinale c è un complesso meccanismo sensoriale comprendente le molecole specializzate (dette recettori) in grado di riconoscere diverse sostanze chimiche, tra cui il mentolo. Ma cosa poteva avere innescato tale ipersensibilità in Frank cinque anni prima?

La sua partner fornì una potenziale spiegazione: egli seguiva da tempo un’alimentazione poco sana che includeva cibi ricchi di grassi animali e zuccheri. La donna aveva notato che i suoi sintomi peggioravano quando non riusciva a controllare il desiderio smodato di cioccolata, dolci, pizza, patatine fritte o formaggi grassi. Era possibile che simili alimenti avessero svolto un ruolo nella sensibilizzazione della comunicazione tra intestino e cervello? I pazienti come Frank sono più sensibili non soltanto alle normali funzioni intestinali come contrazioni, distensioni e secrezione acida ma, come hanno rivelato molti studi, talvolta anche a stimoli sperimentali come il gonfiaggio di un palloncino nell’intestino o l’esposizione dell’esofago a una soluzione acida.

Data la complessità del sistema sensoriale intestinale, non sorprende che esso sia vulnerabile ai disturbi, reagendo in maniera eccessiva a normali componenti del cibo o mostrando ipersensibilità agli additivi o a cambiamenti alimentari che forse sono nocivi, ma vengono tollerati dalla maggior parte di noi senza conseguenze. E possibile che gli individui come Frank siano come i canarini nella miniera di carbone, i primi a risentire di qualche disastro incombente?

Oltre il 90 per cento dei dati sensoriali raccolti dall’intestino non raggiunge mai la consapevolezza. Per la maggior parte di noi è facile ignorare queste quotidiane sensazioni; tuttavia, il sistema nervoso enterico le controlla molto attentamente. Tramite una complessa rete di meccanismi sensoriali, molte delle tue sensazioni corporee vengono silenziosamente inviate al piccolo cervello dell’intestino, fornendogli informazioni indispensabili per assicurare il funzionamento ottimale dell’apparato digerente ventiquattr’ore su ventiquattro. Ma un enorme quantità di esse viene anche diretta verso l’alto, al cervello. Il 90 per cento dei segnali trasmessi attraverso il nervo vago viaggia dall’intestino al cervello, e appena il 10 per cento del traffico scorre nella direzione opposta, dal cervello all’intestino. Infatti, il secondo è in grado di gestire quasi tutte le sue attività senza interferenze da parte del primo, mentre il primo sembra dipendere notevolmente dalle vitali informazioni del secondo.

Quanti sono questi dati così essenziali inviati dall’intestino? Assai più di quanto tu possa immaginare. I suoi tanti sensori informano il sistema nervoso enterico su ogni cosa che deve sapere per generare lo schema di contrazioni più appropriato, ovvero la forza e la direzione della peristalsi intestinale per accelerare o rallentare il transito del cibo attraverso lo stomaco e l’intestino, e per produrre la giusta quantità di acidi e di bile necessaria ad assicurare un adeguata digestione. Essi raccolgono informazioni riguardanti la presenza e la quantità di cibo nello stomaco, le dimensioni e la consistenza del boccone che inghiotti, la composizione chimica degli alimenti ingeriti, e perfino l’entità e l’attività del tuo micro-biota intestinale. In caso di emergenza, questi sensori sono anche in grado di individuare parassiti, virus e batteri patogeni, o le loro tossine, e di rilevare le reazioni infiammatorie dell’intestino. In realtà, un’infiammazione intestinale acuta rende molti di essi più sensibili a stimoli ed eventi normali. Benché simili informazioni siano cruciali per garantire il corretto funzionamento dell’apparato digerente, il sistema nervoso enterico non è in grado di produrre sensazioni consce. Quando venne pubblicato, Il secondo cervello di Gershon provocò molte speculazioni sulle capacità del SNE. Alcuni giunsero perfino a chiedersi se il secondo cervello non solo fosse capace di percezioni, ma potesse essere anche la sede delle emozioni e della mente inconscia. Tuttavia, possiamo affermare quasi con certezza che tali speculazioni erano false. I dati sensoriali dell’intestino vengono inviati anche al cervello che hai nella testa, e se presti attenzione a queste sensazioni riuscirai ad avvertirle.

Ventiquattrore al giorno, sette giorni alla settimana, il tratto Gl, il sistema nervoso enterico e il cervello comunicano costantemente tra loro. E questa rete di comunicazione può essere più importante per la tua salute e il tuo benessere generali di quanto tu possa mai immaginare.

Questo testo è estratto dal libro "La Comunicazione Mente-Pancia".

Data di Pubblicazione: 1 ottobre 2017

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