La scienza dei colori per il benessere e la serenità

La Cromoterapia, la Terapia dei Colori

La cromoterapia utilizza la luce e i colori per equilibrare l'organismo e riportarlo ad uno stato di salute e benessere ottimale.

Il colore, in quanto a frequenza elettromagnetica di una particolare lunghezza d'onda che varia a seconda della gradazione cromatica, può influenzare positivamente la vibrazione elettromagnetica di organi e apparati e quindi ripristinare l'equilibrio vibrazionale.

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I colori nella percezione visiva

Nel bambino appena nato la prima differenziazione visiva è data dal contrasto, solo successivamente distinguerà il movimento, la forma e in ultimo il colore. Il colore è un fattore psicologico oltre che una qualità fisica. L’occhio è tanto sensibile da percepire i dieci millesimi di millimetro. Infatti è in grado di differenziare lunghezze d’onda luminose che differiscono di meno di 1/40.000 di millimetro.

L’evoluzione dell’occhio è senza dubbio affascinante. Le prime creature a possedere "occhi" furono una specie di vermi marini che svilupparono una primitiva macchia epidermica sensibile alla luce. Successivamente un tipo di lumaca marina cominciò a proteggere questo primitivo organo fotorecettore con una invaginazione epidermica. Infine nel “nautilus”, un mollusco di mezzo miliardo di anni fa, questa depressione sensibile alla luce si ritrasse sempre di più e assunse forma sferica.

Il passaggio successivo si è attuato nella lumaca terrestre, in cui il forellino deputato alla ricezione luminosa fu coperto da uno strato di epidermide. Sono dovuti passare milioni di anni affinché la pellicola trasparente si ispessisse e incurvasse sempre più, fino a trasformarsi in una lente capace di messa a fuoco. Alcuni molluschi, progenitori delle nostre seppie, perfezionarono l’efficienza di questo occhio rudimentale ritraendolo maggiormente all’interno e proteggendolo con uno strato separato di epidermide.

Vediamo ora come si realizza la visione. La retina contiene cellule sensibili alla luce di due tipi: i coni e i bastoncelli. I coni, in numero di circa sette milioni, funzionano solo in presenza di luce intensa e ci fanno percepire i colori e i particolari più minuti, quindi la definizione dell’immagine.

Essi sono più numerosi verso il centro retinico in prossimità della fossetta. Una distribuzione diametralmente opposta assumono i bastoncelli che sono radi al centro (totalmente assenti nella fossetta) e numerosi alla periferia. Essi, in numero di circa centosettanta milioni, ci permettono di vedere le deboli intensità luminose insufficienti a stimolare i coni. Altra caratteristica dei bastoncelli è di essere sensibili agli oggetti in movimento.

Da quanto fin qui detto si deduce che noi disponiamo di due tipi di visione: la fototopica (diurna) e la scotopica (notturna e crepuscolare).

Questi due apparati oculari lavorano insieme secondo le loro direttive specifiche. Così che per leggere o per percepire i colori noi focalizziamo l’immagine al centro della retina, sulla fossetta, ricchissima di coni. Per attraversare la strada invece guardiamo con “la coda dell’occhio”, sfruttiamo cioè la capacità dei bastoncelli di dare una visione di insieme degli oggetti in movimento.

Di notte solo i bastoncelli sono attivi, per cui percepiamo gli oggetti senza definizione, senza dettaglio, inoltre se centriamo l’immagine direttamente sulla fossetta retinica, essa scompare perché quest’ultima è formata solo dai coni, che in assenza di luce non funzionano. Questo spiega il fenomeno per cui, se di notte osserviamo una stella a luce debole, in alcuni minuti essa scompare dal nostro schema visivo, mentre ricompare se la guardiamo con la coda dell’occhio.

La visione del colore è un fenomeno molto complesso che la scienza non ha ancora spiegato in modo univoco. Una di queste spiegazione vede l’apparato ricettivo occhio-cervello come composto da decodificatori luminosi di tre tipi, cioè sensibili al rosso, verde e blu, i tre colori primari del fisico. Essi sono riferiti al sovrapporsi di fasci luminosi (e non di pigmenti e sostanze naturali come i tre primari di Goethe: giallo, rosso e blu), come avviene nella sintesi additiva degli apparecchi televisivi.

L’ipotesi che l’occhio e il sistema nervoso deputato alla visione possa funzionare su un tale principio, è avvalorato dal fatto che noi possiamo percepire visivamente il giallo anche in assenza di onde corrispondenti alla lunghezza d’onda di questo colore. Molte sono ancora le cose da chiarire sul fenomeno della visione. Infatti non sappiamo con certezza come gli impulsi elettromagnetici possano trasformarsi in sensazioni cromatiche atte alla percezione dello stimolo luminoso.

 

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Becker nel 1953 ha dimostrato che la visione del colore è connessa con il paleo-cervello e con il neo-cervello. Infatti un nucleo della retina è collegato mediante fibre nervose con il mesencefalo e con l’ipofisi.

La percezione del contrasto è invece dovuta, secondo Hering, alla rodopsina, una speciale porpora visiva, contenuta nelle cellule a bastoncelli della retina. Questa porpora diviene bianco sotto l’influenza di colori luminosi (effetto catabolico, distruttivo, centrifugo) e nell’oscurità si ricostituisce (effetto anabolico costruttivo, rigenerativo, centripeto). Un effetto simile si ha con le coppie di colori fondamentali psicologici giallo-blu e rosso-verde, in cui il giallo e il rosso sono colori a contrasto catabolico distruttivo, rispetto al blu e al verde a contrasto anabolico-costruttivo (1° e 3° contrasto fondamentale di Kandinsky).

Su questo principio si basano i test psicologici che sfruttano le preferenze istintive del soggetto per i vari colori. Il nostro sistema neurovegetativo è infatti connesso con l’apparato neuroendocrino e immunitario e rifiuta istintivamente quei contrasti che provocano disagio complessivo psico-emozionale, mentre accetta, e quindi sceglie come preferiti, i contrasti che non sottopongono a stress il sistema neuro-endocrino-immunitario.

Di conseguenza, la scelta di colori anabolici costruttivi avverrà in soggetti desiderosi di pace (blu) e con forza di volontà positiva (verde), mentre il rifiuto dei medesimi testimonierà stress legato alla negazione di queste qualità. Al contrario, i contrasti anabolico distruttivi indicheranno nella scelta entusiasmo (giallo) e aggressività (rosso), o mancanza e repressione di queste emozioni in caso di rifiuto.

Come la percezione visiva dei colori influenza le risposte psicologiche umane, così la stimolazione cromatica del nervo ottico, con lenti colorate, può essere utilizzata in terapia. Questa stimolazione porta, infatti, l’informazione elettromagnetica, in termini di quanti energetici, all’ipotalamo e all’ipofisi, che gestiscono tutta la complessa orchestra ormonale.

L’informazione, oltre a toccare livelli molto alti dei corpi sottili individuali, è spesso legata alla simbolica archetipica del colore, che l’uomo ha registrato durante tutto il lungo processo dell’evoluzione nel suo inconscio collettivo. Non dimentichiamo che siamo luce cristallizzata ed ogni stato d’animo negativo provoca una reazione cromatica di squilibrio nelle nostre auree, indicando un blocco nella comunicazione tra il nostro IO Superiore e il nostro corpo fisico-emozionale.

La terapia con lenti colorate viene effettuata con filtri che si inseriscono su occhiali fissi. La lente colorata deve rimanere davanti all’occhio del soggetto per un tempo di 30-45 minuti, preferibilmente in presenza di luce solare. Nella terapia, che viene effettuata presso studi specializzati in cromoterapia, possono essere utilizzati anche più filtri nella stessa seduta, ma con un tempo minimo, per ogni filtro, di 20 minuti.

È importante, a questo proposito, conoscere un fenomeno ottico noto come adattamento ai colori. L’occhio, cioè, si adatta ai colori come se la scena fosse vista attraverso lenti bianche. I colori degli oggetti ci appaiono come li ricordiamo, cioè come appaiono sotto la luce solare. Questo fenomeno è abbastanza evidente in fotografia dove i soggetti sotto gli alberi sono a dominanza verde, quelli sulla neve a dominanza azzurrina etc. L’occhio continua quindi a vedere i colori come sotto luce bianca solare, mentre nella realtà le dominanze cromatiche sono fortemente presenti.

 

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I colori negli ambienti e nell’arredamento

Studiare i colori degli ambienti in cui viviamo è di fondamentale importanza perché in essi si trascorre la maggior parte della vita.

L’influenza del colore delle pareti di una stanza, così come la disposizioni delle luci e dell’arredamento, è determinante nel migliorare la qualità della vita e l’equilibrio emozionale interno delle persone che vi soggiornano.

La scelta dovrebbe esser fatta in base a vari fattori: le tradizioni culturali del luogo, l’esposizione e la grandezza delle varie stanze, la loro illuminazione naturale o artificiale, la destinazione degli ambienti e il temperamento psico-emozionale degli abitanti.

Abbiamo visto come il colore giallo, proprio del chakra del plesso solare, favorisca i processi digestivi, come l’arancione stimoli l’attività, come il verde rappresenti la quiete energetica e il blu e l’indaco producano una sensazione di tranquillità e freddezza che può arrivare all’esasperato misticismo del viola.

L’industria e la pubblicità hanno, negli ultimi anni, esagerato in tinte albicocca o pesca che vanno dal rosa tenue, quasi slavato, all’arancione pallido. Per la scelta dei colori è necessario eliminare tutti gli stereotipi e farsi guidare dalla propria ispirazione interiore, riprendendo i colori dagli oggetti naturali che possono costituire la fonte ispiratrice. A tale scopo, può essere utilissimo cercare le tinte desiderate nel ricordo di elementi naturali visti con un filtro flou, cioè come osservati attraverso una leggera nebbiolina.

Se desiderate ottenere un colore terracotta, portate nella stanza vasi o piastrelle di cotto. Se volete richiamarvi alle tappezzerie, è importante che il colore di fondo delle pareti sia uguale allo sfondo del tessuto.

Può essere un buon metodo usare come riferimento ciò che è nel locale, cioè tutti quegli elementi di arredo e di architettura che non è possibile eliminare, ed evidenziarne gli aspetti positivi, mettendo in secondo piano quelli meno forti.

È di fondamentale importanza, oltre ai mobili, alle tende e agli altri arredi, tenere in massima considerazione la qualità della luce nella stanza, considerando le ore del giorno in cui la usate: alcuni colori, infatti, appaiono diversissimi con la luce artificiale e potrebbero essere inadatti per una stanza abitata soprattutto di sera.

Gli ambienti più utilizzati sono di solito tinteggiati con i colori più chiari, a meno che non siano molto luminosi e spaziosi, nel qual caso si possono scegliere tinte più scure ed intense.

In locali piccoli ma molto frequentati, come tinelli e cucine, i colori leggeri sono da preferire.

Anche la disposizione geografica della stanza è della massima importanza. Per una esposizione a nord saranno appropriati colori vivaci e caldi come i gialli e i rosa, mentre una stanza esposta a sud e luminosa non presenta problemi, perché andrà bene qualsiasi tinta.

Ancora, può sollecitare gli accoppiamenti il paesaggio che si vede dalle finestre, così uno scenario bucolico con campi e alberi potrà far pensare ad un contrasto con una tinta “terracotta spento”.

Per creare un’atmosfera in una casa di campagna con mobili antichi, si potrà pensare a colori tenui avorio, giada, accostati a grigio-azzurro, giallo oro e rosa chiaro.

L’argento e l’oro creano effetti sontuosi, che possono trasformarsi in profonda intimità con l’aggiunta del verde bosco o del sabbia.

I colori primari sono, come sappiamo, il rosso, il giallo e il blu.

I colori complementari o secondari sono ottenuti dalla mescolanza di due di loro: arancione (rosso e giallo), verde (blu e giallo) e viola (rosso e blu), da cui le coppie di opposti fondamentale-complementare. L’opposto dell’arancione è il blu, del verde è il rosso e del giallo il viola.

I colori terziari, infine, sono formati dall’accoppiamento di un primario con un secondario, non suo complementare; cioè da due colori vicini nel cerchio di Goethe.

I colori primari, anche se un tempo sono stati di moda in combinazione con il bianco, specie per le camere dei bambini, attualmente di solito non vengono usati allo stato puro. I colori opposti complementari-fondamentali in certe tonalità si accostano molto bene, fatta eccezione per il giallo con il viola, che difficilmente possono coesistere armonicamente. Così il verde puro e il rosso cozzano tra di loro per le vibrazioni luminose che provocano: infatti il verde è un colore di equilibrio energetico, mentre il rosso esprime movimento, per cui la sua percezione statica nel verde irrita fortemente il sistema nervoso. Un rosa può, invece, armonizzare mirabilmente con un verde oscuro. Un’esperienza simile può essere indotta all’occhio dello spettatore dall’incrocio di un arancione purissimo con il blu, poiché convibrano a una frequenza troppo alta e quindi sgradevole, mentre tutt’altro effetto può essere ricavato dall’unione di un rosso aranciato con un blu.

 

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L’approfondimento del mondo dei colori introduce il concetto di saturazione cromatica. Con questo termine si intende il grado di intensità di un colore ovvero la sua tonalità.

La tonalità è un concetto diverso dal colore, e all’inizio è difficile farne un uso corretto; solo molta pratica permette di riconoscere i valori tonali.

Quindi, mentre per colore intendiamo la tinta (rosso verde, blu), per tonalità intendiamo la sua saturazione. Nello spettro tonale della scala del grigio, nero e bianco stanno alle estremità opposte; nei colori, quindi, un rosso e un blu possono avere la stessa tonalità, cioè la medesima gradazione di chiaro o scuro, pur essendo colori diversi.

Più ci si avvicina come tonalità al colore puro, più è alta la saturazione. In effetti, il massimo di luminosità di un colore si ottiene al suo punto di saturazione, che corrisponde al massimo di intensità cromatica di quel colore.

La variazione di saturazione cromatica si può ottenere modificando i colori con il bianco: le tinte ottenute si separeranno gradualmente fino a diventare estranee. Addizionando una punta di bianco al rosso carminio, questo assumerà una tinta bluastra, così il viola scuro si schiarirà e il giallo perderà il suo colore caldo.

L’equilibrio cromatico di un locale dipenderà sia dal rapporto tra i colori che dalla loro saturazione o tonalità.

Socchiudendo gli occhi e guardando di traverso è possibile cogliere la saturazione dei colori: le tinte con le stesse tonalità verranno infatti percepite come fuse in una sola. Un’ottima soluzione può essere quella di mescolare tutti i colori usando la stessa tonalità, sia per le pareti che per gli infissi, con superfici in toni più o meno scuri o chiari, cioè in maniera isotonale.

Volendo utilizzare per le pareti una tinta tenue, si può ottenere un perfetto equilibrio dosando la stessa quantità di bianco in un colore complementare che sarà dato sugli infissi e le altre parti in legno: il risultato è di due colori che conservano la stessa tonalità o saturazione.

Il contrasto potrà essere segnato dalla quantità di vernice semiopaca bianca. Infatti, più un colore si avvicina al bianco o alla sua forma pura, più accentuato sarà il contrasto.

Un altro fattore importante da tenere in considerazione è la luminanza. Essa è determinata dal tenore di grigio o di nero presente. In realtà la maggior parte dei colori che ci circondano, anche i rossi vivaci e i blu, contengono del grigio. Il grigio può abbinarsi un po’ a tutti i colori senza snaturarli.

Incrementando la percentuale di grigio nei vari colori, si avranno tanti grigi con il ricordo cromatico del colore di partenza; così un grigio derivato dal blu, sarà freddo in confronto ad un grigio ricavato con il giallo che esprimerà calore ed espansione.

Quarto importante fattore, dopo il colore, la saturazione o tonalità e la luminanza, è il valore. Esso esprime L'intensità luminosa dei colori tra loro, partendo dal presupposto che il nero è il valore più scuro e il bianco il più chiaro.

Nei colori puri abbiamo il valore più chiaro nel giallo, seguito da arancio, rosso, verde, blu e viola, che è il valore più scuro. Ma il valore può scaturire anche da tutta una gamma di combinazioni cromatiche o dalla combinazione del bianco e del nero con i vari colori. In tal modo, grigi più o meno colorati possono avere valori particolari a volte anche uguali.

Quando i valori sono uguali, o prossimi all’uguaglianza, ne nascono vibrazioni armoniche, che potranno essere calme se i valori utilizzano tonalità neutre o stridenti se i colorì sono vivaci.

Alla combinazione cromatica va quindi aggiunta quella dei valori in un’armonia ed equilibrio generale.

L’uso dei contrasti cromatici è anche molto importante nell’arredamento.

Tutti i colori, anche i brunati e i neutri, possono suddividersi in due gruppi: caldi e freddi. Tra i primi troviamo i rosa, gli arancioni e i rossi; fra i secondi i blu. Solo il grigio, ottenuto dal nero e dal bianco puri, può considerarsi completamente neutro.

Ogni colore o gruppo di colori ha un suo opposto nello spettro. Gli opposti possono essere combinati e danno una notevole gamma di raffinatissimi colori. Così, l’aggiunta di verde ad un terracotta un po’ troppo caldo lo scurirà senza sporcarlo.

Occorre fare sempre molta attenzione al nero che smorza nelle mescole tutti i colori.

La tecnica della mescolanza del colore opposto è ottima per rafforzare l’effetto scenografico e il carattere del medesimo. Così, dall’aggiunta di terra naturale o arancione ad un colore troppo morbido come un blu chiaro, ne deriverà un effetto pregevole e molto chic.

Quando si effettuano miscele di colori, si ottengono delle combinazioni cromatiche, dette più propriamente “tinte”, di non facile dosaggio per i non esperti. Per esempio, se aggiungiamo al giallo puro del bianco, si otterrà sia un aumento di luminosità sia un viraggio verso l’azzurro. Per evitare questo fenomeno sarà necessario aggiungere del giallo oro, ma questi sono trucchi dei professionisti del colore.

Se invece del bianco addizioniamo al giallo puro del nero, non solo perderà la sua luminosità ma virerà verso il verde. Questo fenomeno può però essere corretto con l’aggiunta del giallo ocra. Quindi è possibile variare la luminosità del giallo puro con il bianco, che ne accentua la luminosità o il nero, che la riduce, ma per non rischiare viraggi cromatici è necessario fare piccole aggiunte di colore. Per ottenere la tonalità desiderata le combinazioni cromatiche possono essere composte anche da quattro o cinque elementi.

In genere i colori schiariti col bianco tendono al pallido, mentre quelli scuriti col nero diventano più profondi. Il verde sopporta meglio del blu l’aggiunta del nero, anche se diviene meno luminoso. Il blu, col nero, diviene smorto, mentre il rosso vira verso il viola.

Le sfumature di colore, ovvero un solo colore con diversi valori cromatici, possono essere molto gradevoli nell’arredamento e danno un senso di tranquillità che, se necessario, può essere animato dal colore complementare studiato in un particolare o in un oggetto.

Anche i contrasti cromatici, se ben studiati, possono dare tono agli ambienti, ma attenzione a non confondere il concetto di contrasto con quello di vibrazione cromatica, che si riferisce al “valore” che abbiamo visto in precedenza. I contrasti sono in effetti sempre accompagnati dal contrasto dei valori. I contrasti maggiori si hanno tra i colori primari puri, seguiti dai secondari. L’interposizione del bianco o del nero esaspera il contrasto.

Per la percezione dei colori è fondamentale la sorgente luminosa; infatti con la luce artificiale al tungsteno carica di giallo (normali lampade a incandescenza), il giallo delle pareti si schiarisce e il blu si scurisce.

 

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Colori e illuminazione

Sappiamo ormai che luce e colore sono la stessa cosa. Sappiamo anche che, come naturale conseguenza di questa identità, i mutamenti qualitativi della luce provocano corrispondenti mutamenti nella qualità del colore.

La luce si misura in base alla sua “temperatura cromatica”. Che cos'è la temperatura cromatica?

Se mettiamo un pezzo di ferro sulla fiamma del gas, lo vediamo cambiare colore quando si riscalda e il suo colore passa, inizialmente, da nero a rosso opaco. Poi, col crescere della temperatura, il rosso diventa sempre più acceso e si trasforma in arancione e infine, se la fiamma è sufficientemente forte, in giallo e in bianco.

Da ciò risulta evidente che c’è un rapporto diretto tra temperatura di un corpo che emette radiazioni e colore della luce che emana. Questo rapportò è alla base del concetto di temperatura cromatica.

Poiché è impossibile la misura diretta delle altissime temperature, in quanto nessun termometro sarebbe in grado di resistere al calore del tungsteno in fusione che raggiunge i 3370°C, altrettanto impossibile è la misurazione diretta della temperatura delle stelle. Di conseguenza la temperatura è ricavata dal colore della luce emessa dai corpi. Questo genere di misurazioni viene effettuata con speciali strumenti detti “termocolorimetri”.

Il concetto di termocolorimetro è basato sul funzionamento del “radiatore a corpo nero”, un fornetto di materiale refrattario chiuso, con un piccolo foro su un lato per vedere dentro.

Il suo nome deriva dal fatto che qualsiasi luce colpisca il foro dall’esterno viene assorbita completamente, cosicché il foro appare nero assoluto. Non esiste nessuna superficie nera scura come questo foro, perché anche la superficie più nera riflette una minima quantità di luce. Se un radiatore di questo genere è riscaldato dall’esterno in modo che la sua temperatura divenga abbastanza alta, emette luce nella cavità. Questa luce può essere osservata attraverso il foro e il suo colore varia gradualmente in base al cambiamento della temperatura del radiatore. La luce visibile nel foro può essere usata come misura assoluta del rapporto fra temperatura e colore. I mutamenti di temperatura e di colore sono collegati in termini di temperatura cromatica, la cui unità di misura è il “grado Kelvin”.

 

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La scala Kelvin

La scala Kelvin, del fisico inglese Lord Kelvin, misura le temperature in gradi centigradi a partire dallo zero assoluto (-273° centigradi). La luce rossastra emessa da un radiatore a corpo nero riscaldato a 1000° centigradi ha, per esempio, una temperatura cromatica di 1273 gradi Kelvin. La temperatura cromatica della fonte luminosa si ha riscaldando il radiatore a corpo nero finché l’emissione luminosa ha colore uguale a quello in questione. Si misura quindi la temperatura del radiatore e la si traduce in gradi Kelvin: la cifra che ne risulta è la temperatura cromatica della fonte luminosa.

E' interessante notare che mentre noi, fino ad ora, abbiamo fatto la distinzione “psicologica” tra luce “calda” (tendente al rosso) e “fredda” (tendente all’azzurro), in fisica la situazione è esattamente all’opposto.

Infatti la luce tendente al rosso è prodotta da radiazioni a temperature relativamente basse, mentre la luce azzurro-bianca è emessa soltanto dalle stelle a temperatura più alta. Quanto a temperatura cromatica, la luce tendente al rosso raggiunge circa 1000° Kelvin, mentre quella tendente all’azzurro si estende oltre i 4500° Kelvin.

Poiché il concetto di temperatura cromatica si fonda sul rapporto fra colore e temperatura del corpo nero irradiante, se ne deduce che solo le sorgenti luminose incandescenti possono avere una temperatura cromatica vera e propria. Un cielo azzurro non emette radiazioni a temperature di 25.000° centigradi sopra lo zero assoluto, nel senso vero del termine, e quindi, in questo caso, parliamo di temperatura cromatica virtuale.

Un’altra importante constatazione è data dal fatto che |a temperatura cromatica ci dà informazioni solo sul colore della luce, non sulla composizione e sulla distribuzione spettrale. Due fonti luminose possono essere di fatto identiche per temperatura cromatica, ma diverse per composizione spettrale.

Maggiore è la temperatura di colore in gradi Kelvin più la sorgente luminosa è ricca di radiazioni fredde centripete; inversamente più è bassa la temperatura colore, più la fonte luminosa sarà calda, ricca cioè di luce gialla, arancione e rossa (radiazioni centrifughe).

La disposizione spaziale delle stanze può quindi essere scelta in base alla luce naturale che ricevono.

L’intensità della luce diurna dipende da due fattori: l’angolo del sole sull’orizzonte (ora del giorno e mutamenti stagionali), le condizioni atmosferiche (presenza o assenza di nubi, foschia ecc.) e le variazioni del contrasto fra luce e ombra. In una giornata di sole l’illuminazione della stanza è fornita contemporaneamente da tre diverse fonti: il sole, il cielo e la luce riflessa dall’ambiente e dagli oggetti vicini.

Nelle giornate senza nubi, le zone d’ombra della stanza, che ricevono luce dal cielo, hanno una luminosità di circa un quarto rispetto alle parti illuminate dal sole. Tuttavia le zone d’ombra, che sono illuminate non tanto dalla luce del cielo quanto dalla luce riflessa dagli oggetti circostanti, possono essere più chiare o più scure.

Così nell’emisfero nord una stanza esposta ad est è poco indicata per essere adibita a camera da letto, eccetto che per persone eccessivamente mattiniere, ma potrebbe trovare la sua utilizzazione ottimale come stanza per la prima colazione, essendo inondata della salutare luce del mattino.

Le stanze esposte a sud ricevono in genere luce calda, a più bassa temperatura cromatica, rispetto a quelle esposte a nord. Sappiamo che all’alba e al tramonto il sole appare rosso. La naturale conseguenza di questo predominio del rosso e del giallo è che, nelle prime ore del mattino e nel tardo pomeriggio, la luce non è più bianca ma più o meno tendente al rosso o al dorato. Quindi i colori degli oggetti in questi momenti della giornata appaiono più caldi che nella luce bianca.

Per cui a sud è ottimale la collocazione di un soggiorno, mentre a nord di uno studio.

 

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Le funzioni della luce artificiale negli ambienti sono essenzialmente quattro: 

  1. mettere in risalto le caratteristiche della stanza;
  2. dare luminosità di fondo;
  3. focalizzare la luce per lavorare;
  4. creare un’atmosfera con leggeri punti luce.

Nella vita quotidiana occorrono almeno due tipi di illuminazione, mentre per gli ambienti più frequentati possono essere utili tutti e quattro.

Anche la luce delle candele può fornire un’ulteriore teatralità agli ambienti.

Le luci calde (bassa temperatura di colore) delle lampade al tungsteno accentuano i toni rosa, pesca e giallo. La luce delle lampade incandescenti si produce attraverso la corrente elettrica che passa per il filamento di tungsteno e, incontrando resistenza, produce calore. Questa energia termica è assorbita dagli atomi di tungsteno e trasformata in energia meccanica che determina una violenta accelerazione degli elettroni presenti negli atomi del filamento.

Gli elettroni assumono una carica troppo alta per restare nelle loro orbite originarie e balzano quindi in orbite a maggiore energia. Ritornando, quindi, nelle loro orbite originarie devono liberare l’energia in eccesso sotto forma di luce. Il colore della luce che gli elettroni emettono dipende soprattutto dalla temperatura e dal diametro del filamento, nonché dal voltaggio della corrente elettrica. Poiché il colore di un corpo incandescente dipende dalla sua temperatura, è evidente che si possono fabbricare lampade a incandescenza di ogni colore, dal rosso al giallo e al bianco.

Sempre al tungsteno esistono lampade argentate per faretti con luce più fredda. Ancora più fredda è la luce al neon, che però risulta dannosa al sistema nervoso perché tende, per l’alta energia sviluppata, a eccitare. In essa la luce è prodotta nel modo seguente: un tubo di vetro viene rivestito all’interno con diverse sostanze fluorescenti, ciascuna delle quali emette luce di diversa lunghezza d’onda sotto l’eccitazione delle radiazioni ultraviolette. Il tubo viene quindi privato in parte di aria, riempito di vapore di mercurio e sigillato.

Quando per questo tubo si fa passare la corrente elettrica, il vapore di mercurio emette luminosità. La luce di emissione è particolare perché possiede uno spettro discontinuo: ossia, invece di essere disposta uniformemente e senza interruzioni su una fascia continua, la sua energia è concentrata su poche linee ben definite. La maggior parte dell’energia appartiene alla zona della radiazione ultravioletta a onda cortissima, che eccita il rivestimento interno fluorescente del tubo, emettendo luce visibile.

La luce dei tubi fluorescenti differisce dagli altri tipi (luce diurna, luce incandescente) nel senso che possiede uno spettro a linee, sovrapposto ad uno spettro continuo, come quello del sole o della luce artificiale ordinaria.

Un effetto simile è prodotto dalle lampade a basso consumo che, pur essendo sempre ad alta energia vibratoria, hanno dei colori leggermente più caldi.

La luce più bianca e più brillante, e anche meno dannosa, è fornita dalle lampade alogene con trasformatore a corrente continua (6 volt).

Quasi tutti gli ambienti di un appartamento possono avvantaggiarsi dall’accoppiamento di un’adeguata illuminazione funzionale e decorativa.

I progetti di illuminazione saranno differenti in funzione dei vari ambienti. In un soggiorno, ad esempio, l’illuminazione generale può essere data da lampade a parete non troppo in vista o da faretti nel soffitto, con l’aggiunta di faretti sia verso l’alto che verso il basso: le prime per dar risalto ad alcune zone e le seconde per creare un’atmosfera. Il tutto può essere mirabilmente completato con due ulteriori livelli di luce, uno verso il basso con lampade da tavolo o paralumi e un altro verso l’alto a soffitto centrale.

Data di Pubblicazione: 2 ottobre 2017

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