ALIMENTAZIONE

Dimagrire Senza Riprendere Peso è Possibile? - Anteprima del libro di Jean-Philippe Zermati

Perchè non si può più continuare così

Più si fanno diete, più si riprende peso

Nel 1959, Albert Stundkard, grande specialista dell'obesità, scriveva: "La maggior parte degli obesi non segue il programma di dimagrimento. Gran parte di coloro che lo seguono, non dimagriscono e la maggioranza di quelli che dimagriscono riprende peso". Cinquanta anni dopo, poco è cambiato: in tanti sono dimagriti e hanno ripreso più peso di quanto non ne abbiano perso con la dieta.

Per misurare il fenomeno, gli specialisti dei paesi interessati dal problema dell'obesità hanno condotto degli studi di valutazione dai quali emerge che, in un arco temporale dai tre ai cinque anni, oltre il 90% dei trattamenti dietetici del sovrappeso e dell'obesità fallisce. La percentuale di insuccessi oscilla tra il 65% della popolazione generale e il 94% dei reparti specialistici ai quali di solito afferiscono i casi più difficili.

Se, di fronte a risultati di questo tipo, avessimo almeno la certezza di guarire tra il 10 e il 35 percento dei nostri pazienti, senza danneggiare la salute di tutti gli altri, potremmo continuare ad adottare queste pratiche. Dopo tutto, se non fa male a nessuno, perché non continuare a prescrivere una dietina ogni due o tre anni? Purtroppo la situazione è ben diversa, e siamo lontani dal rispetto di quel primo impegno che abbiamo assunto e che i nostri pazienti hanno diritto di aspettarsi dai medici ai quali affidano la loro salute: primum non nocere.

In primo luogo, è assodato e incontestabile ormai che le diete dimagranti il più delle volte non solo non riescono a far dimagrire stabilmente le persone obese o in sovrappeso, ma addirittura aggravano il sovrappeso e le complicanze mediche che ne conseguono, provocano disturbi del comportamento alimentare e causano, o peggiorano, i disturbi psicologici.

In secondo luogo, non possiamo affermare che tutti coloro che hanno perso peso in modo duraturo ne abbiano tratto un reale beneficio. È vero, sono dimagriti, ma a che prezzo riescono a mantenere il peso acquisito? Appare chiaro che, perlomeno per alcuni di loro, gli sforzi profusi per non ingrassare di nuovo vanno ben oltre i benefici del dimagrimento sul piano sia medico sia psicologico. Al punto che oggigiorno i pazienti vengono a farsi visitare per motivi del tutto inediti: ci chiedono di aiutarli a uscire dal loro mondo di restrizioni, anche a costo di riprendere del peso, non troppo però...

I regimi dimagranti non sono da processare. Il processo è già stato istruito e la questione risolta. Solo i sordi, i ciechi, gli incoscienti e le persone in malafede possono continuare a prenderli in considerazione, tanto che oggi, nella terapia del sovrappeso, l'unica vera sorpresa è che si continui ancora a prescriverli.

Se a tutte le persone che si impongono, o si sono imposte nel corso della vita, di seguire una dieta dimagrante aggiungessimo quelle che dichiarano, come si dice oggi, di "stare attente" a ciò che mangiano nell'intento di prevenire il sovrappeso, scopriremmo che... il fenomeno del controllo ponderale interessa quasi il 70% della popolazione francese e investe indifferentemente donne, uomini e bambini. Possiamo ancora permettere, e addirittura raccomandare, che queste persone seguano dei metodi che sappiamo con certezza costituiscono un rischio accertato per il loro peso e per la loro salute psicofisica?

Abbiamo tentato veramente di tutto!

Coscienti di questo disastro, molti di noi hanno cercato di migliorare le prescrizioni dietetiche per prolungarne l'efficacia sul lungo periodo. Per prima cosa si è pensato che i fallimenti potessero essere la conseguenza di diete troppo rigide, che imponevano un'eccessiva riduzione dell'apporto calorico. Fin verso la fine degli anni Ottanta, era normale per i medici prescrivere diete dimagranti da 800 calorie. In alcuni ospedali, talvolta capitava di ridurre l'apporto alimentare fino a 250 calorie, lasciando che i pazienti continuassero le loro attività abituali. Molti di loro si ricordano con quanta velocità hanno ripreso i chili persi. Oggigiorno le diete dimagranti sono meno rigorose. Una riduzione del 25-30% dell'apporto calorico iniziale sembra essere più ragionevole e più tollerabile nel tempo. Nonostante queste prescrizioni più morbide, i risultati non sono migliorati poi molto.

Si è poi pensato che i fallimenti potessero dipendere dal fatto che le diete non erano abbastanza equilibrate. Oggi non è più così, dato che sono preparate in modo pressoché scientifico. Alcune sono studiate con software specifici per evitare carenze vitaminiche o di minerali, anche infinitesimali. Tutti i regimi attualmente prescritti nei reparti specialistici contemplano un'alimentazione per così dire "equilibrata", tanto che non intercorre più alcuna differenza tra una dieta dimagrante e un'alimentazione equilibrata. Ecco che le raccomandazioni del Programma nazionale nutrizione salute (PNNS) per la promozione di una alimentazione equilibrata e la prevenzione del sovrappeso non si distinguono più dalle raccomandazioni della terapia dietetica del sovrappeso stilate dagli esperti francesi dell'obesità. Le differenze sono sparite, tanto che molti specialisti dell'obesità hanno bandito dal loro vocabolario il termine dieta, connotato troppo negativamente, e preferiscono utilizzare l'espressione alimentazione equilibrata, più accettabile sotto il profilo psicologico. Lo slogan di Weight Watchers non è forse diventato: "Basta con le diete. Cominciate Weight Watchers"? Tanto che oggi non si sa più se chi vuole dimagrire deve nutrirsi in modo equilibrato o se coloro che vogliono mangiare equilibrato debbano mettersi a dieta!

Anche con queste nuove precauzioni, nonostante i benefici effetti sulla salute, i risultati sul decremento ponderale duraturo non sono migliorati. Del resto, gli studi di valutazione citati in precedenza, che riferiscono un tasso d'insuccesso del 90%, sono stati condotti su pazienti che avevano seguito un regime dimagrante equilibrato.

Ovviamente, i nutrizionisti hanno anche ipotizzato che gli insuccessi potessero essere ascritti all'esistenza di divieti alimentari. È vero che, in un passato anche molto recente, tante diete contemplavano il divieto di consumare certi alimenti o alcune categorie di alimenti. Ancora oggi si vedono prescrizioni che vietano il consumo di alimenti ritenuti troppo grassi o zuccherati. Gli specialisti del comportamento alimentare hanno suonato il campanello d'allarme, dimostrando che il divieto di consumare alcuni alimenti porta al consumo compulsivo, all'abbandono della dieta e, nel migliore dei casi, alla ripresa del peso perduto. Bisogna riconoscere che le diete moderne sono molto cambiate da questo punto di vista e contemplano tutti gli alimenti, ma questo non significa, però, che i divieti siano scomparsi, semplicemente sono di altra natura. Si può mangiare di tutto, ma ogni categoria di alimenti è contingentata. Le patatine fritte o i pasticcini sono autorizzati, ma soltanto una volta la settimana. Il cioccolato, solo 2 quadratini con il caffè. I farinacei una o due volte al giorno, le verdure cinque volte al giorno, i latticini tre volte al giorno... I grassi e i dolci vanno ridotti, ma non si sa in che misura. Come se tutti ne mangiassero comunque troppi e l'ideale fosse per forza mangiarne meno.

Le diete sono meno severe, perfettamente equilibrate o meno proibizionistiche... ma non cambia nulla ai fini delle valutazioni. Nonostante tutti questi miglioramenti, i risultati continuano a essere desolanti. Se ne deduce che la soluzione non stia nel migliorare l'esistente.

Perché le diete non fanno dimagrire stabilmente

Perché queste diete che inizialmente fanno dimagrire, poi si concludono quasi sempre, e nel migliore dei casi, con una ripresa dei chili persi?

Grazie agli studi di valutazione a nostra disposizione, è facile rendersi conto che non sono la soluzione giusta ai problemi di sovrappeso, ma non si sa perché. Non comprendendo il motivo dei propri insuccessi si rischia di ripetere inconsapevolmente gli stessi errori. Si potrebbero promuovere nuove prassi che, a nostra insaputa, riprodurrebbero all'infinito la causa dei nostri fallimenti.

I motivi per cui i pazienti riprendono peso dopo la dieta è uno dei temi su cui mi interrogo da molto tempo. Ho esposto le mie riflessioni nelle opere precedenti. Ho esplorato varie piste, alcune si sono rivelate dei vicoli ciechi, o quanto meno inadeguate, altre si sono dimostrate più promettenti. Fra le tante ipotesi interessanti prenderò in considerazione tre spiegazioni fondamentali.

La prima è data dall'errore incredibile che abbiamo commesso nell'affermare che l'incremento ponderale fosse la conseguenza di un consumo eccessivo di alimenti grassi o dolci, indipendentemente dal loro contenuto calorico. Molti nutrizionisti ne hanno dedotto in maniera troppo frettolosa di poter prescrivere delle diete basate sulla diminuzione, o addirittura sulla soppressione, di quei tipi di alimenti, incentivando il consumo illimitato degli altri. Oggi sappiamo che ogni caloria eccedente il fabbisogno dell'organismo può comportare incremento ponderale se non è compensata da un'equivalente riduzione dell'apporto calorico. Più avanti esamineremo le conseguenze spaventose di questo gigantesco errore che gli specialisti dovranno correggere al più presto.

La seconda spiegazione riguarda le nostre pretese: noi esigiamo che i pazienti dimagriscano senza tenere conto delle loro caratteristiche fisiologiche. Consuetudine vuole che siano i medici ad attribuire ai pazienti gli obiettivi ponderali, basandosi su criteri ammirevoli, ma senza tenere conto della reale possibilità di mantenerli nel tempo. Altrettanto frequente è il caso in cui si chiede al paziente di scegliere il peso che desidera raggiungere, come se si trovasse a fare la spesa in un supermercato dei corpi.

Le più recenti acquisizioni scientifiche in questo campo fanno chiaramente capire che non tutti possono dimagrire. La difficoltà ora consiste nel riuscire a stabilire fra tutti i candidati al dimagrimento quelli che sono in grado di dimagrire. Esistono i mezzi per farlo!

La terza spiegazione, forse la più importante, risiede nella nozione stessa di dieta.

Per capire cosa infici l'efficacia delle diete dimagranti nel lungo periodo, a mio avviso, bisogna esaminare gli elementi che le caratterizzano. È vero che oggi-giorno gli stessi nutrizionisti hanno difficoltà a indicare quei fattori che distinguono un regime alimentare dall'alimentazione spontanea. Tanti specialisti della nutrizione prescrivono diete senza nome, dietro la facciata dell'alimentazione equilibrata. Tuttavia, che si riferiscano a diete dimagranti o all'equilibrio alimentare, mal si colgono le differenze tra le loro prescrizioni di ieri e quelle di oggi. Ciò dimostra che è utile spiegare l'essenza stessa della dieta.

Il controllo mentale è possibile?

Una dieta non si definisce in base all'entità delle restrizioni che impone. Si possono prescrivere regimi da 6000 calorie, come pure da 1400 calorie per quei soggetti che non sono a dieta, ma hanno un fabbisogno calorico ridotto. Non si definisce neppure in funzione della presenza o dell'assenza di divieti alimentari, dato che, come abbiamo detto, le diete moderne non ne contemplano più. Infine, il fatto che un'alimentazione sia impostata secondo le regole dell'equilibrio alimentare non esclude che possa trattarsi di una dieta. Il PNNS, con le sue nove indicazioni, costituisce il modello esemplare di dieta equilibrata.

tabella dimangrire

In fin dei conti, l'unico criterio abbastanza specifico consisterebbe nel considerare la dieta come un'alimentazione controllata da indicatori esterni, rappresentati dall'insieme delle regole alimentari alle quali la persona sottosta per gestire il proprio peso. AI contrario di un'alimentazione controllata sostanzialmente da indicatori interni, vale a dire le sensazioni e le emozioni alimentari.

È questo modo di "mangiare con la testa", controllando mentalmente la propria condotta alimentare senza tenere più di tanto in considerazione le sensazioni alimentari, a rappresentare, a mio avviso, la caratteristica più pertinente di tutte le diete.

Di conseguenza, propenderei per ascrivere il fallimento delle diete nel tempo al mancato controllo mentale del comportamento alimentare, che si potrebbe mantenere per un arco di tempo variabile, a seconda degli individui e delle circostanze, ma richiederebbe la mobilizzazione di un'energia mentale eccessiva che, alla lunga, produrrebbe un effetto di usura. Questa ipotesi trova conferme nella progressione nel tempo delle curve ponderali dei nostri pazienti e nel modo in cui raccontano gli sforzi compiuti. All'inizio tutti dicono di riuscire a rispettare la dieta e poi finiscono per mollare o cedere.

Che quasi tutti i pazienti perdano peso quando seguono la dieta è un fatto innegabile, come è vero che pochissimi di loro riescono a mantenere l'impegno per il tempo necessario. Sarebbe facile accusarli di mancanza di volontà. Più avanti ritornerò su questo atteggiamento giudicante che gli altri, e molto spesso loro stessi, adottano nei loro confronti. I nostri pazienti, infatti, sono formidabili perché, nel momento in cui riprendono peso, se ne attribuiscono la colpa, senza mai mettere in discussione la tecnica che hanno utilizzato. Eppure nulla dimostra che il controllo mentale che esigiamo da loro si possa realmente mantenere per lunghi periodi.

È proprio questa la concezione dell'alimentazione che i nutrizionisti ci propongono al giorno d'oggi. Ad esempio, la guida "La sauté vient en mangeant" (La salute vien mangiando), che esprime la posizione ufficiale in materia di nutrizione delle istituzioni francesi che si occupano di salute pubblica, riporta l'invito a una "riflessione sul modo di mangiare che per definizione sarà cognitivo [e che] poggerà sulle conoscenze scientifiche e sulla ragione".

Detta così, viene difficile pensare che si possa declinare un simile invito. Le intenzioni sono buone e le posizioni ragionevoli. Grazie a migliaia di studi, oggi sappiamo dove trovare i nutrienti che consentirebbero di prevenire l'osteoporosi, il cancro, le malattie cardiovascolari e il sovrappeso. Non saremmo irresponsabili a non approfittarne? Mangiare con la testa a tutto vantaggio della linea e della salute: niente di più ovvio e piacevole!

Sì, forse. Ma per prima cosa non dovremmo chiederci se sia possibile mangiare in questo modo controllando mentalmente il nostro comportamento alimentare? Questo è l'interrogativo al quale questo libro intende rispondere. Perciò occorre capire come è controllato il comportamento alimentare. Noi pretendiamo da milioni di persone che si mettano a dieta, o sorveglino l'alimentazione, esercitando un controllo mentale sulle loro abitudini alimentari. La maggior parte di loro non ci riesce e vive questa situazione come un fallimento personale. Non possiamo continuare a dubitare della loro buona volontà e a seguitare con questi diktat. Piuttosto dobbiamo chiederci se quello che pretendiamo da loro sia realizzabile.

Questo testo è estratto dal libro "Dimagrire Senza Riprendere Peso è Possibile?".

Data di Pubblicazione: 3 ottobre 2017

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