EFT - Emotional Freedom Techniques per superare le tue paure e cancellare “con un dito” tutte le emozioni negative che ti tormentano, ritrovando il benessere.

Che cos'è la EFT?

EFT (Emotional Freedom Techniques) è una tecnica di auto-aiuto che consente di riequilibrare il sistema energetico, ottenendo così profondi miglioramenti a livello fisico, emotivo e mentale.

Inventata da un ingegnere di Stanford (USA), Gary Craig, è considerata uno dei sistemi di auto-guarigione a maggior velocità di diffusione del mondo. Sicuramente, ciò è dovuto alla sua grande efficacia. Attraverso EFT, ad esempio puoi appianare e risolvere:

  • Traumi;
  • Problemi fisici;
  • Stress;
  • Ansia;
  • Cattiva autostima

L'EFT è innanzitutto divertente. Questo aspetto trasmette tutta la leggerezza necessaria affinché l’alchimia dell’EFT si compia. Un trauma ha l’effetto di “fossilizzare” le cose e cristallizzarle. Questo è vero per i grandi shock ma anche per quelli più piccoli. Tutti subiamo parecchi piccoli traumi nel corso della vita. Talvolta permangono come minuscoli granelli di sabbia che impediscono ai nostri ingranaggi interiori di girare in maniera fluida. Con l’EFT li renderemo più leggeri attraverso il “gioco”, li sdrammatizzeremo per arrivare a cancellarli.

Un gioco ha anche bisogno di creatività, che arriverà grazie al nostro emisfero destro, quello dell’immaginazione e dell’intuizione, usato per praticare l’EFT.

In un gioco ovviamente ci sono anche dei bambini. Quali sono le caratteristiche del bambino? Un bambino è sincero, diretto e spontaneo. Vive nel momento presente. Dice ciò che pensa e mostra quello che prova. È trasparente. L’EFT ci invita a tornare bambini, a ritrovare questa sincerità con noi stessi, questa franchezza. Ci porta ad accogliere il momento presente, a essere qui e ora.

Un bambino è un tutt’uno con la vita e quando gioca con un giocattolo è come se questo giocattolo fosse vero. Quando un ragazzino muove una macchinina, ne imita il rumore (Bruuum! Bruuum!)... è dentro la macchina. Sente l’automobilina quando si mette in moto, quando ne tampona un’altra, quando svolta, quando frena bruscamente. Lo stesso fa una ragazzina quando gioca con la sua bambola, le dà da mangiare, la lava, le canta una ninnananna come se fosse sua figlia.

Con l’EFT accogliamo “ciò che è”. Gli restituiamo tutto il suo spazio. Smettiamo di ragionare e riflettere e cominciamo semplicemente a “giocare” con le nostre emozioni, per dar loro lo spazio che meritano. In questo modo, esse riprendono il loro vero ruolo, cioè quello per cui sono nate: muoverci,* metterci in moto. Ritornando bambini, recuperiamo il nostro stato d’innocenza, che ci permette di accettarci così come siamo.

Per dipingere un bel quadro, occorrono dei colori; sono le nostre emozioni. Osiamo dunque giocarci assieme! Hanno tante cose da darci! Ricordiamoci inoltre che il bianco non vuol dire assenza di colore. E l’unione di tutti i colori! E allora, forza, creiamo assieme una bella luce bianca!

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Storia dell'EFT - La medicina tradizionale cinese

L’EFT affonda le sue radici nella medicina tradizionale cinese (da qui in poi MTC), che risale a oltre cinquemila anni fa. L’obiettivo della MTC è di garantire una libera circolazione dell’energia nel corpo umano, per mantenere o ritrovare la salute.

Nell’organismo l’energia circola attraverso i meridiani, così come fa il sangue nelle arterie. Segue un tragitto ben preciso attraversando i vari meridiani uno dopo l’altro, in un quotidiano circuito programmato. Un blocco su questo circuito provoca eccessi di energia in certi punti dell’organismo e carenze in altri, cosa che è all’origine di disturbi e malattie. Al contrario, un’energia distribuita in maniera equilibrata nel corpo, che circola senza ostacoli, è garanzia di buona salute e resistenza alle malattie.

I blocchi energetici derivano spesso da shock emotivi non risolti o da organi con un’insufficienza, come il fegato o l’intestino dopo un trattamento antibiotico. Per rimuovere questi blocchi l’agopuntura usa degli aghi inseriti in punti precisi lungo i meridiani. Cionondimeno, la puntura dell’ago non è una tecnica indispensabile. E possibile utilizzare altri metodi, come la rnoxa" o semplicemente il massaggio dei punti. Il principio consiste nello stimolare il punto, indipendentemente dal mezzo usato. Pertanto, stimolando dei punti precisi è possibile rimuovere i blocchi energetici e riequilibrare l’energia generale della persona, permettendole così di ritrovare salute e vitalità.

Si dà il caso che i punti collocati all’estremità di un meridiano siano in grado da soli di ripristinare la circolazione di tutto il meridiano. È questa la tecnica impiegata dall’EFT. Il tapping dei diversi punti rimette in moto la circolazione energetica nei dodici meridiani della MTC, il che consente di riarmonizzare l’insieme del circuito energetico dell’organismo.

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Gli antesignani

Nel secolo scorso, gli studi di G. Goodheart e J. Diamond aprono la strada alla chinesiologia" applicata e alla terapia basata sui meridiani (MBT). Goodheart constata che picchiettare i punti di agopuntura può sostituire gli aghi, il che rende questo approccio accessibile a molti. Diamond dal canto suo si accorge che formulare affermazioni positive mentre si toccano i punti di agopuntura consente di alleviare problemi emotivi.

Nel 1980 uno psichiatra di nome Roger Callahan osserva che una paziente, affetta da fobia dell’acqua refrattaria a qualunque trattamento, guarisce all’istante dopo aver picchiettato alcuni punti sui meridiani di agopuntura situati sul viso. In seguito a questa esperienza, svolge delle ricerche e sviluppa la sua Thought Field Therapy (TFT, terapia del campo mentale), che produce risultati notevoli. Se una persona si concentra su un disturbo emotivo come la paura, picchiettando nel contempo su punti particolari, la paura può scomparire in maniera definitiva.

Questi studi vengono ripresi da Gary Craig, ingegnere e Master di PNL." Craig cerca un metodo efficace e facile da applicare. Negli anni Novanta crea così l’EFT (Emotional Freedom Techniques).' La sua esperienza di ingegnere gli permette di svolgere un’importante sintesi delle tecniche messe a punto dai suoi predecessori. Inoltre, la sua conoscenza della PNL gli è utilissima per costruire la metodologia dell’EFT. Il suo metodo ha dunque il merito di essere molto semplice, con un protocollo unico indipendentemente dal problema da trattare.

Ma Gary Craig vuole dare all’EFT anche un’impronta spirituale. Per anni ha infatti studiato il “corso in miracoli”, in cui alla base dell’insegnamento vi è “l’allentare la presa, l’amore e il perdono”. Ecco perché ha diffuso gratuitamente questo strumento meraviglioso dato dall’EFT ovunque nel mondo e in maniera accessibile a tutti. Nel suo manuale afferma: “Siamo tutti al pianterreno del grattacielo della guarigione e abbiamo molto da imparare”.

L’EFT è un ingresso in un nuovo paradigma il quale insegna che, per guarire, è necessario cominciare cambiando il proprio modo di pensare.

 

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Il principio dell'EFT

Rassicuriamo il lettore: non è assolutamente necessario capire come funziona l’EFT affinché l’EFT funzioni. Tuttavia, è sempre interessante ricevere qualche spiegazione sul principio.

Il principio di base è semplicissimo e accomuna tutte le terapie basate sull’energia: “Qualunque malessere fisico o psicologico è causato da una perturbazione nel sistema energetico dell’organismo ”. L’energia circola nel nostro corpo attraverso i meridiani. Talvolta però succede che si blocchi in determinati punti, cosa che esternamente si manifesta attraverso un dolore fisico o un disturbo psicologico.

Per fare in modo che circoli di nuovo, l’EFT insegna a picchiettare su certi punti del corpo, per la maggior parte ubicati alle estremità dei meridiani di agopuntura. Contemporaneamente, è opportuno che la persona focalizzi l’attenzione sul problema che la disturba.

La stimolazione dei punti rimuoverà il blocco energetico collegato al disturbo su cui la persona si concentra. Questo rimette in circolo l’energia.

A rendere efficace l’EFT e a costituirne la peculiarità è l’associazione delle due cose: l’armonizzazione energetica e il collegamento al problema. Questa doppia azione è all’origine della definizione spesso attribuita all’EFT, ossia “tecnica psicoenergetica”, come accade per altri metodi che citeremo alla fine del libro.

Ricetta semplificata - Enunciare il problema

Si comincia cercando le parole giuste, quelle che evocano il problema e aiutano a focalizzarsi su di esso. Sei tu a sceglierle. Si tratta di parole che per te esprimono al meglio il problema da trattare. Queste parole ti permettono di focalizzare con precisione la tua attenzione su ciò che ti disturba, cioè sull’emozione che vuoi liberare.

Le parole vanno scelte con chiarezza e meticolosità. Devono esprimere il problema con esattezza. Più è grande la precisione, migliore sarà il risultato della seduta. È un po’ come usare un’idropulitrice: più il getto è fine e preciso, meglio pulisce la macchia di sporcizia sul muro. Occorre quindi esprimere il problema con qualche parola (da una a tre parole andrà bene), da incorporare nel “ritornello” che indicheremo a breve.

Misurare il livello d'intensità

Per constatare meglio i cambiamenti ottenuti durante una seduta, si consiglia di fare una stima del livello d’intensità con cui si avverte il problema all’inizio. Per farlo, poniti la seguente domanda prima di cominciare: “Su una scala da 0 a 10, a quale livello si colloca il dolore o il fastidio?”. La cifra 0 corrisponde alla calma totale o a un’assenza assoluta di dolore, mentre la cifra 10 all’intensità massima avvertita. Nel corso della seduta eseguirai altre valutazioni per constatare i cambiamenti, ma anche per adattare il resto del trattamento qualora sia necessario proseguirlo.

 

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La fase preparatoria

Una volta stabilite le parole, la seduta di EFT inizia con un “ritornello”, che in linea generale si presenta così: “Anche se ho (‘questo problema’; sostituire con le parole che presentano il problema), mi amo e mi accetto profondamente e completamente”.

Occorre ripetere questo ritornello per tre volte picchiettando nel contempo il punto karate (KC, “Karate Chop”), situato sul taglio della mano. E il punto con cui si pratica il colpo di karate. E possibile farlo sulla mano destra o sulla sinistra, non ha importanza.

Al posto del punto karate è possibile massaggiare una zona situata al centro del petto, qualche centimetro sotto la clavicola, chiamata “punto doloroso” (dove si appuntano le medaglie militari!). Per individuare la zona, è sufficiente massaggiarla; il punto esatto è quello dove si prova un po’ di dolore.

In linea generale, è più facile picchiettare il punto karate. Se però ti sembra che il problema abbia difficoltà a mettersi in moto, puoi provare con questa zona sensibile. Il ritornello e il tapping del punto karate costituiscono la fase preparatoria, che consente di preparare il campo energetico della persona a ricevere la sequenza, così come lavoriamo la terra prima di seminare.

Lo scopo di questa fase preparatoria è di correggere un’eventuale inversione del flusso energetico. Ti spiegheremo più in dettaglio di cosa si tratta nella sezione dedicata all’“inversione psicologica”.

I punti

Una volta eseguita la fase preparatoria, occorre picchiettare i punti seguenti, enunciando a ogni punto il problema da risolvere.

  • Sommità della testa (ST): situato sul capo, lungo il prolungamento della parte superiore delle orecchie.
  • Sopracciglio (SC): alla radice del sopracciglio, accanto al naso.
  • Lato dell’occhio (LO): sull’osso orbitale, nell’angolo esterno dell’occhio.
  • Sotto l’occhio (SO): sull osso orbitale, sotto l’occhio.
  • Sotto il naso (SN): tra il naso e la bocca.
  • Sotto le labbra (SL): tra la bocca e il mento.
  • Clavicola (CL): a due centimetri e mezzo circa sotto l’inizio della clavicola (accanto allo sterno).
  • Sotto il seno (SS): sotto il petto, perpendicolarmente alla mammella.
  • Sotto il braccio (SB): sotto l’ascella, allo stesso livello della mammella (ossia da sette a otto centimetri sotto l’ascella).

Questi punti vengono in genere picchiettati nell’ordine sopra citato. In realtà, escludendo il punto karate, che va sempre picchiettato per primo, l’ordine degli altri non ha importanza. Se quindi hai dimenticato di picchiettare un punto, è sempre possibile ritornarci sopra in seguito.

Il trattamento consiste nel picchiettare sei o sette volte ciascun punto, uno dopo l’altro. Ciò costituisce un “giro” o una “serie di tapping”.

Non bisogna dimenticare di richiamare ogni volta il problema da trattare.

 

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Il tapping

Per cominciare, si consiglia di picchiettare ciascun punto guardando l’immagine, per sapere con esattezza dove ubicare i punti. La rapidità del tapping è personale, così come l’intensità. Alcuni procedono molto veloci, altri sono molto delicati. Non ha importanza, va bene tutto. La cosa principale è trarre beneficio da ciò che si sta facendo. È la chiave dell’EFT: ascoltarsi e fare quello che il proprio corpo preferisce. Esistono anche altri modi di stimolare i punti.

Toccare e respirare

Anziché picchiettare, si posano le dita sul punto e si esegue una respirazione profonda. Questo metodo è utilissimo:

  • Per le persone molto sensibili;
  • Per calmare chi è sotto stress o angosciato;
  • In caso di dolori fisici acuti.

Massaggiare i punti

Strofinare il punto eseguendo un massaggio circolare con un dito.

Picchiettare con l'intenzione

Nelle situazioni in cui non vogliamo essere visti eseguire una seduta di EFT oppure quando non abbiamo la possibilità di farlo fisicamente, possiamo immaginare i punti e visualizzare un raggio di luce che vi penetra dentro o, più semplicemente, stimolarli mentalmente.

Da principio, Gary Craig picchiettava con una sola mano un unico punto, a destra o a sinistra. Negli ultimi anni, era in grado di picchiettare a volte con entrambe le mani, su tutti e due i lati contemporaneamente in presenza di punti bilaterali (per esempio l’angolo dell’occhio destro e sinistro, il sopracciglio destro e sinistro ecc.). Sentiti libero di seguire il metodo con cui ti trovi meglio.

L’EFT è una tecnica estremamente flessibile e la cosa più importante è ascoltare le proprie sensazioni, per fare ciò che è più giusto per sé.

Per la ricetta completa, occorre aggiungere alle due fasi già descritte quelle seguenti.

Una serie di punti sulla mano

  • Angolo dell’unghia del pollice;
  • Angolo dell’unghia dell’indice;
  • Angolo dell’unghia del medio;
  • Angolo dell’unghia del mignolo;
  • Punto karate.

Punto karate

Questi punti si trovano alla base delle unghie, sul lato del pollice. Noterai che non vi è alcun punto sull’anulare. Il meridiano corrispondente verrà stimolato tramite l’azione sotto descritta sul punto gamma. Alcuni però lo stimolano sistematicamente assieme alle altre dita, per evitare di doversi ricordare quale dito non hanno picchiettato. Questa serie può essere svolta su una mano o sull’altra, a scelta.

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È ora necessario svolgere una serie di nove azioni, picchiettando nel contempo il “punto gamma”, situato sul dorso della mano, tra il prolungamento del mignolo e quello dell’anulare, a circa due centimetri dall’articolazione delle dita. Puoi picchiettare precisamente su questo punto. Se però hai paura di non individuarlo e quindi di picchiettare a fianco, puoi eseguire con la mano un tapping più ampio su tutto il dorso dell’altra mano. In questo modo, sarai certo di aver toccato il “punto gamma”.

Ecco le nove azioni:

  1. Chiudere gli occhi;
  2. Aprire gli occhi;
  3. Guardare in basso a destra senza muovere la testa (lato destro);
  4. Guardare in basso a sinistra senza muovere la testa;
  5. Eseguire un cerchio con gli occhi nel senso delle lancette dell’orologio;
  6. Eseguire un cerchio con gli occhi nel senso contrario;
  7. Canticchiare una canzoncina (solo la musica, senza le parole), per esempio “Tanti auguri a te”;
  8. Contare fino a cinque;
  9. Canticchiare di nuovo.

Queste ultime tre azioni consentono di riequilibrare l’attività dei due emisferi (destro e sinistro), cosa importante per la soluzione dei problemi.

Anche in questo caso, ogni azione deve essere accompagnata dall’enunciazione del problema.

 

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Punti addizionali

È possibile picchiettare altri punti qualora se ne avverta il bisogno. Talvolta ti capiterà di ritrovarti a “picchiettare” un punto che non fa parte della ricetta. Fallo pure! Il tuo corpo sa meglio di te che cosa gli serve. Dagli fiducia!

Un buon modo di concludere una serie di tapping consiste nell’applaudire con l’interno dei polsi, cioè anziché battere le mani si battono i polsi. Questo permette di stimolare certi punti sui meridiani di agopuntura che trattano lo stress e l’ansia.

Un altro punto è ubicato sulla parte interna della caviglia, proprio sopra il malleolo. Occorre picchiettare con l’insieme delle dita e non semplicemente con la punta.

Vantaggi condivisi

L’EFT può essere svolto da soli o con un’altra persona, cosa più facile perché l’altro funge da “specchio” e dunque aiuta a vedersi meglio. Inoltre, quando qualcuno ci accompagna in una seduta, tratta nel contempo anche se stesso. Sono i vantaggi condivisi (borrowing benefits) dell’EFT. Durante i corsi di EFT constatiamo spesso che, dopo una seduta per trattare il problema di una persona, gli altri partecipanti osservano netti miglioramenti della loro personale problematica.

Presentazione della seduta

Ecco alcuni consigli che ti potranno aiutare, per lo meno all’inizio, a svolgere con successo la tua seduta. Le fasi principali da seguire sono:

  • Definire il problema da trattare e misurarne l’intensità;
  • Poi, fare attenzione alla qualità del rapporto con l’altro;
  • Rimuovere gli ostacoli e trattare l’inversione psicologica;
  • Ricorrere a strumenti per creare un buon collegamento con il problema: la tecnica del film, raccontare la storia, ripulire tutti gli aspetti e utilizzare metafore o stimoli sensoriali (una parola, un oggetto, un rumore o una musica, una sostanza, un odore, un gesto ecc.).

Definire il problema da trattare

È importante definire accuratamente il sintomo e/o l’obiettivo che la persona intende conseguire. Se il problema è troppo generale o definito in maniera insufficiente, non si produrrà alcun risultato e la persona si abbatterà. Rischia inoltre di passare da un argomento all’altro senza venirne a capo, il che le trasmetterà l’impressione di non progredire.

Ognuno di noi ha tante emozioni o tanti problemi da ripulire, evacuare, far sparire. La tentazione è quella di volerli trattare tutti in una volta. Bisogna invece procedere con ordine, cominciando dal problema più fastidioso per liberarsene, passare quindi al seguente e via di seguito.

Chi svolge il ruolo di terapeuta aiuta la persona a mettere a fuoco il problema e, nello stesso tempo, la invita a definire ciò che vorrebbe porre al posto di questo problema. La decisione costituisce un buon modo di generare uno slancio, un movimento verso la soluzione.

Se pratichi da solo, è preferibile procedere nello stesso modo, mettendo per iscritto il tuo problema e i sintomi che avverti; questo ti aiuterà a definirli correttamente.

Stabilire un buon rapporto

Per accompagnare una persona durante una seduta occorre creare un rapporto di qualità. Il segreto sta nell’accettare l’altro così com’è, per aiutarlo ad accettare se stesso e il suo problema.

Per descrivere Patteggiamento giusto da adottare, Gary Craig usava l’espressione “farsi da parte”, mettersi in disparte affinché avvenga la guarigione. Si tratta di un atteggiamento di neutralità, empatia e accettazione dell’altro nella sua globalità. Significa dimenticare se stessi e il proprio punto di vista, accettando nel contempo l’altro in maniera totale, nel “qui e ora”. L’accettazione incondizionata gli permetterà di accogliere se stesso e anche il suo problema, il che costituisce il primo passo verso la guarigione.

È quest’arte, questa qualità della presenza (della “prossimità all’essenza”) a fare tutta la differenza. Non bisogna dimenticare che l’essenza del nostro essere è l’amore. Coltivando la qualità della presenza, coltiviamo un rapporto d’amore. Questo rapporto crea un clima di fiducia e di sicurezza che permette alla persona di aprire le porte e lasciar uscire le emozioni represse. È importante mantenere il medesimo atteggiamento di accettazione e di rilascio anche quando svolgiamo una seduta da soli.

Questo concetto è altresì presente nella PNL: le prime nozioni da assimilare per un buon “rapporto” sono la sincronizzazione, la riformulazione e la calibrazione.

La sincronizzazione (che consiste nel riprodurre gli stessi gesti, atteggiamenti, vocaboli e stati interiori) avviene da sé quando due persone svolgono la seduta nello stesso tempo. Picchiettano in contemporanea e, di conseguenza, si sintonizzano in maniera automatica. Nel farlo, si instaurano dei legami inconsci e diventa più facile capirsi.

La riformulazione consiste semplicemente nel riprendere le “stesse” parole della persona per esprimere il problema. Con queste parole (senza modificare nulla, nemmeno l’intonazione) si costruiranno le frasi promemoria. E un punto importantissimo.

La calibrazione consiste nell’osservare molto minuziosamente tutti i gesti, i cambiamenti di voce o di respirazione e tutti i segni che possono rivelare una modificazione nello stato emotivo della persona. Diventa quindi facile capire in quale momento affiora un’emozione, anche se la persona ha la tendenza a nasconderla.

La persona comincia spiegando il suo problema, come lo vive, che cosa prova, quale parte del suo corpo è coinvolta ecc. E importante prestare attenzione alle prime parole. Spesso infatti tutto è contenuto nell’esordio della spiegazione.

Il terapeuta (o la persona che svolge il ruolo di terapeuta) prende nota di tutte le risposte e la seduta può avere inizio elaborando l’enunciazione del problema. Occorre ripetere le parole della persona, perché è nelle “sue parole” che tutto è racchiuso. Inoltre, il fatto di riascoltarsi aiuta la persona a prendere coscienza di certi elementi che non aveva ancora compreso. Il terapeuta diventa uno specchio nel quale la persona può guardarsi. Per farlo, però, il terapeuta deve dimenticare se stesso, dimenticare il suo punto di vista, dimenticare chi è per esserci semplicemente e accompagnare l’altro. Bisogna sempre tenere a mente che la soluzione del problema si trova nella persona stessa. Non verrà mai dal terapeuta. Quest’ultimo è semplicemente presente per accompagnare l’altro, sostenerlo ed eventualmente riflettere ciò che dice o mostra, affinché possa trovare più facilmente la soluzione.

È importante capire che la risposta ce l’ha la persona e il terapeuta è lì semplicemente per accompagnarla, per impedirle, con molto rispetto, di “brucare” l’erba sul ciglio della strada.

 

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Rimuovere gli ostacoli: l'inversione psicologica

E necessario rimuovere un certo numero di ostacoli affinché una seduta di EFT abbia successo. L’“inversione psicologica” (IP) è il principale. Costituisce un’interferenza che modifica la popolarità del sistema energetico, cosa che annulla l’effetto della seduta di EFT. Quest’interferenza è causata da pensieri negativi, di solito inconsci. L’inversione psicologica non è sempre presente, ma quando lo è blocca qualunque tentativo di guarigione, incluso quello mediante l’EFT. Per questo motivo occorre correggere sistematicamente TIP anche quando non sembra di primo acchito necessario. Vediamo ora come eliminare questa inversione psicologica.

Primo passo: accettare se stessi

La causa dell’IP è un pensiero (o più pensieri) negativo. La sua correzione consiste dunque in un’affermazione che lo neutralizzi. Ecco perché si comincia la seduta con una frase preparatoria:

  • “Anche se ho (enunciazione del problema), mi amo e mi accetto profondamente e completamente”.
  • Oppure: “Mi accetto completamente anche se ho (enunciazione del problema)".
  • O ancora: “Mi amo e mi accetto anche se ho (enunciazione del problema)".

È preferibile pronunciare la frase scelta ad alta voce, se possibile. All’inizio può essere difficile dire “Mi amo" o “Mi accetto", perciò possiamo cominciare un primo giro dicendo: “Anche se non riesco ad amarmi, accetto questa difficoltà e mi accetto così come sono” oppure “Anche se ho (enunciazione del problema), mi rispetto”. L’importante è che la frase abbia un senso per la persona e la conduca verso un’accettazione più profonda di se stessa.

Ecco alcuni esempi di pensieri negativi in grado di frenare l’azione dell’EFT:

  • “L’EFT è troppo facile e troppo semplice”;
  • “Non so come fare”;
  • “Non merito di guarire”;
  • “Funziona per gli altri ma non per me”;
  • “Non valgo niente”;
  • “Non sono abbastanza bravo”;
  • “Tutto ciò che intraprendo fallisce sempre”.

La ricerca di queste credenze, che si trovano nel profondo di noi e impediscono di accedere a tutto il nostro potenziale, è un momento importante. L’EFT ci permette di spazzarle via.

Secondo passo: agire a livello corporeo. È anche possibile agire a livello corporeo per correggere questa disorganizzazione neurologica aiutandosi con piccoli esercizi.

La respirazione profonda

Inspirare profondamente, dopodiché vuotare a fondo i polmoni espirando attraverso la bocca e inarcando la schiena, con la testa chinata in avanti. Mantenere i polmoni vuoti per un istante (quanto possibile senza che diventi sgradevole).

Fare quindi un’inspirazione profonda protrudendo le labbra come per aspirare l’aria attraverso una cannuccia, riportando nel contempo testa e schiena in posizione eretta. Gonfiare per bene il torace e trattenere l’aria per qualche secondo durante l’inspirazione profonda.

Ripetere l’esercizio per tre o quattro volte (non di più, per evitare l’iperventilazione).

La centratura

Questa centratura viene svolta con la mano sinistra a livello dell’ombelico, massaggiando nel contempo con l’altra mano le varie zone energetiche. Avvicinare tra loro la punta del pollice, dell’indice e del medio della mano sinistra ed esercitare una pressione sull’ombelico. La mano andrà tenuta su questo punto per tutto l’esercizio.

Con la mano destra:

  • Strofinare la parte alta del petto (zona del timo);
  • Picchiettare il punto della clavicola.

Sempre tenendo le tre dita della mano sinistra sull’ombelico, portare la punta della lingua dietro l’arcata dentale superiore e, nello stesso tempo:

  • Strofinare il punto sotto il naso e quello sotto la bocca;
  • Strofinare la zona del coccige.

Farlo per circa dieci secondi ogni volta.

Terzo passo: vincere l'autosabotaggio

L’inversione psicologica viene anche chiamata “autosabotaggio”. Non si tratta di un nemico invisibile che ci vuole male; al contrario, è un amico maldestro che cerca di aiutarci ma che lo fa in modo sbagliato.

Questa inversione psicologica nasce da una parte di noi stessi che in passato ha messo in atto un comportamento stereotipato davanti a una particolare situazione. Questo comportamento rimane sempre dentro di noi, perché una parte di noi crede che porti sicurezza oppure semplicemente perché non ha trovato altra soluzione. Tutto ciò avviene a livello inconscio e a nostra insaputa.

Per eliminare l’autosabotaggio inconscio stabiliremo un dialogo con questa parte di noi. E però opportuno procedere molto delicatamente, con amore e rispetto. In caso contrario, si rivolterà contro di noi e si chiuderà. Occorre rassicurarla e soprattutto riconoscerne l’intenzione positiva nei nostri confronti. Si instaura quindi un dialogo tra lei e noi. Le diremo che qualcosa non va e che assieme cercheremo altri modi di proteggerci, più sani o più idonei.

Data di Pubblicazione: 2 ottobre 2017

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