SPIRITUALITÀ ED ESOTERISMO

Guarire con la Meditazione - Anteprima del libro di Andy Fraser

Comprendere mente e meditazione. Un approccio buddhista al benessere

Comprendere mente e meditazione. Un approccio buddhista al benessere

Sogyal Rinpoche è un maestro buddhista di fama mondiale, nonché l’autore del Libro tibetano del vivere e del morire. In questo capitolo ci spiega come comprendere e trasformare la mente costituisca l’essenza degli insegnamenti del Buddha e l’obiettivo più importante della nostra vita. È la meditazione che aiuta la mente ad acquietarsi, liberandone lo straordinario potere di guarigione e producendo una profonda sensazione di stabilità, appagamento e benessere.

Indipendentemente da chi siamo, lo scopo principale della nostra vita è essere felici. Potremmo dire che questo è il nucleo dell’essere umani, perché tutti condividiamo lo stesso desiderio, e lo stesso diritto, di perseguire la felicità e di essere liberi dalla sofferenza. Ma poi, se ci soffermiamo a guardare le cose più da vicino, scopriamo che dobbiamo distinguere tra due tipi di felicità. Una si basa principalmente sul benessere fisico, sul piacere, ed è la felicità dei sensi, mentre l’altra si fonda su un appagamento mentale più profondo. La prima può essere molto costosa e alla lunga si dimostra anche poco soddisfacente, mentre l’altra, oltre a generare una soddisfazione totale, non costa nulla.

Molte persone, al giorno d’oggi, consumano molto tempo ed energie nel tentativo di accumulare beni materiali, il che significa che hanno poche o nessuna possibilità di coltivare qualità interiori come la compassione, la comprensione, la pazienza e l’appagamento. Perciò, incontrano grandi difficoltà nell’affrontare i problemi e lo stress della vita quotidiana. Invece, chi è a contatto con quel senso di profondo appagamento e di pace interiore scopre che la mente può rimanere felice e rilassata anche quando attraversa gravi momenti di crisi e sofferenza. Questo spiega perché alcune persone, pur avendo tutti i beni materiali che potrebbero desiderare, non si sentono ancora appagate, mentre altre sono sempre felici e soddisfatte anche se vivono in circostanze molto sfavorevoli.

I grandi santi buddhisti del passato ripetevano che solo i pazzi cercano la felicità fuori da se stessi. Dicevano che i saggi e i dotti sanno che la felicità e le cause della felicità sono già presenti e complete dentro di noi. Ed è per questo che Sua Santità il Dalai Lama ama ricordare che le caratteristiche principali di una felicità autentica sono la pace interiore e l’appaga-mento. Siano la base della vostra vita, suggerisce, e la vostra mente sarà rilassata e serena. E se avrete la mente rilassata e serena, non sarete né disturbati né sconvolti dalle difficoltà o dalle sfide che incontrerete, quali che siano, perché non mineranno il vostro senso di benessere fondamentale. Sarete più efficienti nell’occuparvi dei vostri impegni quotidiani, del lavoro e delle responsabilità, e avrete la saggezza per discernere cosa fare e cosa non fare. A sua volta, la vostra vita diventerà più felice, e quando si presenteranno dei problemi sarete addirittura capaci di trasformarli a vostro vantaggio.

Una volta che la mente è in pace, ne segue automaticamente l’armonia interiore ed esterna. Come continuano a dimostrare le ricerche mediche e scientifiche, il nostro stato mentale e il modo in cui gestiamo lo stress e le emozioni hanno un impatto enorme sulla salute fisica e sul nostro benessere generale. E l'importanza cruciale della capacità di prendersi cura della propria mente non potrebbe essere più chiara.

Comprendere la mente

Tutto l’insegnamento del Buddha può essere riassunto in un solo verso: «Domare questa nostra mente». In altre parole: «Domare, trasformare e conquistare la nostra mente». I grandi maestri affermano spesso che in quest’unico verso è racchiusa l’essenza degli insegnamenti del Buddha, perché riuscire a comprendere la natura autentica della mente è il vero punto cruciale sia degli insegnamenti che della nostra intera esistenza.

Lo stesso Buddha ha affermato che paure e ansie nascono da una mente non domata. Shantideva, santo buddhista del secolo Vili, paragona questa mente non domata a un elefante pazzo e ubriaco, che travolge qualsiasi cosa incontri sul suo cammino. La mente segue le abitudini del passato, anticipa il futuro e nel presente rimane invischiata e smarrita in qualsiasi pensiero ed emozione sorga al suo interno. Se viene lasciata in preda ai suoi automatismi può essere causa di profonda sofferenza. Invece, se riusciamo a domarla e a conquistarla, allora non c’è nulla che possa causarci paura o dolore. Il Buddha ha spiegato che l’ansia, la paura e la sofferenza nascono solamente in una mente preda dell’illusione e delle distrazioni. In altre parole, non c’è nulla da temere, eccetto una mente non domata.

Il corpo, la parola e la mente danno vita ad azioni, positive o negative, e gettano i semi delle conseguenze future, qualunque esse siano.

E, a un’analisi ravvicinata, ci accorgiamo che la più importante di queste tre componenti è la mente, mentre il corpo e la parola sono semplicemente al suo servizio. Per dirla in poche parole, la mente è il capo. È per questo che negli insegnamenti tibetani è chiamata “il re che è responsabile di ogni cosa” - kun jé gyalpo -, il principio universale che ordina tutte le cose.

Come ha detto il Buddha:

Siamo ciò che pensiamo.

Tutto ciò che siamo sorge con i nostri pensieri.

Con i nostri pensieri creiamo il mondo.

Parla o agisci con mente impura e i guai ti seguiranno

così come la ruota segue il bue che tira il carro.

Siamo ciò che pensiamo.

Tutto ciò che siamo sorge con i nostri pensieri.

Con i nostri pensieri creiamo il mondo.

Parla o agisci con mente pura e la felicità ti seguirà come l’ombra, inamovibile.

Questo stesso spirito ha animato le parole di Shakespeare, quando ha fatto dire al suo Amleto: «Niente è buono o cattivo, ma è il pensiero che lo rende tale».

È la mente, allora, la radice di tutto, colei che crea la felicità e la sofferenza, ciò che chiamiamo samsara e ciò che chiamiamo nirvana. Con la parola samsara, in sanscrito, ci si riferisce al ciclo dell’esistenza, della nascita e della morte, caratterizzato dalla sofferenza e determinato dalle emozioni negative e dalle azioni distruttive. Nirvana, invece, significa “stato oltre la sofferenza e il dolore”; si può dire che sia lo stato della buddhità o l’Illuminazione stessa.

C’è una strofa di Shantideva che trovo commovente nella sua acutezza, e devastante nella sua veridicità:

Sebbene desiderino ardentemente essere felici, nella loro ignoranza

distruggono il proprio benessere come fosse il loro peggior nemico.

Sebbene desiderino ardentemente sbarazzarsi della sofferenza, le corrono incontro a capofitto.

Questa è l’essenza del samsara. Sebbene tutti noi perseguiamo la felicità, sembriamo fare di tutto per accumulare sofferenza. Quello che vogliamo ottenere e le azioni che compiamo sono completamente in contrasto tra loro. Ma bisogna essere chiari: la vita in se stessa non è samsara; samsara è lo stato di confusione e di illusione nel quale scegliamo di vivere. Senza la saggezza del discernimento, ci lasciamo guidare dalle nostre emozioni distruttive come l’attaccamento, la rabbia o l’ignoranza, e agiamo in modo dannoso e malsano. Il risultato è sofferenza, per noi e per gli altri.

Ma se impariamo a usare la mente e arriviamo a comprenderla e a conoscerne la vera natura, allora non c’è nulla di più meraviglioso. Diventiamo padroni di noi stessi, e la mente diventa la nostra fonte di libertà. Sfortunatamente, se non sappiamo come usarla e ci lasciamo dominare dai pensieri e dalle emozioni negative, allora la mente si trasforma nel nostro peggior nemico, un vero incubo. Il poeta Milton, nel suo Paradiso Perduto, ha riassunto tutto questo così:

La mente è luogo a se stessa, ed in se stessa può fare del paradiso un inferno e dell’inferno un paradiso.

Comprendere che la radice di tutto è la mente significa realizzare che, in definitiva, siamo responsabili sia della nostra felicità che delle nostre sofferenze. E tutto nelle nostre mani. E, come sta diventando sempre più evidente al giorno d’oggi, sebbene la mente possa contribuire a intaccare la nostra salute, possiede altresì uno straordinario potere terapeutico. Il che significa che la felicità e la salute sono raggiungibili a tutti gli effetti e sono completamente alla nostra portata.

L’apparenza e l’essenza della mente

Ora, se diciamo che samsara e nirvana sono entrambi creati dalla mente, forse vi chiederete: «Ma qual è il tipo di mente che genera il samsara, e quale invece quello che crea il nirvana?»

Questa potrebbe essere la domanda più importante di tutta la vostra vita, e la risposta è rivoluzionaria. È la chiave di tutto.

Il grande maestro tibetano Tulku Urgyen Rinpoche spesso spiegava:

Il samsara è la mente volta all’esterno, smarrita nelle sue proiezioni; il nirvana è la mente rivolta all’interno, che riconosce la sua vera natura.

Se qualcuno ci chiedesse: «Cos’è la mente?», la maggior parte di noi risponderebbe: «Le mie emozioni, pensieri e sensazioni». Ma secondo gli insegnamenti del Buddha tutte queste cose costituiscono solo un aspetto della mente. Gli insegna-menti dicono infatti che la mente ha due aspetti: l’apparenza e - cosa più importante - l’essenza, che il Dalai Lama spesso definisce “apparenza e realtà”. Tutti questi nostri pensieri ed emozioni non sono che semplici apparenze della mente, come i raggi di luce emessi dal sole, mentre la vera natura della mente è come il sole in tutto il suo splendore. Questa, fra tutte, è la cosa più importante da comprendere.

Finché siamo smarriti nelle proiezioni e nelle apparenze della mente non abbiamo idea di cosa sia l’essenza della mente stessa. Erroneamente ci identifichiamo con i pensieri e le emozioni, e pensiamo di essere quelli soltanto. Perciò, se abbiamo un pensiero positivo, ne concludiamo che siamo buoni, mentre se abbiamo un pensiero meschino ci condanniamo come persone disgustose e immeritevoli. La facciamo veramente lunga con questo fatto dei pensieri, li prendiamo così sul serio, costruendo una montagna di storie che consideriamo vere e reali, alle quali poi rimaniamo aggrappati per il resto della vita. Ma, alla fine, questi pensieri e queste storie non sono altro che un prodotto della nostra mente. Quando si dissolvono, non ci sono più. Chiedetevi dove sono finiti tutti i pensieri che avete formulato questa mattina... Non esistono. Erano fuggevoli, impermanenti e mutavano costantemente. Qualcuno è in grado di vederli, questi vostri pensieri? E voi, li vedete? Essi vanno e vengono, semplicemente, eppure noi attribuiamo loro tanta importanza. Fanno tutto da soli: sorgono e si acquietano, in modo naturale, come le onde del mare che si alzano e poi si posano, facendo ritorno all’oceano. Come disse Tilopa, grande maestro buddista indiano, al discepolo Naropa:

Non sono le apparenze che ti incatenano, ma il tuo attaccamento.

Perciò, Naropa, liberati dall’attaccamento, figlio mio.

Possiamo pensare a queste apparenze (pensieri ed emozioni) come alle nuvole, mentre la vera natura della mente è come il cielo. Anche quando il cielo è coperto, se prendiamo un aereo e voliamo oltre le nuvole, troveremo uno spazio infinito di cielo azzurro e limpido che non è mai stato neppure sfiorato dalle nubi. Allo stesso modo, pensieri ed emozioni non sono davvero la nostra mente; si limitano ad attraversarla, come nuvole alla deriva nel cielo. È tutta una questione di prospettiva: se guardiamo ai pensieri e alle emozioni come il cielo guarda alle nuvole, o se invece li guardiamo come uno che da terra alza gli occhi e non riesce nemmeno a credere che al di là delle nuvole ci sia il cielo.

Occorre ricordare a noi stessi che pensieri ed emozioni costituiscono solo un aspetto della mente, e che non sono la mente in sé, e nemmeno il suo aspetto più importante. Più ci soffermiamo sui pensieri e le emozioni cercando di venirne a capo o di trovare delle risposte, più la pace della mente sembrerà sfuggirci. Perciò, non cercate di comprendere il perché di ogni vostro pensiero o emozione; essi, semplicemente, non hanno fine. È come mandare un amico in cerca di qualcuno: l’amico si smarrisce, e non vedendolo tornare ne mandate un secondo a cercare i primi due, e poi un terzo... e così via. Soffermarsi sulle proiezioni e le apparenze della mente è semplicemente come guardare nella direzione sbagliata, come guardare a occidente e aspettare di veder sorgere il sole. Come ha scritto il grande maestro tibetano Patrul Rinpoche: «È come lasciare l’elefante a casa per poi andarne a cercarne le orme nella foresta». Invece di cercare direttamente l’elefante, ne seguiamo le impronte - i pensieri e le emozioni - con l’unico risultato di allontanarci sempre di più da noi stessi e dalla vera natura della mente.

Gli antichi greci avevano un motto: «Conosci te stesso», che era iscritto sul frontone di un tempio a Delfi. Conoscere se stessi significa conoscere e comprendere l’essenza e la natura della mente. Questo è l’obiettivo più importante della nostra vita. Padmasambhava, il grande maestro che trasmise gli insegna-menti del Buddha in Tibet nel secolo VIII-IX, diceva:

Non cercare di scovare la radice di ogni cosa: vai dritto alla radice della mente.

Una volta trovata la radice della mente, conoscerai quell’unica cosa che libera tutto.

Se invece non raggiungi la radice della mente, potrai conoscere tutto, ma non comprenderai nulla.

La mente è una cosa curiosa. Può essere contemporaneamente polemica, dogmatica, supponente, irrequieta e così piena di pensieri ed emozioni da farci impazzire. Ma basta imparare a volgerla all’interno, ed ecco che aH’improvviso i pensieri e le emozioni si dissolvono, evaporano. Nel giro di pochi secondi la mente può subire una trasformazione totale. “Volgere la mente all’interno” non significa che dobbiamo diventare introversi o asociali; significa semplicemente non lasciare più che la mente si perda tra mille pensieri ed emozioni e continui a proiettarsi all’esterno. Significa consentirle di rimanere nel suo stato naturale: rivolta leggermente aH’interno, per guardare in faccia la sua vera natura.

La cosa sorprendente è che, quando la mente smette di proiettarsi all’esterno e la volgiamo all’interno, possono succedere cose straordinarie. Il mio maestro Dilgo Khyentse Rinpoche diceva spesso:

Non permettete alla vostra mente di distrarsi.

Guardate, direttamente, la sua stessa natura.

Perché, alla fin fine, il punto cruciale è dov’è esattamente la mente, ossia verso quale direzione è rivolta: se è guarda all’esterno, smarrita nei pensieri e nelle emozioni, o se vede all’interno la sua vera natura, riconoscendola.

La mente è come un cristallo: la sua essenza fondamentale, la sua natura, è sempre pura, immacolata e immutabile. Ma, come il cristallo assume il colore della superficie su cui poggia, che sia rossa o verde, così la mente diventa tutto ciò a cui permettiamo di occuparla, che sia compassione, rabbia o desiderio.

È il modo in cui la pensiamo e la percepiamo che definisce la nostra realtà. Perciò, se riusciamo a domare, trasformare e conquistare la nostra mente, trasformeremo le nostre percezioni e la nostra intera esperienza e, come risultato, anche le circostanze e le apparenze esterne cominceranno a cambiare e a sembrarci diverse.

Ricordo una conversazione avvenuta qualche anno fa tra il Dalai Lama e Aaron T. Beck, il fondatore della terapia cognitiva, la quale sembrava aver colpito molto Sua Santità. In quell’incontro, il dottor Beck aveva illustrato come, secondo la sua esperienza, quando in noi scoppia una forte emozione - ad esempio, la rabbia - il 90% delle volte mascheriamo la realtà rivestendola di tutti i nostri pregiudizi e visioni distorte. Sua Santità era stato d’accordo, e aveva aggiunto che, anche nel caso in cui effettivamente ci sia una condizione concreta che ci spinge a vedere una data situazione come positiva o negativa, siamo comunque sempre indotti a esagerarne gli aspetti “buoni” o “cattivi”, atteggiamento che ci spinge a rispondere alle situazioni con un forte attaccamento o con la paura.

Possiamo dire che ciò che percepiamo dal punto di vista della rabbia è per il 90% proiezione mentale, e solo il 10% corrisponde veramente alla realtà. Invece, se la nostra mente è calma e in pace, è più facile rimanere obiettivi e vedere le cose per quello che sono.

Di solito, però, la mente è dispersa tra mille cose e, come spesso mi piace dire, “non c’è nessuno in casa”. Stiamo sempre facendo qualcosa, parlando, pensando, ma non abbiamo idea di chi sia colui che fa, che parla, che pensa. E spesso non sappiamo nemmeno, o forse non l’abbiamo mai saputo, quale sia l’intenzione che ci spinge ad agire. Lo facciamo così, meccanicamente. E se non siamo occupati e le nostre agende non traboccano di impegni ci sentiamo quasi a disagio.

Abbiamo perso qualcosa di incommensurabilmente prezioso: il nostro senso dell’essere. Non sappiamo più essere e basta, senza nulla in programma. Ed è per questo che non siamo mai paghi. Il filosofo francese Pascal ha scritto: «Tutte le infelicità dell’uomo derivano dalla sua incapacità di sedere da solo in una stanza». È vero: siamo afflitti da una perenne irrequietezza; la velocità e l’aggressività dominano le nostre vite. Non sappiamo acquietarci in noi stessi, entrare in contatto con noi stessi e trovare la nostra base fondamentale.

Occorre imparare ad essere.

Questo testo è estratto dal libro "Guarire con la Meditazione".

Data di Pubblicazione: 30 settembre 2017

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