SPIRITUALITÀ ED ESOTERISMO   |   Tempo di Lettura: 9 min

Il Potere dell'Intuito - Anteprima del libro di Heidi Sawyer

La preghiera del chirurgo

La preghiera del chirurgo

"E, cosa più importante di tutte, abbiate il coraggio di seguire il vostro cuore e la vostra intuizione. Essi sanno già cosa volete davvero diventare; tutto il resto è secondario."
Steve Jobs

«Basta, lasciatela in pace, ne ha avuto abbastanza!» Finalmente qualcuno si era accorto che trovavo l’intera faccenda ben più che sconvolgente. Il momento del parto rappresenta, nel migliore dei casi, la fine della propria dignità, ma nella mia esperienza di persona estremamente sensibile era diventato il punto di svolta fra la vita e la morte.

Ero distesa sulla barella e ne stringevo con forza il bordo, sforzandomi di non gridare. Ero circondata da sedici persone (incredibile come si riesca a contare anche sotto stress) e mi sembrava di avere le arterie femorali avvolte nel filo spinato. Mi guardai intorno alla ricerca del chirurgo, una donna molto gentile che avevo incontrato varie volte nel corso della gravidanza, sperando di essere rassicurata. Era in piedi in un angolo con il viso fra le mani e i suoi movimenti sembravano quelli di una persona che sta pregando.

Fu in quel momento che ebbi una folgorazione: il motivo per cui il chirurgo non mi guardava negli occhi non aveva nulla a che vedere con il fatto che le fossi più o meno simpatica... era perché non voleva essere perseguitata negli anni a venire dagli occhi di una madre che non era sicura di riuscire a salvare.

Mi lasciai ricadere sulla barella, lasciando ricadere ai lati le mani dalle nocche sbiancate, e non dissi nulla. Mentre fissavo il soffitto, volti sempre più agitati apparivano nel mio campo visivo, tutti presentandosi. Evidentemente ciò che stavo vivendo costituiva un’occasione unica per il reparto di ostetricia, un’esperienza da non perdere.

In quel momento di fede vissi un'esperienza percettiva incredibile. Non avevo alternative, nessuna possibilità di scelta. Sapevo che, se fosse giunto il momento critico, il chirurgo avrebbe salvato il bambino, sacrificando me. Benché lei fosse consapevole che avevo un altro figlio e un marito, l'opzione era soltanto quella.

Riesco ancora a sentirmi dire: «Sia quel che sia» mentre mi abbandonavo alle sensazioni. Mentre l’anestesista iniziava il suo lavoro e m’iniettava le medicine nel corpo, mormorai lentamente il conto alla rovescia verso l’oscurità.

Fede, fiducia, sensazioni e abbandono

La vera essenza e la forza dell’ «abbandono» sono espresse in molti contesti spirituali: si va dall’esperienza o all’accettazione di «Dio» fino al sentirsi tutt’uno con noi stessi. Siamo tutti alla ricerca di una qualsiasi forma di pace. Per chi è sensibile è un concetto ovvio; per chi pensa in modo puramente lineare è un pensiero vago o lontano, che si manifesta solo in occasione di eventi spiacevoli.

La mia esperienza in sala operatoria mi ha insegnato cosa significhi veramente sentire. La maggior parte della gente vive comportandosi in modo opposto, cercando il più possibile di evitare i sentimenti. Perfino le Persone Altamente Sensibili tengono a distanza i sentimenti, mentre le emozioni sono sempre presenti. Noi partecipiamo emotivamente alle esperienze degli altri e le viviamo come se fossero nostre. Tuttavia, come mi resi conto mentre aspettavo che il mio destino si compisse, non entriamo veramente nel vivo di ciò che proviamo.

Nel corso del mio lavoro parlo con molte persone in crisi. Hanno problemi di lavoro, di rapporti con gli altri, di denaro; mi sono imbattuta in varie forme di disagio. In base alla mia esperienza, le persone ripetono sempre lo stesso copione (anche se vogliono cambiarlo), a meno che non affrontino un aspetto fondamentale dell’esistenza: il rapporto con la fede.

La definizione di fede, nel vocabolario, recita: «completa fiducia in qualcuno o qualcosa, o credere fermamente in Dio o nei dettami di una religione». Per quanto mi riguarda, nel contesto del mio sviluppo interiore, la fede ha poco a che vedere con dottrine o valori codificati: si tratta invece di creare un livello interiore di connessione con quella che è una profonda fede nel sé. E una fede costruita su fondamenta solide fatte di sentimento, fiducia e abbandono.

Per quanto riguarda le persone sensibili, lo sviluppo di sentimento, fiducia e abbandono, diventa una necessità anziché un lusso, al fine di sperimentare la fede in se stessi. In mancanza di questi elementi, continuiamo a percepire il mondo come opprimente, emotivamente doloroso e talvolta distruttivo per l’anima, poiché la nostra sensibilità ci spinge a nascondere, rifiutare, ma al tempo stesso desiderare un coinvolgimento ricco e profondo.

Fede profonda e intuizione

Quando riemersi dall’oscurità, mi guardai intorno e riconobbi immediatamente la sala di rianimazione dell’ospedale. Un’infermiera venne subito da me quando si accorse che stavo tornando nel mondo dei vivi. È buffo ciò che si osserva nei momenti di grande stress: mi ricordo la gentilezza dell’anestesista mentre mi stringeva delicatamente la mano per rassicurarmi che sarei tornata fra i vivi; ricordo le sue battute; e poi ricordo il dolore. È proprio vero ciò che si dice: un dolore fortissimo impedisce di parlare.

Ero appena stata operata per placenta previa completa e placenta acereta. Singolarmente sono delle gravi complicazioni in gravidanza, ma insieme avrebbero potuto condurmi alla morte. Il corpo aveva retto finché aveva potuto, con il sistema immunitario fortemente sotto pressione per altre complicazioni; alla fine era giunto il momento di estrarre il bambino dal ventre.

Sapevo che c’era un problema già dalla seconda ecografìa; di fatto, lo sapevo da sette anni. La gente mi chiede perché ci siano sette anni di differenza fra i miei due figli. La ragione è questa. Mi è servito tutto quel tempo per trovare il coraggio di riaffrontare un’esperienza del genere.

Ma come facevo a sapere che avrei avuto le peggiori complicazioni che si registrino in ostetricia? Lo sapevo perché me lo diceva l’intuito. L’ho scoperto dopo la nascita del primo figlio, quando la pressione precipitò, il mio viso divenne bianco come un cencio e le labbra viola. Scoprii che la sua nascita avrebbe complicato quella del secondo figlio. Mi dissero: «Con il prossimo dovrai fare molta attenzione; una mossa falsa e ci lascerai la pelle». Ed è andata proprio così.

Mi dissero di prepararmi al peggio, di sistemare tutto prima dell’intervento, di essere pronta a settimane di cure intensive, se fossi sopravvissuta. Furono predisposte sacche del mio sangue e preparati i documenti da firmare per l’asportazione dell’utero. Tenendo la penna in mano e mettendomi i documenti sotto il naso, l’ostetrica disse: «Se rimarrai di nuovo incinta, Heidi, morirai. Non potremo più salvarti». Parole già sentite.

Qualcuno potrebbe obiettare: con una situazione così evidente, perché un altro figlio? Ho avuto un’intuizione nettissima: il mio secondo bambino sarebbe nato. Non riesco a esprimerlo a parole, posso soltanto dire che si trattò di un’intuizione profonda, tanto intensa da non abbandonarmi più. Alla fine, prima che fosse troppo tardi nella vita, presi il coraggio a due mani.

Per tutta la gravidanza fui accompagnata dall'intuizione profonda che sarebbe andato tutto bene. Era un profondo sentimento di fede, sapevo che era tutto a posto. A quanto pare, uno stress prolungato determina uno stato di serena consapevolezza, forse una connessione profonda con una parte diversa di noi stessi.

Non ho visto il tunnel di luce, né vissuto un’esperienza fuori dal corpo: ho avuto solo la profonda certezza che era inutile preoccuparsi. Questa sensazione è durata per mesi. In effetti, in larga misura mi accompagna tuttora. Alcuni giorni dopo l’intervento, la chirurga si sedette ai piedi del mio letto e mormorò: «Heidi, è stato quasi un miracolo. Ancora fatico a crederci. Mi dispiace, ma dovevo riaprirti per un controllo».

Mi disse di aver provato una sensazione incredibile, di calma e serenità, mentre eseguiva l’incisione per l’intervento. Mi spiegò che un manto di pace aveva avvolto la stanza e tutte le persone presenti: in trent’anni di carriera non aveva mai visto nulla del genere! Ma non potè fare a meno di aggiungere che la mia vicenda gli aveva fatto perdere vent’anni di vita!

Miracolosamente, benché sicura che ormai fosse inutile, la chirurga era riuscito a salvarmi l’utero. Gliene fui grata, perché non ero ancora pronta a rinunciarci. Lo feci un anno dopo, insieme alle ovaie, ma avevo bisogno di tempo (come forse succede a ogni donna) per abituarmi all’idea di un intervento del genere in età così giovane. Era il tempo necessario a metabolizzare la rinuncia a ciò che consideravo la mia essenza di donna.

Questa esperienza mi ha insegnato che l’intuito è fede profonda e fiducia nel nostro mondo interiore. Quel giorno ho scoperto che la componente iperattiva e ansiosa di compiacere gli altri della natura intuitiva non può rimanere statica, ma dev’essere collocata in prospettiva. Attraverso un continuo allenamento interiore, essere una Persona Sensibile-Intuitiva può diventare un dono anziché una dannazione, un aspetto che dovremmo cercare di eliminare per vivere da persone «normali». Senza questa dote, oggi non sarei viva.

Quel giorno di Halloween del 2011 è arrivato nel mondo un bimbo meraviglioso, un dono per cui ringrazio tantissimo l’universo. È un’anima gentile e, ovviamente, ha una natura sensibile.

Questo testo è estratto dal libro "Il Potere dell'Intuito".

Data di Pubblicazione: 3 ottobre 2017

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