SELF-HELP E PSICOLOGIA

Introduzione alla Mindfulness - Anteprima del libro di Ed Halliwell

La medicina della mindfulness

La medicina della mindfulness

“Vivere è la cosa più rara al mondo.

La maggior parte della gente esiste e nulla più.”
Oscar Wilde

La mindfulness risveglia i sensi e consente di vivere la realtà in modo autentico. Quando ci esercitiamo ad aprirci a tutti i sensi, diamo a un nuovo modo di essere la possibilità di emergere dentro di noi. In questo modo sviluppiamo una consapevolezza gentile rispetto a ciò che ci circonda e da cui possiamo trarre un insegnamento.

Un uomo che cammina lungo la strada sente arrivare alle spalle un cavallo al galoppo; si volta e vede un amico in sella, mentre il cavallo continua a correre all’impazzata. L’uomo chiede: “Dove stai andando?”. L’amico risponde urlando: “Non lo so. Chiedilo al cavallo!”.

Molti di noi vivono la vita come l’amico della storiella, correndo giorno dopo giorno, con la sensazione di essere pilotati piuttosto che padroni delle proprie azioni. La vita procede, ma siamo certi di sceglierne veramente il corso? Quando facciamo una scelta, è veramente quella giusta, che esprime al meglio la nostra vera intenzione?

Il prezzo dell’attività frenetica

Alcune indagini suggeriscono che, nonostante l’enorme crescita economica, nel Regno Unito e negli Stati Uniti le persone non sono più felici di 50 anni fa; anzi, esse sono con molta probabilità più infelici delle generazioni precedenti. L’Organizzazione mondiale della sanità segnala che entro il 2030 la depressione potrebbe essere la malattia più diffusa, anche rispetto al cancro, alle cardiopatie e al diabete.

Probabilmente siamo più ricchi in termini economici, ma quasi tutti concordano che “il ritmo di vita e il numero di cose da fare sono la principale causa di stress, infelicità e malattia”. La pressione a cui siamo sottoposti per competere e raggiungere nuovi traguardi, aumentando l’impegno, sempre più frenetico e prolungato, non conduce al benessere, anche se produce vantaggi materiali. Ciononostante, come il cavaliere a cavallo, continuiamo a lasciarci condurre, magari senza conoscere la meta o il perché stiamo andando in una certa direzione.

Negli ultimi trent’anni, i moderni mezzi di comunicazione hanno causato un aumento del consumo di informazioni del 350 per cento. Il multitasking è spesso usato come strumento di sopravvivenza, perché pensiamo di riuscire a sgombrare il campo gestendo più cose allo stesso tempo. Ma gli studi indicano che non è questa la via; in realtà il multitasking riduce la produttività del 40 per cento, perché ci induce a sprecare energia spostando rapidamente l’attenzione da un’attività all’altra. Come scrisse T.S. Eliot molto prima dell’avvento di Internet, “siamo distratti per distrazione dalla distrazione”.

Quanto più siamo stressati, tanto più si riduce la nostra capacità mentale, ci sentiamo sopraffatti e non siamo in grado di pensare con lucidità. Siamo costretti a prestare “costantemente un’attenzione parziale” - uno stile di vita spezzettato, frenetico, che aumenta solo la stanchezza.

Sembra che lo stress riduca le parti del cervello che aiutano a regolare le funzioni della mente e del corpo, aumentando il rischio di malattie mentali e fisiche. Nel tentativo di arrivare ovunque più velocemente, rendiamo in realtà il nostro viaggio più difficile e meno godibile.

L’uomo è una creatura abitudinaria e a quanto pare l’attività incessante (o l’intenzione di fare) è ormai una tendenza radicata. I biologi evoluzionisti sostengono che tale abitudine derivi da un intento positivo; per sopravvivere e prosperare, infatti, i nostri antenati impararono a guardare avanti, a rimanere all’erta e pronti a far fronte a eventuali minacce, ma anche a rivedere e imparare dagli errori.

Tuttavia, quando questa “modalità del fare” - come a volte viene definita - diventa eccessiva o è applicata a situazioni fuori dal nostro controllo scatena ansia e pensieri ripetitivi con tendenza alla depressione o alla ruminazione. Il rischio è di essere talmente concentrati sulla risoluzione dei problemi che si perde quanto di buono offre il presente. L’insoddisfazione diventa così la condizione di default.

Le cause fondamentali dello stress

Circa 2500 anni fa, un grande psicologo non solo riconobbe il problema, ma ne comprese le cause e trovò un rimedio. Attraverso l’osservazione degli schemi mentali, fisici e comportamentali, egli dedusse che la causa principale del disagio umano è la tendenza ad aggrapparsi, a desiderare intensamente e a opporre resistenza. Ogni volta che tentiamo di tenerci aggrappati a qualcosa, la sofferenza diventa inevitabile. Soffriamo anche quando rifiutiamo l’esperienza, perché desideriamo qualcosa di diverso da ciò che accade nel presente. Quando tentiamo di impedire ciò che già esiste o ci aggrappiamo a qualcosa che sta cambiando, intraprendiamo una battaglia persa.

Fortunatamente, secondo lo psicologo rimaniamo intrappolati in queste tendenze solo a causa della mancanza di consapevolezza. Mettiamo in atto i nostri schemi in uno stato di semi-coscienza, sospinti da abitudini di vita che si sono consolidate nel tempo. La buona notizia è che possiamo liberarci da tali abitudini, accettando di affrontare le situazioni più difficili, imparando gradualmente a liberarci delle vecchie modalità inutili e incominciando ad affrontare il mondo con maggiore consapevolezza, coraggio e compassione.

Questa trasformazione può avvenire praticando la mindfulness. Ciò implica apprendere una serie di competenze per risvegliare i sensi e vivere connessi alla realtà del momento presente. Guidato dall’esperienza personale, lo psicologo sosteneva che la mindfulness era “essenziale” per raggiungere la felicità autentica.

Il cammino consapevole verso il benessere ci risveglia dal torpore e con questa osservazione lo psicologo raggiunse la fama, diventando noto come Buddha, colui che è consapevolezza.

La mindfulness come medicina

Il buddismo può essere ritenuto una religione, ma forse è più utile considerarne il messaggio fondamentale come una medicina. Possiamo assaporare e sperimentare la mindfulness per noi stessi. Se abbiamo la volontà e la capacità di praticare, troveremo grande appagamento. Il percorso da seguire è un esercizio applicato all’arte di vivere bene.

Nel corso dei secoli, molte persone l’hanno sperimentato, tutto o in parte, praticandolo all’interno della tradizione buddista, scegliendo altre vie contemplative o scoprendo principi e metodi simili attraverso l’intuizione e lo studio. Molte di esse hanno riferito che, nel tempo, questo approccio ha trasformato la loro esistenza. Non è necessario avere fede; affascinati dalla sua radiosità, si dice che i contemporanei di Buddha gli chiedessero se fosse un dio: “No” rispondeva “io sono consapevole”.

L’analisi della condizione umana nell’epoca moderna è deprimente. Quando descriveva la nuova scienza della psicanalisi, Sigmund Freud diceva che il suo obiettivo era trasformare l’infelicità nevrotica in comune tristezza, mentre la medicina occidentale era concentrata a ripristinare la funzionalità delle parti del corpo, finché non c’era più nulla da sistemare. I cosiddetti disturbi mentali, non facilmente trattabili con tali metodi, sono stati spesso messi in secondo piano o lasciati degenerare. La possibilità di trasformare lo scontento in gioia è un concetto che ha sempre ricevuto scarsa attenzione; ma le cose stanno cambiando. La ricerca scientifica e la tecnologia sono diventate via via più sofisticate e hanno dimostrato che il cervello è in grado di modificarsi a livelli impensabili fino a qualche tempo fa. Così come i muscoli si tonificano con l’attività fisica, alcune aree cerebrali possono essere attivate, connesse ed espanse esercitando competenze specifiche.

Gli effetti salutari dell’esercizio fisico sono ben noti da tempo. La scienza sta ora dimostrando che la mindfulness - tradizionalmente coltivata attraverso la pratica della meditazione - è altrettanto salutare. Sembra infatti che gli effetti di queste pratiche sul cervello e sul corpo siano potenti e conducano verso uno stato di pace.

Nel campo del benessere, i risultati degli studi sulla mindfulness possono essere considerati tra le scoperte più interessanti da quando è stato accertato l’effetto benefico dell’attività fisica sulla salute. Sono aumentate inoltre le opportunità di praticare la mindfulness al di fuori di contesti religiosi e molti terapeuti vi si sono avvicinati con interesse.

Ciò che emerge è che la contentezza non è una causa perduta, ma un concetto che conosciamo istintivamente. In un sondaggio, l’86 per cento degli intervistati pensa che “le persone sarebbero più felici e sane se sapessero come rallentare i ritmi e vivere il momento presente”.

Mindfulness e scienza

Ogni anno vengono pubblicati centinaia di studi dedicati alla mindfulness. Le ricerche hanno evidenziato non solo che le persone più consapevoli tendono a vivere meglio, ma che la pratica della mindfulness aiuta a mantenere tale stato di benessere. In sintesi, gli studi hanno dimostrato quanto segue.

Salute generale

Una review del 2012 su 31 trial di alto livello relativi a un corso di mindfulness di otto settimane per la riduzione dello stress ha constatato che questa pratica è efficace nel trattamento di ansia, depressione, stress e distress, ma anche per lavorare sugli aspetti dello sviluppo personale, per esempio la capacità di comprendere empaticamente gli altri e di superare le sfide della vita. È stato rilevato inoltre che la mindfulness è utile per la salute fisica. Nel 2013, una review con un campo di osservazione ancora più ampio ha esaminato 209 studi di corsi di mindfulness per un totale di oltre 12.000 partecipanti e ha concluso che la mindfulness è“un trattamento efficace per una varietà di problemi psicologici e in particolare per la riduzione di ansia, depressione e stress”.

Stress

Gli studi dimostrano che le persone che praticano la mindfulness sono meno soggette allo stress e presentano inoltre livelli inferiori di cortisolo, il cosiddetto ormone dello stress.

Depressione

I dati combinati di sei trial di alto livello su un altro corso di mindfulness della durata di otto settimane,finalizzato alla terapia cognitiva, hanno rivelato una riduzione media del 44 per cento dei tassi di ricaduta nelle persone tendenti alla depressione. Inoltre, le persone che hanno frequentato il corso sono diventate più comprensive con se stesse.

Dolore

Dopo aver praticato la meditazione della mindfulness per 20 minuti ogni giorno, per tre giorni, le persone sottoposte a stimolo doloroso hanno riferito che, rispetto a prima della pratica.il dolore era meno intenso del 40 per cento e meno sgradevole del 57 per cento. Esse hanno inoltre mostrato una minore attività a livello della corteccia somatosensoriale, un'area del cervello associata all’elaborazione del dolore, e un aumento dell’attività nelle aree del cervello preposte al controllo cognitivo ed emozionale. Altri studi hanno rivelato effetti significativi della mindfulness sull’intensità del dolore.

Il sistema immunitario

I partecipanti a un programma di pratica di mindfulness di otto settimane sono stati messi a confronto con un altro gruppo che ha seguito per lo stesso periodo un regime di esercizio fisico e con un terzo gruppo che non ha svolto alcuna attività. I soggetti sono stati monitorati per verificare quanti si sarebbero ammalati nella successiva stagione dei raffreddori e dell'influenza.

I componenti del gruppo che ha praticato la mindfulness hanno contato la metà dei giorni di malattia rispetto al gruppo che ha svolto regolare attività fìsica, sono stati ammalati per minor tempo e hanno manifestato sintomi meno gravi. Il gruppo inattivo è stato quello con esiti peggiori. Altri studi hanno dimostrato gli effetti positivi della mindfulness sull’accelerazione del processo di guarigione e sulla capacità di affrontare svariate malattie quali cancro, patologie cardiache e diabete.

Abilità cognitive

Sembra che la mindfulness produca effetti positivi sulla concentrazione, la memoria e la capacità di fecalizzazione.’ Alcuni studi suggeriscono che essa può aiutare a risolvere i problemi in modo creativo e flessibile; inoltre, le persone che praticano la meditazione hanno dimostrato di saper prendere decisioni più razionali.

La regolazione del comportamento

Si ritiene che la mindfulness possa aiutare le persone a gestire i comportamenti di dipendenza da cibo, fumo e alcol, ma anche razzato i passeggeri per Londra l'ippocampo, importante per la memoria e la navigazione spaziale, si presenta più esteso rispetto ai colleghi con minore esperienza; sembra perciò che la pratica accresca nel tempo questa regione cerebrale. Analogamente, i musicisti di vecchia data presentano un volume maggiore di materia grigia nella corteccia motoria, uditiva e visiva, a indicare che probabilmente le ore di pratica quotidiana hanno modificato il cervello. Quando il cervello rimane danneggiato, per esempio in seguito a un ictus, è possibile recuperare le capacità perdute attraverso la terapia riabilitativa; altre aree cerebrali subentrano a quelle danneggiate dall’evento.3 La capacità del cervello di modificarsi e adattarsi in risposta all’esperienza è nota come neuroplasticità. Il processo è simile a quello che l’attività fisica mette in atto in relazione al peso, lo stato di salute, l’elasticità e la forza del corpo, e può essere molto rapido: imparare giochi di destrezza o a suonare il piano altera la densità cerebrale in pochi giorni." L’aspetto sorprendente è che un effetto simile si ottiene anche solo ripassando mentalmente la partitura.

È una notizia molto incoraggiante che ci fa capire che non siamo prigionieri del vecchio cervello e delle solite abitudini, ma possiamo battere nuovi sentieri, coltivando la libertà di plasmare il futuro con le nostre azioni nel presente o allenando la mente.

I ricercatori hanno analizzato i cambiamenti neuroplastici che si verificano praticando la mindfulness e sembra che il cervello di coloro che la esercitano rifletta tale pratica. L’attività, la struttura e il volume, infatti, si modificano in alcune parti della corteccia prefrontale, l’area cerebrale di più recente sviluppo direttamente associata al ragionamento e alla capacità decisionale. I meditatori più esperti presentano inoltre livelli elevati di attività delle onde gamma che pare siano associate all’aumento della consapevolezza.

Nelle persone che si avvicinano per la prima volta alla meditazione, i cambiamenti cerebrali sono visibili già dopo pochi giorni o qualche settimana di esercizio, ma via via che praticano la mindfulness, esse vanno ad agire sulle regioni cerebrali correlate all’apprendimento,alla memoria,alla consapevolezza mente-corpo, al controllo cognitivo, alla reattività emozionale, al senso di sé e su altri indicatori di benessere.

A quanto pare i modelli di attività e connettività nel cervello possono cambiare in breve tempo; le nuove modalità di visione, relazione e comportamento si riflettono a livello cerebrale, ma a loro volta potrebbero essere rinforzate da alterazioni neurali.

Gentilezza e dedizione

Come tutte le abilità, la mindfulness richiede un certo impegno. Si tratta di imparare un nuovo modo di essere presenti rispetto alla mente, al corpo e all’ambiente e ciò può provocare imbarazzo, sconforto, delusione o irritazione. A volte potrebbe succedere di cadere dal cavallo, disperando di poter rimontare in sella; potremmo pensare che la mindfulness non fa per noi o di essere un caso disperato.

Alcuni testi introduttivi sostengono che praticare la mindfulness è più simile a cavalcare un elefante, piuttosto che un cavallo, il che dà un’idea del tipo di sfida (e divertimento) a cui si va incontro. Ma con una guida e un impegno equilibrato è possibile lavorare alle reazioni impulsive predominanti, scoprendo magari che, come un animale selvatico addomesticato, esse possono addirittura diventare “amiche” e di supporto. 

Questo testo è estratto dal libro "Introduzione alla Mindfulness".

Data di Pubblicazione: 2 ottobre 2017

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