SELF-HELP E PSICOLOGIA   |   Tempo di Lettura: 9 min

L'Arte di Buttare - Anteprima del libro di Nagisa Tatsumi

Per iniziare - Limitare la proliferazione degli oggetti

Sommersi dagli oggetti

Buttare è diventato un imperativo categorico, per noi e per la nostra epoca.

Il tenore di vita attuale ci ha portati a essere sommersi dagli oggetti, al punto che, pur buttandoli, questi non smettono mai di aumentare. In ufficio sono ammassate cataste di documenti, mentre a casa lo spazio per riporre le cose non basta mai. Il proliferare degli oggetti rende ancora più angusti spazi che angusti lo erano già e, per quanto si tenti di fare qualcosa, si continua a vivere assediati dalle cose. Sono certa che siamo in tanti a pregustare segretamente il sollievo provato nel buttare via tutto.

D'altra parte, negli anni Novanta in Giappone è affiorata una nuova attitudine ecologista, basata sul rispetto dell'ambiente, sul riciclo e sul tentativo di ridurre la produzione di rifiuti. Inoltre si continua a risentire degli effetti della crisi economica: dal susseguirsi di ristrutturazioni aziendali di cui sono state vittime i dipendenti, ai fallimenti e alle chiusure di supermercati e grandi magazzini, fino alla riduzione delle spese familiari. Non ci si può più permettere di comprare cose superflue. Eppure, nella nostra quotidianità siamo sommersi dagli oggetti. Perché mai? Perché non ne diminuiamo la quantità? Riflettiamoci: sappiamo bene che liberarci delle cose ci farebbe stare meglio, eppure continuiamo ad accumulare. Per quale motivo buttare ci fa sentire in colpa?

«Non voler buttare» e «continuare a comprare» sono due facce della stessa medaglia.

Una volta gli oggetti avevano un grande valore. Fino a poco tempo fa, prima che prendesse piede uno stile di vita caratterizzato da produzione e consumo massicci, finché un oggetto era ancora utilizzabile lo si trattava con la massima cura: se veniva meno la sua funzione originaria, lo si impiegava addirittura in un altro modo, e solo in seguito lo si buttava. Lo stesso valeva per il cibo: si veniva educati a mangiare il riso fino all'ultimo chicco, senza far avanzare nulla. Si compiva un ciclo in cui un oggetto veniva buttato solo dopo che era completamente usurato: solo a quel punto se ne comprava uno nuovo. Proprio per questo motivo, evitare gli sprechi era considerato un comportamento virtuoso. Adesso invece le cose sono cambiate.

Con l'economia in rapida crescita, sono apparsi uno dopo l'altro articoli elettronici sempre nuovi e si è cominciato ad acquistarli proprio in virtù della loro novità. E poiché «nuovo» è sinonimo di buono, il «vecchio» veniva scartato senza remore. Per poter sposare l'utilità, la funzionalità e la popolarità del nuovo, questi oggetti sono entrati a far parte uno dopo l'altro del nostro stile di vita. Alla fine degli anni Ottanta, durante il periodo della bolla speculativa, è comparso lo slogan «Voglio ciò che voglio» coniato dai grandi magazzini Seibu e, nonostante le persone possedessero già tutti i beni necessari, ciò che volevano era proprio acquistare cose nuove. In altre parole, consumare.

In questo modo ci siamo abituati al consumo e non siamo più riusciti a farne a meno, ammaliati dal fascino dei beni materiali. Si può affermare che la nostra modalità di consumo non risponde al banale «Lo voglio perché ne ho bisogno», ma piuttosto al «Lo voglio per il gusto di comprarlo». Di conseguenza, gli oggetti si sono moltiplicati a una velocità molto maggiore di quella con cui vengono consumati. Come risultato, la nostra vita si è riempita di cose.

In un certo senso, il passaggio da un'epoca in cui gli oggetti erano preziosi a una in cui invece dilagano è stato davvero troppo improvviso: ora ci troviamo nella confusione più totale, a metà tra la vecchia scuola di pensiero, secondo la quale non si poteva buttare via niente, e la nuova tendenza ad accumulare cose nuove.

Dire sfai buttare

In qualche modo bisogna venirne fuori, da questo dilemma. Per come stanno le cose, non importa quanto tempo passerà, non riusciremo facilmente a sfuggire al fascino degli oggetti.

Potremmo cavarcela avendo cura di ciò che abbiamo e non comprando niente di superfluo, in modo da fare attenzione all'ecologia e al risparmio? No, smettere di comprare affinché ciò che abbiamo non aumenti è un'idea troppo triste. Certo, è chiaro che non acquistare nulla di nuovo diminuirebbe la quantità totale dei beni in nostro possesso e ci farebbe stare molto meglio, però non credo che uno stile di vita del genere si possa definire gradevole, a meno che uno non sia notevolmente stoico. Almeno per come la penso io.

È bello essere circondati da cose che ci piacciono, e indossare un vestito nuovo ci rende felici. È vero che ci sono i quotidiani o la televisione, ma ci verrà sempre voglia di leggere un settimanale o di dare un'occhiata a una rivista. Mi rifiuto di credere che ci siano dei vantaggi nel non comprare quel servizio da tavola che abbiamo davanti e che vogliamo a tutti i costi. Il bilancio familiare potrà anche non andare in rosso, ma se il nostro stile di vita non è piacevole saremo comunque in difficoltà. Esisterà un modo di vivere che ci si addica, ricco e divertente, e che ci permetta di sfuggire sia alla mentalità che evita gli sprechi, sia a quella dell'eccesso di consumi? E come fare per trovarlo?

Pensando a ciò, la proposta di questo libro è: dire si al buttare.

Per migliorare la situazione di chi vive sommerso dagli oggetti, in primo luogo bisogna iniziare a buttare. Non vi limiterete a evitare gli sprechi: l'atto di buttare vi permetterà di esaminare il valore delle cose. Ricordando il motivo per cui ne siete entrati in possesso, dovrebbe risultarvi chiara, oltre al «voler evitare gli sprechi», la ragione per cui siete stati «abbagliati» da tutta quella roba. Inoltre, buttare vi permetterà di fare una cernita di tutti gli oggetti che avete lasciato proliferare, e in tal modo capirete ciò che vale la pena conservare. È tramite questa operazione che riuscirete a gestire la vostra vita.

Le tecniche per buttare che migliorano la vita

Per iniziare a buttare, è necessario innanzitutto modificare l'approccio nei confronti degli oggetti posseduti. Per questo motivo, nella prima parte del libro saranno presentate dieci disposizioni d'animo necessarie per riuscire a buttare.

Con questo non dico che dobbiate cambiare del tutto la mentalità che avete avuto finora, ma, qualora vi foste fatti delle idee sbagliate o ci fossero delle cose che vi preoccupano e vi impediscono di buttare, voglio solo che dirigiate il vostro pensiero dalla parte opposta. Per non essere più schiavi delle cose basterà cambiare attitudine. Sarà difatti sufficiente incorporare nel vostro stile di vita la parte fondamentale di una qualsiasi disposizione d'animo che vi sia congeniale.

Allo stesso modo, nella seconda parte vengono illustrate dieci tecniche pratiche per buttare. Anche queste, come le dieci disposizioni d'animo ideali, possono costituire solo delle istruzioni adattabili alle vostre esigenze. Se anche solo una di quelle tecniche diventerà un'abitudine, il vostro stile di vita comincerà a migliorare notevolmente. Nella terza parte troverete invece una serie di suggerimenti che cercano di facilitare il compito di buttare. Spero vi saranno utili.

Non è necessario che mi soffermi in dettaglio su ognuno di questi venti argomenti: in realtà, definendole «tecniche per buttare», il messaggio arriva forte e chiaro. Detto in altre parole, voglio che facciate con coscienza ciò che finora avete fatto inconsapevolmente, e che il modo in cui gestite le cose che possedete si trasformi in una tecnica per vivere meglio: ecco l’unico messaggio che questo libro si propone di offrire.

«Che spreco...»

È proprio usandoli che gli oggetti restano vivi. Etichettarli come «spreco» quasi li uccide. Buttate quelli che non usate più, ma conservate quelli che utilizzate; eliminate qualsiasi etichetta di «spreco»-, riguardandoli, riuscirete a vedere il valore che essi hanno per voi.

Il rapporto tra gli oggetti e la coscienza ambientalista

Nell'arco di tempo intercorso tra la prima edizione di questo libro (2000) e questa nuova versione (2005) alcune cose sono notevolmente cambiate. La prim riguarda l'attenzione nei confronti dell'ambiente; e semplice «coscienza individuale» questo fenomenc è evoluto maggiormente verso un modello di «strut ra sociale».

Sono entrate in vigore svariate leggi sul riciclo e si è fuso un mercato degli oggetti di seconda mano sia reale sia virtuale. Che si tratti di nuove tecnologie come quella delle auto ibride o di oggetti riciclati in senso stretto, i prodotti ecosostenibili di qualità e buon prezzo sono aumentati notevolmente. Anche se non tutti mostrano la medesima attenzione nei confronti dell'ambiente, sta diventando sempre più spontaneo adottare uno stile di vita ecosostenibile. Chissà se in questo arco temporale la produzione di rifiuti sarà diminuita. Chissà se in tutte le case il proliferare degli oggetti sarà stato limitato.

A me non sembra che sia cosi. Tutto procede come sempre: vengono prodotti rifiuti, i negozi dell'usato traboccano di articoli, i programmi televisivi e le riviste dedicano servizi all'organizzazione degli spazi della casa. Se davvero si fosse diffusa una maggiore coscienza ambientalista, a livello personale e sociale, se le cose di cui ci circondiamo non fossero aumentate esponenzialmente e se anche le nostre case fossero state più in ordine, in teoria la situazione sarebbe dovuta cambiare un pochino. Il fatto che tutto sia rimasto visibilmente immutato non dipende da una mancanza di coerenza nella nostra consapevolezza... Non sarà piuttosto perché rapportarsi alle cose e avere una coscienza ecologica sono due cose simili in apparenza ma diverse nella sostanza?

Questo testo è estratto dal libro "L'Arte di Buttare".

Data di Pubblicazione: 3 ottobre 2017

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