SELF-HELP E PSICOLOGIA

La Velocità della Fiducia - Anteprima del libro di Stephen Covey

Comprendere la fiducia

Comprendere la fiducia

Cos’è la fiducia? Anziché dare una definizione complessa preferisco citare le parole di Jack Welch, ex amministratore delegato di General Electric: «La conosci quando la provi».

Semplificando: fiducia significa affidabilità. Il contrario della fiducia - diffidenza - è il sospetto. Quando si ha fiducia in qualcuno si crede in lui - nella sua integrità, nelle sue finalità, nelle sue capacità, nei suoi risultati tangibili. Tutti abbiamo avuto esperienze che confermano la differenza tra relazioni costruite o meno sulla fiducia. Queste esperienze mostrano chiaramente che la differenza non è trascurabile, bensì sorprendente.

Pensate ora a una persona con cui avete una relazione con un elevato livello di fiducia - magari un capo, un collega, un cliente, un coniuge, un genitore, un fratello, un figlio o un amico. Descrivete questa relazione. Com’è? Come vi fa sentire? Come comunicate perfettamente? Come riuscite a fare le cose velocemente? Vi appaga questa relazione?

Ora pensate a una persona con cui avete un rapporto con uno scarso livello di fiducia. Questa persona può sempre essere chiunque al lavoro o a casa. Descrivete la relazione. Com’è? Come vi sentite? Com’è la comunicazione? Fluisce rapidamente e liberamente... o vi sentite come se steste costantemente camminando su un terreno minato e vi sentite incompresi? Lavorate insieme affinché le cose vengano portate a termine rapidamente... o serve una quantità sproporzionata di tempo e di energia per raggiungere un accordo e un’esecuzione? Vi appaga la relazione... o la trovate noiosa, macchinosa ed estenuante?

La differenza tra una relazione di elevato livello di fiducia o di scarso livello di fiducia è tangibile! Prendete la comunicazione. In una relazione ad elevato livello di fiducia potete dire le cose sbagliate e le persone capiranno comunque cosa intendete. In una relazione di scarso livello fiducia potete essere molto misurati, perfino precisi e comunque vi fraintenderanno.

Potete lontanamente immaginare che differenza farebbe, se foste capaci di aumentare il livello di fiducia nelle relazioni importanti della vostra vita privata e professionale?

"Non potete avere successo senza fiducia. La parola fiducia racchiude quasi tutto ciò per cui potete lottare che vi aiuti a realizzarvi. Trovatemi una qualsiasi relazione umana che funzioni senza fiducia sul lungo periodo, che sia un matrimonio o un ’amicizia o un ’interazione sociale; lo stesso vale in ambito professionale, in particolar modo per le professioni che hanno a che fare col pubblico."
Jim Burke, ex presidente e amministratore delegato Johnson & Johnson

La prova del fuoco

Una delle esperienze più formative nel far crescere la fiducia che ho vissuto in prima persona mi accadde molti anni fa, in seguito alla fusione tra Franklin Quest e il Covey Leadership Center per formare FranklinCovey. Come chiunque sia passato da una fusione o da un’acquisizione ben sa, queste cose non sono mai semplici. L’azienda incorporata aveva notevoli punti di forza. Avevamo ottime persone, eccellenti contenuti, clienti fedeli e strumenti produttivi. Tuttavia amalgamare le due culture si stava rivelando un’impresa molto impegnativa.

In qualità di presidente dell’unità di business di Training ed Education ero andato a Washington D.C. per parlare della strategia della divisione a circa un terzo dei nostri consulenti. Avrei dovuto attendere con entusiasmo quest’incontro, invece mi si ribaltava letteralmente lo stomaco.

Alcune settimane prima, il nuovo amministratore delegato - frustrato (come tutti noi) dagli enormi problemi e attriti che avevano ostacolato quella che era sembrata una fusione promettente - aveva programmato una riunione di tutti i consulenti dell’azienda. Nel tentativo di “tirar fuori” le preoccupazioni di tutti, aveva creato un format in cui noi, in qualità di leader, dovevamo ascoltare, senza poter rispondere, tutto ciò che chiunque volesse dirci. La riunione, pianificata per durare quattro ore, si trasformò in una sessione di “sfogo” di 10 ore. A nessuno era permesso modificare, correggere, contestualizzare, fornire informazioni mancanti, discutere un altro punto di vista sulle questioni o perfino mostrare i problemi annessi, e solo una piccola percentuale di quanto veniva detto aveva un’effettiva correttezza contestuale. La maggior parte delle cose era male interpretata, manipolata o distorta e alcune di esse analizzate precipitosamente in maniera errata. C’erano supposizioni, sospetti, accuse, frustrazioni. E, in quanto leader, avevamo acconsentito con riluttanza a un format in cui non ci era permesso dire una sola parola.

Alla fine ci furono più di una dozzina di riunioni di questo genere. Nel complesso l’esperienza era stata orribile e, vista la mia posizione di leader, avevo preso tutto in maniera personale. Avendo avuto qualche esperienza a Wall Street, sapevo che di solito le fusioni sono faticose, ma avevo pensato fosse possibile fare il necessario per farla funzionare.

Il problema era che avevo dato troppe cose per scontate. Non mi ero concentrato, sbagliando, nel creare fiducia nell’azienda incorporata pensando che la mia reputazione e la mia credibilità fossero già conosciute. Invece non lo erano e, di conseguenza, metà delle persone aveva fiducia in me e l’altra metà non ne aveva affatto; così restavano divisi tra i due “partiti” di Covey e Franklin. Le persone dalla parte di Covey, che mi conoscevano e avevano lavorato con me interpretavano, sostanzialmente, le mie decisioni come uno sforzo sincero di usare criteri oggettivi ed esterni in ogni decisione e di fare il meglio possibile per il business - e non di cercare di spingere le finalità “Covey”... a volte, in realtà, perfino andando contro il mio interesse. Coloro che non mi conoscevano, che non avevano lavorato con me e che non avevano fiducia in me, interpretavano qualsiasi decisione esattamente all’opposto.

In un’occasione, per esempio, era emersa una questione riguardo il Sundance Resort per uno dei programmi di sviluppo della leadership. Sundance era stata una questione piuttosto dibattuta e alcuni ritenevano che il programma avrebbe dovuto essere spostato in un altro luogo. Il direttore del programma era determinato a mantenerlo a Sundance, perché i clienti adoravano il posto e i dati finanziari dimostravano che i programmi tenuti lì sfioravano il 40% in più di guadagni rispetto a quelli tenuti altrove. Dissi: «Poiché l’aspetto economico è più favorevole e il direttore del programma lo consiglia vivamente, troveremo un modo migliore per lavorare con Sundance». Questo era un esempio di decisione d’affari che, supponevo, le persone avrebbero compreso.

Ma coloro che non avevano fiducia in me non capirono. Pensavano che stessi cercando di spingere l’approccio “Covey”. Alcuni si chiesero perfino se stessi ricevendo una sorta di tangente perché, in qualità di leader della comunità, mi era stato chiesto di ricoprire gratuitamente un ruolo nell’advisory board del Sundance Children Theater. Molti giudicavano con sospetto delle mie spiegazioni. La scarsa fiducia li portava ad avere la sensazione: «Qui devono esserci delle finalità nascoste».

"Dal momento in cui si sospettano le finalità di una persona, qualsiasi cosa faccia diventa compromettente."
Mahatma Gandhi

In un’altra situazione avevo deciso di spostare “Ron”, un leader molto dotato che arrivava dalla parte Covey, in una posizione diversa perché, come molti di noi, era stato coinvolto nelle politiche della fusione e aveva polarizzato i due campi. Avevo deciso di cercare il sostituto di Ron fuori dalla società in modo da non dare la sensazione che il nuovo manager fosse una persona “Covey” o una persona “Franklin”.

Quando feci questo annuncio, pensavo che le persone sarebbero state entusiaste del mio tentativo di coinvolgere nuovi talenti. Ma coloro che non si fidavano di me, non sentirono nemmeno la parte che riguardava l’assunzione di una persona esterna per sostituire Ron in qualità di manager; tutto ciò che sentirono fu che Ron era ancora in azienda e volevano che se ne andasse.

Il passare del tempo

Col passare del tempo le mie azioni furono interpretate erroneamente e le mie motivazioni messe in discussione, nonostante avessi coinvolto nelle decisioni sia la parte Covey, sia la parte Franklin. Come potete immaginare, chi non aveva la minima idea dei miei precedenti risultati tangibili presumeva che l’unica ragione per cui mi trovavo in una posizione di leadership fosse che ero il figlio di Stephen R. Covey e che non avessi nessuna reputazione mia.

Come conseguenza di tutto ciò, dovevo prendere le decisioni molto più lentamente. Cercai di prevedere il modo in cui ogni decisione sarebbe stata interpretata da entrambe le culture. Iniziai a preoccuparmi di preconcetti e rischi. Cominciai un gioco politico che non avevo mai fatto prima di allora - che non avevo mai dovuto fare prima di allora perché non mi era mai appartenuto.

Mentre pensavo a tutto ciò che era accaduto capii che se non avessi affrontato direttamente le questioni più spinose, la situazione attuale non avrebbe fatto altro che ripresentarsi costantemente - forse sarebbe perfino peggiorata. Qualsiasi mia decisione sarebbe stata reinterpretatata e politicizzata. Riuscire a fare tutto sarebbe stato come cercare di muoversi nelle sabbie mobili. Stavamo affrontando sempre più burocrazia, politica e mancanza d’impegno. Tutto ciò era un’enorme perdita di tempo, energia e denaro. Il costo era significativo.

Inoltre, pensai, per come le cose stavano andando male, cosa avevo da perdere?

Quindi alla riunione di Washington D.C., in sostanza, dissi: «Sentite, siamo venuti a questa riunione per parlare di strategia. E se è questo ciò di cui volete parlare ne parleremo. Ma se preferite parlare dei problemi della fusione che avete davvero in mente, allora ne parleremo. Parleremo di tutte le questioni spinose che avete in testa: chi resterà e chi se ne andrà? Chi prenderà quali decisioni? Quali saranno i criteri? Perché non siamo più informati? Cosa succederà, Stephen, se non ci fidiamo di coloro che prendono le decisioni?».

All’inizio le persone erano stupite che sollevassi questioni così difficili, tra cui anche la percezione che avevano di me. Alcuni si chiedevano perfino quali fossero le mie vere finalità. Ma si resero presto conto che non stavo nascondendo niente. Ero trasparente e franco. Capivano che volevo sinceramente chiarire le questioni. Mentre la riunione proseguiva poterono rendersi conto che non stavo agendo con delle finalità nascoste, cercavo davvero di fare ciò che era meglio per il business.

La riunione strategica di un’ora diventò una discussione di una giornata sulle loro preoccupazioni: che edifici useremo? A quale piano salariale ci dovremo adeguare? Quale modello di vendita useremo? Stephen, hai davvero la competenza adeguata per queste decisioni? Quali sono i tuoi risultati tangibili? Quali sono i tuoi criteri?

Riconobbi pubblicamente che queste questioni erano davvero impegnative. Condivisi sinceramente il pensiero e la logica delle decisioni e del procedimento attraverso il quale erano state prese o sarebbero state prese. Li misi a conoscenza di tutti i dati che potevo condividere e, nei casi in cui non era possibile, ne spiegai il motivo. Ascoltai e cercai di capire le loro preoccupazioni. Su loro suggerimento presi molti impegni per attuare dei miglioramenti.

Alla fine della giornata si era creato un nuovo clima di rinnovata speranza ed entusiasmo. Uno dei partecipanti mi disse che avevo saputo creare più fiducia in un giorno di quanta non ne avessi creata nei mesi precedenti. Più di ogni altra cosa, mi resi conto che quello era un punto di partenza, un riconoscimento del valore della nostra comunicazione trasparente. Mi resi conto anche che il vero esame, comunque, sarebbe stato come avrei proseguito in futuro. Se non altro ora le persone potevano guardare al mio comportamento con occhi nuovi, non deformati dalla lente dello scarso livello di fiducia.

Si diffuse la notizia della riunione e nei mesi successivi riuscii a incontrare altri consulenti e a mettere in atto lo stesso processo con gli stessi risultati. Seguii un iter simile con altri gruppi e divisioni. In poco tempo fummo grado di creare fiducia in tutta la nostra unità di business. Per quanto riguarda il mio gruppo, il consolidamento della fiducia cambiò radicalmente tutto. Fummo in grado di aumentare la velocità, di abbassare i costi e di migliorare i risultati in tutte le aree.

Sebbene alla fine lasciai FranklinCovey per avviare la mia società e scrivere questo libro, sono lieto di riferire che ora la bufera della fusione è stata superata e che va tutto bene. A livello personale, tutta l’esperienza mi ha aiutato a capire la fiducia più chiaramente rispetto al periodo precedente alla fusione, in cui il livello di fiducia era elevato e tutto andava bene.

Anzitutto, ho capito di aver dato troppe cose per scontate. Immaginavo di avere la fiducia delle persone, ma di fatto non l’avevo, che le persone conoscessero i miei risultati tangibili e quelli del Covey Leadership Center, invece non era così. Immaginavo che tutti sapessero che ero pronto ad affrontare le questioni più difficili con delle riunioni private e che stavo prendendo decisioni in conformità a criteri di business oggettivi, invece non era così.

Capii anche che ero stato politicamente ingenuo. Sì, ho fatto degli errori, ma non quelli di cui sono stato accusato. L’errore più grave che è stato di non essere più proattivo nella creazione e nel consolidamento della fiducia. Di conseguenza, ho provato in prima persona le conseguenze dello scarso livello di fiducia sia sul piano sociale, sia sulle serie conseguenze economiche.

Ho inoltre imparato che la fiducia cambia davvero tutto. Una volta che si crea fiducia - fondata sull’onestà e sulla competenza - quasi ogni cosa va al suo posto.

Questo testo è estratto dal libro "La Velocità della Fiducia".

Data di Pubblicazione: 3 ottobre 2017

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