PRODOTTI BIO E NATURALI   |   Tempo di Lettura: 9 min

Le Lenticchie Biologiche

Fin da tempi remotissimi, le lenticchie vennero coltivate dall’uomo per beneficiare della consistente capacità proteica e vitaminica che è racchiusa nei loro piccoli semi.

Lenticchie: alla radice della storia

La storia delle lenticchie è antica quanto quella dell’uomo. Per scoprirlo è sufficiente aprire il libro della Genesi ed imbattersi nel celebre episodio di Esaù. In questo frangente narrativo, il piccolo legume è riuscito a ritagliarsi un posto da protagonista permettendo, così, la nascita e l’affermazione della dinastia di Giacobbe.

Si narra, infatti, che un giorno Esaù, tornato dalla campagna dopo una battuta di caccia, vide il fratello minore Giacobbe che aveva cotto un piatto di lenticchie. Affamato ed esausto, il primogenito di Isacco chiese al fratello di poter mangiare quanto aveva preparato. Quest’ultimo accettò, ma ad una precisa condizione: in cambio del nutriente pasto, Esaù avrebbe dovuto rinunciare al suo diritto di primogenitura in favore di lui. Un baratto impari ed azzardato che Esaù accettò, senza esitare e pensare alle conseguenze della sua azione.

Da questo momento in poi, nella tradizione ebraica, le lenticchie diventano simbolo di lutto e di perdita, proprio in analogia con la storia di Esaù che aveva miseramente svenduto quanto aveva di più prezioso.

Episodi biblici a parte, le fonti storiche attestano la presenza delle prime coltivazioni di lenticchie in Asia, a partire dal 7000 a.C.

In seguito, si diffusero nel bacino del Mediterraneo ed in particolar modo in Egitto, che ne divenne un grande coltivatore ed esportatore. Si narra, infatti, che già nel 525 a.C, dall’antichissima città di Pelusio sul Nilo, le navi egizie partivano per rifornire i porti di Grecia ed i Italia.

Sia ad Atene che a Roma questo alimento era molto richiesto e apprezzato. Nonostante le esigue dimensioni del legume, Greci e Romani erano ben consapevoli del suo valore nutritivo. Tra questi, figura lo scrittore Plinio il Vecchio, che ne lodava la grande efficacia nell’arte di saziare e ne riconosceva la particolare virtù di infondere serenità all’animo.

Tuttavia, nel corso dei secoli successivi, le lenticchie dovettero fare i conti anche con i loro detrattori. Durante il Medioevo, la classe più nobile ed abbiente stigmatizzò questi legumi come alimento destinato esclusivamente ai poveri. In effetti, in questo periodo storico, esso verrà consumato principalmente nelle mense popolari e nei conventi, da persone umili e povere di mezzi.

Anche durante il Rinascimento il consumo di lenticchie fu limitato: ironicamente, il medico Petronio le definì un cibo caldo e secco, adatto a coloro che vogliono condurre una vita casta.

Invece, in Francia, ai tempi di Luigi XIV, l’esclusione dall’alimentazione quotidiana arrivò agli estremi: le lenticchie sparirono dalla tavola per finire nelle mangiatoie dei cavalli.

Come ogni prodotto o alimento, anche le lenticchie sono state in balia degli umori della moda e dei tempi; in alcuni secoli riconosciute e celebrate, in altri, invece, denigrate e stigmatizzate ad ultima risorsa nutritiva per i più indigenti. Dinamiche universali che, però, non sono riuscite a seppellire e a far dimenticare le potenzialità di questa pianta di cui, ancora oggi, vale la pena parlare, oltre che, ovviamente, nutrirsi.

Caratteristiche fisiche e varietà

La lenticchia, scientificamente definita Lens Culinaris, è una pianta annuale erbacea che può misura dai 20 ai 70 cm. È caratterizzata da una forte resistenza alla siccità e presenta buone capacità di adattamento. Attualmente viene coltivata in tutto il mondo, ma in natura non si trova quasi più allo stato selvatico. Fin dall’antichità, l’interesse per la sua coltivazione era dovuto alla presenza di semi commestibili all’interno dei suoi frutti. Questi semi, dalla riconoscibile forma a lente, possono variare di dimensioni e colore a seconda della varietà.

Dunque, possiamo trovare lenticchie marroni, rosse, verdi, color corallo, gialle e nere a seconda della varietà di appartenenza. Conosciamone meglio le caratteristiche.

  • Lenticchie marroni: tra le più importanti ricordiamo quella di Santo Stefano di Sessanio. Coltivata in provincia dell’Aquila a 1200 metri oltre il livello del mare, è tra le lenticchie più ricche di ferro. Ha un diametro di 4 mm e cuoce in tempi brevi. Ideale per le zuppe.

  • Lenticchie rosse: in realtà il colore è tendente all’arancione, a volte anche al giallo. Queste lenticchie provengono dall’Egitto e sono caratterizzate da una consistenza molto tenera. Per questa ragione, durante la cottura, tendono a sfaldarsi.

  • Lenticchie verdi: tra le più importanti troviamo la Gigante di Altamura e le lenticchie di Castelluccio di Norcia. La prima coltivata in Puglia, si presenta con un color verde fine, un sapore intenso, e come il nome suggerisce, con delle dimensioni maggiori rispetto alle altre lenticchie. Quelle di Castelluccio, che hanno ottenuto il marchio I.G.P., sono piccole e molto saporite. Ottime da usare con il classico cotechino. Infine, vanno ricordate le verdi canadesi, che sono le più diffuse al mondo.

  • Lenticchie color corallo: sono di provenienza indiana e sono utilizzate per zuppe molto saporite e speziate. Durante la cottura, il suggestivo colore lascia spazio al giallo.

  • Lenticchie gialle: coltivate in America settentrionale e Meridionale, queste lenticchie presentano un diametro che si aggira tra i 6 e 9 mm. Ideale per la preparazione di zuppe robuste e saporite. Si abbina bene con curcuma e zenzero.

  • Lenticchie Nere: conosciute come beluga, piccole e luccicanti, si distinguono per la delicatezza ed il basso contenuto di grassi.

In Italia, sono presenti varietà di grande pregio. Le più importanti sono:

Lenticchia di Castelluccio di Norcia a Indicazione geografica protetta (I.G.P.) e a Denominazione di origine protetta (D.O.P)

  • Lenticchia di Colfiorito

  • Lenticchia di Santo Stefano di Sessanio

  • Lenticchia di Ustica

  • Lenticchia di Onano

  • Lenticchia di Altamura

  • Lenticchia di Villalba

  • Lenticchia di Ventotene

  • Lenticchia di Rascino

  • Lenticchia di Valle Agricola

Proprietà biologiche: “la carne dei poveri”

Gli esperti affermano che 100 grammi di lenticchie equivalgono, dal punto di vista nutrizionale, a 215 grammi di carne. È in virtù di questa capacità, oltre che del basso costo e della facile reperibilità, che questi piccoli legumi si sono guadagnati, a buon diritto, l’epiteto di “carne dei poveri.” Ma ora andiamo a scoprire, più nel dettaglio, le componenti di questo legume.

Le lenticchie contengono un contenuto di proteine del 25%, una quantità pari ad ¼ del loro peso. Quanto ai carboidrati, invece, il loro contenuto si attesta oltre il 53%. Il principale carboidrato è l’amido amioliso, definito “a lento rilascio”. A differenza di altri carboidrati, risulta meno digeribile ed il suo consumo determina un aumento graduale degli zuccheri nel sangue. Per il restante 20% riscontriamo la presenza di diverse vitamine e minerali: vitamina C, B3, B5, B9 e, infine, potassio e magnesio.

Tuttavia, questa miniera di proprietà e risorse, che la piccola ed umile le lenticchia contiene, potrà essere conservata soltanto ad un’unica ed imprescindibile condizione: la coltivazione biologica. Per non disperdere i principi nutritivi di questo legume è necessario un metodo di produzione che non contempli manipolazioni e contaminazioni chimiche. Solo così potrà ottenersi l’autentica lenticchia, un prodotto di qualità nutritiva eccellente e senza rivali.

Inoltre, nell’ambito della coltivazione dei legumi, l’adozione di un approccio biologico non significherà nemmeno un sacrificio in termini di resa. Ad affermarlo è un recente studio dell’Università di Berkeley, incentrato sulla comparazione del metodo agricolo convenzionale con quello biologico. Nell’ambito del settore specifico dei legumi, è stato evidenziato un dato interessante: la differenza di resa, tra una produzione biologica ed una convenzionale, è trascurabile e del tutto irrilevante.

Altro che denaro: il beneficio è nella salute

Siamo abituati a mangiare le lenticchie a capodanno, spinti e divertiti dalla tradizione popolare che vuole che il consumo abbondante di lenticchie sia la premessa necessaria per un anno prosperoso, ricco di successo e di denaro. Una consuetudine che ha origine nell’antica Roma, quando a inizio anno si era soliti regalare la “scarsella”, augurando che le lenticchie contenute in quella borsa di cuoio si trasformassero in denaro. Tuttavia, al di là di queste simpatiche suggestioni, le interessanti componenti biologiche di questo legume dovrebbero stimolarci ad un consumo quotidiano e regolare. In palio non ci sono vincite inaspettate o copiosi guadagni, bensì una larga serie di benefici. Perché rinunciarci? Vediamoli ora, uno ad uno.

  • Alleate contro il diabete: il consumo di lenticchie determina un apporto di fibre solubili che contribuiscono a ridurre l’assorbimento degli zuccheri semplici, a stabilizzare la glicemia e a prevenire condizioni gravi come l’insulino-resistenza o l’ipoglicemia.

  • Abbassano i valori del colesterolo e della pressione: lo dimostra uno studio del 2013 pubblicato sul British J ournal of Nutrition. La presenza di fibre e sali minerali contribuiscono a ridurre il colesterolo cattivo e la pressione arteriosa.

  • Riduzione del peso in eccesso: l’elevata concentrazione di proteine garantiscono a chi consuma lenticchie un ottimo senso di sazietà che annulla gli istinti della fame.

  • Scongiurano malformazioni fetali: la presenza della vitamina B9 previene l’insorgenza dei difetti del tubo neurale, dei difetti congeniti cardiovascolari e altre malformazioni (delle labbra, del palato, del tratto urinario, di riduzione degli arti). Pertanto, ne è suggerito il consumo durante la gravidanza.

  • Potente ricostituente: ripristina le riserve di ferro e, di conseguenza, aumenta il tono energetico.

Controindicazioni

Come accade di norma con tutti gli alimenti, anche il consumo di lenticchie non è esente da controindicazioni. Alcuni scienziati, in uno studio pubblicato nel 2001 sul Journal of Agricoltural and Chemestry, hanno osservato l’elevata presenza di ossaluti, responsabili della formazione di calcoli renali. Pertanto, le persone che soffrono di questo disturbo dovrebbero astenersi dal consumo di questi legumi. Infine, in alcuni soggetti, i legumi potrebbero provocare l’insorgenza di altri disturbi di entità minore come gonfiore, flatulenza e diarrea.

Data di Pubblicazione: 2 ottobre 2017

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