SELF-HELP E PSICOLOGIA   |   Tempo di Lettura: 9 min

Il Magico Potere di Sbattersene il Ca**o - Anteprima del libro di Sarah Knight

L’arte del riordino mentale

L’arte del riordino mentale

Ero una che si sbatteva per natura. Forse anche voi siete così.

Perfezionista a oltranza per mia stessa ammissione, per tutta l’infanzia e l’adolescenza mi sono sbattuta a destra e a manca. Ho affrontato un numero infinito di progetti, incarichi e test standardizzati al solo fine di dimostrarmi degna del rispetto e dell’ammirazione di parenti, amici e persino conoscenti casuali. Ho socializzato con persone che non mi piacevano per apparire magnanima; ho fatto lavori che erano al di sotto delle mie capacità per sembrare disponibile; ho mangiato cose che mi disgustavano per mostrarmi garbata. Insomma, mi sono sbattuta davvero troppo per troppo, troppo tempo.

Quella non era vita.

La prima volta che ho incontrato qualcuno che invece di sbattersi se ne sbatteva avevo poco più di vent’anni. Lo chiameremo Jeff. Imprenditore di successo con una vasta cerchia di amici, Jeff non si preoccupava minimamente di fare cose che non aveva voglia di fare. Eppure era molto apprezzato e rispettato. Non si faceva vedere al saggio di danza della vostra bambina di due anni, o a guardarvi spezzare il filo di lana della vostra diciassettesima 5K, ma nessuno se la prendeva: lui era fatto così, no? Era un tipo simpatico, socievole e rispettabile, ma riservava chiaramente i suoi sbattimenti alle cose che per lui erano davvero importanti: avere un bel rapporto con i suoi figli, giocare a golf e tornare a casa tutte le sere in tempo per vedere qualcosa tipo Affari tuoi. E il resto?

Se. Ne. Sbatteva. Alla. Grande.

E sembrava sempre assolutamente soddisfatto e, direi, felice.

“Eh”, pensavo spesso dopo aver passato del tempo con lui. “Vorrei assomigliare un po’ a Jeff”.

Più avanti, intorno ai venticinque anni, avevo un vicino del piano di sotto che era un incubo totale. Per qualche motivo, però, tenevo molto alla sua considerazione, al punto da sottostare alle sue insane richieste (come la volta che ha confinato un’amica nel mio appartamento costringendola a camminare pesantemente con un paio di stivali a tacchi alti mentre io ascoltavo con lui dal suo soggiorno e, pur non sentendo niente, gli confermavo coraggiosamente che «sì, in effetti era un po’ rumoroso»).

Era chiaramente fuori come un balcone

Era chiaramente fuori come un balcone: cosa cavolo mi doveva importare di piacergli? Col senno di poi, avrei dovuto sbattermene di Mister Rosenberg sin dalla prima volta che ha accusato la mia compagna di stanza di aver fatto “ginnastica pesante” nella camera da letto sopra alla sua... quando la mia compagna di stanza era in viaggio per l’Europa da due settimane.

Poi, avviandomi verso i trenta, mi sono fidanzata e ho cominciato a organizzare il mio matrimonio, un’impresa che richiede una vera e propria cornucopia di sbattimenti: il budget, la location, il catering, il vestito, le foto, i fiori, l’orchestra, la lista degli ospiti, gli inviti (con tanto di testo da stampare e spessore del cartoncino), le promesse matrimoniali, la torta nuziale e tutto il resto... la lista è infinita. Di molte di queste cose mi importava davvero, ma di altre per niente: eppure mi sono sbattuta per ogni singola rogna perché non pensavo di avere un’alternativa. Mi sono stressata al punto che definirmi “felice e contenta” non poteva essere più lontano dalla realtà. Quando è arrivato il gran giorno avevo l’emicrania, un mal di stomaco persistente e un’orticaria dello stesso rosa confetto dei fiorellini del mio vestito.

Ripensandoci: aveva davvero senso litigare con mio marito per decidere se suonare Brown eyed girl di Van Morrison al ricevimento?

Tutta quell’attenzione ai dettagli nella scelta delle tartine per l’aperitivo era davvero così irrinunciabile, quando non sono nemmeno riuscita ad assaggiarne una, visto che i camerieri le hanno servite durante la nostra sessione fotografica?

Per niente.

Però (ed è qui che mi sono riabilitata almeno un po’) un piccolo punto a mio favore l’ho segnato: forse mi sarò dovuta sbattere un sacco per la lista degli invitati (perché per il budget dovevo necessariamente sbattermi), ma volete sapere di che cosa non avrebbe potuto importarmene di meno? Dei posti assegnati!

Stabilito che tutti i miei invitati erano adulti vaccinati che non necessitavano del mio aiuto per scegliere il posto dove farsi servire e riverire a mie spese, ho eliminato ore (forse una decina o più) di tormentate riflessioni sulle strategie logistiche dell’evento, ore in cui avrei continuato a far scorrere zie, zii e relativi accompagnatori come palline di un fottutissimo pallottoliere. Bel colpo!

Dopo lo sbattimento planetario

Dopo lo sbattimento planetario del matrimonio ero esausta: mi avevano portato al limite. Però avevo anche visto un barlume di speranza in quella piantina dei posti a tavola abbandonata al suo destino. Sapevo che assegnare i posti avrebbe dovuto interessarmi, ma non era così. E invece di anteporre il senso del dovere alle mie preferenze personali, avevo deciso di sbattermene altamente e di lasciare che tutte quelle chiappe si piazzassero dove volevano. E qualcuno se ne è forse lamentato con la timida sposina? Nessuno.

A poco a poco, negli anni successivi, ho smesso di sbattermi per le piccole cose che mi infastidivano. Ho dato buca a un paio di feste aziendali organizzate oltre l’orario di lavoro. Ho tolto l’amicizia su Facebook a un paio di persone davvero irritanti. Ho rifiutato di sciropparmi l’ennesima lettura della “pièce teatrale” scritta da questo o quello.

E, passo dopo passo, ho cominciato a sentirmi meglio. Meno oppressa. Più serena. Ho cominciato a buttar giù il telefono ai venditori di telemarketing; ho detto “no” a una gita di fine settimana con bambini piccoli al seguito; ho smesso di guardare la seconda stagione di True detective dopo un solo episodio. Stavo diventando la vera me stessa, in grado di focalizzare meglio le persone e le cose che, come potrebbe dire Marie Kondo, davvero “diffondevano gioia”.

Presto mi sarei resa conto di avere capito parecchie cose sul magico potere che trasforma la vita.

Ti dà felicità? Allora continua a sbatterti, costi quel che costi.

Ma forse la domanda più pertinente è: «Ti crea fastìdio?».

In caso positivo, devi smettere di sbatterti, più veloce della luce. E posso spiegarvi come.

Ho sviluppato un programma per riordinare e riorganizzare il vostro spazio mentale sbattendovene, dove sbattersene significa non dedicare tempo, energia e/o finanze a cose che non vi fanno felici e non migliorano la vostra vita (creano fastidio), in modo da avere più tempo, energia e/o finanze da dedicare alle cose che invece lo fanno (danno felicità).

Lo chiamo il Metodo NotSorry. È in due fasi:

  • Decidere quali sono le cose di cui ve ne sbattete.
  • Sbattersene.

E ovviamente “NotSorry [o per nulla dispiaciuti; N.d.T.]” è come dovreste sentirvi quando portate a termine l’impresa.

Il mio metodo è piuttosto semplice, e questo libro vi offre gli strumenti adatti e la giusta prospettiva per utilizzarlo alla perfezione e per migliorare drasticamente la vostra esistenza quotidiana. In effetti, una volta che avrete cominciato a mettere in atto il Metodo NotSorry non avrete più né voglia né bisogno di sbattervi senza motivo.

Il magico potere di sbattersene il ca**o

In questo libro imparerete:

  • perché preoccuparsi di quello che pensano gli altri è il vostro peggiore nemico, e come smettere di farlo;
  • come classificare i vostri sbattimenti in categorie per identificare meglio le noie e le gioie;
  • i semplici criteri da utilizzare per decidere se sbattersi o anche no (per esempio: “La cosa riguarda altre persone oltre a me?”);
  • i principi di base per sbattersene senza comportarsi da stronzi;
  • l’importanza di fare un Budget degli sbattimenti (e starci dentro);
  • come l’arte di sbattersi quantitativamente meno ma qualitativamente meglio può trasformare la vostra vita;
  • e ancora molto, molto di più!

Pensate soltanto a quanto potrebbe migliorare la vostra vita se poteste dire no alle cose di cui davvero non ve ne potrebbe importare di meno e avere più tempo, energia e finanze per dire sì alle cose che meritano.

Per esempio, quando ho smesso di sbattermi per truccarmi prima di uscire di casa solo per andare al super-mercato, ho guadagnato ben dieci minuti di tranquillità in cui sedermi sul divano a leggere il numero di «US Weekly» [popolarissimo rotocalco di gossip; N.d.T.] che avevo appena comprato nel suddetto supermercato.

O quando ho smesso di sbattermi per andare alle baby shower (le feste per i nascituri che aborrisco sopra ogni altra cosa) ho guadagnato varie domeniche pomeriggio di inenarrabile libertà!

E a cosa ne ho fatto del tempo risparmiato non andando alle baby shower? Be’, anzitutto mi verso una tequila doppia, e poi mi bastano un paio di click su Giggle.com [sito di articoli per neonato; N.d.T.] per ordinare un tiraiatte nuovo di zecca per la futura mamma, dopodiché posso brindare alle ex tette sode della mia ex compagna di appartamento. Addio, belle!

Meglio dieci minuti online o quattro ore di giochetti, dediche scritte sui pannolini e cocktail analcolici alla frutta? Per me non c’è storia. Magari per voi le baby shower sono un’attività meritevole di ogni sbattimento, mentre, che ne so, aggirarsi ogni weekend per i mercatini dell’usato con il proprio partner in cerca di affari potrebbe essere uno sbattimento più insensato che mai.

I dati specifici non hanno alcuna rilevanza. Se seguite il mio Metodo NotSorry per imparare a sbattersene, ciò che importa è che il vostro spirito sarà alleviato, la vostra agenda sarà alleggerita, e il vostro tempo e la vostra energia saranno dedicati solo alle cose e alle persone che vi danno gioia.

È una cosa che trasforma la vita. Giuro.

Questo testo è estratto dal libro "Il Magico Potere di Sbattersene il Ca**o".

Data di Pubblicazione: 2 ottobre 2017

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