SELF-HELP E PSICOLOGIA

Migliora la Tua Vita con l'Intelligenza Emotiva - Anteprima del libro di Christine Wilding

Impara come gestire le tue emozioni

Capire l'intelligenza emotiva

Ti sei mai chiesto come mai alcune persone che hanno evidentemente delle ottime menti sembrano faticare nella vita, mentre altre che mostrano scarse attitudini accademiche e intellettuali sembrano cavarsela alla grande? Ti sei magari sentito vagamente frustrato per il fatto che le capacità intellettive non sempre portano alla vittoria, come forse pensi dovrebbe essere?

Hai notato che alcune persone, che sul piano materiale hanno molto poco nella vita, sembrano felici e soddisfatte, gioiose e piene di amici, mentre altre ben più ricche si lamentano dell’ingiustizia della vita e non fanno che raccontare a tutti ciò che non va nella loro esistenza?

Il successo materiale, quello negli studi e quello nella carriera sono le basi per la felicità? Come ci spieghiamo allora quelle apparenti discrepanze tra il livello di successo delle persone e il loro livello di felicità? La risposta sta nell’intelligenza emotiva (IE): un modo per comprendere le emozioni, proprie e altrui, e per imparare a controllarle in modo da poter scegliere cosa si dice e cosa si fa, al fine di raggiungere il risultato desiderato.

“NON È COLPA MIA”

Quante volte sentiamo qualcuno dire “Non potevo farne a meno”, oppure “Non potevo controllare la cosa" parlando delle loro reazioni fisiche o verbali a una situazione difficile? In realtà possiamo sempre “farne a meno”, e sono ben poche le situazioni in cui non abbiamo a disposizione la possibilità di un certo controllo (a esclusione di riflessi involontari come quello al martelletto del medico sul ginocchio, o come il fatto di arrossire).

DESIDERARE DI AVER FATTO LE COSE IN MODO DIVERSO

Quante volte nella tua vita hai pensato o detto "Vorrei non aver detto quella cosa” o “Se solo avessi reagito diversamente”? La risposta è probabilmente troppe volte per poterle contare, e questo è normale per la maggior parte di noi.

In breve, diventare emotivamente intelligenti ridurrà il numero di occasioni in cui ti troverai a pensare o dire cose del genere in futuro.

Ecco le caratteristiche che Daniel Goleman individua alla base della IE. Leggi l’elenco e vedrai quali sono le qualità su cui lavoreremo per svilupparla.

  • Autocoscienza - Sapere cosa stai provando e perché.
  • Autoregolazione - Avere il controllo delle tue emozioni, anche nelle circostanze difficili.
  • Motivazione - Essere capace di persistere anche di fronte allo scoraggiamento.
  • Empatia - Essere in grado di individuare e identificare le emozioni nelle altre persone.
  • Abilità sociali - Essere in grado di andare d’accordo con gli altri, ascoltandoli, comprendendo e apprezzando le loro emozioni.

IL TUO VIAGGIO VERSO L’INTELLIGENZA EMOTIVA

Comincia il tuo viaggio verso lo sviluppo del l’intelligenza emotiva considerando i tuoi attuali livelli di capacità in merito a ciascuna di queste caratteristiche. Sviluppare la tua IE ti metterà in grado di compiere scelte e influenzare i risultati che ottieni in tutte le aree della tua vita in cui decidi di applicare queste abilità. Volendo semplificare al massimo, la IE è la capacità di andare d’accordo e trovarsi bene sia con se stessi sia con gli altri. Lo si può illustrare in questa forma grafica:

Intelligenza emotiva

“Presenza mentale significa prestare attenzione in un particolare modo; intenzionalmente, nel momento presente e senza emettere giudizio.”
Jon Kabat-Zinn, Guided Mindfulness Meditations, 2005.

IDENTIFICARE LE EMOZIONI

L’idea è che le emozioni contengono informazioni; sono segnalazioni riguardo a importanti eventi che hanno luogo nel nostro mondo. Dobbiamo identificarle accuratamente, tanto in noi stessi quanto negli altri, per poter comunicare ed esprimerci in modo efficace.

UTILIZZARE LE EMOZIONI

Ciò che proviamo influenza il modo in cui pensiamo e ciò a cui pensiamo. Le emozioni dirigono la nostra attenzione su eventi importanti: fanno in modo che siamo pronti ad agire quando necessario e ci permettono di utilizzare in modo appropriato i nostri pensieri per risolvere i problemi.

CAPIRE LE EMOZIONI

Le emozioni non sono eventi casuali: hanno delle cause di fondo. Una volta imparato a conoscerle, possiamo utilizzare le nostre emozioni per comprendere meglio cosa accade - o cosa sta per accadere - attorno a noi.

GESTIRE LE EMOZIONI

Dato che le emozioni contengono informazioni e influenzano i pensieri, abbiamo bisogno di incorporarle in modo intelligente nei nostri ragionamenti e nella risoluzione dei problemi. Questo ci richiede di rimanere aperti alle emozioni, che siano piacevoli o meno, e di scegliere strategie che tengano conto della saggezza che ne può derivare.

PERCHÉ NON HO SENTITO PARLARE PRIMA DELL’INTELLIGENZA EMOTIVA?

Questa è una domanda che è ovvio porsi, ed è una buona domanda. Stiamo cercando di venderti qualcosa che è solo un'idea di marketing? Stiamo infiocchettando “le solite cose" per convincerti che ci sia qualcosa di nuovo? Decisamente no.

In primo luogo, oggi le persone hanno una maggiore coscienza delle proprie emozioni. Semplicemente, parliamo delle emozioni molto di più di quanto non si facesse una volta. Mentre le generazioni precedenti avevano imparato a “non tradire le proprie emozioni” e “darsi una regolata" di fronte alle reazioni emotive, oggi abbiamo un approccio molto più morbido con questo tipo di difficoltà e ci incoraggiamo a vicenda a esprimere ciò che proviamo. Siamo molto più consci del ruolo che giocano le emozioni nelle decisioni della nostra vita. Siamo più empatici quando le persone soffrono per via di emozioni negative, come ad esempio la depressione. Considerata un tempo come una lamentela fittizia espressa da persone che non avevano voglia di darsi da fare, la depressione è oggi un problema medico accettato ed è considerata una ragione valida per assentarsi dal lavoro, alla stregua della frattura di un osso; e proprio come una frattura, la depressione è considerata un male che si può curare.

In secondo luogo, un tempo la ricerca psicologica non era arrivata dove è arrivata oggi. Una rapida carrellata sul suo sviluppo può risultare utile.

LA NOSTRA CRESCENTE CURIOSITÀ RIGUARDO ALLA MENTE UMANA

Negli ultimi due secoli e mezzo lo studio della mente umana ha suscitato l’interesse di scienziati e filosofi, ma non ha mai ricevuto tanta attenzione quanto negli ultimi cinquant’anni. Sigmund Freud ha messo in moto il processo con le sue teorie psicanalitiche riguardo ai disturbi della mente umana e alle loro cause. Sono seguiti teorici del comportamento e poi teorici della cognizione (e queste due importanti scuole di pensiero sono solo due tra centinaia di varianti) che hanno offerto spiegazioni diverse per le cause dei disturbi psicologici ma il cui obiettivo, proprio come nel caso di Freud, era quello di liberare le persone dalle sofferenze derivanti da disturbi mentali che avevano un impatto negativo sulle loro vite.

UN APPROCCIO PIÙ POSITIVO

Lo psicologo americano Abraham Maslow è stato il primo a spostare la propria attenzione e ricerca allontanandosi dallo studio della patologia e di come le persone sono “a pezzi”, traumatizzate e nevrotiche, e andando invece verso un'esplorazione delle persone quando sono al proprio meglio; è stato il primo a indagare su ciò che sviluppa il lato più brillante della natura umana, invece di quello oscuro.

Negli anni Settanta del Novecento, andando avanti a partire dai lavori di Maslow e da quelli dello psichiatra e ipnoterapeuta americano Milton Erickson, Richard Bandler e John Grinder hanno sviluppato la Programmazione Neuro-Linguistica (PNL): una delle prime teorie a suggerire che non dovremmo fermarci semplicemente “al livello zero”. E se invece ci spingessimo a +3 o +10? In altre parole l’idea è quella di non ignorare la teoria psicologica e la terapia semplicemente perché non sei “sotto il livello zero” e non hai problemi. Si tratta di utilizzare queste risorse come strumenti positivi per migliorare ulteriormente e avere una vita ancora più piacevole e ricca di successo. La PNL di Bandler e Grinder è basata sul modellamento dell’eccellenza: trovare persone da prendere a modello che hanno le qualità desiderate, e utilizzare strumenti di PNL per apprendere e sviluppare quelle qualità anche in te stesso.

SVILUPPARE LA FELICITÀ

All’inizio degli anni Settanta del Novecento Martin Seligman, professore di psicologia presso l’Università della Pennsylvania, pubblicò le sue teorie sulla psicologia positiva: in un certo senso lo studio di come essere il più felici possibile (Martin P. Seligman, Imparare l’ottimismo, 1996).

Senza addentrarci in un dibattito dettagliato e senza risoluzione su cosa esattamente significhi “felicità” e su come essa possa essere misurata, accettiamo in generale l’idea che essere contenti della vita che conduciamo è un obiettivo generico per la maggior parte di noi, e che forse questo obiettivo rappresenta la cosa più vicina a quello che intendiamo con felicità. Seligman ha condotto ricerche ad ampio spettro in tutti i continenti e nella storia dell’umanità per cercare di scoprire un attributo, o un insieme di attributi, che fossero trasversali a etnicità, geografia, religione e periodo storico: in altre parole, criteri che potessero spiegare globalmente e in qualsiasi momento storico i tratti fondamentali capaci di garantire la massima probabilità di felicità individuale nella vita.

L’INTELLIGENZA EMOTIVA EMERGE COME QUALITÀ POSITIVA

Attorno alla metà degli anni Novanta del Novecento, Daniel Goleman, psicologo e corrispondente scientifico del “New York Times”, pubblicò nel già citato Intelligenza emotiva una teoria che aveva sviluppato per diversi anni, ancora una volta a partire da teorie precedenti. La sua idea era che esistono una serie di attributi (non del tutto diversi da quelli di Seligman, ma molto più specifici) indipendenti dal QI di una persona, i quali, se sviluppati, possono avere uno straordinario effetto sulla felicità personale dell’individuo e sul suo successo professionale. Goleman descrive l’insieme di questi attributi come “intelligenza emotiva”.

UNA BREVE STORIA DELL’INTELLIGENZA EMOTIVA

  • Anni Trenta - Edward Thorndike descrive il concetto di “intelligenza sociale” come capacità di andare d'accordo con le altre persone.
  • Anni Quaranta - David Wechsler suggerisce che le componenti affettive dell’intelligenza possono essere essenziali per il successo nella vita.
  • Anni Cinquanta - Psicologi umanistici come Carl Rogers descrivono come le persone possano costruire una propria forza emotiva.
  • 1975 - Howard Gardner pubblica The Shattered Mind, che introduce il concetto di intelligenze multiple.
  • 1985 - Wayne Payne introduce il termine “intelligenza emotiva” nella sua tesi di dottorato intitolata A study of emotion: developing emotional intelligence, self-integration, relating to fear, pain and desire (theory, structure of reality, problem-solving, contraction/expansion, tuning in-coming out-letting go).
  • 1987 - In un articolo pubblicato su “Mensa Magazine”, Keith Beasley utilizza il termine “quoziente emotivo” (QE, ritenuto una misura della IE). Si è ipotizzato che questo sia il primo uso del termine in una pubblicazione, anche se Reuven Bar-On sostiene di averlo impiegato in una versione non pubblicata della sua tesi di laurea.
  • 1990 - Gli psicologi Peter Salovey e John Mayer pubblicano il loro fondamentale articolo Emotional Intelligence nella rivista scientifica “Imagination, Cognition and Personality”.
  • 1996 - Il concetto di intelligenza emotiva viene divulgato dopo la pubblicazione di Intelligenza emotiva, di Daniel Goleman.

IN CHE MODO L’INTELLIGENZA EMOTIVA DIFFERISCE DAL QI?

Mentre molti stanno venendo a conoscenza della IE solo ora, quasi tutti hanno sentito parlare del QI, e la maggior parte delle persone hanno una idea generale di cosa misuri. In cosa differisce dunque il QI dalla IE?

I test del Ql sono stati sviluppati circa un secolo fa come modo per valutare l'intelligenza di una persona. “Intelligenza” in questo contesto significa:

  • capacità di ragionamento logico
  • capacità di ragionamento analitico
  • abilità linguistiche
  • capacità di orientamento nello spazio

Un test del QI può interpretare quanto ben predisposto sia il cervello di una persona ad apprendere, immagazzinare e richiamare alla memoria informazioni oggettive. Ci fornisce un riscontro sulle nostre capacità di ragionare correttamente, in modo sia verbale sia matematico, sulla capacità di risolvere problemi e di pensare in modo astratto e analitico.

Di conseguenza, quando una persona ha un alto punteggio di QI (il punteggio medio è attorno a 100) ha buone probabilità di avere successo negli studi o in ambito accademico, di avere un buon lavoro e di cavarsela bene nella vita in generale.

UNA COSA NON ESCLUDE L’ALTRA

Il QI e la IE non sono qualità in competizione l’una con l’altra: sono semplicemente aspetti diversi e spesso complementari. Spesso una persona con elevato QI avrà anche una buona IE (e ovviamente, in senso opposto, un Ql basso può spesso accompagnarsi a una IE scarsa). Nessuno vuole affermare che il QI non sia un importante standard e misura delle capacità di ragionamento logico e intellettuale, della velocità e precisione di calcolo, della memoria e della percezione visiva e spaziale. Il QI si è però dimostrato uno strumento debole nella sua capacità di prevedere il successo di una persona nella vita quando il concetto di successo viene allargato al di là dei puri risultati intellettivi.

Questo testo è estratto dal libro "Migliora la Tua Vita con l'Intelligenza Emotiva".

Data di Pubblicazione: 2 ottobre 2017

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