SELF-HELP E PSICOLOGIA

Milionari in 2 Anni e 7 Mesi - Anteprima del libro di Alfio Bardolla e Lorenzo Ait

Parliamo di cifre

Parliamo di cifre

In Europa il 90% degli adulti vive con meno di 34.000 euro.

Il 50% ha entrate pari o inferiori a 26.000 euro annui. Viene considerato ricco chi ha entrate annue oltre 91.000 euro.

Statisticamente, su 100 individui che hanno iniziato a lavorare all'età di venticinque anni, il 29% non raggiungerà l'età della pensione, mentre il 63% di essi vivrà a carico dell'assistenza sociale, di amici o famigliari.

Quindi, per assurdo, negli Stati più ricchi del mondo, il 92% della popolazione sarà morto entro i sessantacinque anni o vivrà una vecchiaia «da povero». Del restante 8%, il 3% starà ancora lavorando, solo il 4% avrà messo da parte un opportuno gruzzoletto per vivere agiatamente la terza età e appena l'1% sarà veramente «ricco».

Riuscite a comprendere le conseguenze implicite di queste considerazioni?

Viviamo in un ambiente dove il 96% delle persone è destinato a essere povero.

Viviamo in una società retta dal presupposto che molti lavorino e pochi controllino il flusso di soldi e potere.

Non appena comincerete a ragionare e comportarvi come persone ricche, il 96% delle persone attorno a voi non vi capirà, vi contesterà, vi disapproverà o, semplicemente, la penserà diversamente da voi.

Affinché il meccanismo funzioni occorre che gli «ingranaggi della società» (guarda caso, definiti in gergo dagli economisti «la massa senza soldi») non abbiano consapevolezza né della funzione che svolgono né della propria condizione: se continueranno a ignorare quale sia il gioco, continueranno a giocare (e a perdere) sprovvisti delle regole.

Vi piacerebbe appartenere a quel 4% che guadagna più di 91.000 euro annui, cominciare a «lavorare veramente», invece di svolgere semplicemente una professione, e andare in pensione «da ricchi», magari dopo solo 5 anni?

Siete disposti a fissarvi questo obiettivo? Siete pronti a impegnarvi?

Siete convinti di essere pronti a cambiare?

Lasciare i vecchi modelli «costa» tanta fatica, ma se avete risposto «sì» a tutte e tre le domande, per prima cosa dovete prendervi cura del vostro ambiente.

PER PRIMA COSA CAMBIATE IL VOSTRO AMBIENTE

Se volete cambiare la vostra vita, dovete cambiare la percezione che avete del mondo.

Gli uomini più ricchi di Babilonia

Chi studia la filosofia del denaro si interessa alle strategie per diventare ricco o considera la libertà finanziaria un cammino di crescita verso l'automiglioramento, probabilmente ha già letto molto sull'argomento. Uno dei classici motivazionali sul benessere finanziario è il bestseller internazionale intitolato L'uomo più ricco di Babilonia, di George Clason. Tradizionalmente, l'antica città di Babilonia viene ricordata come il luogo in cui ebbero origine i fondamenti dell'economia: i Babilonesi vengono indicati come gli inventori della moneta e si può dire che l'utilizzo delle tavolette di argilla per incidere i loro documenti diede effettivamente vita alle prime cambiali e ai titoli scritti di proprietà. Ed è proprio a Babilonia che Clason, consulente finanziario e conoscitore dei meccanismi finanziari, ambienta il suo libro, basandone gli insegnamenti sugli antichi principi babilonesi, ritenuti fondamentali per impostare una corretta gestione finanziaria. Tali principi risultano attuali anche ai giorni nostri e possono essere riassunti in tre punti essenziali:

indipendentemente dall'entità delle entrate annuali, il 10% del proprio reddito va accantonato come risparmio;

il 70% del guadagno deve essere destinato al proprio mantenimento;

il 20% dovrà essere utilizzato per restituire ai propri creditori le somme dovute (se si hanno debiti) oppure investito in attività che creino profitto (in modo oculato).

A questi «segreti», in verità regole semplici ma efficaci, il protagonista della storia aggiunge il suo ultimo consiglio: «ho appreso le leggi che governano lo sviluppo del denaro e le ho osservate». Nel libro di Clason, dunque, il segreto finale è l’esortazione ad applicare i principi letti, non limitandosi a conoscerli e comprenderli. Ovviamente; non possiamo che essere d'accordo.

Dalla scrivania di Alfio...

Durante i miei corsi spesso mi informo su chi, tra i presenti, ha lette, libro di Clason e di solito, come è prevedibile, più della metà dei partecipanti, ti alza la mano. Fiducioso, a quel punto domando quante persone in sala conoscono comunque i consigli del protagonista, e quasi tre quarti ile. persone si ritrovano con il braccio alzato. Poi, cerco fra il mio pubblico chi, d'accordo con quei suggerimenti e li giudica ottimi accorgimenti finanziari nessuna mano si abbassa e qualcuna si aggiunge alle altre, quasi la totalità dei corsisti a questo punto ha il braccio alzato. Come quesito finale. chiedo chi ha l'abitudine di risparmiare regolarmente il 10% del propri: stipendio: quasi tutte le mani crollano in un sol colpo!

Nella sala rimaniamo solo io, pochi corsisti e alcuni dei miei collaboratori, con il braccio ancora alzato, i pochi sopravvissuti alla domanda finali Eppure avevamo appena constatato che si trattava di consigli semplici, conosciuti dalla maggior parte dei presenti e da tutti ritenuti validi e sensali. Come mai, allora, pur essendo condivisi da quasi tutti i partecipanti, non vengono seguiti?

«Chi diventerà ricco, alzi la mano...»

È molto semplice: tanto tempo fa, abbiamo imparato molto bene come non occuparci del nostro benessere finanziario.

E abbiamo imparato a disprezzare chi se ne occupa: il pregiudizio ci porta a vedere come malandrini i grandi uomini d'affari e consideriamo volgare parlare di soldi in pubblico.

Mai, nel corso della nostra vita, abbiamo appreso così a fondo una lezione. Devono avercela insegnata proprio molto bene...

Partiamo dall’inizio

Tutti i bambini sono pieni di curiosità e voglia di sperimentare. Da zero a tre anni apprendiamo più cose che in tutto il resto della nostra vita. La curiosità ci guida, le novità ci rendono felici e consideriamo un nostro diritto chiedere e ottenere risposte e spiegazioni dagli adulti che ci stanno attorno. Poi, qualcosa dentro di noi si trasforma, e i cambiamenti iniziano a spaventarci: cominciamo ad aver paura di commettere errori e del giudizio degli altri, come se da questo dipendesse la nostra felicità o il nostro diritto a essere amati. Alcuni di noi, per non affrontare quei timori, hanno imparato a resistere al cambiamento, convivendo con situazioni poco soddisfacenti, senza tentare di cambiarle. Altri, al contrario, hanno imparato a compiere delle magie: si sono ricordati ciò che avevano imparato da bambini, cioè che ogni fallimento porta con sé l’opportunità di imparare qualcosa. Ma ci ricordiamo di quando abbiamo imparato ad andare in bicicletta? Non si perdeva il tempo a cercare giustificazioni, scuse o eventuali colpevoli delle nostre cadute, ma ostinatamente si risaliva in sella senza domande quali «come mai gli altri riescono a starci sopra?», «qual è il trucco?» e si provava, si provava e si provava ancora. Poi. a un certo punto, abbiamo iniziato a pedalare in perfetto equilibrio e si è aperto davanti ai nostri occhi un mondo nuovo di possibilità! Una magia.

Fa lo stesso effetto imparare a leggere un rendiconto finanziario, oppure scoprire i segreti del mercato azionario o gestire e sfruttare l'OPM (Other People’s Money). Il problema delle persone povere e di ceto medio è la tendenza generale a evitare proprio quegli errori dai quali imparare qualcosa di nuovo. Limitano loro stesse nello sperimentare nuove conoscenze, acquisire nuove abilità, e tutto per paura di sbagliare. Solitamente c’è il terrore degli errori finanziari: ecco lo sbaglio. Si sente dire: «investi in modo sicuro», o «non assumerti i rischi». In realtà seguire un consiglio del genere è esattamene il motivo per cui la stragrande maggioranza delle persone con.Continua ad avere difficoltà finanziarie: il problema con gli investi, menti non è quello di sceglierne uno più o meno rischioso, quello di essere in grado di gestire il rischio che ne potrebbe derivare. Bisogna solo imparare a conoscere e affrontare i rischi: quanta gente ha investito in Parmalat o in Cirio, senza sapere che il rischio connesso a quel tipo di operazione fosse di perdere tutto il capitale investito? Il primo modo per gestire il rischio è riconoscerlo! Evitando di commettere errori, non ci abituiamo ad affrontarli, non impariamo a riconoscerli e veniamo messi in crisi anche da quelli minori. E, allo stesso modo, diventa impossibile individuare le straordinarie opportunità che ci passano sotto il naso.

Investire senza essere disposti a commettere errori è come voler imparare a pattinare senza voler rischiare di cadere: proprio perché sono caduto tante volte, sono un ottimo pattinatore!

Alfio Bardolla, giocatore di hockey su ghiaccio.

Programmati per essere poveri

La società, la religione e la nostra famiglia ci hanno abituati, nel corso degli anni, a pensare al denaro in un determinato modo. Chi proviene da un ambiente benestante ha, molto probabilmente, una concezione positiva del denaro, altri un po' meno, altri ancora lo considerano «la radice di tutti i mali». Se siete abituati a pensare che avere soldi non sia una cosa positiva, ma un «un male necessario», a livello inconscio quella convinzione vi ostacolerà nel vostro tentativo di raggiungere la libertà finanziaria.

Per iniziare a porre le basi della nostra libertà finanziaria e poter costruire «il tempio» della nostra ricchezza, è importante fare tabula rasa di tutte le cattive abitudini e le convinzioni negative che fin dall'infanzia ci vengono inculcate sui ricchi e la ricchezza.

Affinché le fondamenta siano solide, infatti, occorrerà sgomberare l’area ove sorgeranno le mura. E la funzione di questo primo Pilastro consiste nel preparare il terreno ove erigeremo la costruzione.

Quando abbiamo a che fare con delle convinzioni limitanti, ciò che è davvero pericoloso non è quello che abbiamo sperimentato nella nostra esistenza, ma quello che «crediamo di sapere», perché spesso questo ci incastra in una vita dove il cambiamento sembra impossibile e ci impedisce di avere una visione aperta e diversa della situazione che stiamo vivendo. Specialmente riguardo al denaro, quasi tutto quello che pensiamo è profondamente radicato in noi, perché ci è stato «inculcato» fin da piccoli. Sono cose che abbiamo sentito ripetere come un mantra, o abbiamo visto mettere in atto, oppure ci sono proprio state insegnate.

Qui di seguito vi presentiamo alcuni tipici messaggi che ci vengono trasmessi e che, a nostra volta, trasmettiamo ai nostri cari, senza rendercene conto.

Chi si accontenta gode!

Spesso, ancora oggi, capita di ascoltare l'ammonimento: «Chi si accontenta gode». È un consiglio di quei genitori che dicono ai ragazzi di non mirare troppo in alto, di restare «con i piedi per terra» e raccomandano loro di non sognare cose impossibili. Presi singolarmente e nel contesto adatto, sono suggerimenti giusti e sensati, persino condivisibili; tuttavia, elargiti a dosi massicce rischiano di creare la mentalità tipica della «massa senza soldi», cioè di coloro che vivono la vita sulla difensiva, cercando di evitare di soffrire anziché ricercare i momenti di piacere. Il rischio più grande, nell'ottica di ciò che finiamo «intelligenza finanziaria», è di trasmettere la visione di un mondo «a risorse limitate». Invece di insegnare ai propri figli come gestire gli errori, alcuni genitori insegnano a evita-rischiando di far commettere loro l’errore più grande: non rischiare (e non imparare) abbastanza. Il motivo per cui raggiungiamo i campioni non è per la fama e il denaro. È perché non hanno rinunciato ai loro sogni.

Il denaro è una cosa sporca!

I bambini molto piccoli sperimentano le «cose del mondo in modo fisico e, non potendo concettualizzare in astratto, le loro esperienze si limitano al tatto e agli altri sensi. Nei primi 18 mesi di vita i bambini attraversano uno stadio definito «fase orale», cioè mettono in bocca tutto quello con cui entrano in contatto. Avete mai sentito una mamma intimare al figlio che ha preso in mano delle monete o delle banconote di posarle subito, perché sono sporche? È comprensibile, il denaro, per sua natura, ha una funzione di scambio, se non passa di mano e resta fermo è inutile e perde di valore, quindi è normale che raccolga lo sporco delle mani con le quali entra in contatto. Tuttavia vi invitiamo a riflettere sul fatto che molti altri oggetti sono dei veri e propri ricettacoli di germi. Lasciamo giocare i nostri figli sul tappeto che calpestiamo con le stesse scarpe con cui camminiamo per strada, li facciamo gattonare per la casa, tenere in braccio da estranei (sono le stesse mani con le quali «sporcano» il denaro!) eppure in quel caso il livello di sporcizia sembra accettabile. Non ci sogneremmo mai di proibire a un bambino di toccare la mano che ha appena maneggiato dei soldi, mentre ci preoccupiamo di non fargli toccare il denaro, perché quello sì che è sporco! La verità è che i soldi non sono più sudici di molti altri oggetti e quello che trasmettiamo ai nostri bimbi (perché è stato trasmesso a noi) è molto più di un'indicazione igienica, è un pregiudizio culturale che rischia di diventare giudizio morale.

Il denaro è lo sterco del diavolo!

Conoscete il passo della Bibbia che recita: «È più facile per un cammello passare nella cruna di un ago che per un ricco entrare nel regno dei cieli»? È un passo molto noto, la cui interpretazione più ovvia riguarda l'impossibilità che per un ricco si schiudano le porte del paradiso. Nulla da eccepire: un cammello è molto grande, la cruna di un ago è uno spazio piccolissimo, sembrerebbe inconcepibile per un cammello, pur con tutta la buona volontà e la fede che si possano avere, attraversare quella fessura. Ma sono in molti ad affermare che quella traduzione non sia corretta. Una delle possibili altre versioni dice che, in realtà, «cruna di un ago» si riferisse a delle strette porte tipiche delle città fortificate attraverso le quali potevano passare i cavalieri sui loro cavalli o cammelli, ma soltanto uno alla volta e rigorosamente in fila indiana, facendo attenzione a non sbattere fra le pareti e la volta e limitando la propria velocità. Insomma, per passare attraverso quelle porte a dorso di cammello occorreva fare molta attenzione, molta più di quanta non ne servisse a piedi. Quelle fessure erano infatti un sistema di difesa dagli attacchi improvvisi di una cavalleria organizzata o dalle incursioni di predoni a cavallo. Ecco che il significato del passo citato diventa: «un ricco deve fare più attenzione di un povero per poter avere accesso al regno dei cieli». Ovvio, perché il denaro amplifica le nostre inclinazioni.

Questo testo è estratto dal libro "Milionari in 2 Anni e 7 Mesi".

Data di Pubblicazione: 2 ottobre 2017

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