SPIRITUALITÀ ED ESOTERISMO

Un Corso in Miracoli Parla di Sé - Anteprima del libro di Patrizia Terreno

Lo scopo di un corso in miracoli

Lo scopo di un corso in miracoli

C'è una pace al di là dei clamori assordanti del mondo, una quiete profonda che non viene alterata dalle urla dell'ego dentro la nostra mente.

È un silenzio attivo e molto vitale. E possiede una forza interiore priva di attacco e di vanagloria, una calma attenta e vigile che sa fronteggiare l'impeto dell'ansia e della concitazione senza aggredirle né difendersi da esse.

Vi accediamo quando siamo pronti ad andare oltre i nostri limitati e limitanti processi mentali. Allora sperimentiamo uno stato di abbandono tranquillo e fiducioso in qualcosa che li trascende, una Presenza spirituale che è dentro di noi, che ne siamo consapevoli o meno.

Ci sono strati di silenzio, come ci sono strati di pace. Per esempio, quando leggiamo, possiamo ritrovarci inaspettatamente in una concentrazione mentale che esclude il mondo esterno. Questo è un livello molto superficiale. Ma le parole a volte possono lasciar affiorare degli squarci di luminosità che si infilano tra di esse come una fessura sottile. Se ci inoltriamo coraggiosi in quella lama di silenzio, si aprono alla nostra esperienza universi inesplorati, come grotte sotterranee piene di luce, delle vere stanze dei tesori dove ci attendono doni fino ad allora inimmaginati.

In questo centro quieto tutto diviene semplice. La pace non ha altro scopo se non quello di essere se stessa. La confusione, invece, è complessa perché deve mascherare il vuoto e ha bisogno di agitarsi per dimostrare di esistere. Nel silenzio cessano per un attimo tutte le assurde pretese del possesso e scopriamo di avere già tutto perché siamo.

È la fiducia a rendere possibile tutto questo. Non dobbiamo fare altro che porci in questo stato mentale di attesa fiduciosa e la pace arriva come una benedizione. Ma prima dobbiamo imparare a riconoscerne la necessità, rendendoci conto di quanto vani siano tutti gli altri bisogni.

Perché non è possibile avere la pace se non c'è il desiderio di pace.

Ognuno deve apprendere a farlo in sé e da sé. L'impegno è individuale. Ma quando spuntano le ali della fiducia e impariamo a usarle con crescente coraggio, allora troviamo nel nostro silenzio solitario una vastità e una comunione che prima non riuscivamo nemmeno a sospettare.

In quell'immensità cadono i confini del sé individuale e scopriamo di essere parte del tutto.

Questo stato di quiete e di pace è lo scopo del Corso.

All'inizio dell'ottavo capitolo del testo troviamo una frase che lo dichiara esplicitamente:

La conoscenza non è la motivazione per imparare questo corso. La pace lo è (T.8.1.1:1 -2).

Se la motivazione che dovrebbe spingerci a leggere, studiare e mettere in pratica Un Corso In Miracoli è la pace, il suo scopo non può che essere quello di insegnarci un metodo per farlo.

Ma spesso all'inizio del nostro viaggio abbiamo in mente altri obiettivi, legati in qualche modo a un qualche miglioramento delle condizioni esteriori di vita. Forse abbiamo acquistato il libro a causa del titolo, pensando di aver bisogno di quello che definiamo "miracolo": la guarigione della grave malattia di una persona amata, la risoluzione di una situazione economica difficile, la fine di una relazione turbolenta dalla quale avevamo tentato più volte, ma inutilmente, di uscire. E ovviamente tutto questo è assolutamente normale. Credo che tutti, in un modo o nell'altro, ci siamo avvicinati al Corso per cambiare qualcosa nella nostra vita.

Tuttavia, man mano che si procede nella lettura dovrebbe diventare sempre più evidente che il Corso si propone di aiutarci a cambiare la nostra mente e non il nostro mondo esteriore. Sono questi i miracoli cui fa riferimento il titolo.

Se a questo punto lo studente continua a non chiarire a se stesso quest'importante premessa, dopo aver tentato di praticare qualche esercizio arriverà alla conclusione sbagliata che il Corso non serve a nulla.

Ma è proprio così oppure il Corso propone semplicemente un obiettivo diverso da quello - normalmente non consapevolizzato - che si poneva lo studente?

Qualche capitolo più avanti il Corso sostiene che La chiarificazione dell'obiettivo appartiene all’inizio, perché è questo che determinerà il risultato (T.17.VI.2:3)

È quindi estremamente importante che l'aspirante studente chiarisca prima di tutto a se stesso qual è l'obiettivo che si prefigge di raggiungere e se si accorge che è diverso da quello prospettato dal Corso, allora può porsi delle domande: non è forse il caso di mettere in discussione, almeno in parte, il proprio obiettivo? O forse non è meglio rivolgersi a un qualche altro percorso che soddisfi maggiormente le proprie esigenze?

Chiarita quest'importante premessa, cerchiamo ora di comprendere meglio lo scopo che il Corso ci invita a raggiungere. Nella frase sopra citata che dà inizio al Capitolo 8 ci viene spiegato che il Corso non ci porta alla conoscenza ma alla pace. Per capire bene questa frase bisogna premettere che la parola conoscenza - come moltissime altre parole -ha nel Corso un significato diverso da quello normalmente in uso. Parlerò nel prossimo capitolo dell'uso che il Corso fa del linguaggio. Per ora mi limiterò a dire che nel Corso la parola conoscenza definisce la consapevolezza non dualistica della Mente Una, della Mente cioè che è Una con la Mente di Dio.

La frase significa quindi che il Corso non ha lo scopo di portarci a una consapevolezza non dualistica - la conoscenza appunto - ma allo stato di pace che deriva dal modo corretto, e quindi ancora dualistico, di percepire. In questo stato tutta la vita entra in una prospettiva corretta, non perché riusciamo logicamente a dare un senso migliore alle cose, ma perché impariamo a negare significato e realtà a quanto è effimero e insignificante. E quest'esperienza rende la vita degna di essere vissuta.

All'inizio del Capitolo 24 l'argomento dello scopo del Corso viene ripreso e approfondito:

Non dimenticare che la motivazione di questo corso è il raggiungimento e il mantenimento dello stato di pace. Raggiunto questo stato, la mente è calma e si ottiene così la condizione nella quale viene ricordato Dio (T.24. In.1:1-2).

Per la seconda volta ci viene ripetuto che questo è un Corso sulla pace. Ma qui il concetto viene chiarito maggiormente: non è solo un Corso per imparare a raggiungere la pace, ma anche per imparare a mantenerla. Fra questi due stadi - il raggiungimento e il mantenimento - si dipana tutto il percorso dello studente che apprende dapprima un metodo di raggiungimento della pace e poi continua ad applicarlo giorno dopo giorno, istante dopo istante, in tutte le situazioni della sua vita. In questo modo si allena a mantenere la pace finché riuscirà a raggiungere lo stato mentale in cui essa sarà diventata una condizione duratura. Quando lo studente arriva a questo punto di stabilità interiore, la sua mente è calma, e questo vuol dire che ha raggiunto finalmente una condizione - la completa e definitiva scomparsa del suo ego - in cui inizia a ricordare Dio.

L'importante precisazione - dapprima si raggiunge la pace, poi si impara a mantenerla - lascia intuire il fatto che lo studente si troverà ad affrontare delle resistenze nel corso del suo viaggio interiore, e dovrà imparare a fronteggiarle.

Tuttavia, non ci viene richiesto alcuno sforzo per arrivare a questo traguardo. La nostra unica responsabilità è accettare in noi la Fonte del silenzio, tranquillizzando le nostre menti inquiete e senza pace, allo scopo di raggiungere solo ciò che è veramente essenziale.

Ma cos'è esattamente la pace di cui parla il Corso?

Troviamo quella che forse è la più chiara definizione all'inizio della lezione 34:

La pace mentale è chiaramente una questione interiore. Deve iniziare dai tuoi stessi pensieri e poi estendersi all'esterno. È dalla tua pace mentale che nasce una percezione pacifica del mondo (L.pl.34.1:2-4).

Queste frasi indicano chiaramente dove si deve operare per il raggiungimento della pace: dentro di sé. Se la pace è una questione interiore, allora la strada da compiere per raggiungerla non consisterà nel cercare di cambiare il mondo esterno, ma nel cercarla e trovarla all'interno di noi focalizzandoci sui nostri pensieri e sulle nostre percezioni.

Questa premessa esclude automaticamente dallo scopo del Corso la stragrande maggioranza dei nostri obiettivi quotidiani, ossia il costante tentativo di migliorare le condizioni di vita allo scopo di soddisfare i nostri bisogni. Se, infatti, la pace è una questione interiore, possiamo raggiungerla indipendentemente da quanto ci succede.

Così, per esempio, la pace non dipende - come forse abbiamo creduto finora - dal fatto che il nostro stato di salute migliori o che troviamo un lavoro più soddisfacente oppure che cambino le condizioni politiche o sociali dell'ambiente in cui viviamo. Se la pace inizia dai nostri pensieri e poi si estende all'esterno, è sui nostri pensieri che dobbiamo iniziare a concentrarci per raggiungerla. Quando ci accorgiamo di non essere in pace, invece di attribuire a qualcosa di esterno la responsabilità del nostro stato interiore di collera, paura, tristezza, dovremmo focalizzarci prima di tutto sul fatto che tali emozioni sono una nostra scelta e poi apprendere un metodo per riuscire a sperimentare la pace al posto di esse.

Allo stesso modo, se ci sembra che la mancanza di una relazione fissa sia la causa della nostra angosciosa solitudine, dovremmo provare a pensare che la solitudine che proviamo è un nostro problema interiore e non dipende da altro. Dunque è lì, nel nostro mondo interiore, che dobbiamo intervenire per modificare i nostri pensieri allenandoci ad applicare un metodo di guarigione. E tutto questo è totalmente indipendente dal fatto che nella nostra vita ci sia o non ci sia una relazione fissa.

Se impariamo questo metodo e sviluppiamo la dolce abitudine di trovare riposo nel nostro centro di quiete, ci apriamo a una comunicazione che è più profonda delle parole e dei gesti. È un lago tranquillo in cui scopriamo l'unione alla fresca sorgente della vita, che scaturisce incessante e vivificante per tutti e senza condizioni. Quando siamo lì, scompaiono ogni solitudine e ogni disuguaglianza. Non ci sono parzialità né interessi separati. Tutti condividiamo lo stesso interesse e lo stesso obiettivo: nutrirci a quella fonte inesauribile di vita.

Ma questo si può vedere solo nel silenzio.

La pace profonda non è qualcosa in cui ci ritroviamo per caso. Può accadere naturalmente di farne un'esperienza improvvisa e inaspettata, ed è certamente una benedizione perché ci fa capire che c'è qualcosa di importante al di là della nostra attività frenetica. Quando succede, è un'esperienza benefica, una sorta di segnaposto che ci indica un'altra direzione da dare alla nostra vita.

Ma questo è solo l'inizio. In seguito è necessario imparare a mettere da parte le grandi illusioni dell'ego - il tempo e lo spazio - e accedere a spazi e tempi diversi che immettono in una dimensione sconosciuta, che non può essere racchiusa dentro le nostre abituali categorie intellettuali. Per entrare nel silenzio dobbiamo purificare lo spazio interiore e liberarlo gradualmente da tutti gli orpelli che abbiamo ammassato con il tempo. E per imparare a farlo ci vuole un metodo.

Tutto il Corso non è altro se non un insieme di approfondimenti teorici e di esercizi pratici per imparare questo metodo e applicarlo in tutte le circostanze della nostra vita.

C'è un bellissimo passaggio che ci fa capire come questo metodo - il perdono - serve a raggiungere lo stato di pace trascendente:

Il perdono, d’altro canto, è quieto e tranquillamente non fa nulla. Non offende alcun aspetto della realtà, né cerca di distorcerla per farla apparire in modo che gli piaccia. Semplicemente osserva, aspetta e non giudica (L.pII.1.4:l-3).

Osserva, aspetta e non giudica. In quest'attesa priva di giudizio la mente frenetica smette di agitarsi e noi accediamo in un attimo diverso a un diverso spazio mentale, più vasto della psiche umana, dove si apre la visione di dimensioni prima inaccessibili.

Dopo esserci immersi nella fonte cristallina del silenzio, infatti, il mondo appare da una prospettiva completamente diversa. Ci sperimentiamo come se improvvisamente fossimo innalzati al di sopra di un campo di battaglia. Vediamo il tutto da una posizione più elevata in cui scompaiono dicotomie che prima apparivano logiche e sensate. Tutti appaiono uguali: non ci sono più le vittime e i carnefici, anche se gli occhi ci rimandano ancora immagini di differenti forme di crudeltà e di eroismo. Vediamo improvvisamente che i combattenti, tutti senza eccezioni, sono disperatamente alla ricerca di quella pace che non è possibile trovare dentro il campo di battaglia, perché il campo di battaglia è stato fatto proprio per dimostrare l'inesistenza della pace. Scopriamo che tutti sono ugualmente bisognosi di aiuto e di autentica pace.

Anche il tempo appare in una prospettiva diversa. Nel centro silente della pace diviene nostro amico. Non è qualcosa che ci consuma. Non dobbiamo più corrergli dietro e tenere faticosamente il passo con ciò che inesorabilmente scorre al di là della nostra volontà. Il silenzio rende il tempo un nostro alleato per intensificare la pace. È il mezzo per imparare che viviamo nell'Eternità.

C'è un altro aspetto importante da mettere in chiaro riguardo all'obiettivo della pace.

Potremmo avere ben compreso che la pace parte dall'interno di noi e poi si estende all'esterno, ma potremmo erroneamente credere che il raggiungimento della pace sia solo il prerequisito per portare pace all'esterno, e che quindi il vero obiettivo del Corso rimanga quello di promuovere la pace nel mondo esterno.

A parte il fatto che tale errore si basa su un'errata comprensione della metafisica del Corso, in base alla quale non esiste alcun mondo esterno alla nostra percezione, il desiderio più o meno inconscio di focalizzarsi sul mondo esterno non è che un modo diverso di dire che la pace dipende dall'esterno e non dall'interno.

Per esempio, immaginiamo che uno studente, Carlo, si senta costantemente accusato dalla moglie di colpe non commesse e che reagisca a queste accuse in modo aggressivo. Dato che desidera ardentemente un po' di pace e questo dipende dal fatto - così crede - che la moglie smetta di colpevolizzarlo, il nostro studente potrebbe iniziare a studiare il Corso proprio per ottenere quello che secondo lui è un vero e proprio miracolo.

Poco alla volta il suo obiettivo iniziale si sposta corretta-mente all'interno di sé e Carlo comincia a capire che la sua pace interiore non dipende dal comportamento della moglie, ma dal modo in cui lui lo percepisce. A questo punto il suo focus si sarà spostato dall'esterno (la pace in famiglia) all'interno (la pace dentro la propria mente) e Carlo comincerà ad assumersi la responsabilità delle proprie percezioni e a perdonarle così come il Corso propone.

Tuttavia, potrebbe ancora attendere - magari senza rendersene veramente conto - che il suo cambiamento interiore produca dei cambiamenti esterni e che, di conseguenza, prima o poi la moglie smetta di accusarlo. E quando avverrà - pensa - ovviamente in famiglia ci sarà una maggiore pace.

In tal caso l'obiettivo di Carlo è ancora volto alTesterno, e quindi non coincide con quello proposto dal Corso. La pace interiore di cui parla il Corso è indipendente dal fatto che la moglie cambi o non cambi il proprio modo di agire, ma riguarda unicamente il lavoro interiore che Carlo compie dentro di sé.

Naturalmente è possibile che la moglie in questione, non sentendosi più aggredita, si rassereni e giunga addirittura a mettere in discussione le sue accuse infondate. Ma quest'effetto va al di là dell'obiettivo che il Corso si propone. E proprio l'impostazione errata dell'obiettivo da parte di Carlo può tradursi in un vero e proprio ostacolo al processo di correzione della sua mente proposto dal Corso.

Questo testo è estratto dal libro "Un Corso in Miracoli Parla di Sé".

Data di Pubblicazione: 3 ottobre 2017

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