SELF-HELP E PSICOLOGIA   |   Tempo di Lettura: 9 min

Viaggio di Guarigione - Anteprima del libro di Claudio Naranjo

Il potenziale curativo di agonia ed estasi

Il potenziale curativo di agonia ed estasi: le sostanze psicoattive nella psicoterapia.

Da sempre sappiamo di un nesso tra stati alterati di coscienza e cambiamenti di personalità. Gli sciamani di molte zone provocano stati di trance per guarire; i mistici spesso vivono esperienze “visionarie” durante la loro “conversione”; i pazienti nelle fasi più avanzate della psicoanalisi a volte hanno allucinazioni o mostrano altri sintomi psicotici temporanei.

L’uso deliberato di stati di alterazione della coscienza nel processo terapeutico ricade nell’ambito dell’ipnoterapia e dell’uso di sostanze psicotrope. Di recente è aumentato l’interesse per la nozione di “disintegrazione positiva” (Dabrowski) e per il valore dell’esperienza psicotica, quando ben integrata, essendo l’uso delle sostanze il metodo che ha più vasta applicabilità.

Le prime sostanze ampiamente usate a scopo terapeutico sono state i barbiturici e le anfetamine. Un barbiturico somministrato per via endovenosa, usato per la prima volta da Laignel-Lavastine (1924) per “rivelare l’inconscio”, in seguito è diventato la base di metodi come la narcoanalisi (proposta da J.S. Horsley nel 1936), la narcosintesi (Grinker) e altri.

Il primo uso di uno stimolante del sistema nervoso centrale in psicoterapia sembra risalire allo “shock da anfetamina” di J. Delay, seguito dalla “weckanalisi” di Jantz. Prima di loro Myerson (1939) aveva descritto l’uso di benzedrina in endovena associata all’amobarbital, ma l'interesse per questo metodo crebbe soprattutto negli anni ’50, quando si iniziarono a usare più di frequente le anfetamine per via endovenosa.

Gli allucinogeni come facilitatoti della psicoterapia

Dopo stimolanti e sedativi, ci si interessò agli allucinogeni come facilitatoti della psicoterapia. Gli esperimenti clinici di Federking (1947) con dosaggi piccoli o medi di mescalina furono seguiti da quelli di Abramson, che consigliava una dose minima di lsd-25 durante il trattamento psicoanalitico per raggiungere uno stato mentale alterato, e quello di Sandison, che portò un approccio junghiano al processo.

Negli anni successivi non solo entrarono in campo sostanze qualitativamente simili (psilocibina e altre triptamine), ma anche modi diversi di avvicinarsi allo stato mentale da esse indotto. In campo non medico, molti furono colpiti dal valore intrinsecamente spirituale dell'esperienza psichedelica”, più che dall’uso terapeutico delle sostanze. Aldous Huxley, in particolare, ebbe una certa influenza nell’attirare l’attenzione sugli aspetti religiosi ed estetici delle sostanze psicoattive. Altri collegarono tali stati al tema del cambiamento di comportamento, anzi, li videro come la chiave per raggiungerlo, mettendo a punto delle procedure per massimizzare la possibilità di ottenere esperienze di picco. Questo, per esempio, è stato l’approccio terapeutico adottato da Hoffer e Osmond nel Saskatchewan nei confronti di pazienti alcolisti, e anche quello utilizzato dal gruppo di Harvard per progetti di riabilitazione in una prigione del Massachusetts.

Stati di coscienza non ordinari

Le sostanze di cui mi occupo in questo libro sono solo alcune tra quelle scoperte e riscoperte in anni recenti: l’impressione è che siamo solo all’inizio del processo che porta all’induzione di stati di coscienza non ordinari. D’altra parte, le sostanze che già conosciamo - stimolanti, sedativi, allucinogeni e quelle descritte nei capitoli successivi - ci dicono che non c’è un unico stato mentale che può aiutare l’esplorazione psicologica o l’interazione terapeutica: ogni sequenza di alterazioni indotte artificialmente nello schema della personalità di un individuo può contribuire a interrompere circoli viziosi nella psiche, facendo emergere dimensioni emotive o mentali sconosciute, o facilitando esperienze compensative in cui le funzioni meno sviluppate vengono temporaneamente stimolate, mentre quelle eccessivamente sviluppate vengono inibite.

Le quattro sostanze di cui tratta questo libro, sia dal punto di vista chimico che da quello dei loro effetti soggettivi, possono essere divise in due gruppi. Il gruppo delle fenilisopropilamine, che comprende I’mda e I’mmda, è caratterizzato soprattutto da effetti di potenziamento delle sensazioni: l’attenzione si acuisce e la fluidità nei collegamenti comunicativi aumenta. L’altro gruppo, quello degli indoli policiclici (ibogaina, armalina), potrebbe essere benissimo chiamato, per via dei suoi effetti, “oneirofrenico”, il termine che consiglia Turner per gli alcaloidi armalinici. Il loro effetto sulla maggior parte dei soggetti è quello di incrementare la visione di sequenze oniriche vivide, che possono essere contemplate da svegli chiudendo gli occhi, senza perdere il controllo sull’ambiente esterno e senza alterazioni nel pensiero. Ciò che rende le sostanze di entrambi i gruppi utili per la psicoterapia è il fatto che facilitano l’accesso a processi, sensazioni o pensieri che altrimenti resterebbero inconsci; una qualità che è giusto chiamare “psichedelica” nel senso usato da Osmond, ossia di “rivelazione della mente”. Queste sostanze non provocano i fenomeni percettivi, di spersonalizzazione o di cambiamento nel pensiero caratteristici degli allucinogeni, ma con essi hanno in comune l’intensificazione della consapevolezza, quindi potremmo chiamarli psichedelici non psicotomimetici.

Differenze tra i vari tipi di sostanze psicotrope

Ci sono chiare differenze non solo tra i vari tipi di sostanze psicotrope, ma anche tra le caratteristiche individuali degli effetti di ognuna e tra i vari sintomi che possono indurre. In alcuni casi può essere difficile trovare differenze tra le diverse possibili reazioni alla stessa sostanza, mentre in altri si può scoprire che ciò che sembrerebbe essere molto diverso è solo una differente rappresentazione dello stesso processo. Proprio come la perdita dell’ego causata dall'LSD può essere vissuta sia come un’estasi nell’unità del Tutto che come un disperato attaccamento a un’esile identità, paura del caos e della pazzia, così anche l’aumento di realistica consapevolezza del presente causata dall’MMDA può essere vissuta sia come serena soddisfazione che come ansia straziante, vergogna e senso di colpa per chi non è pronto ad affrontare quel momento.

Ogni sostanza induce più di due sintomi tipici che, a seconda anche dei tipi di personalità coinvolte, dovranno essere affrontati in maniera differente per ottenere risultati psicoterapeutici ottimali. Inoltre, l’atteggiamento del terapista nei riguardi della situazione dipenderà anche da come interpreterà i contrasti sopra elencati. In quei momenti si manifestano polarità piacere/dolore, come anche di integrazione/disgregazione della personalità, ed è di questo che voglio occuparmi nelle prossime pagine.

Esperienza di picco contro aumento della patologia

Apparentemente tutte le sostanze psicoattive, dai barbiturici all’ibogaina, possono indurre stati mentali piacevoli o spiacevoli, stati che sembrano più desiderabili di quelli ordinari e stati che non solo causano sofferenza, ma non permettono al soggetto di pensare in modo chiaro, di compiere azioni appropriate o di avere una percezione precisa della realtà. Huxley ha provato a descrivere la sensazione “paradiso e inferno” caratteristica della mescalina con parole che sono diventate di uso comune a chi conosce gli effetti di allucinogeni come I’lsd. Però ci sono tanti “paradisi e inferni” quante sono le sostanze. La reazione di un individuo in un continuum può in parte dipendere dalla sua costituzione. Sheldon ha infatti sottolineato che il sematotonico, attivo e potente, tende a reagire all’alcol diventando ancora più attivo e aggressivo; il viscerotonico, più socievole, diventerà ancora più emotivo ed estroverso; infine, l’introverso cerebrotonico sarà più riservato e razionale.

Eppure, qualunque siano i tratti della personalità che predispongono il soggetto a reagire in un certo modo a una data sostanza psicoattiva, è piuttosto chiaro che le sostanze di cui si parla in questo libro possono indurre in un individuo reazioni differenti da seduta a seduta, o anche in momenti diversi di una stessa seduta. Per di più, sembra certo che la sollecitazione di esperienze "paradisiache” o “infernali” dipenda molto dall’atteggiamento dell’individuo in quel momento, dall’ambiente, dal rapporto con il terapista e dalle ingerenze di quest’ultimo durante la sessione. E dato che tali variabili permettono in parte di scegliere un’esperienza rispetto a un’altra, è opportuno capire il loro valore nella psicoterapia.

Prima di tutto, qual è la natura di queste esperienze: sono “positive” o “negative”. E cos’è che le rende piacevoli o sgradevoli? La gamma delle esperienze di picco, tanto nella vita ordinaria quanto nelle condizioni indotte da sostanze psicoattive, comprende una varietà di stati che, direi, hanno in comune il fatto di essere momenti in cui si scoprono o si individuano valori intrinseci.

Usiamo la parola “valore” in molti modi diversi. Tuttavia, i modi in cui utilizziamo tale termine, più che designare diversi tipi di valore, denotano differenti processi psicologici che possono dar luogo a “giudizi di valore”. Definirei uno di questi processi "valore normativo”, ove “valore” indica l’accettare o il rifiutare qualcosa (una persona, un’azione, un oggetto, un’opera d’arte e così via) in base a una regola prestabilita. Tale regola può essere implicita o inconscia, e fa sì che le percezioni si conformino a essa. Il valore potrebbe anche consistere in uno standard di "buon gusto”, nell’idea di come dovrebbe essere una persona buona, una buona vita, e così via. In questo processo di assegnazione del valore, “valore” è un’idea-sensazione-azione basata sulla natura dell’esperienza passata o di un condizionamento.

Questo testo è estratto dal libro Viaggio di Guarigione

Data di Pubblicazione: 1 ottobre 2017

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