SALUTE E BENESSERE   |   Tempo di Lettura: 10 min

W la Dislessia! - Anteprima del libro di Valentina Conte, Paola Saba e Alessandro Rocco

Tuo figlio non è malato Scopri il metodo definitivo per liberarlo da una vita di frustrazione e insuccesso

L'Uragano

Dorothy perse l'equilibrio e cadde a sedere sul pavimento. Poi accadde qualcosa di straordinario.

La casa roteò due o tre volte su se stessa e si sollevò nell’aria come se si fosse trasformata in un pallone.

Il vento del nord e quello del sud, scontrandosi proprio in quel punto, ne avevano fatto il centro del ciclone.

Chiara

"Chiara ha 8 anni, è una bambina molto timida, educata e graziosa. Chiara non disturba mai, non esagera, non distrae gli altri e i suoi quaderni sono sempre ordinati (non come quelli di certi compagni!). Insomma,per le sue maestre è un piacere averla tra i banchi di scuola e mamma e papà sono fieri di lei. Certo, a volte è lenta, fa fatica a copiare dalla lavagna e non ce verso di farle entrare in testa le tabelline!

Un giorno Chiara torna a casa con un avviso sul diario in cui la maestra chiede un incontro con i genitori: “Sarà sicuramente per la festa di fine anno”, pensa la mamma.

Arrivati a scuola, mamma e papà vengono accolti da tutte le insegnanti. Sono confusi. Pensavano di dover discutere del rinfresco per la festa e invece si sentono dire che in Chiara ce qualcosa che non va. Chiara non riconosce mai le doppie, inverte le lettere, salta righe quando legge e a volte gli altri compagni, rispetto a lei, sembrano avere una marcia in più. Potrebbe essere una difficoltà di apprendimento. Che sia il caso di mandarla dal neuropsichiatra?

Neuropsichiatra?!?

“L’ultima che ci è andata era zia Priscilla per la depressione - pensa il papà - .. .o era lo psichiatra? E hanno pensato di ricoverarla... e adesso vogliono ricoverare Chiara?”.

Mamma e papà si guardano negli occhi e all’improvviso il mondo sembra crollare."

Momenti come questi vengono spesso vissuti dai genitori come se un uragano si fosse abbattuto sulle loro case, rompendo l’equilibrio familiare. Proprio come Dorothy, che si trova all’improvviso scaraventata in una realtà sconosciuta, senza sapere a cosa andrà incontro, anche i loro progetti sembrano naufragare. Il sogno di avere un figlio o una figlia avvocato, dottore, ingegnere si infrange, il destino appare incerto e sconfortante.

Come vedremo, la realtà è molto meno catastrofica di così, ma la paura, dovuta anche alla scarsa conoscenza delle difficoltà nell’apprendimento, spinge alcuni genitori a intravedere scenari apocalittici.

Di fronte all’“uragano dislessia" le reazioni sono le più varie.

Alcuni genitori preferiscono imboccare la via della negazione del problema, per evitare al figlio (e in fondo anche a loro stessi) il trauma e il disagio della diagnosi.

Per assurdo, è proprio l’amore per il figlio che li porta a fare scelte che possono ostacolare il suo percorso di crescita; lo stesso amore che li spinge a rifiutare l’idea che possa essere dislessico. Spaventati dall’idea che possa scegliere di “giocare al ribasso” e spinti dalla lodevole intenzione di volere il meglio per lui, a partire dai voti scolastici fino al lavoro e alla posizione sociale, finiscono per trasformare la sua vita in una disperata corsa verso un risultato irraggiungibile.

Altri genitori preferiscono rassegnarsi all’idea che il figlio non sia portato per lo studio (cosa non vera) e cercano di alleviare le sue fatiche scegliendo un percorso scolastico breve e possibilmente pratico.

Altri ancora cadono nell’idea (sbagliata) di avere un figlio malato e pensano di fare il suo bene con un atteggiamento di protezione e compatimento che, a lungo andare, rischia di soffocare la sua autonomia e finisce per imprigionarlo nella “gabbia” della malattia.

Non possiamo negare che tutte queste tipologie di genitori agiscano a fin di bene, tuttavia il risultato finale spesso è l’opposto delle intenzioni.

I Genitori

In questi casi i genitori assumono, loro malgrado, il ruolo di nemici nel percorso di crescita del figlio; più che offrire un vero aiuto, spesso li sabotano con le loro paure, preoccupazioni e pregiudizi.

"Mio padre mi diceva che io sbagliavo sempre e, guarda caso, proprio quando lui mi stava vicino non riuscivo mai a fare niente di buono...

Alle medie facevo orienteering e con la mia squadra avevamo anche vinto dei premi. Un giorno, prima di una gara importante, mia madre mi disse: «Ma tu che sei dislessico non dovresti essere capace di fare orienteering». Sebbene i fatti smentissero le sue supposizioni, le parole di mia madre risuonarono nella mia mente per tutta la gara influenzandone poi il risultato.

Non dite ai vostri figli che non sono capaci! Ditegli piuttosto in cosa sono capaci e in cosa possono migliorare”.

Roberto, 19 anni"

Ma allora, che fare?

Quando un genitore deve fare i conti con i risultati negativi del figlio iniziano a farsi strada dentro di lui dubbi e paure.

Avete mai pensato qualcosa del genere?

“Si vede che non è portato per lo studio". “Alle medie lo bocceranno sicuramente". “Sarà meglio scegliere una scuola facile per lui". “Se continua così, sarà meglio che vada a lavorare il prima possibile".

È come se nella vita esistessero solo due alternative possibili: quella del successo, a cui sono destinati i ragazzi che si impegnano e vanno bene a scuola, e quella dell’insuccesso scolastico, che conduce inevitabilmente verso una vita insoddisfacente.

Molti genitori vivono nel timore che questo scenario si realizzi e con il senso di colpa di non poter fare altro che assistere impotenti al fallimento del proprio figlio (o forse al loro).

Il problema è che, pensando in questo modo, ottengono solo il risultato che più temono; quanto più mantengono vivo uno scenario, tanto più arrivano a credere che sia possibile.

Questo vale anche per voi: vostro figlio si fida ciecamente del vostro giudizio perché è su di voi che ha sempre potuto fare affidamento e farà di tutto per non deludere le vostre aspettative.

In psicologia questo fenomeno è detto effetto Pigma-lione o profezia che si auto-avvera.

Pigmalione, secondo il mito tramandato dal poeta latino Ovidio, era uno scultore che, dopo aver rappresentato il suo ideale di femminilità e di bellezza in una statua di avorio, se ne innamorò. Venere, la dea della bellezza, esaudì il desiderio di Pigmalione, dando vita alla statua e trasformandola in Galatea.

La statua di Pigmalione prese vita nella mente dello scultore ancor prima che nella realtà.

Allo stesso modo, pensieri, aspettative, giudizi o pregiudizi che spesso gli adulti (insegnanti o genitori) hanno nei confronti dei ragazzi influenzano il loro comportamento e quindi i loro risultati, sia in positivo che in negativo.

L’effetto Pigmalione è diventato famoso anche come effetto Rosenthal, dal nome del ricercatore americano che l’ha descritto per primo. Negli anni Sessanta, presso l’università di Harvard, un’equipe da lui guidata ideò un esperimento molto affascinante nel campo dell’apprendimento, sottoponendo un gruppo di alunni della Oak School a un test per valutarne il Quoziente Intellettivo.

Raccolse i dati e in un secondo momento selezionò, in modo casuale e senza rispettare l’esito e la graduatoria del test, un numero ristretto di bambini, informando gli insegnanti che si trattava di alunni estremamente intelligenti.

A distanza di un anno ritornò nella scuola e verificò che gli alunni da lui selezionati, seppur scelti casualmente, avevano confermato a pieno le sue “previsioni”, migliorando notevolmente il loro rendimento scolastico, fino a divenire i migliori della classe. Gli insegnanti indicarono che, globalmente, questi bambini (che, ricordiamo, erano stati scelti a caso) avevano fatto più progressi rispetto agli altri e parevano certi che il loro sviluppo cognitivo fosse progredito in misura significativamente maggiore. Questa differenza, ovviamente, esisteva soltanto nella loro mente. Molti ringraziarono perfino il ricercatore per averli aiutati a capire come valorizzare al meglio i loro studenti.

Con l’esperimento alla Oak School, Robert Rosenthal riuscì in pochissimo tempo a far capire che, indipendentemente dai risultati ottenuti con le valutazioni del Q.I., il prendersi cura di un ragazzo convinti che possa riuscire, fa la differenza nel processo di apprendimento.

Sorprendente vero?

Purtroppo, lo stesso risultato si può ottenere anche in negativo. Quindi, quando insegnanti o genitori credono che un bambino o un ragazzo sia meno dotato, tendono a trattarlo, anche inconsapevolmente, in modo diverso dagli altri, influenzandolo e facendo in modo che un po’ alla volta inizi a comportarsi secondo le loro aspettative.

Se i miei genitori pensano che io non sia in grado di fare una cosa, probabilmente non proverò nemmeno a farla. Se mi diranno che non sono capace o portato per un’attività o una materia, finirò per crederci davvero.

Vi ricorda qualcosa?

Si instaura così un circolo vizioso per cui il bambino diventerà proprio come l’insegnante o i suoi genitori lo avevano immaginato.

Potendo scegliere, meglio allora fare il possibile per creare un ambiente e uno scenario positivo. Certo, questo non significa che le vostre aspettative si verifiche-ranno tutte, ma di sicuro un atteggiamento di questo tipo non potrà che facilitare il percorso di crescita dei vostri ragazzi.

Ignoranza

"Abbiamo avuto il primo colloquio con Valentina, una delle fondatrici del metodo W la dislessia.

Parlare con lei era come chiedere a un uccellino se sa volare: era così SEMPLICEMENTE CHIARA nel dare le risposte, che mi ha aperto la mente.

Aperta, perché finalmente ho capito cose la dislessia, ho capito che Daniel non era “diverso dagli altri”; aperta, perché ho capito che è tutto faticoso ma non impossibile e perché ho smesso di piangere e di sentirmi in colpa per avere un figlio dislessico.

Era ignoranza, ma purtroppo ERA così.

Simonetta, mamma di Daniel"

Proprio come Dorothy, che d’incanto si trova catapultata lontana da casa, dalla sua famiglia e dalle sue certezze, così un ragazzo che scopre di essere dislessico si trova in un mondo che improvvisamente comincia a cambiare. Se fino al giorno prima della diagnosi pensava di essere in grado di poter fare tutto, il giorno dopo cominceranno a fargli credere che non è più così.

Come abbiamo già detto, il sospetto di dislessia o il suggerimento di sottoporre il figlio a una diagnosi si abbatte spesso sulle famiglie come un tornado che stravolge l’equilibrio famigliare. A questo punto potete scegliere: imboccare la via della negazione, del “tanto non ci arriva”, “non ha voglia di fare nulla”, oppure, se decidete di proseguire con noi, intraprendere un’avventura di condivisione e di successi.

Se siete pronti, partiamo.

Questo testo è estratto dal libro "W la Dislessia!".

Data di Pubblicazione: 2 ottobre 2017

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