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Descrizione
Libro affascinante e ambiguo, I paradisi artificiali enunciano una contraddizione di fondo: da una parte il giudizio - spesso convenzionale e moralistico - che Baudelaire da dell'esperienza della droga (l'hascisc e l'oppio), dall'altra le stupende descrizioni dei « viaggi » in cui l'autore dimentica le sue ammonizioni e assume anche nel linguaggio un'altra velocità di racconto, di nessi, di associazioni tra i diversi e infiniti tempi in cui si consuma ogni esperienza.
La droga sembra così vanificarsi in quanto « sostanza» per assumere le dimensioni di uno spartiacque tra il Baudelaire moralista e gli «altri» Baudelaire, pronti a dimenticare ogni intenzione di «mettere in guardia» il lettore e a scoprire nelle registrazioni dei sogni di un drogato («così si esprime, per bocca dei suoi personaggi, il signore dell'orribile, il principe del mistero ») qualcosa che impedisce a loro stessi di «mettersi in guardia».
Baudelaire descrive, con estrema nitidezza di particolari, i fiumi e gli spazi che si aprono in una stanza, i vecchi soffitti che diventano cieli, le screpolature che diventano uccelli misteriosi. Baudelaire «entra» così in queste visioni come se non gli appartenessero, con lo sbigottimento di chi le sente rimbombare, vicine e lontane, ma sempre come fantasmi imminenti, nella propria mente.
Le vostre recensioni
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Scritto da: Alberto Rossignoli - 13 agosto 2015 Acquistato sul Giardino dei Libri
Visionario e profondo, genuinamente ribelle, un urlo dal profondo dell'animo che ci fa accedere a dimensioni a metà tra l'onirico e il reale.....Ma cosa esattamente è reale?
Scritto da: Jessica Chiara - 7 marzo 2013
Sebbene quando ero una liceale mi piaceva a tal punto da leggerlo "en français", con la visione della Vita e della Persona, che ho oggi..... Questo è un libro che non comprerei mai. Non riuscendo più a trascendere "l'artista" dall'uomo, non riesco più a provare alcun apprezzamento per chi (sebbene traendone ispirazione per scrivere pagine irripetibili) ha inquinato e attossicato il proprio corpo e la propria vita, lasciando sì una grande eredità letteraria, ma nessuna a livello di "esempio umano".