SELF-HELP E PSICOLOGIA   |   Tempo di Lettura: 8 min

Le 7 Regole per Rinascere del Dottor Morelli

Si Piange Una Volta Sola - Raffaele Morelli - Speciale

Quali sono le 7 Regole per Rinascere del Dottor Morelli? Come rinascere attraverso il dolore? Scoprilo leggendo l'anteprima del libro di Joe Vitale.

Le 7 Regole per Rinascere del Dottor Morelli

La prima regola: guarda il dolore con occhi nuovi

Forse la forma più potente in cui si esprime il mutamento sono proprio le lacrime: ci comunicano che sta morendo quell'essere che è lo strato più superficiale della nostra identità. Voi direte: un lutto, un abbandono, un fallimento non sono forse la causa del dolore? Non sono loro il motivo del pianto? Non bastano per dirci quello che c’è da sapere?

In questo libro sostengo che il pianto è l’incontro con se stessi, il più autentico, il più capace di generare mutamenti, sviluppo, il divenire dell'anima. Quanto assomigliano, le lacrime, alla rottura delle acque del parto!

Così, nel primo capitolo ho approfondito l'utilità del pianto. Le lacrime cercano il nostro spaesamento, vogliono farci perdere il solito modo di guardare la realtà, i problemi, i dolori. Quale che sia il motivo per cui soffriamo, c'è qualcosa dentro di noi che interviene facendo morire la nostra identità, la vecchia persona che conosciamo.

Forse il vero effetto del pianto è proprio farci sentire spaesati: tutte le nostre certezze crollano. A seconda di come guardiamo il dolore, può cambiare il destino della nostra vita. Se accettiamo che quel dolore non va osservato semplicemente come “causato” da qualcosa, ma come la morte di un lato di sé e la nascita di un nuovo essere, allora il pianto incomincia a spegnersi.

Le lacrime sono arrivate per farci rinascere: se impariamo a guardarle in questo modo, il dolore dura solo il tempo necessario a compiere l’opera; altrimenti si cronicizza e diventa lamento, rimpianto e permanenza.

Nel primo capitolo mi sono soffermato a lungo sullo sguardo contemplativo, l’altro modo di guardare se stessi. Se il disagio mi insegna che non c'è più quello che conoscevo prima, allora posso veder nascere giorno dopo giorno il mio mutamento, mentre l'energia embrionale, di cui parlano i sapienti, mi fa rifiorire insieme alla vita che scorre dentro di me.

 

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La seconda regola: accorgiti di te stesso

La consapevolezza arriva all'improvviso, e in un attimo ci accorgiamo che quella che credevamo la causa del nostro pianto era solo un'illusione.

Aldo, dopo tanta sofferenza, al culmine del dolore e della depressione dopo l'addio di sua moglie scopre per caso in un libro le parole che gli rivelano che stava male perché si era dimenticato di se stesso, delle sue inclinazioni. In un istante comprende che non era sua moglie la causa, lascia l'ospedale dove era ricoverato, smette con gli psicofarmaci, ritrova il lavoro dove c'erano tutte le sue passioni e guarisce.

La consapevolezza ama la psicologia dell'istante, la verità arriva in un attimo sotto forma di intuizione. Accorgersi che le nostre credenze erano false significa cogliere il momento, ed è il più alto livello di consapevolezza, come ci hanno insegnato gli antichi Veda.

È doloroso accorgersi di un tradimento, c'è da soffrire tanto per un abbandono, ma quando ci accorgiamo che c'è un’altra visione, un altro modo di vedere le cose, allora la sofferenza finisce. Dell’istante che guarisce ho parlato a lungo nel secondo capitolo.

Aldo avrebbe potuto andar avanti anni a piangere (o meglio rimpiangere)... Invece, in un attimo ha visto la “verità” dell'anima.

 

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La terza regola: accogli l’altro dentro di te

Spesso, nella vita, per molto tempo recitiamo il ruolo di un personaggio, magari forte, sicuro, aggressivo, decisionista. Ma via via che passa il tempo subentra un personaggio di carattere opposto. Compaiono l’insicurezza, la fragilità, la tenerezza, il bisogno di appoggiarsi a qualcuno.

Di questo parlo nel terzo capitolo. Molte persone vivono l'apparire di questi nuovi stati d'animo come una debolezza, come un disturbo, e li respingono. Ma così il dolore diventa cronico, perché quei sentimenti erano l’affacciarsi del “doppio” che abita ciascuno di noi.

In un momento di profondo disagio, Marco è costretto a prendersi cura di una cavalla e riconosce una parte di sé più tenera e affettuosa, che prima non sapeva neanche di avere. Sarà proprio da questa esperienza che partirà la sua rinascita.

 

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La quarta regola: ripulisci la mente da rimpianti e illusioni

Quando giunge un dolore, tocca a ciascuno di noi farsene carico, accoglierlo come un compagno di viaggio, perdersi nella sofferenza, cercare il vuoto, il nulla. La grande tradizione chassidica insegna l’importanza di questo stato d'animo: “Se l'uomo vuole che da lui discenda una nuova creazione allora deve pervenire alla qualità del nulla”.

Mai, assolutamente mai, ragionare sulle cause, sulle spiegazioni, sui problemi che ci fanno soffrire. Il dolore ha bisogno di essere guardato in faccia, occorre sentirsi soli, senza il passato. Allora senza saperlo entriamo nel dramma cosmico, soffriamo come i nostri antenati, non c'è più la maschera del nostro Io che ci fa sentire speciali per la nostra sofferenza: il dolore diventa puro, cioè senza pensieri, e può andarsene. Di tutto questo parlo nel quarto capitolo.

 

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La quinta regola: liberati dalle relazioni tossiche

Tutto ciò che emerge dai ricordi e le scelte che facciamo ispirandoci al passato si rivelano profondamente deleteri. Nel quinto capitolo parlo delle sofferenze d'amore, soprattutto delle donne quando incontrano uomini disturbati, che rovinano la loro esistenza. Mi è capitato spesso di osservare come molti rapporti siano stati tenuti in vita nonostante mesi, se non anni, di tormenti. Il motivo?

Magari ci sono stati dei periodi di innamoramento, di affetto, che poi sono stati sostituiti dall’aggressività, dal narcisismo, dalle molestie. Per quei pochi attimi felici, spesso si cerca di far durare e, se è il caso, di far rinascere quelle relazioni.

Poiché questo è un tema che ricorre spessissimo nel mondo femminile, mi è sembrato opportuno spiegare che gli amori finiti non devono mai essere recuperati, soprattutto se ci sono stati episodi di violenza. L'anima si autocostruisce nel divenire, nel futuro, mai nel rimorso e nel rimpianto.

 

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La sesta regola: scopri la tua anima poetica

Nel sesto capitolo parlo del caso di Benedetta, che è guarita dalla sua depressione quando si è messa a scrivere poesie. Lo faceva da ragazza, anche se pensava fosse una perdita di tempo; eppure, nel momento in cui è stata male, all’improvviso qualcosa l’ha spinta a scrivere di nuovo poesie.

Si è accorta che ogni volta che la sua vena poetica si applicava al suo mondo personale, ai suoi ricordi, alla sua storia, le sue condizioni peggioravano; ma quando ha cominciato a scrivere poesie sulle albe, sui tramonti, sulla natura, c'è stato un netto miglioramento.

Sono anche andato a rileggere ciò che ha scritto il grande poeta Giorgio Caproni sulla capacità di scoprire quei “nodi di luce” che abitano ciascuno di noi, ma che spesso dimentichiamo. I Greci avevano le Muse come ispiratrici, le signore delle arti le quali, insieme alle Grazie, portavano i doni della cura dell'anima a chi apriva le porte all’energia creativa.

Ci dimentichiamo spesso che i grandi dolori vanno sullo sfondo quando noi diventiamo poeti, pittori, disegnatori, scultori, quando danziamo, quando creiamo “con le mani.

 

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La settima regola: fai largo al tuo daimon

In tanti anni di psicoterapia mi sono accorto che nei momenti difficili, dal profondo scatta sempre un sistema di protezione. Quanto più si esce dalla visione personale della sofferenza, quanto più la si accoglie come una presenza misteriosa che cerca di portarci verso il Sé, verso il centro della nostra personalità, tanto più arrivano in soccorso situazioni sconosciute che ci curano.

Per i Greci, il daimon era la nostra energia protettrice che si occupa della nostra individualità, mentre per i cattolici c'è un angelo custode che veglia su di noi. Mi sembrava opportuno parlare nel settimo capitolo di quali siano i codici da utilizzare per chiamare questo soccorso che sembra vivere fuori dal tempo e che agisce, come l'inconscio, a nostra insaputa.

Il daimon non ama ricordare il passato e non sopporta i rimpianti, mentre adora la solitudine e non accetta le opinioni di altre persone.

Si piange una volta sola”: con questo voglio dire che il nostro Io deve tramontare, perché la guarigione non viene mai dal ricordare e neppure dal rimpiangere i bei tempi andati. Si guarisce quando si entra nel tempo eterno del sogno, delle immagini: qui possiamo scoprire, come dice la saggezza antica, che anche nel dolore più grande c'è una parte di noi che vuole stare bene. Una volta che il dolore ci ha fatto rinascere, allora può congedarsi.

Data di Pubblicazione: 1 dicembre 2023

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