EDUCAZIONE E FAMIGLIA

A Scuola di Futuro - Anteprima del libro di Daniel Goleman

Manifesto per una nuova educazione

Riavviare un’educazione alla vita

Mentre scrivevo Intelligenza emotiva ho visitato uno dei primi istituti in cui si seguiva un programma progettato per attivare questo genere di intelligenza. Veniva applicato in una scuola pubblica di New Haven, in Connecticut, e aveva preso vita perché uno psicologo di Yale, Roger Weissberg, aveva dato ascolto al sindaco della città che aveva radunato un centinaio di cittadini preoccupati. La città di New Haven - con esclusione del piccolo angolo in cui ha sede la Yale University - era un’area colpita dalla povertà in cui parecchie ragazze figlie di madri single adolescenti ripercorrevano il medesimo destino, vivendo grazie ai buoni alimentari dello stato, e in cui il modello di successo locale erano gli spacciatori. Un posto difficile in cui vivere.

Il sindaco aveva chiesto a questa task force: “I nostri ragazzi sono veramente nei guai, che cosa possiamo fare per aiutarli?”. In risposta Roger Weissberg aveva sviluppato per le scuole del posto il Social Development Curriculum (Programma scolastico per lo sviluppo sociale). Si trattava di un programma pioniere di quello che in seguito è diventato un movimento globale per l’educazione sociale ed emotiva (Social and Emotional Learning, SEL).

Oggi l’educazione sociale ed emotiva si trova in centinaia di scuole in tutto il mondo, con migliaia di programmi diversi. Recentemente è stata elaborata una meta-analisi di diversi studi che hanno esaminato scuole che avevano un programma di educazione sociale ed emotiva e altre che non l’avevano. Sono stati raccolti dati su 270.000 studenti. Questo importante studio aggregato ha scoperto che gli effetti della partecipazione all’educazione sociale ed emotiva erano i seguenti: il comportamento a favore della società - per esempio la buona condotta in classe, apprezzare la scuola e un buon tasso di frequentazione - era salito del 10%; il comportamento antisociale - cattiva condotta, violenza, bullismo - era diminuito del 10%. Cosa più interessante di tutte, il rendimento scolastico misurato nei test era cresciuto dell’11%. Sotto ogni profilo, i miglioramenti erano più significativi nelle scuole che ne avevano più bisogno.

La relazione tra gli effetti dell’educazione sociale ed emotiva, il comportamento e il rendimento scolastico fu un’enorme sorpresa. La mia opinione è che gli studenti prestano maggiore attenzione perché hanno imparato a gestire in modo più efficace la loro attenzione, perché apprezzano i loro insegnanti e perché sono meno preoccupati dalla violenza e dal bullismo. Quando queste capacità di comportamento migliorano e gli studenti si sentono più a loro agio nell’ambiente educativo, possono apprendere meglio. Dal punto di vista accademico è un importante argomento a favore dell’introduzione dell’educazione sociale ed emotiva nelle scuole.

In Intelligenza emotiva ho analizzato i risultati di quello che allora era un nuovo studio della W.T. Grant Foundation. L’organizzazione era interessata ai problemi vissuti dai ragazzi e alla stima del valore delle varie “guerre” - così venivano definite allora - intentate a questi problemi. C’erano guerre alla droga, alla violenza, alla povertà, al bullismo e persino al tasso di abbandono delle scuole superiori. La W.T. Grant Foundation aveva valutato tutti questi programmi finalizzati ad aiutare i ragazzi nell’affrontare questi problemi, e aveva scoperto che molti non funzionavano. Alcuni addirittura peggioravano la situazione.

Tuttavia, quelli che erano d’aiuto avevano alcuni elementi in comune: si dispiegavano su più anni invece che su uno solo; ripetevano le lezioni fondamentali nei diversi anni di corso, a mano a mano che la capacità di comprensione degli studenti cresceva; enfatizzavano la scuola come comunità e arrivavano alle famiglie.

Tutti quanti inoltre insegnavano un nucleo centrale di abilità. Gli ingredienti attivi erano distillati fino a una manciata di capacità emotive e sociali. Esse comprendevano: l'autoconsapevolezza, ovvero il sapere che cosa si prova e perché; l’autogestione, che cosa fare di queste emozioni; l’empatia, capire che cosa provano gli altri e il loro punto di vista, e poi le abilità sociali, mettere tutto insieme per sviluppare relazioni armoniose e attingere a queste abilità per prendere buone decisioni nella vita.

I cinque punti appena descritti - autoconsapevolezza, autogestione, empatia, abilità sociali e buon decision making - costituiscono ora le abilità fondamentali insegnate nell’educazione sociale ed emotiva.

Sebbene questo sia oggi un movimento globale in crescita, questi programmi possono essere trovati solo in un piccolo numero di, scuole. Tuttavia esse sono il terreno di coltura per tale approccio educativo. A mano a mano che l’educazione sociale ed emotiva contmua a trovare casa in nuove aule del mondo intero, speriamo di dare forma a una nuova educazione a tutto tondo dimostrando come la triplice attenzione - interiore, verso gli altri e verso l’esterno - può preparare al meglio i ragazzi per il futuro.

Concentrarsi su se stessi

Quel mattino, i bambini che entravano nella seconda classe della scuola primaria sistemarono le sedie in circolo per un rituale quotidiano: l’insegnante chiese a ciascun bambino di raccontare (se lo desiderava) come si sentiva quel giorno e di spiegarne il perché.

Quel semplice esercizio in una scuola primaria di New Haven è stata la prima volta in cui ho assistito a una lezione di alfabetizzazione emotiva.

Per quanto la percezione di come ci sentiamo e del perché possa sembrare scontata in un adulto, nell’infanzia questa fondamentale sensazione interiore deve essere appresa. Quell’insegnante stava aiutando ciascun bambino ad appropriarsi di quell’elemento dell’autoconsapevolezza.

Dare un nome accurato alle emozioni aiuta i bambini a essere più chiari su ciò che sta accadendo dentro di loro, un presupposto essenziale sia per prendere decisioni appropriate sia per gestire le emozioni nel corso della vita. Non essere in grado di farlo può condurre i bambini fuori strada.

Per esempio, si è scoperto che le femmine che sviluppano disordini alimentari nell’adolescenza confondevano la fame e la rabbia quando si trovavano alle scuole elementari, e finiscono per sviluppare un disturbo da alimentazione incontrollata per allentare il loro stress negativo. Il che, a sua volta, costituisce un presupposto per ulteriori problemi di alimentazione negli anni successivi.

L’autoconsapevolezza - rivolgere l’attenzione al nostro mondo interiore di pensieri e sensazioni - apre la strada a una corretta gestione di se stessi. La concentrazione interiore ci consente di comprendere e gestire il nostro mondo interno, anche quando viene scosso da sensazioni disturbanti. Una delle abilità centrali per fare questo è il modo in cui dispieghiamo la nostra attenzione. Possiamo rivolgere la consapevolezza verso l’interno, e monitorare la direzione verso la quale ci concentriamo. Si tratta di capacità di vita che in generale mantengono tutti noi sulla rotta giusta, e che aiutano i bambini nell’apprendimento.

Per esempio, quando i bambini si sintonizzano su ciò che a loro importa di più, su ciò che li coinvolge, si connettono con gli interessi che li motivano. Questa “motivazione intrinseca”, che viene daU’interno, ci dice che cosa ci importa veramente: nel caso di un bambino, che cosa lui vuole veramente imparare e perché. Se dopo un po’ di tempo, invece, sta solo seguendo gli obiettivi del suo insegnante riguardo a ciò che dovrebbe imparare, senza pensare troppo ai propri, può sviluppare un atteggiamento che considera la scuola composta unicamente da obiettivi altrui e non riuscire ad attingere alla propria riserva di motivazione e coinvolgimento. Inoltre, un insegnante sintonizzato può utilizzare gli interessi intrinseci degli studenti per entusiasmarli verso ciò che stanno apprendendo.

Questa abilità di sintonizzarci su ciò che conta ha anche un risvolto etico. A mano a mano che procediamo nella vita, il senso di essere allineati con i propri valori diventa un timone interiore.

Nella vita e nella carriera tutto questo può dare vita al “buon lavoro”, una potente combinazione di ciò che ci coinvolge, ciò di cui ci importa e ciò che riusciamo a eseguire con successo. Il buon lavoro richiede entusiasmo, etica ed eccellenza.

Negli anni della scuola, l’equivalente è il “buon apprendimento”: essere coinvolti in ciò che sembra importante, che ci entusiasma, e costruire le abilità e i costrutti che ci possono far migliorare a mano a mano che progrediamo.

La neuroplasticità

La neuroplasticità, una forma anatomica di progresso, è un concetto delle neuroscienze secondo cui il nostro cervello cresce continuamente e dà forma a se stesso attraverso esperienze ripetute nel corso di tutta la vita, e in particolare nell’infanzia. Il cervello è l’ultimo organo del corpo a divenire anatomicamente maturo; non raggiunge la sua forma finale fino alla metà dei vent’anni. In particolare, nel corso dei primi anni di vita la nostra esperienza - e le reti neurali che essa attiva - contribuisce a rafforzare o a indebolire questa struttura.

Per esempio, alcuni studi dimostrano che la nostra mente vaga in media per il 50% del tempo. Alla Emory University, è stato chiesto ad alcuni volontari di mantenere la loro mente su un bersaglio, e ovviamente essa dopo un po’ ha cominciato a divagare. Quando però i volontari notavano che ciò stava accadendo dovevano riportarla indietro, in un momento di “meta-consapevolezza”. In questo esercizio, ogni volta che la mente divaga e voi ne prendete nota, vi riconcentrate sull’obiettivo iniziale. In teoria ogni volta che la riportate indietro è come una flessione del tricipite, con la differenza che nella ginnastica mentale state rinforzando il circuito della concentrazione, dell’importanza e della capacità di ignorare le distrazioni.

Questa neuroplasticità determinata dall’azione ha luogo presumibilmente con tutti i circuiti che riguardano l’apprendimento sociale ed emotivo. I circuiti dell’empatia e della gestione di se stessi si evolvono e crescono attraverso l’infanzia e l’adolescenza, e possono essere coltivati in modo che si sviluppino nella maniera migliore. Questo è proprio ciò che l’educazione sociale ed emotiva si propone di ottenere, visto dalla prospettiva delle neuroscienze.

Idealmente, vogliamo aiutare i ragazzi a utilizzare il circuito giusto al momento giusto e per la ragione giusta: per esempio, l’educazione sociale ed emotiva si concentra sull’autogestione, che dipende in gran parte dai circuiti della corteccia prefrontale. Analogamente accade per i circuiti sociali, che ci aiutano a capire che cosa prova un altro, a sapere che cosa dire di conseguenza e a intrattenere un’interazione armoniosa.

Gli psicologi dello sviluppo sostengono che la nostra abilità di percepire la mente - i pensieri e le sensazioni - risiede in reti collocate principalmente nella corteccia prefrontale, proprio dietro la fronte. Le emozioni forti e dirompenti, come la rabbia o l’ansia, provengono da circuiti più profondi, i centri limbici. La capacità del cervello di “dire no” a questi impulsi emotivi si alza improvvisamente tra i cinque e i sette anni, per poi aumentare in maniera graduale da lì in avanti, sebbene tenda a ritardare durante l’adolescenza.

La capacità di essere attento agli impulsi - di restare concentrato e ignorare le distrazioni - può essere sviluppata dalle giuste lezioni. Ciò è importante specialmente per fare bene a scuola. I centri del cervello preposti all’apprendimento lavorano al meglio quando siamo concentrati e calmi. Quando diventiamo irritati, lavorano meno bene. Nel pieno di un’agitazione estrema riusciamo a concentrarci solo su ciò che ci irrita, e l’apprendimento si interrompe. Per questo motivo gli studenti imparano al meglio quando sono calmi e concentrati.

Questo testo è estratto dal libro "A Scuola di Futuro".

Data di Pubblicazione: 2 ottobre 2017

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