La vita segreta della conservazione sottaceto - La scienza alla base della fermentazione vegetale
- La vita segreta della conservazione sottaceto - La scienza alla base della fermentazione vegetale
- Come funziona il sale
- Il sale nella conservazione in salamoia
- Che succede intorno al vaso? L’ambiente della fermentazione
- Temperatura e luce
- Espirazione: anidride carbonica - Ossigeno e il tuo fermento
- Il tic tac del vaso da fermentazione: il tempo e il tuo fermento
- Andiamo in cucina
La vita segreta della conservazione sottaceto - La scienza alla base della fermentazione vegetale
Le ricette proposte in questo libro utilizzano tutte il semplice processo della latto-fermentazione per acidificare le verdure, in assenza di colture batteriche. Certo, queste verdure così conservate sviluppano sapore e una sana popolazione di buoni probiotici, quindi presentano sicuramente dei fermenti. Tuttavia, da un punto di vista semantico, “produrre una coltura” implica l’aggiunta di una dose di avviamento del ceppo batterico desiderato. Ciò risulta molto importante nella fabbricazione del formaggio, soprattutto se cerchi di ottenere una varietà specifica. Ma nella conservazione in salamoia, con il solo incoraggiamento del sale, tutto ciò di cui hai bisogno è già presente nelle verdure fresche (preferibilmente da coltivazione biologica).
Nell’ambito della fermentazione vegetale ci sono tre procedure lievemente diverse che ti assicureranno lo stesso risultato finale: una verdura lattofermentata. Innanzitutto c’è la preparazione dei crauti (a volte definita “salatura a secco”, espressione fuorviante perché il risultato finale è tutto meno che secco) e le varianti dei suoi condimenti, descritta nei capitoli 4 e 5; la seconda procedura è la conservazione in salamoia, nel capitolo 6; l’ultima procedura è una fusione tra le prime due, che imparerai a proposito del kimchi nel capitolo 7. In questo capitolo ti spiegheremo come funzionano questi processi, cosa accade davvero nel contenitore delle verdure e perché queste ultime sono sicure da mangiare.
Verdure più microbi: kit essenziale per la lattofermentazione
Frutta e verdura fresca, soprattutto se coltivate biologicamente, sono naturalmente ricoperte da microrganismi, che provengono dalla superficie delle piante, dal terreno, dall’acqua e dall’aria. È un’ottima cosa, ma alcuni di essi sono patogeni e potrebbero pregiudicare il nostro consumo di questi alimenti. E non parliamo soltanto di batteri: sono presenti anche lieviti e muffe, in realtà in quantità perfino superiore a quella dei batteri amici dell’acido lattico che vogliamo stimolare nelle nostre verdure. Quando la pianta è viva, i microrganismi nocivi sono tenuti sotto controllo, ma non appena viene raccolta comincia una corsa contro il tempo, poiché questi ultimi attecchiscono e crescono su ogni superficie della pianta che venga tagliata, danneggiata o ammaccata. Ecco perché è tanto importante lavare bene e tenere al fresco frutta e verdura, onde ritardare la proliferazione dei microrganismi.
Quando cogliamo verdure o frutti nell’orto oppure li portiamo a casa dal mercato, è nostra responsabilità preservarne le sostanze nutritive fino al momento del consumo. La lattofermentazione è un procedimento qualificato per preservare nutrienti e sapore. Conservando le verdure in questo modo, puoi consumarle senza fretta, per il seguente motivo: tutti i microrganismi che abbiamo menzionato, sia buoni che cattivi, presenti sulla pianta aspettano soltanto il loro turno per modificarla. Quando fermenti le verdure, stai scegliendo quelli “buoni”. Attraverso un semplice processo rimasto immutato nel corso di migliaia di anni, permettiamo ai batteri che producono acido lattico di assumere in permanenza il controllo.
Per quanto riguarda crauti, kimchi e condimenti, le verdure vengono sminuzzate oppure affettate molto sottilmente, al fine di disgregare la struttura cellulare e quindi aiutare il sale a svolgere con maggiore efficacia il suo lavoro. Inoltre, lo sminuzzamento libera gli zuccheri della pianta, di cui i lattobacilli (i batteri buoni) si nutrono. Per la conservazione in salamoia utilizziamo le verdure intere o tagliate in pezzi più grandi.
Come funziona il sale
Il fatto che soltanto un po’ di sale possa conservare per mesi le verdure fresche con tutte le loro vitamine intatte è fantastico. Ma non lasciarti confondere da questo ingrediente: in realtà, non c’è nulla di complicato. Il primo scopo del sale è quello di estrarre i succhi dalle cellule vegetali, ed è questo il modo in cui si produce la nostra importantissima salamoia. La salamoia è essenziale, perché i lattobacilli (o LAB) sono anaerobici, vale a dire non hanno bisogno di ossigeno. Dal momento che la maggior parte dei loro concorrenti non lavora in assenza di ossigeno, l’intera operazione va effettuata sott’acqua, o in questo caso sotto salamoia.
Il sale, inoltre, migliora la consistenza delle verdure conservate, in quanto compatta la pectina nelle cellule vegetali, contribuendo a mantenerne la consistenza croccante.
Un altro scopo del sale consiste nell’aumento della salinità, che assicura il sopravvento dei batteri desiderati, in quanto un ambiente adeguatamente salino inibisce non i LAB che stiamo stimolando, ma le forze che guastano l’ambiente stesso (e potrebbero anche farci ammalare), vale a dire batteri e lieviti nocivi. Questo processo batterico, che inizia con la salatura, è quello che produce acido lattico sufficiente a conservare e migliorare il sapore delle nostre verdure.
Ricorda che gli zuccheri si disgregano o si decompongono (come preferiscono dire alcuni) per produrre acido lattico. Vengono creati carboidrati, proteine e batteri. Senza sale questo elenco di variabili presenta maggiori probabilità di creare putrefazione. Inoltre, il sale inibisce i lieviti, che trasformano gli zuccheri in alcol invece che in acido lattico. Una minima percentuale dello 0,8 per cento di sale aggiunta alle verdure impedirà la decomposizione che non vogliamo. Idealmente, questa piccola percentuale andrebbe tenuta un po’ più alta, per non rischiare una consistenza troppo molle. Il nostro standard si aggira intorno all’l,5 per cento, il che, per una cinquantina di chilogrammi di cavoli tagliuzzati (una vera montagna accumulata ben oltre il bordo di un contenitore da 80 litri) significa poco più di 2 tazze di sale. A confronto, la salinità dell’acqua di mare è del 3,5 per cento.
È importante anche comprendere che un contenuto troppo basso di sodio non giova ai microrganismi buoni, e potresti finire per ritrovarti con un vaso di verdure guaste; troppo sale, al contrario, ostacolerà il percorso dei minuscoli batteri dell’acido lattico, inibendo la fermentazione. Per ciò che riguarda la salatura il segreto è la moderazione, e la guida migliore saranno le tue papille gustative (vedi capitolo 4, “Quanto sale aggiungere”, p. 56).
Il sale nella conservazione in salamoia
Le verdure per la salamoia si tengono intere o si tagliano in pezzi grandi, per poi immergerle nella soluzione salina preparata. A differenza di quelle sminuzzate o affettate molto sottilmente, queste verdure intere non possono creare la propria salamoia. Le verdure sospese nell’acqua salata interagiscono con essa nel processo di osmosi, che disidrata le cellule vegetali fino a sostituire la loro acqua con la salamoia, e dare così avvio al processo di latto-fermentazione.
Per la conservazione in salamoia, la composizione di quest’ultima dev’essere più precisa e il contenuto salino un po’ più alto rispetto ai crauti. Per esempio, i cetrioli in una soluzione salina troppo debole avranno probabilmente una consistenza più molle che croccante, perché gli enzimi, i lieviti e le muffe in essi presenti prenderanno il sopravvento. Inoltre, conservati in frigorifero non dureranno a lungo. Anche una percentuale di sale troppo alta (diciamo al di sopra del 10 per cento) può impedire una corretta fermentazione. Cetrioli preparati in questo modo non solo sono troppo salati, ma impiegheranno più tempo per fermentare, svilupperanno una consistenza troppo dura, tenderanno a gonfiarsi e a svuotarsi internamente. Il punto giusto di salinità per avere cetrioli in salamoia croccanti, saporiti e dal sapore lievemente acido, che possano superare la prova del tempo, è intorno al 3 per cento, cioè da Vi a 3A di tazza di sale per 4 litri di verdure.
Ci siamo imbattuti in molte persone ostili al sale nel nostro lavoro di fermentisti. A loro e a te diciamo: una buona e corretta combinazione tra verdure e sale rende l’intero processo semplice e sicuro. Abbiamo bisogno di sale per sopravvivere. Lo puoi mettere qui o altrove, ma non dimenticare il semplice fatto che il sale è un esaltatore di sapidità: le verdure fermentate hanno un gusto molto migliore con l’aggiunta di un po’ di sale. Inoltre, sono moltissimi i cibi pronti, prodotti industrialmente e pieni di sale, che puoi evitare di mangiare se stai cercando di ridurre l’apporto di sodio.
Che succede intorno al vaso? L’ambiente della fermentazione
L’ambiente ideale per il tuo fermento attivo (prima della conservazione) comprende temperatura, luce, ossigeno, pH e tempo. Temperatura e luce sono le condizioni esterne che influiscono sulla magia che si opera nel vaso. Afl’intemo di esso esploreremo l’importanza di ossigeno, pH e l’ultimo subdolo elemento: il tempo. Tutti questi fattori non sono soltanto parte del processo di fermentazione, ma anche fasi delle ricette che troverai in seguito nel libro.
Temperatura e luce
Quanto alla temperatura, quasi tutti raccomandano di fermentare tra i 13 e i 24°C; questa fascia termica è particolarmente favorevole ai L. plantarum e ai L. brevis, alcuni dei lattobacilli più importanti. Mantenere una temperatura relativamente costante è importante per stimolare la fermentazione. Più essa è alta, più rapidamente si sviluppa l’acido, abbreviando il tempo di fermentazione. Se però è troppo alta, tutto accelera e gli organismi non hanno tempo per svilupparsi adeguatamente, come risulta evidente da un’acidità troppo bassa e dal sapore sgradevole. Al contrario, quando i fermenti sono troppo freddi nelle prime fasi, i microbi LAB sono pigri e non si riproducono con velocità sufficiente a sviluppare l’acidità che tiene a bada i microrganismi della decomposizione.
Idealmente, la cosa migliore è tenere i fermenti in un luogo lontano dalla luce solare diretta, per minimizzare i danni e le fluttuazioni termiche nel vaso e di conseguenza ridurre l’attività dei batteri cattivi. “Lontano dalla luce solare diretta” non significa il buio totale di una profonda cantina (sebbene la fermentazione in cantina sia una buona cosa): sarà sufficiente l’angolo del piano della cucina dove non batte direttamente il sole. Nonostante i difetti di un piano di cucina ai fini della fermentazione, consigliamo sempre di avere il vaso o il barattolo a portata di mano in modo da poterlo tenere d’occhio, soprattutto per chi è alle prime armi. Si dice che guardando la pentola l’acqua non bolle mai, ma un vaso non controllato può certamente traboccare.
Espirazione: anidride carbonica - Ossigeno e il tuo fermento
Come abbiamo accennato in precedenza nella sezione dedicata al sale, dobbiamo tenere le nostre verdure immerse nella salamoia per creare un ambiente privo di ossigeno in cui i lattobacilli possano prosperare, al contrario dei batteri e lieviti indesiderabili. I contenitori vengono periodicamente rabboccati con salamoia fresca, e i crauti vanno spesso e ripetutamente pressati per mantenerli sommersi. Inoltre, se la superficie della salamoia non viene coperta in modo corretto, si formeranno lieviti, muffe e batteri aerobici (che richiedono aria). Quasi sempre muffe e batteri (sotto forma di schiuma) possono essere eliminati, lasciando al di sotto il fermento fresco e sicuro. Ma qui c’è un’azione equilibratrice da compiere durante questo processo: non dobbiamo disturbare troppo il fermento, perché anche questo richiama spore di lieviti e ossigeno. A un certo punto i batteri aerobici ridurranno l’acidità della salamoia consumando l’acido lattico, e il risultato sarà un vaso o un barattolo da gettare via.
Durante la fermentazione, il compito più importante è tenere lontana l’anidride carbonica, in genere comprimendo il peso posto sopra le verdure. Quando le bolle d’aria vengono espulse, la salamoia riempie lo spazio, impedendo il rientro dell’ossigeno.
Il tic tac del vaso da fermentazione: il tempo e il tuo fermento
La fermentazione richiede tempo, e in termini di fermentazione il tempo è cottura. È con il tempo che la chimica silenziosamente cambia, fonde i sapori, disgrega gli amidi e aumenta la digeribilità dei cibi. Pensa al processo di panificazione come a un’istruttiva analogia per i tempi della tua fermentazione. In una ricetta per il pane troviamo indicazioni piuttosto concrete per i tempi di cottura: 45 minuti a 175° O, ma poi c’è il periodo di lievitazione, che trasforma l’impasto tenuto in luogo caldo e lontano da correnti d’aria finché raddoppia di volume. Se sei solito preparare il tuo pane sai bene che questo lasso di tempo dipende dalla temperatura, dalla qualità del lievito e dell’acqua, e da altri fattori. In entrambi i casi stai aspettando che un processo biologico vivo attui diligentemente ciò che sa fare meglio: elaborare gli zuccheri. Quindi, per noi l’espressione guida sarà non finché raddoppia di volume, ma finché diventa acidulo. Per esempio, contenitori più piccoli a temperature più calde significano cicli di fermentazione più brevi, mentre vasi più grandi e temperature più fredde richiedono più tempo.
Spesso ci viene chiesto quando si raggiunge il contenuto ottimale di probiotici, ma sembra che non ci sia una formula standard. Esiste una progressione di diverse specie batteriche nelle varie fasi del ciclo. Colonie differenti raggiungono il picco in momenti determinati della fermentazione. Inoltre, bisogna considerare le condizioni stagionali e i vari tipi di verdure. In fin dei conti, è necessario capire che otterrai comunque benefici ogni volta che consumerai le tue verdure fermentate. Se hanno un buon sapore, le mangerai, e questo solo fatto le renderà infinitamente più sane di tutto ciò che il tempo o il processo di conservazione può garantirti.
In termini tecnici, le verdure si considerano adeguatamente fermentate quando il loro pH è inferiore a 4,6. Ricordiamo dalle lezioni di scienze che il pH misura l’acidità e l’alcalinità di una soluzione -nel nostro caso la salamoia - su una scala da 0 a 14. Il valore 7 rappresenta la neutralità; i numeri inferiori indicano maggiore acidità e quelli superiori una maggiore alcalinità. Quando il pH è vicino al neutro, la soluzione è più esposta alla proliferazione di molti microrganismi, ma non sempre si tratta di quelli voluti: a noi serve soltanto che i LAB amanti dell’acido trovino la salamoia ospitale, quindi miriamo a valori al di sotto di 4,6. Mentre il livello di acidità può essere oggettivamente determinato con un test, secondo la nostra esperienza lo sviluppo adeguato dell’acidità stessa è affidato alle papille gustative (e marginalmente, tutti i fermenti che abbiamo controllato con le strisce per misurare il pH lo segnalavano inferiore a 4,6). Ciò premesso, vogliamo che tu ti senta a tuo agio e riesca in pieno, quindi se ti senti più sicuro con la misurazione del pH, usa pure le strisce per il test (vedi p. 46).
Andiamo in cucina
Probabilmente sei nuovo alla fermentazione vegetale. Magari hai sentito parlare di cattivi odori e schiume. Sai che esistono i batteri, e per tutta la vita ti hanno detto che i batteri ti fanno ammalare. Il fatto è che, come ci dice la scienza, siamo la somma di tutti i nostri batteri buoni, e nessuna proliferazione di essi nel nostro organismo ci farebbe mai ammalare. Le verdure fermentate sono un cibo vivo e a volte reagiscono in modi che non ti aspetteresti mai. Avrai a che fare con odori, sapori e consistenze poco familiari. In tutto il libro ti proporremo informazioni che ti daranno l’opportunità di comprendere le tue esperienze e apprendere l’abilità artistica della fermentazione vegetale.
Questo testo è estratto dal libro "Alimenti Fermentati per la Nostra Salute".
Data di Pubblicazione: 1 ottobre 2017