Scopri come prendere dimestichezza con il concetto di "processo attenzionale" leggendo lpanteprima del libro di Gennaro Romagnoli.
Alla scoperta dell'attenzione
L'attenzione è un processo di selezione attiva e passiva delle informazioni che prendiamo in esame in un determinato momento. In realtà sarebbe più corretto parlare di "processi", che insieme ci aiutano a muoverci agilmente nel mondo; perché senza la capacità di usare in modo corretto un tale insieme di processi non puoi neanche spostarti agilmente in una stanza, figuriamoci nel mondo. I processi sono tantissimi ed eviterò di elencarli tutti, anche perché hanno nomi tecnici, ma proverò comunque a farti prendere dimestichezza con il concetto di "processo attenzionale" attraverso delle piccole esperienze.
Ora passiamo a un altro termine della definizione, quello più interessante per noi in questa parte del testo: la "selezione" delle informazioni. In questo preciso momento, mentre leggi, sei bombardato da diverse informazioni: alcune di queste arrivano dall'ambiente che ti circonda: suoni, colori, profumi, campi elettromagnetici che non vedi e altro. Tuttavia, per riuscire a comprendere ciò che stai leggendo è necessario che tu riesca a mettere da parte una buona fetta delle informazioni esterne (distrazioni) per focalizzarti sul senso di questi segni grafici.
In base alla tua capacità di selezione delle informazioni riuscirai più o meno a capire le parole lette, tuttavia c'è ancora un altro aspetto - anzi, ce ne sono parecchi - e cioè che queste informazioni non sono rilevanti per tutti. Infatti, se sei esperto della materia tenderai a leggere questo testo in modo molto rapido, sia perché riconosci dei termini a te familiari sia perché sei convinto di sapere dove voglio andare a parare. Quindi la tua selezione sarà determinata da ciò che già conosci sull'argomento o da ciò che credi di conoscere.
Non solo, se per caso proprio adesso sei distratto, e stai leggendo in modo "poco attento", ti resterà un ricordo superficiale di tali parole. È per questo che se due persone leggono lo stesso libro e poi gli chiediamo di farci un rapido riassunto, potremmo ottenere due resoconti molto diversi, perché ciascuno seleziona le parti del testo in base al grado di interesse e di attenzione che vi dedica.
Ti è mai capitato di andare al cinema e rimanere profondamente colpito da un film e poi parlarne con un amico? E che al tuo amico il film non sia piaciuto quanto è piaciuto a te? Questo succede perché interessi personali, conoscenze e anche la capacità di porre attenzione variano da persona a persona, creando dei filtri attenzionali che ci portiamo dietro e che sono indispensabili per riuscire a gestire l'enorme mole di informazioni a cui siamo sottoposti ogni giorno.
Il filtro attenzionale
Non so se sia vero, ma da anni gira la storia secondo cui un uomo del Settecento si misurava con la stessa quantità di informazioni che gestiamo noi quotidianamente, ma nell'intero arco della propria vita. Non so come siano riusciti a fare un confronto simile, ma è evidente che se come me hai vissuto a cavallo tra l'epoca analogica e quella digitale, ti sarai certamente accorto di quanto il mondo sia diventato più complesso, veloce e in continuo cambiamento. In sostanza, negli ultimi trecento anni la quantità di cose che quel filtro deve selezionare e gestire è aumentata in modo sconvolgente.
I nostri sensi sono "limitati per natura", sappiamo di non poter ascoltare gli ultrasuoni che riesce a percepire un pipistrello o il nostro cane. Sappiamo tutti che intorno a noi ci sono frequenze dello spettro visivo che non riusciamo a vedere e così via. In altre parole, il nostro filtro attenzionale deve primariamente fare i conti con alcuni limiti fisici o, meglio, fisiologici. E ciò sta a significare che, per quanto tu possa cercare di stare attento, non potrai mai davvero catturare tutte le informazioni che ti arrivano in un dato momento, neanche adesso e neanche se tu fossi chiuso da solo in una stanza e avessi dieci occhi e venti orecchie.
Se a tali limiti aggiungiamo la soggettività di ciascun individuo, cioè i suoi interessi, le sue esperienze di vita, la sua cultura di appartenenza, scopriamo facilmente come ognuno abbia "il proprio mondo", un unico e peculiare "punto di vista" che viene costruito e mantenuto a partire dal proprio modo di "selezionare le informazioni", che determina ciò che comunemente chiamiamo "consapevolezza". Dove tu punti il tuo focus (la tua attenzione) diventi consapevole e allo stesso tempo inconsapevole di ciò a cui non stai facendo caso, come un regista che decide a tavolino quali scene mettere in evidenza e quali lasciare sullo sfondo.
È un concetto semplice, ma del quale ci dimentichiamo fin troppo rapidamente, perché la nostra percezione non è quella di avere "un pezzo" di consapevolezza ma, al contrario, di averla tutta. È una sorta di completamento del cervello molto simile a quello che succede quando si guarda un film o, meglio, quando si guardavano i film, che un tempo altro non erano che una serie di fotografie (i fotogrammi) presentati ad altissima velocità.
Non è una realtà fluida e completa quella che ci appare, ma una realtà composta da tante immagini che, per via dei limiti fisici del nostro occhio, percepiamo come un filmato unitario. Tale effetto di "completamento del filtro attenzionale" ha richiesto molti anni di studi legati alla percezione, e abbiamo dovuto attendere la psicologia sperimentale per iniziare a studiarlo in modo adeguato.
La selezione
Ora, prima di mostrarti altre ricerche che ci raccontano meglio il funzionamento della nostra attenzione, è bene iniziare a soffermarci su tale "selezione", che non determina solo che tipo di informazioni entreranno ma anche quale genere di "film" uscirà. Lo so, è una faccenda un po' strana, ma per fortuna la nostra attenzione è costantemente presente e possiamo usare la lettura di queste pagine come esempio principale per illustrare il suo funzionamento.
Se stai leggendo con attenzione è probabile che tu non stia ascoltando tutto ciò che ti circonda, che tu abbia addirittura perso momentaneamente la percezione di essere seduto da qualche parte, le sensazioni fisiche del tuo corpo a contatto con la sedia. Forse non avverti neppure di tenere tra le mani questo libro, il suo peso, la consistenza delle pagine, le sfumature di colore; se la tua lettura avviene in un luogo pubblico, non ti sei neanche accorto magari di quella bella ragazza o di quel bel ragazzo che ti ha guardato con interesse. In definitiva, la qualità della tua attenzione determina la qualità della tua consapevolezza, e posso assicurarti che qui si gioca tutta la partita che chiamiamo "vita".
Ascolto dicotomico
Ma è proprio così che succede? Davvero quando rivolgiamo l'attenzione altrove perdiamo pezzi di informazione preziosi, oppure è solo un'illusione? Per rispondere a questa domanda ti racconto un'interessante metodica sperimentale che si chiama "ascolto dicotomico". È piuttosto semplice, ti mettono in testa un paio di buone cuffie e ti sparano nelle orecchie alcune cose, per esempio una serie di nomi di città nell'orecchio destro e nomi di vegetali in quello sinistro. Lo sperimentatore ti chiede di portare tutta la tua attenzione su uno dei due, dicendoti che al termine dell'ascolto ti verrà chiesto di ricordare che cosa hai ascoltato.
Quindi, se ti viene detto di ascoltare l'orecchio destro saranno da ricordare le città, se quello sinistro saranno invece i vegetali.
Ora immaginiamo che ti domandino proprio i nomi che hai sentito nell'orecchio destro e poi ti facciano il test di memoria; in realtà gli sperimentatori sono "crudeli", così mentre ti chiedono le città che hai appena ascoltato con il destro, di tanto in tanto ti chiedono anche se nel sinistro hai sentito parlare di pomodori (o qualsiasi altro vegetale).
L'aspetto interessante, che conferma l'idea di filtro attenzionale, è che se ti concentri su uno dei due orecchi cancelli il ricordo dell'altro. Quindi, chi si concentra sulle città tenderà a ricordare solo quelle e non i vegetali, e viceversa. C'è solo un caso in cui la persona ricorda molto bene cose dette nell'orecchio opposto: se viene pronunciato il suo nome. Come puoi immaginare, il tuo nome assume dei significati di primaria importanza lungo l'arco della vita, per cui è più che normale che esso ci catturi. Per cui, se vuoi attirare l'attenzione di un amico ricordati che il modo più potente per farlo è chiamarlo per nome.
Tale semplice studio dimostra quanto siamo bravi a "tagliare pezzi di realtà", quanto sia facile cancellare informazioni preziose quando non vi prestiamo attenzione in modo intenzionale. Ma ciò che m'interessa mostrarti attraverso questo esperimento, ciò che davvero mi sta a cuore, è evidenziare come se sposti il tuo focus volontariamente puoi decidere che cosa "portare a casa" e che cosa lasciare andare. Ovviamente non è facile come scegliere del cibo nel bancone frigo del supermercato ma il margine di miglioramento è incredibile, e te ne accorgerai continuando a leggere e svolgendo gli esercizi che ti verranno proposti lungo l'arco della lettura.
L'analogia più semplice per descrivere questo complesso processo, regolato da diversi circuiti cerebrali, è immaginarlo come un raggio di luce che può variare di ampiezza e intensità. Se infatti concentriamo la luce su un punto può diventare precisa e intensa come un laser, e così si regola la nostra attenzione; allo stesso modo, se prendiamo quella stessa fonte di luce e la distribuiamo su una zona più ampia, vediamo più cose ma con meno precisione.
Un'altra possibile analogia è quella con la fotocamera, a cui ho accennato: sono entrambe valide e allo stesso tempo limitate, perché la nostra attenzione è molto, molto più di un fascio di luce o di una macchina fotografica che riprende passivamente il mondo. Per fortuna, come vedremo, si tratta piuttosto di un processo attivo su cui possiamo "mettere le mani", qualcosa che possiamo migliorare intenzionalmente, e in queste pagine spero di riuscire a spiegarvi come.
Data di Pubblicazione: 28 luglio 2020