SELF-HELP E PSICOLOGIA

Alle origini del totalitarismo digitale globale

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Che cosa significa totalitarismo digitale globale? In quali modi questa definizione racconta ciò che sta accadendo attualmente nelle nostre vite? Scoprilo leggendo l'anteprima del nuovo libro di Giorgio Matteucci.

Le radici nel mito

La scienza affonda le radici nel mito. E così non si può che andare a cercare nel mito le origini di una scienza come quella dell'ingegneria del consenso. Platone descrive nell’eterno Mito della caverna quella che è la condizione umana. Una schiera di schiavi, nati e cresciuti in catene all’interno di una caverna, costretti a guardare il fondo della stessa, come fosse uno schermo. Sul fondo della caverna vengono proiettate le ombre di oggetti mossi da misteriosi, e non meglio qualificati, “portatori” che si trovano alle loro spalle, nascosti dietro un muro.

Gli schiavi incatenati non possono che considerare reali solo ed esclusivamente le ombre proiettate dai “portatori”. I migliori tra gli schiavi son coloro i quali meglio riconoscono le ombre e ne sanno parlare. Uno degli schiavi si libera dalle catene e riesce a guadagnare la libertà fuori dalla caverna, non prima di aver sofferto per il dolore agli occhi provocato dalla luce del sole. Spinto poi da uno spirito filosofico e umanitario, lo schiavo liberato torna nel buio della caverna per liberare i suoi compagni, ma questi non gli credono, si prendono gioco di lui, lo insultano e, infine, arriverebbero ad ucciderlo.

In questo breve mito è possibile rintracciare, in nuce, tutti quegli elementi che si trovano alla base della scienza dell'ingegneria del consenso: un gruppo ristretto di individui tiene assoggettata l’intera umanità attraverso la coercizione e il controllo dell’informazione; l'abitudine e lo spirito conformista non permettono al gruppo di schiavi di accettare opinioni contrastanti; emerge la figura dello schiavo che difende le proprie catene; il dissidente viene non creduto, ostracizzato, deriso e condannato.

 

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Ingegneria del consenso

Nel 1949 George Orwell pubblica 1984, il romanzo distopico più importante del Novecento. Per comprendere meglio l’opera è necessario avere presente quale era l’ambiente culturale nel quale si è formato Orwell. Nel 1916, Orwell entra nel prestigioso ed elitario Eton College, dove diventa studente e amico di Aldous Huxley, l’autore dell'altro grande romanzo distopico del Novecento, Il Mondo Nuovo. Aldous appartiene alla illustre famiglia Huxley, caratterizzata da un incredibile numero di eminenti intellettuali in campo scientifico e politico ed è stato membro della Fabian Society, l'antico ed elitario think tank fondato a Londra nel 1884.

Il nome della Società fa esplicito riferimento al comandante romano Quinto Fabio Massimo, detto il Temporeggiatore, questo perché la tattica attraverso la quale la Società londinese vuole portare avanti la propria agenda deve essere improntata sul principio della gradualità e della lentezza. I cambiamenti cui la Fabian Society mira devono avvenire in modo talmente lento e graduale da sfuggire ai radar della coscienza collettiva. Due dirette emanazioni della Fabian Society sono la London School of Economics, fondata nel 1895 da alcuni membri della società e il Partito Laburista inglese. Lo stemma originale della Società raffigura un lupo rampante travestito da pecora, il “Wolf in Sheep's Clothing”.

La Fabian Society

L'obiettivo della Fabian Society è la realizzazione di un socialismo collettivista, fondato, come emerge dal sito web della Società, su una maggiore uguaglianza, l’azione collettiva, la cooperazione internazionale. Se questo, probabilmente, è il vestito da pecora della Società, le sue caratteristiche mannare sono, verosimilmente, descritte nel saggio di fantasia Teoria e prassi del collettivismo oligarchico, contenuto nel romanzo 1984. Il saggio fa riferimento, già nel titolo, all’ossimorico concetto di “collettivismo oligarchico”, nel quale si allude alla massa della popolazione ridotta ad un collettivo, omologo e internazionale, governata da una ristretta oligarchia.

È probabile che sia stato Huxley a introdurre Orwell nella Fabian Society, anche se i legami di Orwell con la Società non sono chiari e necessitano di ulteriori approfondimenti. Ciò che è certo è che nel 1941, Orwell partecipa ad una conferenza presso la Fabian Society con una relazione dal titolo “Culture & Democracy” il cui contenuto è presente in un manoscritto autografo venduto all’asta nel 2018 per circa £ 23.750. Qualunque sia stata la natura effettiva del legame di Orwell con la Società londinese, il romanzo 1984 va letto come una critica agli ideali socialisti e collettivisti fabiani, in quanto percepiti dal romanziere come distopici e dispotici.

Nel 2019 il filosofo Michel Onfray pubblica Teoria della Dittatura, libro nel quale descrive i “sette comandamenti” e i "34 principi” della dittatura, prendendo spunto proprio dalla società descritta da Orwell in 1984. Di seguito si espongono solo alcuni di questi principi, quelli che hanno assunto maggiore pregnanza durante la gestione dell'emergenza sanitaria da CoViD-19.

 

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Educare al bipensiero

In 1984, Orwell descrive così il bipensiero: “bipensare indica la capacità di pensare due cose contrarie allo stesso momento e di considerarle entrambe valide”. Nato all’interno di un romanzo distopico, il concetto di bipensiero arricchisce l’arsenale della logica tradizionale, negandone i fondamenti stessi. A partire dalla dialettica socratica e dalla logica aristotelica, i filosofi del passato avevano identificato i principi logici del corretto ragionamento.

Sulla base di questi ci hanno insegnato a pensare correttamente e a riflettere sulle cose del mondo. Il principio di identità, il principio di non contraddizione, il sillogismo aristotelico sono i principi che si trovano alla base del nostro modo di ragionare corretto. Il bipensiero demolisce, in particolare, il principio di non contraddizione. Quest'ultimo viene così descritto da Aristotele “È impossibile che il medesimo attributo, nel medesimo tempo, appartenga e non appartenga al medesimo oggetto e sotto il medesimo riguardo”.

In base al principio di non contraddizione la proposizione “A ed anche non-A” è falsa, in altre parole, non si può affermare, ad esempio, “oggi piove e non piove” o “questa cosa mi piace e non piace”. Ebbene, in base all’orwelliano principio del bipensiero tutte queste affermazioni possono invece essere valide. All’interno della distopia orwelliana, imporre la logica del bipensiero è funzionale, da un lato, ad abolire la verità e, dall'altro, ad imporre l'ideologia che di volta in volta è funzionale al Potere. Abituare i cittadini a questa logica predispone alla acquiescenza verso il Potere.

Secondo Onfray “Quando l'intenzione è privare un individuo della sua cultura, sarà della massima importanza impedire qualsiasi cosa permetta di ragionare, riflettere, pensare, intendere o speculare”.

Il bipensiero ai tempi del CoViD-19

La logica del bipensiero è stata ampiamente utilizzata dal Governo e dai Media durante la gestione della pandemia da SARS-CoV-2. Prendiamo ad esempio alcuni “mantra” a cui ci siamo abituati in questi due anni di gestione dell'emergenza sanitaria. I media ci hanno detto che era importante il “parere degli esperti” e “ciò che dice la scienza” per capire, ad esempio, quale era l’origine del virus, la bontà delle misure di contenimento, l'efficacia e la sicurezza delle cure domiciliari precoci e dei vaccini. Il “parere degli esperti va ascoltato” quando esperti come Roberto Burioni, Massimo Galli, Ilaria Capua ecc., confermano il valore delle decisioni prese dal Governo. Ma allo stesso tempo il “parere degli esperti non va ascoltato” quando esperti come il premio Nobel Luc Montagnier, Rault Didiert, Giuseppe De Donno ecc., non confermano il valore delle decisioni prese dal Governo.

Il Governo, l’Iss, l’EMA e l’Aifa hanno sottolineato l’importanza del “principio di precauzione”, la “necessità di studi controllati e randomizzati”. Il “principio di precauzione va seguito” pedissequamente se si tratta di approvare le cure domiciliari precoci per il CoViD-19, proposte da centinaia o migliaia di medici, come nel caso del cortisone, dell’onozonoterapia, della lattoferrina, dell’ivermectina, dell’idrossiclorochina. Ma allo stesso tempo “il principio di precauzione non va seguito” se si tratta di imporre una sperimentazione di massa con i nuovi tipi di vaccini MRNA contro il CoViD-19, approvati solo in via condizionata dall'Unione Europea.

Nel conteggio dei decessi CoViD-19 la “correlazione” con il tampone positivo al SARS-CoV-2 va sempre indicata, anche quando si tratta di ottantenni con tre o più patologie pregresse. Nei casi di decessi CoViD-19, pertanto, la malattia pregressa non va indicata come causa di morte. Per contro, nel conteggio dei decessi post-vaccino la “correlazione” con la somministrazione del siero è stata spesso negata. Nei casi di decesso post-vaccino l'eventuale malattia pregressa è stata sempre sottolineata per scagionare il vaccino dalle sue eventuali responsabilità.

Come ha fatto notare il 19 maggio 2020 il virologo Guido Silvestri della Emory University di Atlanta, USA, è stato fondamentale prendere in considerazione il “worst case scenario” per giustificare il lockdown duro, ma nessuno ha voluto prendere in considerazione il “worst case scenario” che si poteva prospettare in termini di salute ed economia proprio con l'adozione del lockdown duro.

La categoria del “negazionista” doveva essere applicata a coloro che negavano l'efficacia e la sicurezza delle misure proposte dal Governo: lockdown, mascherine, vaccino e green pass. Ma la categoria del “negazionista” non può essere applicata a coloro che negano l'efficacia e la sicurezza delle cure domiciliari precoci.

Il “tampone” è affidabile se individua l'alto numero di positivi asintomatici che giustifica nuove restrizioni. Ma il “tampone” non è più affidabile quando si tratta di giustificare l'imposizione del Super green pass e nuovi obblighi vaccinali. E ancora, in base al pensiero politicamente corretto “sono da condannare fermamente tutti i discorsi d'odio, d'incitazione alla violenza e alla discriminazione”, ma questi sono cinicamente accettati ed esaltati se rivolti a chi, ad esempio, non accetta di sottoporsi ad un vaccino sperimentale o di scaricare un green pass per poter lavorare.

L'utilizzo sistematico da parte dei media del bipensiero ha disabituato i cittadini a ragionare in modo logico e li ha, pertanto, educati alla acquiescenza, al conformismo e all'obbedienza.

 

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Creare un nemico

In 1984, Orwell descrive così questo principio “il nemico del momento rappresenta sempre il male assoluto”. Secondo Onfray “Per esistere, la tirannia ha bisogno di un nemico, di un avversario. Non importa chi sia, perché in ogni caso può essere cambiato in corso d'opera e in base agli interessi del momento”. Nella vicenda della pandemia da CoViD-19, il primo nemico è il virus SARS-CoV-2. Non esistono responsabili colpevoli, nessuno con cui è possibile prendersela.

Nella narrazione ufficiale la colpa è di un pipistrello o di un pangolino o di tutti e due assieme o di un pipistrello e di un'altro animale intermedio. Ipotesi, di fatto, mai confermate. La situazione in cui è caduto il mondo appare sinistramente analoga al mondo di Orwell.

Come ricorda Onfray “in certi quartieri della Londra governata dal Partito, continuano a cadere missili e bombe. I proiettili arrivano da non si sa dove e piovono a caso. Noi in realtà sappiamo che è lo stesso potere a creare questo stato di terrore permanente solo per riuscire a tenere meglio il popolo sotto il proprio gioco”. La narrazione ufficiale ha di volta in volta sempre più assimilato la gestione dell'emergenza sanitaria ad uno scenario di guerra: i costanti annunci del ricorso all'esercito per controllare i cittadini, le camionette militari che trasportano bare o vaccini, l'istituzione di insensati “coprifuoco” di bellica memoria, l'intervento di plurimedagliati generali in uniforme per attuare la campagna vaccinale, il costante mantra della guerra al virus.

E assieme al virus, i nemici giurati della salute pubblica sono stati coloro i quali, di volta in volta, si sono macchiati di collaborazionismo col nemico numero uno: i bambini che volevano uscire di casa durante il lockdown; i runner e i ciclisti che volevano concedersi una sana attività sportiva all'aperto; le persone che andavano a rifugiarsi in luoghi desolati, in campagna, nei boschi, in montagna, al mare, con il rischio di essere inseguiti dalla polizia, dai militari, da un drone; gli asintomatici, la del tutto nuova categoria patologica con la quale ognuno diventa un pericoloso collaborazionista del virus, anche a propria insaputa; coloro che rifiutano la mascherina all'aperto, il lockdown, l'obbligo vaccinale, l'obbligo del green pass; i complottisti, i negazionisti, i no-mask, i no-vax, i no-pass. In una parola, i fascisti.

Come nota Onfray “quello che importa è avere un capro espiatorio in grado di raccogliere su di sé tutto l'odio, il risentimento e le passioni tristi, e di attirare tutta l'aggressività della retorica e della sofistica del Potere".

Data di Pubblicazione: 27 dicembre 2021

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