SALUTE E BENESSERE

Aloe Vera - A Cosa Serve e i Suoi Benefici

Aloe Vera

Un rimedio naturale per curarsi e prevenire. Le potenzialità del principio attivo dell'Aloe Vera e le proprietà curative delle sue foglie.

Aloe Vera - A Cosa Serve e i Suoi Benefici

Cos'è l'Aloè?

L’Aloe vera può essere considerata la regina indiscussa delle piante officinali: pianta succulenta molto simile al genere Agave (famiglia delle A marillidacee), dietro a un aspetto piuttosto anonimo nasconde in realtà caratteristiche eccezionali Amante dei climi caldi e secchi, appartiene alla grande famiglia delle Liliacee, o Gigliacee, che comprende anche piante quali il giglio, l’aglio e il tulipano.

Ne sono state classificate circa 250 varietà, di cui 3 molto usate in fitoterapia; tuttavia solo l'Aloe barbadensis Miller (o Aloe vera) si dimostra la pianta maggiormente utile all’uomo grazie alla sua particolarissima composizione biochimica.

Il termine aloè è di origine araba e significa “amaro e brillante, trasparente” perché, quando la buccia della foglia viene asportata, il gel che fuoriesce assomiglia a un pezzo di ghiaccio lavato e, quindi, semisciolto. Poi, attraverso il greco (la radice greca àlsalòs significa “sostanza amara, salata come l’acqua del mare”) e il latino, il nome Aloe è giunto fino a noi. Nel mondo, l’Aloè viene chiamata così: “Medicine Plant”, “Miracle Plant”, “Burn Plant” (Stati Uniti d’America); “Sa’ vila” (Paesi ispanici); “Ghrita Cumari” (sanscrito); “Jadaim” (Malesia); “Luhui” (Cina), “Erba Babosa” (Portogallo); “Aloe” (greco, latino, italiano, russo, tedesco).

Le foglie di questa pianta sono spesse e carnose: non appena vengono sfiorate da un oggetto tagliente, emettono un liquido viscoso, acre e molto amaro. Le foglie possono variare molto in grandezza (dai 20 ai 60 cm) in base al tipo di terreno e all’esposizione alla luce. Dal centro della pianta esce un virgulto la cui estremità è coperta di fiori tubolari, simili a spighe, dai colori vivaci, differenti a seconda delle innumerevoli varietà della pianta: gialli, arancioni, rossi, bianchi o screziati.

Oggigiorno, nonostante le medicine chimiche siano molto efficaci, il loro uso prolungato comporta complesse interazioni con altre sostanze e farmaci tali da causare spiacevoli effetti collaterali sul paziente. Di conseguenza, molti consumatori e scienziati stanno tornando a prendere in considerazione le proprietà terapeutiche di quelle specie vegetali che per tanto tempo sono state ignorate e dimenticate.

L’Aloè vera è così tornata ad essere al centro dell’attenzione perché da questa pianta si possono effettivamente ricavare notevoli benefici per la salute, sia nella cura dei sintomi che nella prevenzione di tanti disturbi.

Dell’Aloè si utilizza sia la sostanza gelatinosa (gel) di cui sono ricche le foglie, sia l’amaro succo giallognolo estratto dalle cellule del parenchima fogliare che indurisce al contatto con l’aria. Il gel serve essenzialmente per curare le scottature, le ustioni e piccoli tagli, favorendo la cicatrizzazione e aiutando a prevenire le infezioni. Il succo è noto fin dall’antichità come potente lassativo.

Se tagliamo a fette una mela e la lasciamo esposta all’aria, noteremo che il frutto cambia rapidamente colore. Un qualcosa di simile si verifica anche con l’Aloè: in natura, infatti, il gel contenuto all’interno della foglia è ben protetto dalla buccia esterna che trattiene l’umidità e protegge il gel dagli agenti atmosferici. Una volta che la foglia è stata recisa, ha inizio il processo di ossidazione che, gradualmente, priva il prezioso gel delle svariate proprietà benefiche che possiede quando è fresco.

La stabilizzazione è il metodo di conservazione del gel che lo mantiene in uno stato il più vicino possibile alla sua forma originale, senza perdere la potenza e l’efficacia originale racchiusa nella foglia fresca, appena raccolta. Senza la stabilizzazione, si avrebbe inevitabilmente il deterioramento delle caratteristiche specifiche della pianta.

I principali prodotti ricavati dall’Aloè, dunque, sono due: dalle incisioni superficiali della foglia si ricava il succo antracenico dalle straordinarie proprietà lassative, mentre dalle incisioni fogliari più profonde si ricava il gel di idrocolloidi utilizzatissimo in dermatologia cosmetica.

 

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L'Aloe oggi e le varietà botaniche della pianta

Questo breve tracciato storico-etnologico, che contempla anche aspetti legati alla superstizione, dimostra come l’Aloè, da oltre quattromila anni, faccia parte della medicina popolare nella storia dell’umanità.

Ai giorni nostri, dopo essere stata messa a lungo in secondo piano a causa dell’uso generalizzato dei farmaci sintetici moderni, l’Aloè è tornata in auge, in particolar modo a partire dal 1851, quando due ricercatori, Smith e Stenhouse, isolarono una componente con proprietà lassative che chiamarono aioina. Già del 1820, comunque, la farmacopea ufficiale statunitense (USP) contemplava l’Aloè come purgante e agente protettivo della pelle.

Nel 1935, Creston Collins e suo figlio rivelarono le potenzialità terapeutiche dell’Aloè vera nella cura dei disturbi causati dalle radiazioni nucleari (radiodermatiti); cosi, da quel momento, molti scienziati presero in considerazione uno studio più approfondito di questa pianta. Nel 1940 un docente dell’Università della Virginia, Tom Rowe, scoprì che le proprietà medicinali della pianta erano concentrate soprattutto nella cuticola esterna della foglia. Nel 1959 fu la stessa FDA (Food and Drug Administration), corrispettivo statunitenense del nostro Ministero della Sanità, a sancire ufficialmente le proprietà terapeutiche dell’Aloè.

Si giunge così alla fine degli anni ’50 del XX secolo, quando il farmacista texano Bill Coats riuscì a stabilizzare la polpa dell’Aloe con un procedimento naturale: si aprirono, in tal modo, le porte alla commercializzazione per uso industriale di prodotti a base d’Aloe.

In precedenza i limiti erano posti dall’ossidazione del succo che non si conservava a lungo, alterandosi rapidamente una volta estratto a freddo dalla pianta. Alcuni ricercatori tentarono di risolvere il problema con l’esposizione del gel ai raggi ultravioletti, ma questo procedimento alterava la sua composizione chimica; si tentò quindi con la pastorizzazione del gel a temperature superiori ai 60°C dopo aver aggiunto perossido d’idrogeno, ma anche questo tentativo fallì.

Bill Coats fu il primo a realizzare un procedimento atto a conservare gli enzimi e le vitamine presenti nell’Aloè; tale procedimento consisteva nell’incubazione del gel con aggiunta di vitamina C (acido Lascorbico), vitamina E (tocoferolo) e sorbitolo.

 

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La classificazione botanica

G.W. Reynolds nel 1950 ha classificato circa 250 tipi di Aloe. Reynolds però non riconduce più queste varietà nell’ambito della famiglia delle Liliacee, come voleva la classificazione tradizionale, bensì crea per l’Aloè una nuova famiglia botanica: quella delle Aloacee.

La classificazione botanica comunque resta una questione complessa e assai discussa per la facilità con cui queste piante si ibridano. Ben 130 specie sono state catalogate solo nel Sud Africa, mentre le rimanenti sono distribuite in altre zone del continente africano, in Israele, in India, in Pakistan, nel Nepal, in Cina, in Thailandia, in Cambogia, nei Caraibi, in Spagna, a Cuba, nell'America Centrale e del Sud, nell’America del Nord (Texas e Florida) e in Messico.

Il ceppo d’origine dell’Aloè, dunque, è da ricercare (Reynolds, 1966) nell’Africa del Sud: da lì in poi si diffuse nel Mediterraneo e nel continente americano dove ormai la pianta è naturalizzata.

L’Aloè cresce prevalentemente in zone secche e rocciose da 700 a 1800 m s.l.m. Si tratta di una pianta perenne dall’andamento erbaceo (acaule, priva di tronco), arbustivo (subcaule, con piccolo tronco) o arborescente (caule, con fusto legnoso alto fino a 5-9 m, a seconda dell’habitat, ricoperto dai residui di foglie secche).

Le foglie, lunghe, grandi e succolente, talvolta dentellate e spinose, sono disposte a rosetta o a cespuglio; hanno la tendenza a gonfiarsi e sgonfiarsi per far fronte ai lunghi periodi di siccità a cui sono sottoposte. La superficie inferiore della foglia è convessa, mentre quella superiore è piana o concava a seconda del grado di turgidità della foglia stessa.

L’Aloè è una pianta xerofìta, ovvero che ha la capacità di sopportare lunghi periodi di siccità essendo in grado di mantenere l’equilibrio tra assunzione e dispersione dell’acqua, grazie a particolari adattamenti fisiologici e morfologici; in particolare riescono ad arginare le perdite d’acqua dagli stomi e da eventuali ferite grazie a una speciale sostanza autosigillante.

Una pianta di Aloe sradicata e lasciata al caldo resisterà per mesi e manterrà intatte tutte le sue facoltà vitali: le foglie sono rivestite di una cuticola i cui stomi filtrano l’aria e l’acqua, sotto questa membrana si trova il primo derma cellulosico contenente cristalli di ossalato di calcio e le cellule pericicliche che secernono il succo giallognolo con proprietà lassative, infine c’è il parenchima, tessuto spugnoso capace d’immagazzinare l’acqua filtrata dalle radici e dalle foglie trasformandola in un gel trasparente amaro, ricercato per le sue proprietà curative.

L’infiorescenza dell’Aloè è costituita da una specie di pannocchia composta di vari racemi. I racemi sono in genere molto lunghi (fino a 1 m) e ricoperti da tantissimi piccoli fiori dai colori vivaci riuniti in fitti grappoli.

Il frutto è una capsula a tre logge che schiudendosi permette ai numerosi semi scuri e appiattiti di uscire e di dare vita a nuovi esemplari di questa “magica” pianta.

 

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Coltivazione e fioritura

Nelle nostro paese l’Aloè vera e la varietà arborescens in particolare, si possono trovare coltivate e inselvatichite in Sicilia, Sardegna, Malta, Ischia ed Elba e sulle rocce scoscese in prossimità del mare della Calabria. La varietà arborescens è molto diffusa come pianta ornamentale nei giardini rivieraschi.

Le piante di Aloe tollerano spesso il freddo ma non l’umidità, alcune specie crescono in alta quota, dove per qualche ora la temperatura può scendere sotto i 0°C. Il terreno dove alloggiano deve essere ben drenato e, durante l’inverno, non richiede annaffiatura.

Le foglie, se bagnate, devono asciugare in fretta ed è bene non bagnare il cuore della rosetta, perché tende facilmente a marcire. Il terreno deve essere sabbioso ma ricco: le piante di Aloe crescono bene in terreni molto fertili e la mancanza di nutrimento, assieme al cattivo drenaggio, sono spesso le cause principali d’insuccesso della loro coltivazione.

Il suo habitat è tipico delle zone aride e desertiche e può raggiungere altezze che variano dai pochi centimetri ai 5 m, secondo la specie.

I fiori delle Aloacee vanno dal bianco-verdastro, per esempio, dell’Aloè integra dello Swaziland che fiorisce da ottobre a dicembre; dal rosa-aranciato dell’Aloe zebrina (diffusa in Botswana, Namibia, Angola e Zimbawe), con fioritura da gennaio a marzo e da novembre a dicembre, secondo il clima, al rosa più intenso, con tendenza al rosso, del l’Aloè peglerae, con fioritura da luglio ad agosto.

Le piante si moltiplicano per lo più separando i polloni basali o con talee estive dei germogli laterali del fusto. Si possono anche riprodurre per seme, ma questa è una soluzione che richiede tempi lunghi ed è quindi scarsamente utilizzata. Moltiplicazione per talea: si recidono i germogli e si lasciano asciugare per 2-4 giorni in relazione alla temperatura e al tasso d’umidità. Si invasano in contenitori con un substrato leggero che dovrà essere sempre mantenuto ben umido. I vasi dovranno essere posizionati in una zona assai luminosa. Il momento più adatto per tali operazioni è il periodo estivo. L’Aloè, come già accennato, può anche essere riprodotta per semina, nel mese di marzo, mantenendo una temperatura di 20-22°C.

Il pericolo maggiore cui la pianta dell’Aloè è soggetta consiste nell’attacco di parassiti quale, per esempio, la cocciniglia.

 

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Le parti della pianta e le relative proprietà

La foglia dell’Aloè è lo scrigno che contiene preziosissime sostanze medicamentose utili alla salute dell’uomo.

Lo studio dell’Aloè si divide in due grandi indirizzi: quelli che esaminano i componenti del succo essiccato e quelli che esaminano i composti del succo fresco o gel di Aloe. Fino a oggi nelle varie farmacopee si è parlato di Aloe, intendendo con questo nome il succo che cola dalle cellule pericicliche dell’endoderma, essiccato e ridotto in polvere, proveniente da varie specie di Aloe e usato per le sue proprietà lassative, toniche e purganti. Oggi si sta studiando anche la composizione e l’azione del gel, in particolare quello ottenuto da Aloe vera e Aloe arborescens. Questo è un liquido gelatinoso opalescente, un idrocolloide, il cui costituente principale è il glucomannano, ed è prodotto dallo strato più profondo e centrale della foglia, il parenchima.

Esso è usato per uso esterno soprattutto quello ricavato dall’Aloè vera, per il trattamento di psoriasi, eczemi, bruciature, piaghe, ferite e ulcere, mentre quello ottenuto dall’Aloè arborescens, si usa prevalentemente per uso interno, per ulcere, coliti, infiammazioni, artriti, come disintosiccante e per le sue proprietà stimolanti. La foglia è rivestita da una spessa buccia, una coriacea cuticola verde al di sotto della quale si trova il parenchima fogliare, ovvero una sostanza gelatinosa (gel) e traslucida. Mentre la cuticola della foglia è ricca di principi attivi chiamati antrachinoni (Faioina innanzittutto), con spiccate proprietà lassative, il gel interno è ricco di particolari polisaccaridi (l’acemannano su tutti) che stimolano le difese immunitarie dell’organismo.

Nel caso dell’Aloè vera la presenza degli antrachinoni e della barbaloina in particolare rende il succo ricavato dalla lavorazione dell’Aloè estremamente sgradevole e amaro: i produttori di succo d’Aloe vera tendono quindi a decorticare parzialmente o totalmente le foglie sia per rendere più gradevole il sapore del succo sia per calibrare il potere lassativo della bevanda così ricavata. Per quanto riguarda invece l’Aloè arborescens Miller, l’Aloè ferox e l’Aloè chinensis la decorticazione è una procedura piuttosto rara legata alle difficoltà nella lavorazione industriale della foglia dalle dimensioni molto ridotte rispetto all’Aloè vera.

I moderni metodi di coltivazione, raccolta e lavorazione consentono oggi di ricavare un succo le cui proprietà sono pressoché identiche a quelle della foglia fresca! Le foglie, dopo essere state lavate vengono finemente triturate fino a ottenere una polpa densa. Nel caso dell’Aloè vera, se non è stata eliminata manualmente la cuticola, si procede a un filtraggio con carboni attivi per ridurre il contenuto di antrachinoni e rendere più gradevole il gusto del preparato. La polpa così ottenuta viene resa poi più fluida tramite un processo di sbattimento meccanico che lascia inalterate le proprietà terapeutiche del prodotto.

Diffidate dalle aziende che ricorrono agli enzimi o all’esposizione a elevate temperature (pastorizzazione) per diluire la polpa della pianta: questi procedimenti compromettono gravemente la qualità del prodotto finale.

 

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Prodotti derivati dall'Aloe

Infine, il materiale ricavato dalla frantumazione del gel e, in alcuni casi, della buccia dell’Aloè viene poi utilizzato per confezionare prodotti alimentari e farmaceutici, a uso interno, e prodotti cosmetici, a uso esterno.

Il consiglio al consumatore è quello di rivolgersi esclusivamente a case produttrici serie e di controllare accuratamente quanto è scritto sulla confezione: se si acquista succo puro d’Aloe la dicitura sull’etichetta deve essere “99,6% di succo d’Aloe al 100%” (lo 0,4% corrisponde al quantitativo di sostanze conservanti e stabilizzanti consentite dalla legge). Inoltre un succo fatto con diverse varietà di Aloe è da preferire a un succo prodotto unicamente con Aloe vera. Tra i prodotti più diffusi ricordiamo il gel puro per uso esterno, che altro non è che il succo d’Aloe puro gelificato per mezzo di addensanti e usato peri applicazioni locali a scopo cosmetico (effetto antiinvecchiamento, filtro solare) o| terapeutico (malattie della pelle, ferite, bruciature, ustioni, cicatrici, ecc.).

Sono poi innumerevoli i prodotti a base di succo d’Aloe (contenenti quindi una I percentuale molto bassa di gel puro!) realizzati dalle varie industrie farmaceutiche: creme, lozioni, trattamenti viso-corpo, I shampoo, bagnoschiuma, ecc.

Infine un mercato molto florido è quello j degli integratori alimentari costituiti dall’estratto secco della pianta a cui ricorrono soprattutto atleti e sportivi. Il gel di Aloe vera è usato nelle bevande analcoliche che sono comunemente note come j “succo di Aloe vera”: si produce normalmente a partire dal gel di Aloe vera, mediante diluizione con acqua, mischiando con acido citrico e conservanti.

 

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La certificazione di qualità

Il Consiglio Internazionale Scientifico dell’Aloè vera (CISAV) è stato creato proprio per il monitoraggio della qualità e della quantità di Aloe vera contenuta in ogni prodotto commercializzato. Si tratta di un ente autonomo e indipendente rispetto alle aziende produttrici, autorizzato a emettere un certificato di garanzia qualora il prodotto sia conforme agli standard di qualità prestabiliti. Solo quando il marchio della CISAV è ben visibile sulla confezione, si può essere sicuri che il prodotto a base di Aloe vera è stato testato.

Le tre specie medicamentose più note e utilizzate:

Vediamo ora, in dettaglio, confrontandole fra loro, le tre specie medicinali più conosciute: l'Aloè barbadensis Miller (detta anche Aloe vera), l'Aloè arborescens Miller, Aloe ferox.

L'Aloe barbadensis Miller (detta anche Aloe vera) deve il suo nome all’isola di Barbados dove è molto diffusa; è presente però anche nel resto delle Antille, nei Caraibi e soprattutto sulla costa nord orientale dell’Africa da cui probabilmente si diffuse originariamente.

In botanica, in genere, si usa chiamare una pianta con la denominazione assegnata dall’ultimo studioso: così l’Aloè barbadensis, o di Barbados, di Miller, è il nome attualmente in uso presso la comunità scientifica di quella che per Linneo si chiamava Aloe vera e che per Lamarck si chiamava Aloe vulgaris. In sintesi, l’Aloè vera di Linneo, l’Aloè barbadensis di Miller e l’Aloè Vulgaris di Lamarck sono la stessa pianta!

Il problema del nome, purtroppo, è ulteriormente complicato dal fatto che Miller ha battezzato Aloe vera un’altra varietà di Aloe, creando una certa confusione nell’ambiente botanico. Così, oggi, dobbiamo districarci tra l’Aloè barbadensis, chiamata anche Aloe vera, e un altro tipo di Aloe denominata Aloe vera qualità Vera per differenziarla dalla prima. Confrontandole, però, è abbastanza facile distinguere la Barbadensis dall ’Aloe vera qualità Vera, pur senza essere dei botanici di professione: la prima ha le foglie raccolte intorno a una rosetta centrale, mentre l’altra ha le foglie sovrapposte.

Il Aloe barbadensis Miller può arrivare a un’altezza massima di 60-90 cm e raggiunge la maturità produttiva verso i cinque anni d’età. È priva di tronco (acauleas) e ha l’aspetto di un ampio cespuglio con le foglie disposte in modo circolare.

La fioritura avviene in estate con formazioni a grappolo di colore giallo.

 

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Le sue foglie succulente e spinose possono raggiungere una lunghezza di 40-50 cm, con una larghezza alla base che varia dai 6 ai 10 cm. Queste foglie, maculate in fase di crescita, assumono un colore verde uniforme allo stato adulto, rivestite da una pellicola protettrice che permette alla pianta di filtrare l’aria e l’acqua.

Sotto questa membrana troviamo un primo strato cellulosico che racchiude i cristalli dell’aloina (che in questa varietà di Aloe assume la denominazione di barbaloina), l’essudato giallo-rosato con proprietà lassative e disintossicanti. Racchiuso in questa triplice protezione vegetale, troviamo il parenchima, un tessuto incolore costituito dal gel curativo della pianta ricchissimo soprattutto di acemannano, uno zucchero complesso dalle formidabili proprietà cicatrizzanti e antinfiammatorie. La qualità del gel, del succo e della buccia è comunque strettamente dipendente dal tipo di clima e dall’irrigazione. Originaria dell’Africa, questa varietà di Aloe è stata successivamente diffusa nel continente americano dopo il XVI secolo. Sono vastissime e rigogliose le piantagioni di Aloe vera sorte in Florida, Arizona, Texas e nelle isole caraibiche. l'Aloè arborescens Miller (volgarmente detta Aloe a candelabro), spesso confusa con l'Aloe mutabilis, presenta le seguenti caratteristiche: il suo tronco legnoso (cauleas) può superare i 2 m di altezza e da esso si dipartono numerosi cespugli le cui foglie (meno carnose e più sottili rispetto a quelle dell’Aloè vera) di colore grigio-verde o verde chiaro possono arrivare fino a una lunghezza di 50-60 cm. I lembi delle foglie sono caratterizzati dalla presenza di spine triangolari. La sua zona di origine è l’Africa centro-meridionale. Cresce spontaneamente nella provincia del Capo, nel Mpumalanga e nel nord della provincia, nel Mozabico, nel KwaZulu-Natal, nello Zimbawe e nel Malawi.

Oggi diffusissima in varie parti del globo (Russia e Giappone), questa specie fiorisce da maggio a luglio e i suoi fiori possono essere gialli, rosa o arancio. Poiché contengono poca acqua, le foglie presentano una elevatissima quantità di principi attivi. Tuttavia, nonostante le sue indiscutibili proprietà terapeutiche, ha un’impiego ridotto in farmacologia e costi molto elevati per le difficoltà connesse alla sua lavorazione industriale.

l’Aloè Ferox, infine, è molto robusta e la sua altezza varia dai 2 ai 5 m negli esemplari più vecchi. Come anche nell’Aloe arborescens, il tronco legnoso (cauleas) raggiunge notevoli dimensioni e si diparte in complesse ramificazioni.

Le sue foglie, molto carnose, possono raggiungere il metro di lunghezza e hanno una sfumatura di colore che va dal verde al grigio-verde. Presenta spine di un rosso scuro sia sui lembi che sulla pagina inferiore della foglia.

Nel mese di marzo si sviluppano le infiorescenze che sono ben ramificate con 5-12 fiori rosa-corallo disposti in verticale su un unico stelo; generalmente confusa con altre specie, fiorisce da maggio ad agosto nei paesi tropicali (nelle zone più settentrionali, invece, da settembre a novembre). Chiamata anche Aloe del Capo (Cape Aloè), aloe Africana, Aloe selvatica, è anch’essa originaria dell’Africa meridionale; in particolar modo, è diffusa nelle zone aride della provincia del Capo (est ed ovest), in alcune zone del sud-ovest del Lesotho, nelle zone tropicali e subtropicali dell’America e in India.

Il gel dell’Aloe ferox è ricchissimo di sali minerali e particolarmente di ferro (da cui la denominazione ferox!): ha dunque una forte valenza positiva nella cura delle anemie e dei disturbi connessi al ciclo mestruale. In genere, però, essendo povera di altri importanti principi attivi, se ne consiglia l’assunzione associata ad altre varietà di Aloe.

 

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Altre varietà di Aloe

MAloe aristata, originaria del Sud Africa, è priva di fusto (acaule) e, in media, il suo diametro misura 10-20 cm.

Le foglie appuntite, di forma stretta e allungata, presentano margini crenulati. Nella parte inferiore delle foglie, inoltre, si trovano minuscoli rilievi di colore bianco riuniti in fasce trasversali, che conferiscono un particolare tocco d’eleganza alla pianta. L’infiorescenza si sviluppa all’apice di un fusto ed è di colore giallo-rosso. In presenza di temperature molto elevate la pianta si richiude a uovo per proteggersi dalla dispersione di umidità.

L'Aloe chinensis è ricchissima di principi attivi ma poco diffusa e quindi scarsamente sfruttabile oltreché carissima. Originaria della Cina si è poi diffusa anche in Venezuela e in alcune zone sub-tropicali del Mediterraneo. La pianta ha un andamento cespuglioso (subcaule) assai caotico, simile alle varietà arborescens e ferox.

Le foglie, di color verde smeraldo, sono piuttosto piccole e strette. I fiori, di forma tubolare a grappolo (come in tutte le altre varietà della specie), sono in genere di colore rosso vivo e fanno la loro comparsa tra maggio e agosto nei paesi tropicali, tra settembre e novembre in quelli subtropicali.

Le foglie, data la loro forma, contengono poco gel e molta buccia e, di conseguenza, un’elevata quantità di sostanze antrachinoniche con proprietà lassative.

Inoltre è ricca di sali minerali importanti come il potassio, il calcio e il magnesio. Se ne consiglia l’uso abbinato ad altre varietà di Aloe.

L'Aloe ciliaris è una delle poche specie di Aloe a portamento strisciante o rampicante. Presenta rami di un diametro abbastanza sottile (circa 1 cm), ma può raggiungere altezze che sfiorano i 5 m.

Le foglie, che si sviluppano all’apice dei rami, sono di forma stretta ed appuntita e presentano sui lembi piccole spine.

Nel periodo che va da giugno a luglio produce delle infiorescenze a grappolo gialle e rosse.

L'Aloe humilis è anch’essa originaria del Sud Africa ed è una delle varietà più piccole esistenti.

 

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Presenta foglie di 5-10 cm, incurvate verso il centro, di color verde turchese. Le spine, di piccole dimensioni, sono di colore bianco e sono presenti sia sulla pagina inferiore sia sulla pagina superiore.

L’infiorescenza è proporzionata alla pianta ed è di colore giallo. Il fiore può raggiungere i 4-6 cm di lunghezza.

Aloe saponaria (o Aloe africana) è originaria delle regioni aride e desertiche del Sud Africa, Botswana e Zimbawe in particolare. E una pianta molto facile da coltivare che ben si adatta in terreni sabbiosi, ghiaiosi e poveri di sostanze nutritive. Va innaffiata raramente e necessita di un buon drenaggio da parte del terreno.

L’Aloe soccotrina (o di Socotra) cresce in India e in particolare nell’isola di Socotra ma è originaria della zona della Provincia del Capo. È stata la prima varietà di Aloe originaria del Sud Africa a essere introdotta in Europa. Fu trapiantata in Olanda nel 1689 e apparve per la prima volta (1691) nella Pbytographia di Plukenet. È assai diffusa nella penisola del Capo fino alla Baia di Mossel, a est. Predilige le pareti rocciose a strapiombo, le falde detritiche e le rocce della zona costiera. Spesso dà vita a formazioni costituite da parecchi esemplari lungo i margini dei sentieri ad alta quota.

Le numerose foglie affusolate sono disposte a rosetta. Le foglie, di colore verde opaco tendente al grigio, sono punteggiate di macchioline bianche e ai margini presentano una fitta serie di dure spine triangolari. Il tronco degli esemplari di Aloe soccotrina non supera il metro di altezza (subcaule).

Le caratteristiche infiorescenze a spiga compaiono già durante l’inverno e arrivano fino a un metro di altezza. I racemi arrivano anche a 35 cm.

La fioritura dei suoi vivaci fiori tubolari (lunghi fino a 4 cm), rossi e arancioni, si ha in primavera.

Altre varietà molto diffuse sono inoltre l'Aloe aculeata, l’Aloè brevifolia, l’Aloè ciliaris, l’Aloè dichotoma, l’Aloè excelsa, l’Aloè glauca, l’Aloè perfoliata, l’Aloèpratensis, l’Aloè ramosissima, l’Aloè striata, l’Aloè squarrosa (o zanzibarica o zanzibarensis) ecc.

Data di Pubblicazione: 26 agosto 2022

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