ECOLOGIA E AGRICOLTURA   |   Tempo di Lettura: 8 min

Gli Animali Sempre al Tuo Fianco

Animali Specchio dell'Anima - Anteprima del libro di Rüdiger Dahlke

La mia esperienza con le creature a due e a quattro zampe

Gli animali appartengono alla mia infanzia sin dai suoi albori. La prima visita allo zoo sfociò quasi in una depressione, al pari di tutte le successive sortite, almeno alla luce di quanto fui costretto a constatare a posteriori. Mi rattristava il fatto che gli animali fossero in cattività. Percepivo la loro rassegnazione ed era orribile. Più di ogni altra cosa mi lasciava sconcertato l’evidenza che la responsabilità d’un tale dramma fosse inequivocabilmente ascrivibile agli esseri umani. Mi rifiutavo di guardare dentro le gabbie. Quando, più in là negli anni, incrociai per la prima volta lo sguardo di un gorilla attraverso una lastra di vetro, mi accorsi, sbalordito, di essere a mia volta scrutato da lui. Ancora oggi non riesco a comprendere il motivo per cui gli esseri umani rinchiudano senza alcun rispetto degli animali in gabbie al puro scopo di osservarli e dunque di svagarsi.

Nonostante il mio orrore, continuai a essere condotto allo zoo da bambino; ricordo ancora l’elefante Shanti e l’ippopotamo Boulette, nonché l’attrazione suscitata in me soprattutto dal grande sporco che era concesso loro generare, assolutamente inconcepibile da noi a casa. «Ti sei lavato le mani?» è probabilmente la domanda rivoltami con maggiore frequenza nella vita, a partire dall’infanzia; e stranamente gli animali venivano considerati sporchi oltremisura, dunque pericolosi. Ad ogni buon conto, qualsiasi contatto con essi conduceva sempre alla medesima esortazione, sebbene proprio a quel punto io non provassi pressoché alcun desiderio di lavarmi. Guardandomi indietro, posso certamente affermare di essermi sporcato le mani con molte persone ben più di quanto non abbia fatto con tutti gli animali che mi sono piaciuti e che ho desiderato poter toccare.

Gli animali si possono facilmente accarezzare, mentre con gli esseri umani questo genere di contatto assume una connotazione già altamente sospetta. In analogia a quanto avviene nei musei, dove quando si tocca una scultura o un qualunque pezzo in esposizione suona immediatamente l’allarme, il medesimo processo si riproduce ormai anche fra esseri umani. Solo alle persone molto malate è talvolta contemplato accarezzare la guancia o tenere la mano. È inoltre consentito assecondare l’impulso di sfiorare con la mano la testa dei bambini piccoli

- e così maneggiarli quasi come animali domestici - sebbene neppure in quest’ambito siamo più del tutto spontanei. Forse dipende dal fatto che solo fra i 3 e i 4 anni di età si sviluppa in noi umani quella coscienza di sé mancante ai tipici animali domestici. La posseggono del resto molte altre creature sebbene noi ne siamo all’oscuro, come ad esempio

- oltre alle scimmie antropomorfe - le orche, i delfini e perfino le gazze che, al pari di noi, riconoscono se stesse allo specchio.

I bambini e gli animali domestici

I bambini e gli animali domestici sono gli unici a venirci incontro con quell’apertura senza riserve non trattenuta dall’Io né dall’ego; essi non erigono ancora quei confini artificiali della cui creazione il nostro ego vive. E, come i bambini, in ambito medico, hanno sempre stimolato molto più rapidamente la mia compassione, così gli animali all’epoca vi riuscivano in modo ancor più rapido e duraturo. Li sentivo alla mercé degli esseri umani; in questa prospettiva siamo investiti di una responsabilità nei loro confronti.

Nella mia dimensione di bambino della grande città di Berlino, il mondo animale non apparteneva alla quotidianità familiare, almeno fino a quando non iniziai a desiderare ardentemente un pony, e ricevetti un criceto siriano. Lo battezzai con il nome di Mucki e a ogni occasione lo lasciavo uscire dalla sua gabbia, la cui configurazione cercavo di rendere il più possibile naturale e conforme alla sua specie. In verità quella gabbietta divenne solo il luogo dove dormiva, giacché Mucki viveva a piede libero nella mia camera. Mi prodigavo nel l’insegnargli molte piccole cose che lui tuttavia, dopo un certo periodo di tempo, sembrava repentinamente dimenticare mettendoci così nella condizione di dover ricominciare da capo.

Quando, più in là nel tempo, a scuola mi giunse voce della notoria brevità di vita dei criceti siriani, protestai con veemenza. Mia madre chiari l'arcano: già due volte il Mucki originario era stato sostituito dopo la sua morte con un altro animaletto dall’aspetto esteriore straordinariamente simile, al fine di risparmiarmi il dolore della perdita. Quanta delicata sensibilità e che peccato al contempo! La morte di un animale domestico anziano costituirebbe per un bambino l’accostamento più naturale e ovvio a un tema tanto importante quanto usualmente represso. Al tempo, invece, l’idea d una sopravvenuta sostituzione del vecchio criceto morto con un altro più giovane me ne lasciò così lontano da indurmi a prendere in considerazione esclusivamente un inspiegabile calo di rendimento nelle capacità d’addestramento di Mucki. La mia empatia dunque non poteva essere andata tanto oltre, sebbene da bambino fossi convinto di poter comunicare con il criceto e di saperlo comprendere.

Crescendo mi capitò tra le mani il libro per ragazzi Tierfreund in Not, di Hans Wilhelm Smolik che divenne una sorta di mia Bibbia personale, un tramite per escogitare fantasie di liberazione di quegli esseri in cattività, destinate a un puntuale naufragio una volta calate nella realta. Compresi che quasi tutti gli animali in questione non avrebbero avuto alcuna possibilità di sopravvivenza qualora fossero stati lasciati liberi in una grande città.

Nel corso del tempo le torture inflitte a queste creature continuarono a sollecitare in me sentite reazioni, a iniziare dal dramma dell’asino sull’isola di Santorini fino ad arrivare, da studente, alle esperienze vissute con l’equitazione nel college texano. Andare a cavallo era per me cosi importante e vitale da indurmi a rimuovere il morso dalla bocca dell’animale perché gli causava un dolore atroce. Quando, molti anni dopo, mio fratello Jiirgen Krackow iniziò a cavalcare senza morso nei tornei internazionali di salto a ostacoli, usando solo un bosal (una briglia senza fdetto), talvolta addirittura vincendoli, la vicenda mi apparve straordinaria e fui fiero di questa famiglia. Lo incitai a scrivere un libro al riguardo, scrissi un’introduzione e per il quale procurai una casa editrice.

L’esistenza di un rapporto con gli animali

Reputo importante per ogni essere umano, e in special modo per ogni bambino, l’esistenza di un rapporto con gli animali, ma, com’è ovvio, deve trattarsi di un libero stare insieme. A questo punto si pone inevitabile la questione della loro alimentazione. In quali termini la mia avversione per carne e pesce, già da ragazzo, avesse a che vedere con il mio amore per gli animali non sono in grado di stabilirlo oggi; a ogni modo non mi piaceva mangiare degli amici. Mia madre rimarcava però, di rado ma con coerenza, la sua preoccupazione circa una minacciosa carenza proteica. Aringhe affumicate (una specialità tipicamente berlinese), la fonte proteica più economica dell’epoca, apparivano dunque di frequente sulla tavola e contribuivano ad acuire la mia avversione. Quando, più avanti nel tempo e per via dei miei successi sportivi, dovetti mangiare per un breve periodo molta carne, rimossi il rapporto con gli animali e acconsentii malvolentieri in virtù del mio desiderio di vincere la coppa in palio. Terminata la carriera sportiva smisi immediatamente di mangiare carne e continuai ad alimentarmi, seppur non in modo rigoroso, in termini prevalentemente vegetariani.

La visita a un mattatoio industriale durante i miei studi universitari divenne un’esperienza orripilante, tale da rafforzare la mia consapevolezza dell’enorme ingiustizia commessa dagli esseri umani a danno degli animali. Mi volsi definitivamente alfalimentazione vegetariana, anche sotto l’influenza di diversi guru indiani, primo fra tutti Maharishi. Tutte queste guide di saggezza hanno sempre connesso il progresso spirituale a una nutrizione vegetariana.

Da quando infine conduco seminari di psicosomatica, ho iniziato a richiamare i partecipanti al rispetto nei confronti degli animali e a cibarsi di pietanze vegetali per ragioni umanitarie; ho sempre anche preteso dal menù dei rispettivi hotel un’alternativa alimentare corrispondente a tale sentire. Numerosi hanno ascoltato il mio consiglio, soprattutto tra quanti hanno seguito l’intero percorso formativo da me offerto.

Questo testo è estratto dal libro "Animali Specchio dell'Anima".

Data di Pubblicazione: 2 ottobre 2017

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