SPIRITUALITÀ ED ESOTERISMO

Apparizioni Notturne: un racconto spiritico

Apparizioni Notturne: un racconto spiritico

Carla racconta un'esperienza fantasmatica da lei vissuta, scopri questa storia vera leggendo l'anteprima del libro di Mattia Pagnini.

Apparizioni Notturne

Le persone morte possono apparire su questa Terra in tre modi diversi, così distinti: fantasmi, quando si presentano alla nostra vista in forma nebulosa (forma fantasmatica), sia essa biancastra o scura, quindi con i caratteri somatici terreni non definiti. Spiriti incarnati, quando sono completamente definiti nella struttura corporea, apparendo così come erano da vivi. Spettri, quando hanno una struttura corporea, ma il loro aspetto è terrorizzante, a volte a forma scheletrica, a volte in stato semidisfatto o ricoperto di sangue se la persona è deceduta per una disgrazia cruenta. Non di rado possono apparire anche soltanto parti del corpo, per esempio una mano, il solo volto, le braccia, etc..

I morti possono presentarsi a noi anche in uno stato non materializzato e ciò avviene quando la loro presenza è invisibile, ma percepibile da movimenti di oggetti, da rumori, da voci o da altri fenomeni che ci danno il segno tangibile che qualcuno sia vicino a noi.

Questo è il caso accaduto a Roma qualche anno fa ad una donna che ha vissuto un'esperienza spiritica particolarmente emblematica.

Carla era soddisfatta della sua vita: aveva un lavoro in un Ministero e per arrotondare lo stipendio, tramite una sua intima amica impiegata in un'importante Società, da anni svolgeva un impegno privato di dattilografa e traduttrice presso lo studio-casa di un consulente della stessa Società.

Lei da sempre lo chiamava "dottore", perché, anche se ormai la loro conoscenza fosse sostenuta da estrema confidenza, mai si era superato il confine tra il lavoro e qualcosa di più intimo. Ma il rapporto era talmente fondato sulla grande stima reciproca che il "dottore", di nome Sergio, quando si recava spesso lontano dalla casa-studio, aveva preso un accordo con Carla, la quale doveva pernottare nell'appartamento fino al suo ritorno.

Dobbiamo sapere che il "dottore" fosse un impenitente scapolo sulla cinquantina, abbastanza facoltoso da permettersi di coltivare la passione della pittura contemporanea. L'appartamento era tappezzato da quadri di valore e pertanto aveva timore che durante la sua assenza potesse avvenire un furto, anche se la casa era munita di allarme. Ma lui non si fidava, ed essendo un tipo particolarmente apprensivo, aveva quindi chiesto alla donna di pernottare nell'appartamento durante le sue assenze, per dare l'impressione che la casa non fosse disabitata. Carla all'inizio era rimasta perplessa, ma, anche su consiglio dell'amica che le assicurò che ne avrebbe ottenuto un bel vantaggio economico conoscendo la generosità del "dottore", alla fine accettò.

In quelle circostanze si sistemava in una stanza in fondo al corridoio dove si trovava un grosso armadio colmo di vestiti poco usati dal "dottore", posto dinnanzi ad un lettino circondato anche lì da quadri d'autore come tutto l'appartamento.

E così avvenne che durante un'estate il "dottore" dovette recarsi negli Stati Uniti. Carla nei pomeriggi si recava nella casa, svolgeva qualche lavoro lasciatole da fare e la sera invece che andare via rimaneva anche a dormire, ma non dopo spesso aver visto la televisione nel grande schermo che troneggiava in una delle varie stanze.

Una sera la donna, una volta messasi a letto, dopo una breve lettura, spense la luce e si addormentò.

Durante la notte...

Quando era notte inoltrata, fu svegliata da un insolito rumore, una specie di ronzio che le penetrava nelle orecchie tanto da farla svegliare. Una volta sveglia avvertì il letto vibrare fortemente fino a sobbalzare. Carla pensò subito ad una scossa di terremoto, si alzò di scatto e il letto smise di tremare. Tutto nella stanza era calmo. Si affacciò alla finestra per vedere se ci fosse della gente in strada spaventata dalla scossa o se qualcuno avesse acceso le luci. Ma tutto era normale: silenzio e nessuna luce accesa.

Forse era stata una piccola scossa da non allarmare più di tanto. Così si rimise a letto per riprendere sonno. Ma appena spenta la luce, di nuovo il letto cominciò a vibrare. Carla si alzò di nuovo di scatto, attese qualche minuto, ma il letto era fermo.

Impaurita andò verso la cucina per bere e affacciarsi nel cortile e osservare se c'erano dei movimenti insoliti. No, tutto era avvolto nel silenzio come sempre. Allora, dopo aver bevuto, riprese il cammino lungo il corridoio, ma nel passare davanti ad una stanza vide filtrare dalla porta semichiusa della luce, luce che doveva essere spenta. Guardò attraverso lo spiraglio e vide quattro persone intorno al grande tavolo presente nella stanza che stavano giocando a carte! Trasecolata fece un balzo indietro: «Ma chi sono questi!?». Pensò a dei ladri che non si erano accorti della sua presenza in casa e che allegramente prima di svaligiare l'appartamento stavano spassandosela. Una cosa strana, ma aveva letto sui giornali che qualche volta i ladri si fermano pure a mangiare il vitto negli appartamenti! «Ma da dove sono entrati? Come hanno fatto?».

Immediatamente, senza perdere la lucidità, si recò, senza far rumore, verso la porta d'ingresso e la trovò aperta! Cosa impossibile perché ogni sera controllava bene che fosse chiusa e inseriva sempre l'allarme!

Carla non si perse d'animo, non era molto paurosa, andò nella sua stanza e, tramite il numero telefonico sempre a portata di mano lasciatole dal "dottore", chiamò la polizia. Poi si diresse subito sul pianerottolo delle scale in attesa che arrivassero gli agenti, i quali con grande solerzia si presentarono presto. Lei spiegò che in casa c'erano dei ladri e indicò loro la stanza da cui ancora filtrava la luce. Gli agenti si avvicinarono alla porta, guardarono dentro e l'aprirono del tutto. «Ma signorina qui non c'è nessuno!». Carla si precipitò ed infatti la stanza era deserta, ma sul tavolo si vedevano sparpagliate varie carte francesi, quelle che si usano anche per giocare a poker.

Gli agenti guardarono la donna con fare interrogativo e lei rispose che forse erano usciti quando lei era andata a telefonare. «È sicura d'aver visto?», e benevolmente continuarono: «Sa a volte ci si può sbagliare».

«Sono sicura di averli visti».

«Strano, la porta è blindata e l'allarme non è scattato. È molto strano tutto questo» risposero gli agenti.

Allora Carla scoppiò in un pianto liberatorio a seguito di tutta la tensione accumulata.

«Si calmi, si calmi, se vuole chiamiamo un medico o desidera che la portiamo all'ospedale? Lei è così sconvolta!» disse una delle guardie con molto garbo.

Ma la donna scosse il capo «No...no...ora sto bene...mi scuso del disturbo...siete stati così gentili...grazie...mi dispiace tanto».

«Bene, signorina, ora lei chiuda bene la porta, controlli l'allarme e se avverte qualcosa d'insolito chiami il nostro centralino, saremo subito da lei». Carla dopo averli di nuovo ringraziati, chiuse bene la porta e controllò l'allarme che trovò inserito come sempre!

Un freddo intenso

Un poco stordita, non sapendosi spiegare bene quanto accaduto, dopo essersi rinfrescato il viso, ritornò nella sua camera e cominciò a rimuginare, specialmente sulle carte da gioco. Certamente non appartenevano al "dottore", non le aveva mai viste. E poi l'allarme non funzionante e il tremore del letto. Non aveva azzardato a chiedere agli agenti se avessero avvertito una scossa di terremoto. Non era così sciocca. E se non ci fosse stata nessuna scossa? L'avrebbero presa per pazza e forse veramente avrebbero chiamato il medico di guardia e chi sa cosa sarebbe poi avvenuto. Per quanto sia, aveva un carattere forte abituata da sempre a vivere da sola: qualche breve storia d'amore finita lì senza conseguenze. Non era una femminuccia fragile, ma una donna che aveva ben programmato la sua vita solitaria.

E così ritornò nel suo letto e dopo tante riflessioni, a dire il vero inconcludenti e senza avere spiegazioni sull'accaduto, si disse fra sé che era meglio dormire e rimandare il tutto al domani.

Ormai era molto tardi e come sempre doveva andare a lavorare al Ministero. Spense la luce. Dalle tende della finestra cominciava a filtrare la luce dell'alba. Cercò di prendere sonno. Stava per assopirsi quando sentì un rumore nel corridoio come di passi e vide che la porta si stava aprendo lentamente.

Di balzo si sedette sul letto poggiata alla spalliera. Vide la porta schiudersi del tutto e avvertì i passi che si avvicinavano al letto. Si rannicchiò sempre più e rimase come paralizzata. I passi cessarono ma vide con certezza che il bordo del materasso si abbassava come se una persona si fosse seduta sul letto. Poi avvertì un forte respiro e un freddo intenso l'avvolse tutta. Impietrita senza più volontà di potersi muovere ascoltò una voce che sussurrava: «Quanto freddo! Quanto freddo!».

L'invisibile persona si alzò e le coltri ripresero il normale stato. Poi sentì di nuovo i passi nella stanza e vide che le ante dell'armadio si aprivano. Mani invisibili presero a tirare fuori degli abiti e gettarli in terra. Poi vide un cappotto muoversi nell'aria mentre la stampella su cui era appeso veniva agganciata ad una sedia. Il cappotto si diresse verso la porta mentre una voce abbastanza forte diceva:

« È tardi...ora devo andare». La porta si richiuse e i passi si allontanarono nel corridoio.

Rimase immobile e gelida per molto tempo. Non era in grado né di muoversi né di lamentarsi. Era lì come una statua di ghiaccio. Passò del tempo. Ormai il sole si stava alzando nel cielo quando il trillo del telefono la fece sobbalzare. Si gettò su di esso come per chiedere un qualsiasi aiuto.

«Ma sei ancora lì, non dovevi andare in ufficio? Meno male che ti ho trovata. Ti devo dare una brutta notizia...mi senti...ma mi senti?». Era la sua amica.

Con un sovrumano sforzo lei rispose: «Sì...sono...qui...che c'è?»

«Abbiamo avuto da poco la notizia che il dottore è morto».

«Morto...come...quando?».

«Dalle poche notizie avute pare che sia stato colpito da un ictus... hanno detto che è avvenuto questa notte mentre giocava a carte con delle persone...non so dirti di più...oggi vieni qui...vedremo il da farsi».

«Va bene...ora telefono all'ufficio per dire che non vado...poi verrò da te».

Rimase con la cornetta in mano seduta sulla sponda del letto mentre mille pensieri affollavano la sua mente.

Finalmente si alzò e andò verso il bagno non prima di aver osservato incredula i vari vestiti sparsi sul pavimento della camera, gli sportelli dell'armadio ancora aperti e una stampella vuota penzolante dalla spalliera di una sedia, la stampella dove era appeso il cappotto, che non c'era più!

Passando dinnanzi alla porta della stanza dove aveva visto le persone, si accorse che le carte non erano più sparpagliate, ma ben riunite in un mazzo posto al centro del grande tavolo.

Quando ascoltai questi avvenimenti da lei stessa, volli sapere se ne avesse mai parlato con altri: no, soltanto con la sua amica lo aveva fatto...e chi mai le poteva credere?! Allora le chiesi cosa ne pensasse la sua amica.

E lei: «Mi disse che anche sua madre a volte sognava persone morte. Cercai di convincerla che sicuramente non avevo sognato, ma non insistetti più di tanto perché intuii che era inutile».

Poi Carla volle sapere se io invece credessi a quanto accaduto. «Io sì le credo», affermai.

Gli spiriti hanno bisogno del cappotto?

«Ma gli spiriti hanno bisogno di un cappotto...hanno freddo?!».

«A volte» le risposi «quando si muore, specie se il decesso è repentino, lo spirito si trova in uno stato confusionale: non ha la percezione di essere morto e quindi agisce come fosse ancora un corpo terreno e può ripetere delle azioni compiute durante la vita».

«E le persone che ho visto giocare a carte?».

«Quelli non erano dei veri spiriti, ma la ricostruzione scenica fantasmatica di quanto stava avvenendo negli Stati Uniti. Questo fenomeno non è raro nella storia dello spiritismo».

«Allora lei mi crede veramente».

«Certo cara signorina, a meno che lei mi dica che era in un periodo di forte stress e aveva la mente sconvolta...che so...magari una storia d'amore travagliata».

Lei mi rispose: «Ma che storia! Ero libera come l'aria. L'unica storia di tanto tempo prima era bella che dimenticata e poi non ho più creduto agli uomini, sono così inaffidabili».

«Si, ha ragione» le risposi «forse è meglio credere agli spiriti che non agli uomini!».

Data di Pubblicazione: 15 dicembre 2020

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