SPIRITUALITÀ ED ESOTERISMO   |   Tempo di Lettura: 7 min

Audacia e Libertà - Anteprima del libro di Gangaji

Vigilanza: un appello alla resa profonda

Vigilanza: un appello alla resa profonda

Molte persone fortunate e baciate dalla grazia hanno avuto un assaggio o un barlume di ciò che è immortale, del Sé eterno. A partire da quell’assaggio, ci si domanda E poi? Cosa dovrei fare adesso? Cosa me ne faccio di questo? Dove lo porto? Queste domande indicano che si è chiamati a un’ulteriore resa. Esiste sempre un invito a una resa più profonda. Questa resa è la vigilanza.

Spesso la vigilanza viene fraintesa. Di solito, passa per vigilanza il semplice atto di monitorare attentamente il super ego, e sono certa che anche voi siete ben consapevoli di questo genere di monitoraggio che induce a pensare: Oh, non avrei dovuto dirlo in quel modo, non avrei dovuto farlo così, non avrei dovuto pensarlo, avrei dovuto arrendermi. Questo monitoraggio non è vigilanza, è una sua imitazione. Il termine vigilanza deriva dal verbo vigilare, che significa “rimanere vigili, svegli”. Rimanere vigili è una forma di adorazione. La vigilanza è una sacra, quieta e pacifica veglia della fiamma della verità.

Presupponendo che la percezione della separazione dalla verità sia probabile o quantomeno possibile, avete l’opportunità di vegliare la fiamma della verità. Se sarete veramente vigili, scoprirete di non essere affatto separati dalla verità. Che cosa c’è dopo? La vigilanza più profonda. La scoperta più profonda. Non c’è fine alla vera scoperta. Ciò che può finire è la vostra • preoccupazione riguardo a chi pensavate di essere. La vostra preoccupazione riguardo al corpo, ai pensieri e alle emozioni può finalmente terminare. In effetti, la preoccupazione perdura soltanto fino a quando continuate a nutrirla.

Nutrite il vostro corpo

Nutrite il vostro corpo. Nutrirlo non è un grosso problema, ma nutrire i vostri pensieri sì.

"Mantenete la veglia fino a quando esiste una qualsiasi possibilità di percepire qualcuno di separato dalla verità, fino a quando permane anche un solo refolo di desideri passati, e finché nel corpo c’è respiro."

Nutrire le vostre emozioni è molto importante. Smettete di nutrire i vostri pensieri e le vostre emozioni e vedrete quello che non ha bisogno di nutrimento per esistere. Rimanete vigili al suo fianco, arrendetevi ad esso.

Se la freccia della verità vi ha trafitto e lo sapete, se avete avuto davvero questa esperienza, allora conoscete anche i pensieri arroganti che possono emergere: Beh, so di essere tutt’uno con la Verità, quindi chi ha bisogno di restare vigile? Probabilmente avete detto qualcosa del genere, vero? Allora all’improvviso ritorna la sofferenza insieme al lamento: L’ho persa! Come è potuto succedere? La percezione e l’esperienza di perdere ciò che non può essere perduto vengono corrette dalla vigilanza.

Non sto parlando di sforzarsi. Non parlo di fare della vigilanza. Sto dicendo di essere vigilanza e riconoscere che è naturale esserlo. Voi siete pura consapevolezza. La consapevolezza è naturalmente vigile. È vigile nei confronti di se stessa, e in verità è sempre consapevole di se stessa.

Lo stato di sonno profondo

Quando il corpo si trova nello stato di sonno profondo e non esistono punti di riferimento, nessuna impressione sensoriale, nessuna percezione corporea o oggetto, che sia mentale, emotivo o fisico, la consapevolezza rimane consapevole di se stessa, e questa è beatitudine. È la beatitudine del sonno profondo. Anche quando il corpo si sveglia e gli oggetti ritornano aH’interno della sua visuale, sapete che c’è stata un’esperienza profonda inoggettuale. Di essa non avete nessuna impressione sensoriale, ma sapete che c’è stata perché la consapevolezza è ancora presente. Quando appaiono gli oggetti, il nostro condizionamento ci porta a fissarci su di essi e a perderci il profondo nutrimento che è sempre presente. La vigilanza è consapevolezza di ciò che non scompare, anche quando appaiono degli oggetti. Sia che questi oggetti siano deliziosi, orribili o banali, c’è sempre la consapevolezza consapevole di se stessa. Sia che questi oggetti siano emotivi, mentali o fìsici, c’è sempre la consapevolezza consapevole di se stessa.

La pura vigilanza deve essere facilità di riconoscimento, altrimenti si sta facendo vigilanza e non si è già più vigili. Quando sentite questo pensiero, Adesso rimarrò vigile, chiedetevi “Chi” sta vigilando? È questa l’indagine diretta di sé. Vedrete che non c’è nessuno lì, c’è soltanto vigilanza. E allora vedrete che è piuttosto naturale essere consapevoli del passaggio degli oggetti, come è naturale essere consapevoli di ciò che è consapevole sia del passaggio degli oggetti che di se stesso.

"Rimanete nella vigilanza e vedete. Semplicemente aspettate e vedete. Vedete qual è il destino del corpo. Vedete qual è l'impeto della vita. Degli oggetti passeranno all'altare della vigilanza. Lasciate che passino come nuvole.

Le nuvole non sono un problema, certamente non lo sono dal punto di vista del cielo. Voi siete il cielo. Non siete un'entità che alza lo sguardo verso il cielo. Siete il cielo che guarda l'apparizione di un'entità."

La vigilanza comporta un fardello?

È un errore pensare che la vigilanza comporti un fardello. Il vero fardello è la negazione della vostra essenza di consapevolezza. L’idea che la vigilanza sia un fardello deriva dal concetto di pratica spirituale. Siete stati esortati a praticare. Dovete mantenere la vostra pratica. Non so da quale lingua sia stata tradotta la parola pratica, ma si tratta di una cattiva traduzione, perché indica un qualche genere di preparazione per un evento reale. Si fa pratica per una partita di calcio, per una recita, ma non si può fare pratica per la vita. La vita è adesso. Per questo non utilizzo la parola protica in riferimento alla vigilanza. Io parlo di vigilanza. Siate vigilanza adesso. Lo siete già. Riconoscetevi come tale e siate vigili rispetto alla vostra vera natura. Poi state a vedere. Guardate, senza cercare niente in particolare.

Nella cultura occidentale, e in particolare in America, veniamo addestrati a sapere cosa ci sarà dopo e a cercare di trasformarlo in quello che vogliamo che accada. Ecco perché c’è così tanta sofferenza qui, nel provare a costringere la vita a basarsi su qualche concezione particolare. Dopodiché, cerchiamo di ottenere consenso rispetto a quella concezione della vita e combattiamo qualunque disaccordo si presenti. Anche se usciamo vittoriosi da questa battaglia, rimaniamo insoddisfatti e inappagati.

Aspettare e vedere non significa necessariamente sedersi sul divano e non muoversi più. Non significa nemmeno alzarsi dal divano e muoversi. È qualcosa di molto più profondo. Si può condurre una vita attiva come vigilanza, e parimenti si può vivere una vita inattiva come vigilanza.

Ci saranno molte intuizioni, molte rivelazioni ed esperienze sempre più intense. Nel bel mezzo di tutto questo, siate vigili rispetto a ciò che non si è mosso, che è sempre rimasto integro, radioso e incontaminato. Ci saranno intuizioni ancora più profonde. Godetevele quando arrivano, salutatele quando passano e siate vigili rispetto a ciò che non si è mosso, che non si è perso nell’esperienza della perdita e non è aumentato nell’esperienza del guadagno.

Siate vigilanza. La gioia più profonda dell’esperienza umana è essere vigili. Non è un compito. È beatitudine pura. Una beatitudine sveglia e vigile, che non si muove mai, nei confronti di ciò che è sempre presente. Siate quello. Allora vedrete che questa entità definita la vostra vita si schiuderà deliziosamente, come un fiore. Non c’è bisogno di immergerlo nella cera per farlo rimanere per sempre a un certo stadio. La morte non è il nemico. La paura della morte è il nemico. La paura della morte è il risultato della vostra errata identificazione con qualche entità particolare. La vostra vera identificazione è con il cielo dell’essere.

Questo testo è estratto dal libro "Audacia e Libertà".

Data di Pubblicazione: 2 ottobre 2017

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