SELF-HELP E PSICOLOGIA   |   Tempo di Lettura: 10 min

Autoimporsi dei vincoli per difendersi dalla dipendenza

L'Era della Dopamina - Anna Lembke - Speciale

In che modo difendersi dalla dipendenza? Quali sono le "componenti" della dopamina? Scoprilo, leggendo l'anteprima del nuovo libro di Anna Lembke.

Autoimporsi dei vincoli per difendersi dalla dipendenza

Il "Digiuno" della Dopamina

“Sono qui perché i miei genitori mi hanno imposto di venire”, disse Delilah con quella voce imbronciata che è il segno distintivo dell’adolescente statunitense.

“Va bene”, risposi. “Perché i tuoi genitori vogliono che tu mi veda?”

“Pensano che io stia fumando troppa erba, ma il mio problema è l'ansia. Fumo perché sono ansiosa, e se tu riuscissi a fare qualcosa al riguardo, allora non avrei bisogno dell’erba.”

Sono stata colta da un momento di profonda tristezza. Non perché non sapessi che indicazioni darle, ma perché temevo che non le avrebbe seguite.

“Va bene, allora cominciamo da lì”, dissi. “Parlami della tua ansia.”

Longilinea e aggraziata, teneva le gambe piegate sotto di sé.

“È iniziata alla scuola media”, rispose “e non ha fatto altro che peggiorare nel corso degli anni. L’ansia è la prima emozione che provo, quando mi sveglio al mattino. Trovare la wax pen è l’unica cosa che mi fa alzare dal letto.”

“La tua wax pen?”

“Sì, ora svapo. Prima fumavo spinelli e bong, pipe ad acqua, Sativa di giorno e Indica prima di andare a dormire. Ma ora mi piacciono i concentrati... cera, olio, budder, shatter, scissor, dustQWISO. Uso principalmente una penna per svapare, ma a volte un vaporizzatore da tavolo Volcano... non amo i cibi che contengono cannabis, ma li mangio nel corso della giornata, ogni tanto, oppure in caso di emergenza, quando non posso fumare.

 

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D sta per Dati

Incoraggiandola a dirmi qualcosa di più sulla sua wax pen, invitavo Delilah ad approfondire i dettagli essenziali della sua assunzione quotidiana di quelle sostanze. La mia conversazione con lei era guidata da uno schema, che ho sviluppato nel corso degli anni, per parlare con i pazienti che hanno problemi che dipendono dal consumo compulsivo.

Questo schema è facilmente memorizzabile grazie all’acronimo DOPAMINE, e può essere applicato non solo ai casi associati all’assunzione di sostanze convenzionali, come, per esempio, l’alcol e la nicotina, ma anche a quelli in cui si fa uso di altre sostanze, o si manifestano comportamenti, che determinano il rilascio di elevate quantità di dopamina.

Vale anche per le sostanze che ingeriamo in quantità eccessive e da troppo tempo, o semplicemente che vorremmo gestire in maniera poco penalizzante e un po’ meno complicata. Sebbene originariamente questo schema sia stato pensato per l’impiego nell’ambito della mia pratica professionale, l'ho usato anche con me stessa in relazione alle mie abitudini disadattative associate al consumo.

La D in DOPAMINE sta per dati. Anzitutto, comincio a farmi raccontare i semplici fatti associati al consumo della sostanza. Nel caso di Delilah, ero interessata a stabilire cosa stesse assumendo, in che quantità e con quale frequenza.

Quando si tratta di cannabis, l’elenco amplissimo di prodotti e di modalità di assunzione, peraltro indicati anche da Delilah, rappresenta lo standard che caratterizza, oggigiorno, i miei pazienti. Molti di loro hanno l'equivalente di un Ph.D. per quanto riguarda l’impiego della cannabis.

A differenza di quanto accadeva nel corso degli anni Sessanta del secolo scorso, quando la norma era l'uso ricreativo solo nei fine settimana, i miei pazienti iniziano a fumare nel momento in cui si svegliano, al mattino, e continuano per tutto il giorno, fino a quando vanno di nuovo a dormire.

Ciò è preoccupante da molti punti di vista, non ultimo il fatto che l’uso quotidiano è associato alla dipendenza.

Per quanto mi riguarda, ho iniziato a sospettare di essere al limite della “zona di pericolo” quando la lettura dei romanzi rosa ha iniziato a richiedere alcune ore al giorno e per dei giorni consecutivi.

 

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O sta per Obiettivi

“Cosa produce in te il fumo?” chiesi a Delilah. “In che modo ti aiuta?”

È l’unica cosa che funziona per la mia ansia”, rispose. “Senza non sarei in grado di funzionare... intendo dire, sarei ancora meno in grado di funzionare di quanto lo sia ora.”

Nel chiedere a Delilah di dirmi come la cannabis l’aiutasse, stavo confermando che aveva un effetto positivo, altrimenti non l'avrebbe usata.

La O in DOPAMINE sta per obiettivi in relazione all'utilizzo. Anche un comportamento apparentemente irrazionale è in qualche modo radicato in una “logica” personale. Le persone usano certe sostanze e manifestano comportamenti che determinano il rilascio di elevate quantità di dopamina per i più svariati motivi: divertirsi, adattarsi, alleviare la noia, gestire la paura, la rabbia, l’ansia, l'insonnia, la depressione, la disattenzione, il dolore, la fobia sociale... e l'elenco potrebbe continuare.

Ho usato i romanzi per sfuggire a quella che, per me, è una dolorosa transizione che dall’essere genitore di bambini piccoli mi ha condotto a occuparmi di adolescenti, un compito cui mi sentivo molto meno abile. Stavo anche alleviando il dolore per il fatto di non aver avuto un altro bambino, un evento che desideravo, ma che non interessava a mio marito, un fatto che ha creato una tensione nel nostro matrimonio, e nella nostra vita sessuale, che prima non c'era.

 

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P sta per problemi

“Qualche svantaggio del fumo? Conseguenze non gradite?”, chiesi.

“L'unica cosa negativa del fumo”, rispose Delilah, “è che i miei genitori mi stanno sempre addosso. Se mi lasciassero in pace, non ci sarebbe alcuno svantaggio.”

Mi fermai per osservare la luce del sole che luccicava sui suoi capelli. Era l’immagine della salute, nonostante assumesse più di un grammo di cannabis al giorno. La giovinezza, pensavo, compensa molto.

La P in DOPAMINE sta per problemi associati all'impiego. Le sostanze che determinano il rilascio di grandi quantità di dopamina generano sempre dei problemi. Problemi di salute. Problemi relazionali. Problemi morali. Se non subito, lo faranno in seguito.

Il fatto che Delilah non cogliesse aspetti negativi — tranne il-crescente conflitto tra lei e i suoi genitori — è tipico degli adolescenti... anche se non riguarda esclusivamente loro. Questa disconnessione si verifica per una serie di motivi.

Primo, la maggior parte di noi non è in grado di cogliere a pieno la portata delle conseguenze del consumo di sostanze mentre le sta ancora assumendo. Sostanze e comportamenti che determinano il rilascio di grandi quantità di dopamina offuscano la nostra capacità di valutare accuratamente le relazioni di causa ed effetto.

Come mi ha fatto notare una volta Daniel Friedman, un neuroscienziato che studia le pratiche volte alla ricerca del cibo delle formiche rosse raccoglitrici: “Il mondo è generoso sul piano sensoriale, ma è avaro per quanto riguarda la causalità.”

In altri termini, sappiamo che una ciambella, nell'immediato, ha un buon sapore, ma siamo meno consapevoli che mangiarne una ogni giorno, per un mese, aggiunge cinque chili di grasso al nostro addome.

In secondo luogo, i giovani, anche i forti consumatori, sono maggiormente immuni alle conseguenze negative associate all’uso di una sostanza. Come mi ha fatto presente un insegnante di scuola superiore: “Alcuni dei miei migliori studenti fumano erba ogni giorno.”

Con l’avanzare dell’età, tuttavia, le conseguenze indesiderate che dipendono dall’uso cronico finiscono per moltiplicarsi. La maggior parte dei miei pazienti si sottopongono volontariamente al trattamento quando hanno raggiunto la mezza età. Si rivolgono a me, perché hanno raggiunto una sorta di punto di svolta, in cui gli aspetti negativi associati all'assunzione di una sostanza superano quelli positivi.

Come dicono gli AA: “Non ne posso più di essere malato e stanco.” I miei pazienti adolescenti, al contrario, non sono né malatistanchi.

Nondimeno, far comprendere agli adolescenti alcune conseguenze negative che dipendono dall'assunzione della sostanza, mentre la stanno ancora usando, anche solo il fatto che ad altre persone ciò non piace, può essere un punto d’inizio per fare in modo che si decidano a smettere. Far sì che sospendano l’assunzione, anche solo per un periodo di tempo, è essenziale per far percepire loro la vera relazione di causa ed effetto.

 

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A sta per astinenza

“Ho un'idea in merito a quel che potrebbe aiutarti”, dissi a Delilah, “ma occorre che tu faccia qualcosa di veramente difficile.”

“Di cosa si tratta?”

“Vorrei che provassi a fare un esperimento.”

“Un esperimento?” chiese, chinando la testa di lato. “Vorrei che smettessi di usare cannabis per un mese.” Il suo volto rimase impassibile.

“Lasciami spiegare. In primo luogo, è improbabile che i trattamenti per l'ansia funzionino mentre si fuma così tanta cannabis. In secondo luogo, e soprattutto, c'è una rilevante possibilità che, se smetti di fumare per un mese intero, la tua condizione ansiosa migliori da sola.

Ovviamente, all’inizio ti sentirai peggio, a causa dell’astinenza. Ma se riesci a superare le prime due settimane, ci sono buone probabilità che, nei successivi quindici giorni, inizierai a sentirti meglio.”

Rimase in silenzio, quindi continuai a parlarle. Le spiegai che qualsiasi sostanza che stimola il nostro circuito di ricompensa, come, d’altra parte, è in grado di fare la cannabis, ha il potenziale per cambiare la baseline relativa all’ansia del nostro cervello.

Quella che ci pare una sorta di cura dell’ansia, prodotta dalla cannabis, potrebbe in realtà essere solo l’effetto dell’alleviamento dei sintomi di astinenza dopo l’ultima assunzione. In altri termini, in questa prospettiva la cannabis è la causa della nostra ansia, non già il rimedio. Tuttavia, l’unico modo per accertarlo è sospendere l'assunzione per un mese.

“Posso sospendere per una settimana?” mi chiese. “L'ho già fatto.”

“Una settimana sarebbe un buon inizio, ma, nella mia esperienza, un mese di solito è il tempo minimo necessario per compiere il reset del circuito della ricompensa del cervello. Se non ti senti meglio, dopo quattro settimane di astensione dal consumo, otterremo un'evidenza differente che rappresenta, comunque, un dato utile.

 

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Ciò indicherebbe che non è la cannabis a determinare tutto questo e, quindi, dovremmo considerare quale altra causa sia in gioco. Allora, cosa ne pensi? Credi di essere in grado, e disposta, a smettere di assumere cannabis per un mese?”

“Hmmm... non credo di essere pronta per provare a smettere ora, ma forse lo sarò tra qualche tempo. Di sicuro, non fumerò in questo modo per sempre.”

“Vuoi ancora usare la cannabis in questo modo tra dieci anni?”

“No. Neanche per sogno. Assolutamente no”, disse risolutamente, scuotendo la testa.

“Che ne dici di cinque anni a partire da ora?”

“No, neanche tra cinque anni.”

“Che ne dici di un anno?”

Fece una pausa, poi si mise a ridacchiare. “Credo che tu mi abbia convinto, Doc. Se non voglio assumere cannabis in questo modo tra un anno, potrei anche provare a smettere ora.”

Poi mi guardò, e sorrise: “Va bene, facciamolo.”

Nel chiedere a Delilah di considerare le sue manifestazioni comportamentali alla luce del suo futuro, ho sperato che il fatto di smettere di fumare si associasse a una nuova urgenza. Sembrava che avesse funzionato.

Data di Pubblicazione: 23 gennaio 2023

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