Anteprima del libro "Quello che i Ragazzi non Dicono" di Nan Coosemans
Martina, tredici anni
«Mi vedono ancora come una bambina»
Caro diario,
io e i miei genitori abbiamo sempre avuto un bel rapporto, ci siamo sempre detti tutto, ma sto crescendo e loro mi vedono ancora come la loro bambina, mio padre insiste sul fatto che non gli piace che io esca anche con i maschi e che mi fidanzi, mia madre fortunatamente di meno, ma insiste anche lei perché vuole sapere se mi piace qualcuno o se sono fidanzata. È una cosa che non tollero perché quando si inizia a essere più grandi si danno i primi baci, si fanno nuove esperienze e ogni volta che a me capita di fare nuove esperienze i miei genitori lo vengono a sapere e subito iniziano a fare domande per farmi raccontare tutto, ma non sono fatta così, la maggior parte delle ragazze odia parlare delle proprie cose ai genitori.
La situazione di Martina è comune a migliaia di ragazzi che stanno crescendo e lascia, di conseguenza, altrettanti genitori preoccupati. Avete tutto il diritto di allarmarvi, i figli sono il tesoro di ogni genitore, la cosa più importante della vita: è quindi comprensibile che la trasformazione da bambini a adolescenti spaventi non solo i ragazzi ma anche voi.
Ma che cosa succede nella testa degli adolescenti? Crescono, vogliono scoprire il mondo e si paragonano ai coetanei, e sappiamo bene che quello che fanno gli altri è molto importante per loro. I ragazzi conoscono il sesso opposto e di questi tempi lo sviluppo è molto più precoce che in passato. Mutano anche i vostri rapporti: parlare come facevate un tempo non è più una priorità, adesso i figli preferiscono confrontarsi con gli amici. Certo, è una grande prova per un genitore, è come se tuo figlio si fosse allontanato da te, ma non è così, è solo che ha voglia di scoprire il mondo in piena autonomia. Se non accetti questo cambiamento e ti rapporti a tuo figlio da genitore autoritario contrastando la sua esigenza di libertà, ciò che ti tornerà indietro sarà pura resistenza. Chiaramente una reazione del genere non è desiderabile: e allora cosa puoi fare? Semplicemente esserci, osservare e ascoltare. Non imporre le tue idee e non dare consigli come «È ancora presto» o altre frasi del genere, perché salire in cattedra non aiuta, ma anzi peggiora la situazione spingendo i giovani a prendere decisioni più estreme e a prenderle, per di più, alle tue spalle. Esserci, dare sicurezza e far sentire che credi in loro è l’approccio che porta i migliori risultati.
Se hai dei dubbi, pensa un attimo alla tua adolescenza: volevi condividere tutte le tue esperienze con i tuoi? Volevi sperimentare quel primo bacio e non vedevi l’ora di parlarne con i tuoi genitori?
A volte dimentichiamo di metterci nei panni dei nostri figli, e non ricordiamo più come ci comportavamo noi e come vivevamo la nostra fase adolescenziale.
Prova a rispondere a queste domande:
- Eri contento quando i tuoi genitori parlavano con gli insegnanti a tua insaputa?
- I tuoi genitori hanno mai detto cose che ti mettevano in imbarazzo?
- I tuoi genitori parlavano di te in tua presenza facendo finta che non ci fossi?
- Parlavano male di te in pubblico?
- Ti paragonavano ai tuoi fratelli o alle tue sorelle?
- I tuoi genitori ti ripetevano le cose mille volte?
- Ti accusavano per cose che non erano vere?
- Ti dicevano: «Ti conosco meglio di me stesso»?
- Ti dicevano: «Ai miei tempi si faceva così...»?
- Parlavano male dei tuoi amici?
- Ti coinvolgevano per aiutarli negli impegni e nell’organizzazione domestica?
- Ti sentivi ascoltato?
- Ti davano l’impressione di sapere sempre tutto, e di saperlo meglio di te?
- Avevi spazio per poter parlare?
- Ti davano consigli senza che tu li chiedessi?
Questi sono i punti dolenti che fanno soffrire gli adolescenti. Per loro è molto fastidioso sentirsi dire certe cose, e di sicuro non creano armonia all’interno del rapporto, ma resistenza.
Gran parte dei ragazzi ci dice: «I miei genitori non mi ascoltano mai; sono sempre al telefono o hanno una risposta pronta per tutto».
Sicurezza, ascolto e supporto sono le tre cose più importanti che puoi offrire ai tuoi figli. Tra queste, ascoltare è ciò in cui i genitori si trovano in maggiore difficoltà. Come puoi imparare ad ascoltare? In primo luogo, quando tuo figlio adolescente arriva a casa, approfitta del momento giusto per sederti con lui se hai l’impressione che abbia voglia di parlarti. Poi spegni il telefono e aspetta con calma se intuisci che il ragazzo ha bisogno di confrontarsi con te. In alcuni casi, per discorrere in tranquillità puoi proporre una passeggiata; in alternativa proponi di fare qualcosa insieme: due tiri al pallone, un giro di shopping.
Quando tuo figlio inizia parlare, se racconta qualcosa sulla professoressa, la fidanzata o altro, immagina di essere nei suoi panni, di essere di nuovo adolescente e come ti saresti sentito tu in quella situazione. E rispondi tenendo ben presente quel punto di vista, non offrire con la saggezza che hai oggi soluzioni pronte sul piatto. Se rispondi in un modo flessibile e aperto vedrai che si sentirà ascoltato. E ricorda: non sta aspettando un tuo consiglio se non te lo chiede, ha semplicemente bisogno di un momento di ascolto per sentirsi capito. Ci vuole un po’ di pratica in questo, perché in genere siamo abituati ad ascoltare per rispondere, non per capire. Ma chi ha detto che fare il genitore è facile come bere un bicchiere d’acqua?
(Se vuoi imparare di più sull’ascolto, scarica gratuitamente l’apposito video dal nostro sito, usando il link che trovi in fondo al libro.)
Sulla necessità dell’ascolto, ecco due lettere che offrono testimonianze interessanti su cui riflettere:
Gabriella, quindici anni
«Papà, prova ad ascoltarmi»
Cari genitori,
c’è una grande differenza tra «ascoltare» e «capire» e io so per certo che voi non sapete proprio ascoltare, specialmente tu, papà. La cosa più brutta di tutto ciò è che, siccome non mi ascoltate, di conseguenza non mi capite. Quindi non è che voi non siate capaci di capirmi, semplicemente non sapete ascoltare.
Secondo te perché non andiamo d’accordo? Perché litighiamo? Ma soprattutto, perché nella nostra famiglia tendiamo a urlare? I motivi possono essere molti ma con uno solo posso riassumere tutto: tu non sai ascoltare. Non dico che tu sia l’unico, in verità anch’io spesso sono la prima a non fare quello che mi chiedi, però penso che questa sia appunto una conseguenza del tuo «non ascoltare». Secondo te perché mi confido di più con la mamma? Perché non ti dico mai niente? Per questo. Ho quindici anni e so che tu capisci che la mia è un’età diffìcile dato che anche tu sei stato adolescente, però sembra che te lo dimentichi. So che tutti i genitori spesso fanno così, ma tu sei un caso particolare, mi interrompi quando parlo, non mi fai mai, e ripeto mai, finire una frase e questo mi fa troppo arrabbiare. Conta così poco per te quello che ho da dire? L’impressione che dai è proprio questa, eppure tu non te ne rendi nemmeno conto. Cavoli, ma non vedi che non mi hai mai fatto finire una frase? E pretendi pure che io ti ascolti? Dici sempre che per avere bisogna dare... okay, per avere il mio ascolto devi dare ascolto.
Una volta volevo una cosa con tutto il mio cuore. Non era una delle solite cavolate tipo un iPhone o un’uscita con gli amici, era qualcosa di molto più importante, ma tu ovviamente mi hai detto «No». Avevo provato a spiegarti perché ci tenevo così tanto, ma non mi hai ascoltata, come sempre d’altronde, lo non ho mollato e ti ho scritto una lettera in cui ti ho ridetto tutto ciò che non avevi voluto sentire. Ha funzionato perché alla fine tu hai capito e mi hai detto di sì. Quella è stata una grande soddisfazione per me, anche perché ti avevo mostrato come so scrivere, però non farò sempre così, non scriverò una lettera ogni volta che vorrò qualcosa. Papà, devi solo ascoltarmi quando ti spiego qualcosa. Non è difficile: devi solo ascoltare senza interrompere e mostrandoti interessato, non che quando ti parlo e tu per una volta stai zitto, non ci sei proprio con la testa perché fai altro. Secondo me tutto questo sarà utile a tutta la famiglia: urleremo meno, ci sarà meno stress, più serenità e armonia. In fondo siamo una bella famiglia e non ci manca niente, solo comunicazione. Con essa, secondo me, risolveremo più della metà dei nostri problemi.
Riccardo, diciassette anni
«Voglio dimostrare qualcosa a me stesso»
Cara mamma e caro papà, a volte vorrei che mi lasciaste risolvere i miei problemi da solo.
So che per voi è difficile non mettervi in mezzo, ma dovreste pensare che se non vi chiedo un aiuto c’è un motivo e quel motivo potrebbe essere che magari voglio dimostrare qualcosa a me stesso. Anche se so che voi per me ci siete sempre, allo stesso tempo so anche che non posso e non voglio vivere sotto uno scudo senza essere preparato al fatto che magari quello scudo un giorno non ci sarà più. A volte, anche se pensate di fare il nostro bene non facendoci fare le nostre cose da soli, agendo per conto vostro ottenete l’effetto contrario. Quindi vi chiedo, anche se per voi è difficile:
- dateci fiducia;
- credete in noi e fatecelo capire, in modo tale che saremo ancora più motivati a ricambiare quella fiducia che ci avete dato.
Questo testo è estratto dal libro "Quello che i Ragazzi non Dicono".
Data di Pubblicazione: 2 marzo 2018