Lascia che Si Sporchi - Anteprima del libro di B. Brett Finlay
I Bambini sono Caiamite per i Microbi
Microbi: uccidiamoli tutti!
I microbi sono le più piccole forme di vita sulla Terra. Comprendono batteri, virus, protozoi e altri organismi visibili solo al microscopio. I microbi sono anche le forme di vita più antiche e di maggiore successo, essendosi evolute ben prima di piante e animali (che a loro volta si sono evoluti da batteri). Benché invisibili a occhio nudo, svolgono un ruolo importantissimo. Esiste un numero sbalorditivo di batteri sulla Terra (5 x IO30, cioè 5 seguito da 30 zeri! Per fare un confronto, ci sono «solo» 7 x IO21 stelle nell’universo).
Presi tutti insieme, i microbi pesano più di tutte le piante e gli animali dell’intero pianeta. Possono vivere negli ambienti più difficili e inospitali, dalle valli secche dell’Antartide alle bollenti sorgenti idrotermali dei fondali marini; possono prosperare persino nelle scorie radioattive.
Ogni forma di vita sulla Terra è ricoperta di microbi, e questo dà origine a un rapporto complesso ma perlopiù armonioso, che fa della germofobia la più vana delle fobie. A meno di vivere in una bolla sterile, senza contatti con l’esterno (che è una soluzione limitata nel tempo, vedi «Il bambino nella bolla» a p. 18), non c’è modo di sfuggire alla vita microbica, perché il mondo è ricoperto da una patina di microbi. Per ogni cellula del nostro corpo ci sono dieci cellule batteriche che ci abitano, e per ogni gene delle nostre cellule ci sono centocinquanta geni batterici. Allora sorge spontanea la domanda: sono loro ad abitarci o è vero piuttosto il contrario?
Mentre si trova nel grembo materno, il bambino è praticamente sterile. Ma al momento della nascita riceve una forte carica di microbi, soprattutto dalla madre: un primo preziosissimo dono! In pochi secondi il bambino viene ricoperto di microbi attraverso le prime superfìci che tocca. I bambini nati per via vaginale incontrano i microbi vaginali e fecali, mentre quelli nati con taglio cesareo raccolgono i microbi della cute materna. Allo stesso modo, i bambini nati in casa sono esposti a microbi molto diversi da quelli nati in ospedale o in clinica. E in ogni casa, come in ogni ospedale o clinica, ci sono microbi diversi.
Perché tutto questo è importante? Fino a poco tempo fa quasi nessuno pensava che lo fosse. Prima, quando pensavamo ai microbi, soprattutto riguardo ai bambini, li consideravamo solo come potenziali minacce e ci preoccupavamo di come sbarazzarcene, e questo non sorprende. Nel secolo scorso abbiamo sperimentato i benefìci di progressi medici che hanno drasticamente ridotto il numero e la gravità delle infezioni di cui l’umanità soffriva da sempre. Tra questi possiamo citare gli antibiotici, gli antivirali, le vaccinazioni, l’acqua clorata, la pastorizzazione, la sterilizzazione, i prodotti alimentari privi di agenti patogeni, nonché il buon vecchio e accurato lavaggio delle mani. Negli ultimi cent’anni la ricerca si è concentrata su come sbarazzarsi dei microbi. Il motto era: «L’unico microbo buono è un microbo morto».
Indubbiamente, questa strategia ci ha molto giovato. Oggi morire per un’infezione microbica è un evento assai raro nei Paesi sviluppati, mentre appena un secolo fa decine di milioni di persone in tutto il mondo morirono in appena due anni a causa del virus influenzale H1N1, più noto come «influenza spagnola». Siamo diventati così efficienti nell’evitare infezioni che la comparsa di un pericoloso ceppo di Escherichia coli in una partita di carne di manzo, o di Listeria monocytogenes in una derrata di spinaci, porta a massicci ritiri della merce e a severi divieti di esportazione, con relativa isteria dei media.
I microbi ci spaventano a morte, e giustamente, dal momento che alcuni sono davvero pericolosi. Di conseguenza, con pochissime eccezioni attentamente controllate come lo yogurt o la birra, spesso pensiamo che la presenza di microbi in qualcosa renda quel qualcosa nocivo all’uso umano. La magica parola «antimicrobico» fa vendere di più, se riportata sull’etichetta di saponi, detergenti, creme di bellezza, prodotti per la pulizia, conservanti alimentari, materie plastiche e persino tessuti. In realtà, solo un centinaio di specie microbiche causa malattie negli esseri umani; la stragrande maggioranza delle migliaia di specie che ospitiamo non crea alcun problema, anzi, sembra fornirci notevoli benefìci.
A prima vista, la nostra battaglia contro i microbi, insieme ad altri progressi della medicina, ha sicuramente dato i suoi frutti. Nel 1915 la vita media negli Stati Uniti era di cinquantadue anni, una trentina d anni in meno rispetto a oggi. Nel bene e nel male, oggi siamo quasi quattro volte di più di quanti eravamo un secolo fa, il che si traduce in una crescita incredibilmente accelerata. In termini evolutivi abbiamo vinto il jackpot. Ma a quale prezzo?
La vendetta dei microbi
L’incidenza delle malattie infettive è fortemente diminuita dopo la comparsa degli antibiotici, dei vaccini e delle tecniche di sterilizzazione. Tuttavia, nei Paesi sviluppati si è registrata un’esplosione di patologie non infettive croniche. Ne sentiamo parlare in continuazione, dato che sono molto comuni nei Paesi industrializzati, dove le alterazioni del nostro sistema immunitario svolgono un ruolo importante nel loro sviluppo. Tra queste ci sono il diabete, le allergie, l’asma, le malattie infiammatorie croniche intestinali (IBD, inflammatory bowel disease), le malattie autoimmuni, l’autismo, alcuni tipi di cancro e persino 1 obesità. L’incidenza di alcuni di questi disturbi raddoppia ogni dieci anni, e stanno iniziando a comparire in età sempre più precoce, spesso già durante l’infanzia. Sono le nostre nuove epidemie, la nostra moderna peste bubbonica. (Per contro, queste patologie sono rimaste a livelli assai più bassi nei Paesi in via di sviluppo, dove le malattie infettive e la mortalità infantile sono ancora i problemi più gravi.) La maggior parte di noi conosce qualcuno che soffre di almeno una di queste malattie croniche; data la loro diffusione, i ricercatori hanno concentrato la loro attenzione sui fattori che le provocano. Oggi sappiamo che, sebbene tutte queste malattie abbiano una componente genetica, la loro crescente pervasività non può essere spiegata soltanto con la genetica. I nostri geni non possono essere cambiati così tanto in appena due generazioni; il nostro ambiente invece sì.
Circa un quarto di secolo fa, un breve articolo scientifico pubblicato da un epidemiologo londinese suscitò molto interesse. Il dottor David Strachan ipotizzò che la mancata esposizione a batteri e parassiti, in particolare durante l’infanzia, potesse essere la causa del rapido aumento dei casi di allergia, in quanto impedirebbe il corretto sviluppo del sistema immunitario. Questa ipotesi venne poi definita «ipotesi igiene», e un crescente numero di studi l’ha esplorata per capire se poteva spiegare l’eziologia di molte malattie, non solo allergiche. Ora disponiamo di una grande quantità di prove a sostegno dell’ipotesi di Strachan, e le esamineremo nei prossimi capitoli. Ciò che resta poco chiaro è quali precisi fattori siano responsabili di questa carenza di esposizione microbica.
Nel suo studio sulle allergie, Strachan concludeva che «le sempre più esigue dimensioni della famiglia, le migliorie introdotte nei servizi igienici domestici e i più elevati standard di pulizia personale» avevano contribuito alla riduzione del contatto con i microbi. Se questo è vero, ci sono però anche altri cambiamenti nella vita moderna che hanno ridotto la nostra esposizione ai microbi. Uno di questi è attribuibile all’uso e abuso di antibiotici, progettati per uccidere indiscriminatamente i microbi batterici. Senza dubbio, quella degli antibiotici è una delle grandi scoperte del XX secolo, se non la più grande, e ha segnato uno spartiacque nella medicina moderna. Prima il 90% dei bambini moriva se contraeva la meningite batterica; ora la maggior parte guarisce, se trattata precocemente. Prima una semplice infezione all’orecchio poteva propagarsi al cervello, causando danni gravissimi, se non addirittura la morte. E senza antibiotici la maggior parte delle operazioni moderne non sarebbe neppure immaginabile. L’uso degli antibiotici, tuttavia, è troppo inflazionato: solo tra il 2000 e il 2010 si è registrato un aumento del 36% in tutto il mondo, un fenomeno che sembra seguire la traiettoria della crescita economica di Paesi come Russia, Brasile, India e Cina. Un aspetto preoccupante di questi numeri è che il ricorso agli antibiotici registra dei picchi durante le infezioni da virus influenzale, benché gli antibiotici non siano efficaci contro le infezioni virali (sono progettati per uccidere i batteri, non i virus).
Gli antibiotici sono anche ampiamente utilizzati come integratori della crescita negli allevamenti statunitensi. Somministrare a bovini, suini e altri animali da allevamento basse dosi di antibiotici provoca un significativo aumento del loro peso, e di conseguenza un aumento della resa di carne per singolo capo. Questa pratica è vietata in Europa (non l’utilizzo di antibiotici a scopo terapeutico, che rimane massiccio), ma è ancora legale in Nordamerica. Pare che l’uso eccessivo di antibiotici negli esseri umani, in particolare nei bambini, stia riproducendo ciò che accade negli animali da allevamento, cioè un aumento di peso. Un recente studio condotto su sessantacinquemila bambini statunitensi ha mostrato che a oltre il 70% di loro erano stati prescritti antibiotici prima dei due anni, e che entro i cinque anni avevano compiuto in media undici cicli di antibiotici. Dato preoccupante, i bambini che avevano compiuto quattro o più cicli di antibiotici nei primi due anni di vita erano il 10% più a rischio di diventare obesi. In un altro studio, epidemiologi dei Centers for Disease Control and Prevention (CDC, Centri per la prevenzione e il controllo delle malattie) hanno rilevato che gli Stati americani con i più alti tassi di uso di antibiotici registrano anche una maggiore percentuale di obesi.
Sebbene questi studi non abbiano dimostrato che gli antibiotici causano direttamente obesità, la coerenza di tali correlazioni, così come di quelle osservate nel bestiame, ha spinto gli scienziati ad approfondire le ricerche. Ciò che hanno scoperto è sorprendente: un semplice trasferimento di batteri intestinali da topi obesi a topi germ-free (privi di germi) ha reso obesi anche questi ultimi!
Abbiamo sentito dire che molti fattori portano all’obesità: la genetica, le diete ad alto contenuto di grassi o di carboidrati, la mancanza di esercizio fisico eccetera. Ma i batteri, è mai possibile? Questa tesi ha sollevato scetticismo persino tra i peggiori fanatici di microbiologia, ovvero quelli che tendono a pensare che i batteri siano al centro del mondo. Tuttavia, esperimenti simili sono stati ripetuti in tanti modi diversi, e le prove sono state sempre molto convincenti: la presenza o l’assenza di certi batteri nei primi anni di vita contribuisce a determinare il nostro peso pili avanti nella vita.
Ancora più preoccupanti sono ulteriori ricerche che dimostrano come modificare le comunità batteriche che ospitiamo nel nostro corpo influisca non solo sull’aumento di peso e sull’obesità, ma anche su molte altre malattie croniche, nelle quali prima non sospettavamo che i microbi potessero avere un ruolo.
L’asma e le allergie
Prendiamo per esempio l’asma e le allergie. Siamo tutti testimoni della rapida crescita del numero di bambini affetti da queste due malattie correlate. Solo una generazione fa era piuttosto raro vedere bambini con inalatori per l’asma nelle scuole. Oggi il 13% dei bambini canadesi, il 10% di quelli statunitensi e il 21% di quelli australiani soffrono di asma. E l’allergia alle arachidi? Era straordinariamente rara, ma adesso è così frequente e grave da averci costretto a garantire la totale assenza di arachidi e loro derivati in scuole e aerei. Come per le ricerche sull’obesità, è ormai evidente che l’assunzione di antibiotici nella prima infanzia è associata a un aumento del rischio di asma e allergie.
Il nostro laboratorio all’Università della British Columbia, in Canada, si è molto interessato a questo problema e ha deciso di condurre un semplice esperimento. Com’era stato osservato con gli esseri umani, somministrare antibiotici a piccoli di topo li rendeva più suscettibili all’asma, ma ciò che abbiamo osservato in seguito ci ha lasciati esterrefatti: se gli stessi antibiotici venivano somministrati ai topi quando ormai erano stati svezzati e non erano più affidati alle cure materne, non si riscontravano effetti sulla suscettibilità all’asma. Sembrava quindi esistere una finestra di tempo critica, nei primi mesi di vita, in cui gli antibiotici avevano un effetto sullo sviluppo dell’asma. Se somministrato per via orale, l’antibiotico da noi scelto (la vanco-micina) uccideva solo i batteri intestinali, e non veniva assorbito nel sangue, nei polmoni o in altri organi. Tale risultato implicava che il cambiamento indotto dall’antibiotico nei batteri intestinali causava 1’aggravarsi dell’asma, una malattia dei polmoni! Questo esperimento, e altri condotti in numerosi laboratori, sono giunti alla stessa conclusione: modificare i microbi che vivono all’interno del corpo all’inizio della nostra vita può avere effetti deleteri sulla nostra salute nel corso dell’intera vita. La scoperta che questo primo periodo della vita è tanto importante e vulnerabile ci suggerisce quanto sia fondamentale identificare i fattori ambientali che disturbano le comunità microbiche che ci abitano durante l’infanzia.
Uno di questi fattori è stato osservato confrontando bambini cresciuti in campagna con altri cresciuti in città. Diversi studi hanno dimostrato che l’esposizione a un ambiente agricolo rende i bambini, persino quelli con un’anamnesi famigliare di asma, meno suscettibili a sviluppare la malattia. I bambini che crescono in un ambiente agricolo sono molto più esposti al contatto con gli animali, alla vita all’aria aperta e a molto più sporco (e feci!), tutti fattori che notoriamente stimolano il sistema immunitario. Una fase cruciale della formazione e dello sviluppo del sistema immunitario ha luogo proprio nei primi anni di vita. L’asma, caratterizzata da iperattività del sistema immunitario, sembra avere una maggiore probabilità di svilupparsi in un bambino poco esposto a tali stimolanti del sistema immunitario. Pulendo eccessivamente gli ambienti in cui vivono i nostri figli, infatti, impediamo al loro sistema immunitario di maturare com’è avvenuto per milioni di anni, cioè in presenza di molti microbi.
Per i nostri antenati la vita comportava una massiccia esposizione a microbi provenienti dall’ambiente, dal cibo, dall’acqua, dalle feci e da innumerevoli altre fonti diverse. Confrontate quello stile di vita con il nostro, in cui la carne si acquista in vaschette di polistirolo sterilizzate e avvolte nella pellicola trasparente, e l’acqua viene trattata ed elaborata fino a essere pressoché priva di microbi.
Questo testo è estratto dal libro "Lascia che Si Sporchi".
Data di Pubblicazione: 29 settembre 2017