ECOLOGIA E AGRICOLTURA   |   Tempo di Lettura: 8 min

Barf la Dieta Naturale per il Tuo Cane - Anteprima del libro di Petra Rus e Enio Marelli

Leggere le etichette

Leggere le etichette

Leggere e capire le etichette sulle confezioni del cibo per animali è un’impresa complessa, resa volutamente tale dal fatto che nessuna legge impone al produttore di dichiarare le condizioni di freschezza e digeribilità di ogni singolo ingrediente. Leggendo la storia di tutti i ritiri di prodotti dagli anni Ottanta a oggi viene da chiedersi come sia possibile nascondere certi veleni nel cibo per animali e quali siano gli obblighi dei produttori.

Come abbiamo visto, il produttore non è quasi mai l’azienda, spesso multinazionale, che commercializza il cibo sotto uno dei suoi marchi. Le principali multinazionali del cibo per animali sono, in ordine di grandezza: Mars Petcare Ine; di cui fanno parte i marchi Pedigree e Royal Canin oltre a Iams ed Eukanuba; Nestlé Purina Petcare con i marchi Purina One, Purina Pro Pian, Purina Dog Chow e Purina Veterinary Diet; Colgate Palmolive con Hill’s Pet Nutrition e tutte le sue formulazioni e diete veterinarie.

Procter & Gamble è stata fino a poco tempo fa uno dei principali protagonisti di questo mercato. All’inizio del 2014 ha venduto i marchi Iams ed Eukanuba - ovvero l’80 per cento del suo comparto «animali domestici» - alla Mars Petcare Ine; e il rimanente 20 per cento (fra cui anche i marchi Iams ed Eukanuba per l’Europa) alla Spectrum Brands Holding Ine; uscendo di fatto dal mercato del pet food e dichiarando di volersi concentrare esclusivamente sui suoi prodotti core.

Anche da questa rapidissima panoramica è facile intuire che i marchi non corrispondono ai produttori, i quali con tutta probabilità sono sparsi per il mondo e restano del tutto sconosciuti. Le grandi aziende «mettono la faccia», per così dire, oltre a svariati milioni di euro in marketing e pubblicità per vendere il prodotto. Che cosa sia precisamente questo prodotto non è facile da stabilire, soprattutto perché le leggi sulle etichettature rispondono alle norme del Paese di produzione, che non è necessariamente il Paese in cui il prodotto viene venduto. In Italia la legge permette al produttore di definire un cibo «con salmone» se contiene anche solo il 4 per cento di quell’ingrediente.

Non viene peraltro dichiarato da quale Paese proviene quel 4 per cento di salmone, in quali condizioni arrivi allo stabilimento dove viene processato né quali parti dell’animale siano state usate. Evidentemente il processo di cottura ed estrusione ad altissime temperature, oltre a uccidere i batteri, uccide anche tutti (o quasi) i principi nutritivi; considerando che le vitamine e i minerali di sintesi aggiunti sono numerosissimi, non è difficile immaginare che quel poco che resta del salmone, una volta trasformato in crocchette o scatolette, non contiene granché in termini di valore nutritivo.

Sicurezza

Per quanto riguarda la sicurezza che la cottura della «carne» ad alte temperature dovrebbe garantire, c’è da nutrire forti dubbi, visti i richiami anche molto recenti per contaminazione da salmonella (un esempio su tutti, il ritiro dal mercato di Purina One Beyond, gruppo Nestlé, avvenuto nell’agosto del 2014). La salmonella tra l’altro è lo spauracchio che i veterinari e i consulenti delle aziende di cibo per animali agitano di fronte a chi si dichiara a favore di un’alimentazione a base di carne cruda. Il fatto è che la salmonella si trasmette attraverso il contatto con le feci, quindi in condizioni di scarsa igiene; queste condizioni sono rare nelle macellerie che vendono carne per uso umano, ma evidentemente abbastanza frequenti negli impianti di lavorazione del cibo industriale, a giudicare dai numerosi ritiri di cibo per contaminazione da salmonella avvenuti negli ultimi vent’anni.

Oltre a basse percentuali di carne, i cibi industriali per cani contengono moltissime farine di cereali, economiche e voluminose, nonché una gran quantità di proteine del riso, cioè proteine vegetali ricche di aminoacidi, aggiunte per aumentare la qualità proteica dei cibi cotti ad alte temperature, altrimenti poveri sotto il profilo nutrizionale. Queste proteine, assorbite molto rapidamente dall’organismo, possono causare vomito o diarrea se assunte a dosi elevate.

Farine

Nelle etichette le farine sono spesso presentate divise per tipo: di riso, di grano e di mais. Quest’ultimo è uno degli ingredienti più controversi, perché viene attaccato molto facilmente dalle micotossine, funghi e muffe letali e capaci di sopravvivere anche ad alte temperature.

Per quale motivo le farine non compaiono sotto un’unica voce? La legge vuole che i singoli ingredienti vengano elencati in base al peso che hanno nella composizione del mangime. Se le diverse farine fossero elencate tutte insieme emergerebbe con estrema chiarezza che la maggior parte del cibo per animali, anche di qualità premium, è composta da cereali.

E sappiamo bene che somministrare a un carnivoro un cibo composto principalmente da farine di cereali non è la scelta migliore: riuscite a immaginare un cane randagio o un lupo affamato attaccare un campo di mais? No, ma sicuramente abbiamo visto tutti un cane rincorrere una gallina, e probabilmente anche azzannarla.

Fra gli altri ingredienti si trovano le «proteine animali idrolizzate», ovvero proteine animali non meglio specificate sottoposte a reazioni di idrolisi che, come effetto collaterale, producono il famigerato glutammato monosodico (chiamato anche E621). Si tratta di un esaltatore del gusto, il principale ingrediente dei dadi da brodo, che negli alimenti destinati agli esseri umani è stato collegato ad alcune dipendenze, tuttavia aggiunto al mangime per animali non deve essere obbligatoriamente dichiarato.

Gli antiossidanti

Gli antiossidanti, invece, sono conservanti chimici che hanno la funzione di evitare che i grassi e gli oli contenuti nel cibo irrancidiscano. In realtà la vitamina E sarebbe un buon conservante naturale, ma è decisamente troppo costosa, quindi al suo posto troviamo BHA (E320) e BHT (E321 ), entrambi considerati cancerogeni, ed E202, irritante per la pelle, per gli occhi e per le vie respiratorie. Anche per gli antiossidanti non vige l’obbligo che vengano riportati sull’etichetta; le leggi della Comunità Europea al riguardo impongono alle aziende solo l’obbligo di rispondere a eventuali domande che i consumatori potrebbero rivolgere per ottenere maggiori informazioni.

Infine ci sono gli appetizzanti, formulazioni chimiche senza le quali l’odore e il sapore di un cibo che ha attraversato troppi processi non avrebbe più nulla di attraente per un carnivoro. Nonostante gli appetizzanti non vengano citati nelle etichette, l’industria che li produce è enorme, ricchissima e costantemente aggiornata sulla chimica dei sapori.

A queste brevi considerazioni sulle etichette aggiungiamo altri due elementi che emergono sempre nel momento in cui si parla di mangimi per cani. Il veterinario consiglia quasi sempre le crocchette in quanto «cibo bilanciato»; inoltre sconsiglia di cambiare spesso marca o tipo di crocchette perché i cambiamenti provocherebbero problemi intestinali ai cani.

Che cosa si intende per cibo bilanciato? 

Che cosa si intende per cibo bilanciato? Un cibo in cui siano presenti tutti i nutrienti necessari. Ammesso che una cosa simile possa esistere, noi esseri umani siamo i primi a contravvenire a questa indicazione. Chi di noi infatti può affermare di assumere ogni giorno tutti i nutrienti necessari? Il bilanciamento di una dieta avviene nell’arco del tempo, e il corpo si adatta. Ci sono giorni in cui si mangia più frutta e giorni in cui invece la si evita. L’importante è garantire la varietà e fare in modo che non ci siano gruppi di alimenti che vengono sempre scartati, per non creare carenze.

Perché allora al cane si dovrebbero dare sempre, a ogni pasto, tutti i nutrienti? Inoltre, dando sempre le stesse crocchette, nel tempo si finisce col somministrare enormi quantità degli stessi ingredienti, di cui non sappiamo quasi nulla, che spesso sono ammessi solo in dosi minime perché tossici e che negli anni si accumulano nel corpo in abbondanza.

È vero che i cani hanno problemi intestinali quando si introduce un alimento diverso; d’altronde, chi non li avrebbe se per anni mangiasse tutti i giorni sempre la stessa cosa e improvvisamente cambiasse? Perché quando pensiamo a noi ragioniamo in un modo, e quando pensiamo al cane in un altro?

Il cane è una specie antica, nata e vissuta in un tempo in cui i cibi industriali non esistevano, e proprio com’è accaduto all’uomo con ogni probabilità non ha migliorato le sue condizioni di salute grazie al cibo confezionato.

Il solo vero elemento caratterizzante del cibo industriale è la sua comodità; ma in fondo non sarebbe più comodo anche per noi ingurgitare qualche pastiglia lasciandola cadere da un barattolo?

Questo testo è estratto dal libro "Barf la Dieta Naturale per il Tuo Cane".

Data di Pubblicazione: 2 ottobre 2017

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