Le mani sono strumenti essenziali della nostra vita. Scopri come prenderti cura di loro in modo semplice, leggendo l'anteprima del libro di Michael Lehnert.
Come prendersi cura della salute delle mani ogni giorno
Una grande passione
In ciascuna mano ci sono 27 ossa, più 30 muscoli e innumerevoli legamenti che mi tengono ancorato alle mani da metà vita a questa parte.
Le mani delle altre persone sono le compagne costanti della mia carriera professionale. Non vogliono lasciarmi andare. Sono medico da circa trent’anni, specializzato, oltre che appassionato, in chirurgia della mano.
Se dovessi ridurre tutti questi anni a un postulato applicabile a ogni paziente, sarebbe questo: le mani sono incredibilmente importanti.
Mi trovo sempre davanti a pazienti che mi dicono: “Si prenda la gamba ma, la prego, mi salvi la mano...”. Come non capirli. Ovviamente questa non è una richiesta da prendere alla lettera. Si vive meglio conservando entrambe le gambe, tuttavia sarebbe possibile farne a meno.
Ma se sono le mani a mancare, o se la loro funzionalità è limitata, la vita si complica. Probabilmente è per questo che sono innamorato delle mani già da un po’.
Mi innamoro anche delle donne e naturalmente amo i miei figli. Finora, però, la relazione più lunga della mia vita è quella con le mani, sia le mie sia quelle degli altri. So che a qualcuno può sembrare una cosa astrusa, ma per me e per tutti quelli che mi conoscono, l'anatomia della mano è assolutamente normale. Il funzionamento delle mani mi ha sempre affascinato. L'ha sempre fatto, lo fa ancora e sempre lo farà.
Non ha eguali il modo in cui la natura è stata in grado di riunire con armonia e precisione cosi tanti elementi anatomici distinti tra loro. Allo stesso tempo, la mano la dice lunga sull’essere umano. Con le mani riusciamo a esprimerci anche senza dire una parola. Possiamo “vedere” con le mani, anche se non siamo ciechi e le nostre mani, quindi, non sono appositamente addestrate per supplire a questa mancanza. Possiamo esprimere emozioni, e di solito lo facciamo senza nemmeno saperlo.
L'importanza del benessere delle mani
Le nostre mani sono molto più di dieci dita e proprio in virtù di tutte queste loro facoltà è bene che siano sane. Le mani dicono molto anche di una persona. Ci sono studi che dimostrano come si possano trarre conclusioni sul carattere basandosi sulle dita. La cura delle mani, il loro stato e le loro proporzioni permettono anche di trarre conclusioni precise sulla persona a cui appartengono.
Perché chi trascura le proprie mani, sicuramente non presta molta attenzione al corpo in generale. La cosa peggiore che possiamo fare alle nostre mani è non apprezzarle e non riuscire a trovare un equilibrio tra impurità naturale e igiene innaturale: possiamo alterare la flora cutanea al punto da ammalarci proprio attraverso le mani. Per me è quasi altrettanto grave constatare quanto trascuriamo la gamma di utilizzo delle nostre mani.
Nella vita quotidiana, usiamo solo circa il 30 per cento della loro possibilità di movimento. Molte delle loro abilità oggi sono un lusso. Abbiamo dimenticato come toccare e sentire. E stiamo perdendo sempre più forza nelle mani perché pretendiamo da loro sempre meno.
Sostenere, spingere, afferrare, stringere sono tutte azioni che difficilmente rientrano nella nostra quotidianità. La vita è diventata troppo facile per le mani. Ormai facciamo tutto con il telefono cellulare, che dovrebbe semplificarci la vita, ma anche lo smartphone sta diventando troppo pesante da reggere.
In passato restavamo ore seduti sul divano con il ricevitore del telefono in mano o, per quanto mi riguarda, incastrato tra la spalla e l'orecchio. Riconosco che quest’ultima affermazione non piacerà ai chirurghi ortopedici, ma fa lo stesso. Tenere un telefono in mano per mezz’ora, un’ora intera o anche diverse ore rappresentava un certo tipo di allenamento. Ma oggi persino questo è diventato troppo faticoso per molte persone, anche se gli smartphone sono sempre più leggeri. Allora cosa facciamo? Smettiamo di tenere in mano il cellulare e preferiamo effettuare chiamate utilizzando le cuffie o gli auricolari Bluetooth, se non addirittura attivando la modalità viva-voce.
E le mani? Si indeboliscono sempre più. Molti pazienti si rivolgono a me perché non riescono più ad alzare o abbassare le veneziane, ad aprire o chiudere finestre e rubinetti. Come mai? Semplice: hanno dimenticato come si fa. La forza delle mani di molte persone sta diminuendo in modo allarmante.
La forza delle mani nella vita quotidiana
Eppure le mani e soprattutto la loro forza sono fondamentali. Le capacità delle mani, in particolare quella di far ruotare il pollice intorno alle altre dita - cioè di “opporsi” - alla fine sono ciò che ci distingue dalla scimmia. L'opposizione è tutto non solo in politica, ma anche per le mani! Allora io ho scelto di schierarmi dalla parte delle mani. Ai miei occhi, la chirurgia della mano è così eccitante perché come medico posso dedicarmi sia alle malattie che i pazienti hanno acquisito nel corso della vita sia alle lesioni improvvise. Dopo solo un breve periodo di lavoro, sono stato in grado di aiutare persone con arti parzialmente o completamente amputati.
Salvare vite è una cosa buona e giusta. Ma a lungo termine, rendere più facile la vita quotidiana dei miei pazienti è maggiormente tangibile e soddisfacente. Ricucire le dita al pronto soccorso è diventato uno dei miei hobby. E non solo a Capodanno.
A proposito: sappiate che chi perde una o più dita a causa dei petardi o di una sega circolare non sempre può essere aiutato. Con questo tipo di lesioni - che siano autoinflitte o meno - spesso il trauma subito dai vasi sanguigni è talmente grave che anche il più abile dei chirurghi non potrà garantire un trattamento efficace e quindi il successo dell’intervento.
Il primo intervento in chirurgia della mano
Ma allora esistono davvero i cosiddetti “incidenti ottimali’? Sì! Personalmente prediligo i tagli a ghigliottina, netti, con scarso trauma a carico dei tessuti. Dita perse in questo modo possono essere ricucite meravigliosamente. Paziente fortunato, chirurgo fortunato, mano fortunata.
Al contrario, le persone che hanno la mano lesionata da un petardo spesso presentano tutta una serie di problemi, senza contare il fatto che il più delle volte arrivano da noi ubriache e poco lucide. Lo ripeto ancora una volta: non siamo in grado di guarire tutti i pazienti.
E nemmeno la medicina lo è. Solo il corpo può guarire se stesso. Noi medici possiamo solo far funzionare le cose in modo che ciò avvenga, tutto qui. Ricordo ancora la mia prima paziente in chirurgia della mano. Una giovane donna lei, un giovane medico io: entrambi volevamo più di quanto fosse possibile. Scavalcando un cancello, le si era impigliato l'anello e vi era rimasta appesa. Purtroppo incidenti come questo accadono di frequente sia a donne sposate che non sposate e anche la grandezza dell’anello gioca un ruolo importante.
Nel cosiddetto caso di “lesione da anello”, spesso il dito risulta amputato all’altezza dell’articolazione intermedia perché i tessuti molli vengono strappati.
In tedesco, in realtà, non esiste un nome vero e proprio per questo tipo di lesione. Gli inglesi la chiamano deglovement, ossia lesione da sguantamento. Vista la gravità e la crudezza del tipo di ferita, trovo che sia un modo molto delicato per descrivere la situazione. Quando una giovane donna (credo avesse ventitré anni) rischia di perdere l’anulare e non è ancora sposata, va comprensibilmente nel panico.
Ma con tutta l’empatia possibile, in questo caso un medico deve dire: non funzionerà. In quel caso, le ferite erano talmente gravi e i vasi sanguigni talmente compromessi che il dito non poteva essere salvato. Ci provai lo stesso. E me ne pentii. Non funzionò. Furono scene drammatiche. Alla fine il dito fu amputato.
Non sono riuscito a togliermi dalla testa questo infausto destino per molto tempo.
E probabilmente mi ricordo ancora di questa donna, a migliaia di pazienti di distanza, perché è stata la mia “prima volta”. Perché l’emergenza, l’intervento e il fallimento si sono succeduti rapidamente l'uno all’altro. All'inizio, fu lo sport ad aiutarmi a elaborare queste esperienze e a dimenticare le immagini che le accompagnavano. In seguito, sono stati i momenti con la famiglia e i figli a darmi il sostegno necessario.
I miei figli mi hanno anche reso più consapevole di tutto quello che può capitare nella vita. Ricordo ancora gli istanti in sala parto quando il ginecologo mi chiese di controllare le mani dei miei figli per assicurarmi che fosse tutto a posto.
Anche se, per ovvie ragioni, le mani sono una costante nella mia vita, continuo a stringerle con entusiasmo alle persone al di fuori del mio studio, ma non posso eliminare il medico che è in me, mentre lo faccio. Così, quando avverto che il mignolo o l’anulare della persona che ho di fronte non si è mosso correttamente nella mia stretta, spesso sono tentato, almeno a livello mentale, di fare una breve diagnosi o di chiedere se forse non dovrei dare un’occhiata. Osservo anche con grande interesse come e con quali dita la gente digita sul proprio smartphone. Questi piccoli episodi di vita quotidiana stimolano costantemente le mie capacità diagnostiche.
Prendersi cura delle mani ogni giorno
Un altro esempio: mi accorgo relativamente in fretta durante i saluti, se le persone sudano eccessivamente sulle mani. Ѐ un problema che riguarda molti pazienti ed è causa di sofferenza per loro. Nella maggior parte dei casi, queste mani possono e devono essere curate. Quindi non sono mai libero dalle diagnosi. Di sicuro c'è sempre un pizzico di divertimento — mi piace comprendere il mio interlocutore.
Di contro, devo anche prendermi molta cura delle mie stesse mani. Evito tutto ciò che potrebbe danneggiarle. Faccio molta attenzione quando utilizzo degli attrezzi. Non perché ho due mani sinistre. Un errore con il martello, una mossa sbagliata con la pialla, e le conseguenze per le mie mani sarebbero incalcolabili. Nei peggiori dei casi non potrei più muoverle e lavorare.
Per quanto mi riguarda, non inizierei a salire su uno snowboard a più di 50 anni. Nella mia professione, le fratture alle mani che si possono subire in un incidente sportivo non sarebbero né la rottura del collo né delle gambe, ma, nel peggiore dei casi, la fine della carriera. E ammetto che, quando succede, sto attento a non sbattere la porta solo per evitare che le mie dita ci finiscano in mezzo.
Non sono ancora arrivato così in alto come il mio illustre collega prof. Sauberbruch, inventore delle protesi della mano che portano il suo nome, perché non esistono cose come la sezione di Lehnert o la mano di Lehnert. Tanto meno il dito di Lehnert. E, onestamente, non volevo nemmeno tagliarmi una mano per avere un posto nella storia della medicina.
Tuttavia, e sono orgoglioso di questo, posso affermare di essere stato pioniere di una tecnica chirurgica mininvasiva per il cosiddetto morbo di Dupuytren alla mano.
Guillaume Dupuytren (1777-1835) è stato un collega francese che nel 1831 parlò per la prima volta ai suoi studenti di questa malattia del tessuto connettivo della mano e per comodità le assegnò direttamente il proprio nome. Questa patologia è nota anche come malattia del portaborse o del cocchiere; in realtà colpisce tutte le categorie professionali indistintamente e non sono poche le persone che ne soffrono.
Questa condizione comporta una crescita del tessuto di fascia sotto la pelle del palmo e delle dita, che causa una grave restrizione del movimento con il risultato che le dita non possono più essere distese, In passato, la mano doveva essere sottoposta a intervento chirurgico e completamente aperta, cosa che richiedeva un processo di guarigione molto lungo e doloroso.
Nei primi anni Quaranta, fu sperimentata per la prima volta un’operazione con una tecnica ad ago. A quel tempo però, il metodo non riuscì a imporsi per vari motivi. Poco più di dieci anni fa, ho ripreso da dove la pratica era stata interrotta e sono riuscito a ottenere ottimi risultati.
Tuttavia ho dovuto eseguire molte operazioni sulla mano aperta per poter padroneggiare quelle sulla mano chiusa, perché questa tecnica, nelle mani di un chirurgo inesperto, può rivelarsi molto pericolosa. Un’incisione sbagliata anche di un millimetro può lesionare un nervo e, nel peggiore dei casi, portare a un intervento chirurgico maggiore.
Se faccio i conti, da allora ho trattato circa 160.000 persone.
Se avessi sempre curato i pazienti per entrambe le mani, sarebbero in totale 320.000 mani e 1.600.000 dita. E non mi sono ancora stancato. Provo gioia nello svolgere il mio lavoro e sono sempre curioso di saperne di più. Mettermi costantemente alla prova non è difficile, perché ogni caso è nuovo e diverso dal precedente.
Allora perché adesso sto scrivendo un libro, vi chiederete?
Non sarebbe molto meglio se, invece di passare il mio tempo al computer, non curassi più pazienti? No, non sarebbe meglio. Anche se, e vorrei che fosse chiaro, un libro non potrà mai sostituirsi alla visita dal medico. Tuttavia, nel migliore dei casi un libro può aiutare.
Come ho detto, ogni paziente, ogni mano e quindi ogni nuovo caso è diverso. Ma molto di ciò che ho sperimentato nella pratica quotidiana è anche identico o simile. E molto spesso i pazienti mi pongono le medesime domande, per esempio: “Riuscirò ancora a fare le cose da solo?” e “Cosa devo leggere?”.
I pazienti di solito vengono da me con paure e preoccupazioni. Sono felice, se posso, di risollevarli durante il nostro colloquio, ma in realtà vorrei avere la possibilità di eliminare la maggior parte di queste paure in anticipo. Purtroppo, nella pratica quotidiana, accade spesso che, per varie ragioni, il tempo da dedicare a ciascun paziente sia poco. Al contrario, il paziente si aspetta sempre di più da me come medico.
Idealmente, la relazione tra medici e pazienti dovrebbe spingersi oltre il trattamento specifico e i tempi di recupero, e sfociare in ciò che oggi si chiama coaching.
Ogni paziente può fare qualcosa per le proprie mani ogni giorno.
Data di Pubblicazione: 15 aprile 2022