SPIRITUALITÀ ED ESOTERISMO   |   Tempo di Lettura: 9 min

Le caratteristiche dell’intelligenza del cuore

Quale Coscienza Vive nel Cuore? - Doc Childre - Speciale

Quali sono le caratteristiche dell’intelligenza del cuore? Scoprilo leggendo il libro di Doc Childre, Howard Martin, Deborah Rozman e Rollin McCraty.

Le caratteristiche dell’intelligenza del cuore

L'intelligenza creativa possiede molti aspetti che guarderemo sotto diverse angolazioni nel corso di queste pagine. Quando parla del proprio cuore, la maggior parte delle persone si riferisce a qualcosa di più del semplice cuore fisico.

Una volta, in una scuola pubblica dove insegnavo meditazione, ho domandato a una classe di bambini di sette anni: "Indicate il vostro vero sé" e tutti si sono indicati il cuore. Sentivano istintivamente che il cuore rappresentava la persona che erano davvero.

A prescindere dalla razza, dalla religione e dall’etnia, in tutta la storia le persone si sono riferite al cuore come alla fonte dell’essere, dell’intuito, della saggezza. In quasi tutte le lingue, troviamo espressioni metaforiche sul cuore come “ascolta il tuo cuore”, “la risposta è nel cuore” oppure “mettici il cuore”.

Molte antiche culture, comprese la mesopotamica, l’egizia, la babilonese e la greca, si riferiscono al cuore come a una fonte d’intelligenza. Il cuore, sostengono, è l’organo principale in grado di influenzare e direzionare le emozioni, la moralità e le capacità decisionali dei singoli, e di conseguenza attribuiscono al suo comportamento un profondo significato emotivo e morale.

Per migliaia di anni in tutto il mondo le culture, spesso senza nemmeno sapere dell’esistenza l’una dell’altra, hanno condiviso una visione del cuore come fonte di intelligenza e guida interiore.

La mia esperienza di insegnante nei corsi di psicologia Gestalt per adulti durante i primi anni Settanta mi ha insegnato che la testa e il cuore sono due sistemi di intelligenza diversi.

 

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Testa e cuore: due sistemi di intelligenza diversi

Nella letteratura specialistica dell’epoca non c’era nulla che spiegasse quello che mi capitava di osservare. Quando uno studente viveva un conflitto che riguardava la sua vita sentimentale o professionale, sistemavo due cuscini sul pavimento e gli chiedevo di fingere che uno fosse la testa e l’altro il cuore.

Lo studente allora si sedeva sul “cuscino testa” e lasciava che la testa parlasse al cuore. Dopo aver condiviso pensieri e preoccupazioni, si spostava sul “cuscino cuore” e parlava alla testa, dal punto di vista del cuore, esprimendo le emozioni che provava.

Spesso era come se ci fossero due persone diverse che parlavano a partire da due livelli di consapevolezza diversi. Allora chiedevo di tornare sul “cuscino testa” e rispondere al cuore.

Dopo essere passato da un cuscino all’altro in questo modo per tre o quattro volte, lo studente si stabiliva nel cuore e parlava a partire dalla saggezza che lì risiede. Quello che avveniva era un evidente aumento della profondità delle sue parole e una qualità energetica la cui differenza era palpabile allo studente e all’intero gruppo.

Le illuminazioni intuitive che scaturivano dall’armonizzazione di testa e cuore portavano a una risoluzione del conflitto o alla capacità di individuare con chiarezza il passo successivo da compiere. Sono stata testimone di questa dinamica così tante volte che alla fine mi sono convinta che il cuore stesse accedendo a una qualche fonte d’intelligenza.

Quando ho conosciuto Doc Childre, intorno alla metà degli anni Ottanta, e l’ho sentito parlare dell’intelligenza del cuore, ho capito immediatamente cosa volesse dire, anche se non avevo familiarità con il termine. Doc ha invitato me e altre persone ad aiutarlo a creare un istituto per studiare l’intelligenza del cuore con gli strumenti della ricerca scientifica.

Ho accettato con entusiasmo perché quell’offerta risuonava con quella che era stata la mia esperienza e con gli studi sul cuore che avevo svolto in passato.

La nostra ricerca ha preso le mosse dalle seguenti domande: esiste un legame che sia in qualche modo misurabile tra cuore fisico e cuore spirituale?

Quando le persone parlano di emozioni “sentite con il cuore” si tratta semplicemente di qualcosa che riguarda il cervello oppure nell'esperienza emotiva è coinvolto anche il cuore fisico? Ed è coinvolto nei processi intuitivi?

 

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Cuore fisico e cuore spirituale

Queste sono alcune delle questioni che abbiamo esaminato ai primi tempi dell’HeartMath Research Center, nei primi anni Novanta. Ciò che ci interessava era comprendere come avvenisse la comunicazione tra cuore e cervello e studiare il ruolo del cuore nelle esperienze emotive, nei processi intuitivi, e nella capacità di autoregolamentazione.

Così abbiamo formato un comitato scientifico composto da brillanti ricercatori, cardiologi, psichiatri, psicologi, fisici e ingegneri che condividevano l’interesse per la ricerca sulle connessioni tra cuore fisico e cuore spirituale.

All’inizio la ricerca è stata indirizzata ad approfondire le ultime scoperte nei campi della neuroscienza, della neurocardiologia, della psicologia, della fisiologia, della biochimica e della biofisica.

Nel sintetizzare i risultati raggiunti dalle singole discipline, ci ha stupito scoprire che il cuore fisico invia informazioni al cervello e al resto del corpo in almeno quattro modi diversi: comunicazione neurologica (attraverso le vie ascendenti del sistema nervoso autonomo), comunicazione biofisica (l’onda di polso), messaggi biochimici (il cuore secerne ormoni) e infine attraverso il campo elettromagnetico creato dal cuore.

Inoltre abbiamo scoperto che ciò che proviamo influenza l’attività del cuore fisico e ne è a sua volta influenzato, e che i nostri sentimenti sono un aspetto chiave per sbloccare l’intelligenza del cuore.

 

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Comprendere l'Intelligenza

La parola intelligenza proviene dal verbo latino intelligere, che significa “cogliere” o discernere. Il termine intelligenza è stato da sempre legato a concetti metafisici, tra i quali le teorie sull’immortalità dell’anima. Eppure, fino agli inizi del Novecento era raro che qualcuno se ne occupasse come oggetto di studio.

Da allora, l’intelligenza è stata descritta in molti modi: capacità di elaborare pensieri astratti, comprensione, consapevolezza di sé, ragionamento, capacità cognitiva, saggezza emotiva, abilità mnemonica, capacità di programmazione e problem solving.

È interessante che con l’evolversi della consapevolezza umana si sia evoluta anche la nostra comprensione di cosa sia l’intelligenza.

Oggi esistono moltissime definizioni di intelligenza e non c'è un vero accordo tra gli studiosi. In diversi ambienti la definizione è stata limitata al QI (punteggio ottenuto tramite test standardizzati). Molti hanno criticato la riduzione dell’intelligenza di una persona a qualcosa che possa essere misurato con un test.

Le critiche non contestano il fatto che simili test possano prevedere con un buon grado di sicurezza alcune tipologie. Ma, obiettano, basare il concetto di intelligenza nella sua globalità esclusivamente sui punteggi dei test significa ignorare molti altri aspetti fondamentali delle nostre abilità.

Nel 1983, Howard Gardner ha ipotizzato, nel libro "Formae mentis", l’esistenza di intelligenze multiple: logica, linguistica, spaziale, musicale, cinestetica, intrapersonale (conoscenza di sé), naturalista e interpersonale (conoscenza degli altri).

Questo ha aperto la mente di alcuni educatori e alcune scuole hanno iniziato a prendere in considerazione queste diverse intelligenze. Da qui ha preso le mosse tutta una serie di visioni ampliate di ciò che bisogna intendere con il termine intelligenza.

 

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L'intelligenza motiva

Nel 1995 Daniel Goleman ha scritto il pionieristico "L'intelligenza motiva", dalla cui scintilla è nato un nuovo movimento che ha tirato fuori le emozioni dall’angolo in cui erano state relegate per metterle nella piena luce della consapevolezza.

L'esauriente rassegna offerta da Goleman dei risultati ottenuti dalla ricerca sulla natura delle emozioni e dell’intelligenza ha rivelato che il successo nella vita si basa sulla capacità di gestire le proprie emozioni quanto, se non di più, sulle nostre capacità intellettuali o analitiche.

Goleman ha scoperto che la capacità di autoregolare e imprimere una direzione alle nostre emozioni è una qualità critica per raggiungere il successo in un ampio ventaglio di professioni e anche per la capacità di costruire e mantenere le amicizie.

Il lavoro di Goleman ha contribuito alla comparsa di un nuovo campo di indagine scientifica noto come “psicologia positiva”, basato sulle conclusioni tratte dalle ricerche che provano come gli stati emotivi positivi si traducano in un effettivo ampliamento del pensiero.

 

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La teoria dell'ampliamento e della costruzione di Barbara Friedrickson descrive come le emozioni negative non riescano a generare condizioni che ci rendono capaci di apprezzare punti di vista diversi, o di esprimere capacità di problem solving o creative.

Solo gli stati emotivi positivi come la gratitudine e l’amore possono farlo. Oggi i ricercatori parlano di "intelligenza collettiva" positiva, mentre le comunità umane si evolvono verso livelli più alti di complessità e armonia.

Quando abbiamo iniziato la nostra ricerca sull’intelligenza del cuore, chiedevamo alle persone di praticare alcune tecniche di respirazione incentrate sul cuore mentre evocavano sentimenti di gratitudine, amore, cura o compassione.

Spesso i soggetti raccontavano di aver vissuto momenti di maggior intuizione e lucidità che li avevano aiutati a compiere scelte più efficaci nella vita quotidiana. Questo ci ha fornito la ragione per ipotizzare che le pratiche incentrate sul cuore stimolassero l’intelligenza oltre il nostro normale raggio di percezione.

Abbiamo capito che molti filosofi e sapienti hanno parlato di un’intelligenza intuitiva che permette una percezione diretta e una lucidità indipendenti dai processi razionali della mente. Noi però volevamo comprenderne anche l’aspetto fisiologico, perciò il passo successivo è stato quello di studiare come avviene la comunicazione tra cuore e cervello.

Data di Pubblicazione: 25 maggio 2023

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