SALUTE E BENESSERE   |   Tempo di Lettura: 9 min

Che cos’è la Coscienza Cosmica?

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Anteprima del libro "Super Coscienza" di Colin Wilson

La coscienza cosmica

Nel 1901, un medico inglese di nome Richard Maurice Bucke, pubblicò uno dei classici del misticismo, Coscienza Cosmica.

Bucke, un eminente psichiatra, al tempo aveva sessantaquattro anni, e gli rimaneva un solo anno da vivere. La sua prima giovinezza in Canada era stata estremamente avventurosa, aveva perso un piede e parte dell’altro mentre era bloccato nelle gelide temperature delle Montagne Rocciose dopo esser stato attaccato dagli indiani. Socialista entusiasta, credeva che la razza umana sarebbe presto entrata in un’età dell’oro, e che l’uomo avrebbe sviluppato un livello di coscienza più alto. Un’eredità gli permise di diventare medico, e a trentanove anni fu messo a capo di un ospedale psichiatrico a Hamilton, in Ontario. Si trasferì poi a Londra, e nel 1888 fu eletto Presidente della Psychological Section of the British Medical Association.

Ma l’esperienza culminante che modellò la sua vita era stata un’illuminazione mistica che gli capitò nel 1873. La descrisse così (parlando in terza persona):

Accadde all’inizio della primavera dei suoi trentasei anni. Aveva trascorso la sera con due amici, a leggere Wordsworth, Shelley, Keats, Browning, e specialmente Whitman. Si separano a mezzanotte, e fece un lungo tragitto in carrozza... La sua mente, profondamente influenzata delle idee, immagini ed emozioni evocate dalle letture e dalla conversazione della serata, era calma e tranquilla. Era in uno stato di quiete, quasi un appagamento passivo. Di colpo, senza alcun preavviso, si ritrovò avvolto come da una nuvola di fiamme. Per un istante pensò a un incendio, a un qualche devastante incidente in città, ma poi comprese che quella luce veniva da dentro di lui. Subito dopo fu sopraffatto da un senso di esultanza, accompagnato da un immenso giubilo o immediatamente seguito da un’illuminazione intellettuale quasi impossibile da descrivere. Nella sua testa sgorgò quel lucente bagliore proprio dello Splendore Brahmanico che da sempre illuminava la sua vita; sul suo cuore si posò una goccia di Beatitudine, che da allora in avanti gli lasciò per sempre il sapore del paradiso. Tra le altre cose, non arrivò a credere, ma vide e seppe con certezza che il Cosmo non è materia morta ma una Presenza viva, che l’anima dell’uomo è immortale, che l’universo è costruito e ordinato in modo tale che, senza alcun dubbio, tutte le cose cooperano per il bene reciproco e della totalità, e che il principio fondamentale del mondo sta in ciò che chiamiamo amore, e che la felicità di ciascuno è, alla lunga, assolutamente certa. Egli sostiene di aver imparato di più m quei pochi secondi di illuminazione che nei precedenti mesi o anni di studio, e di aver imparato qualcosa che nessuno studio gli avrebbe mai potuto insegnare.

Illuminazione

La stessa illuminazione durò non più di qualche istante, ma i suoi effetti si dimostrarono indelebili; fu impossibile per lui dimenticare ciò che vide e comprese quella volta, e allo stesso modo non dubitò, né poté mai dubitare della verità di ciò che si era palesato nella sua mente.

Bucke concluse che c’è un’altra forma di coscienza, superiore alla coscienza di sé, così come questa è superiore alla coscienza ordinaria degli animali. Il suo libro Coscienza Cosmica è uno studio di moltissimi esempi, da Buddha a Whitman.

Ma Bucke non potè definire questa coscienza cosmica in alcun modo significativo. Vediamo se possiamo fare meglio.

William James citò Bucke in Le varie forme dell’esperienza religiosa. Ma James stesso, nell’eccellente A Suggestion About Mysticism, che ho citato nella mia introduzione, va al cuore del problema. Egli suggerisce che un’esperienza mistica non è diversa per genere dalla coscienza ordinaria, ma è semplicemente un’estensione di questa, e che anche l’alcol può produrre una lieve ma valida esperienza mistica. James riporta tre delle sue stesse esperienze, quindi prosegue:

In ognuno di questi tre casi, l’esperienza esplose ex abrupto in una situazione perfettamente ordinaria e durò forse meno di due minuti. In un’occasione, ero impegnato in una conversazione, ma dubito che il mio interlocutore abbia notato la mia astrazione. Ciò che accadde ogni volta fu che di colpo mi sembrò di ricordare un’esperienza passata; e questa reminiscenza, prima ch’io potessi distintamente elaborarla o darle un nome, si sviluppò in qualcosa di ulteriore che aveva a che fare con essa, e questo, a sua volta, in altro ancora, e così via, finché il processo si affievoliva, lasciandomi sbalordito di fronte a quell'improvvisa visione di crescenti gamme di fatti distanti, di cui non potevo fare un resoconto dettagliato. La modalità della coscienza era percettiva, non concettuale — il campo si estendeva così veloce che sembrava non ci fosse tempo per una concettualizzazione o un’identificazione utile per questo scritto. C’era la sensazione fortemente eccitante che la mia conoscenza della realtà passata (o presente?) si stesse ampliando a ogni battito, ma così rapidamente che il mio processo intellettuale non poteva star dietro a quel ritmo.

Il contenuto sfuggiva dunque del tutto all’introspezione - affondava nel limbo in cui svaniscono i sogni quando ci svegliamo. La sensazione che ebbi - non voglio chiamarla credenza - fu un’improvvisa apertura: avevo visto attraverso una finestra, come se avessi guardato in una realtà distante che pure, incomprensibilmente, aveva a che fare con la mia stessa vita; fu così acuto che a tutt’oggi non posso ancora liberarmene.

Si noti, tra l’altro, che James non parla della visione di una qualche distante realtà “mistica”, ma di una gamma di fatti distanti.

Alla luce della sua esperienza, potremmo dire che di solito pensiamo alla “coscienza” come alla percezione di cose individuali - quel libro, quella tazza di tè, ecc. Quando siamo annoiati, ci sembra di essere intrappolati tra gli oggetti (Sartre la chiama “nausea”). Ma le osservazioni di James offrono un nuovo spunto: la coscienza è, nella sua natura più profonda, relazione, come una ragnatela.

La coscienza normale

Nella “coscienza normale”, è come se fossimo consapevoli di noi stessi al centro della rete, e solo di alcuni fili attorno a noi che ci mettono in connessione con le cose. Ma quando siamo felici ed eccitati - per esempio quando partiamo per le vacanze - la nostra eccitazione sembra causarci delle vibrazioni che si estendono sulla rete, e percepiamo questo stato di contentezza rispetto alle cose più distanti. In momenti di grande illuminazione mistica sentiamo che ogni cosa nell'universo è connessa a noi da fili invisibili.

Ora, poiché in questo libro non voglio solo riportare esperienze altrui, ma anche la mia, mi sia consentito un aneddoto personale. Qualche anno fa trascorsi la notte a Dartington School dopo una conferenza, ma avevo commesso l’errore di restare sveglio a discutere di idee fino a così tardi, che quando mi coricai non riuscii a dormire neanche un po’. Alla fine, verso le cinque del mattino, decisi che avrei fatto meglio a sgattaiolare verso la mia macchina e guidare verso casa, in Cornovaglia. Ma quando girai la chiave, il motore faticò ad avviarsi, senza dare più segni di vita: così realizzai che la nuova batteria che avevo comprato recentemente era guasta. Pensai: “Poco male, me ne torno dentro, provo a sonnecchiare fino alle otto, faccio colazione, e poi convinco qualcuno ad accompagnarmi a comprare una batteria... .

Ma prima decisi di restare seduto in macchina per una quindicina di minuti, per permettere alla batteria di riprendersi, così da poter riprovare. Con mio sollievo, il motore partì. Un quarto d’ora dopo spuntò il sole. Mi ritrovai a guidare in uno stato d animo di intensa felicità. Mi sentivo come Yeats in quella sala da tè di Londra: mi sembrava «di essere benedetto e di poter benedire». E di nuovo quella strana sensazione di realtà distanti. Ma, diversamente da Yeats, sapevo come era successo. Mi ero intensamente agitato per far ripartire il motore, e poi mi ero dovuto forzare a restare seduto per un quarto d’ora, costruendo una ferrea disciplina mentale. Questo ebbe lo stesso effetto che si ha quando si allunga una molla:
quando potei ripartire, fui catapultato in uno stato di “intensità della coscienza”, con la sensazione di essere al centro della rete del ragno. Fu una prova concreta della “proposta” di James riguardo al misticismo.

In poche parole, l’intera esperienza, con la sua ansia e con la sua tensione, mi aveva permesso di sollevare gli occhi al di sopra dell’angusto orizzonte del momento presente. È questo ovviamente il punto di maggiore importanza. Perché, una volta iniziato a parlarne tra di loro, gli studenti di Maslow continuavano ad avere esperienze di picco? Il motivo è che parlarne permetteva loro di sollevare gli occhi dalla consueta “visuale del lombrico”.

Una parte al santo e mistico Indù Ramakrishna

In Coscienza Cosmica, Buche dedica una parte al santo e mistico Indù Ramakrishna, e dice di non essere sicuro che questi abbia raggiunto la “coscienza cosmica”. Ma da allora è stato pubblicato moltissimo su Ramakrishna: non si può più mettere in discussione una cosa del genere.
Mi imbattei in Ramakrishna in una biblioteca di Londra, nel 1951, quando mi capitò tra le mani un libro intitolato Ramakrishna, Prophet of New India, di Swami Nikhilananda, un compendio di un’opera più ampia dal titolo: The Gospel of Sri Ramakrishna', venni istintivamente catturato dal libro.

Ramakrishna era nato nel 1836 in Bengala, in una famiglia di Bramini, e sin da giovanissimo fu assorbito dalla mitologia dell’Induismo. La sua prima esperienza mistica gli capitò quando aveva sei o sette anni. Al tempo era conosciuto come Gadadhar.

All’età di sei o sette anni Gadadhar ebbe la sua prima esperienza di estasi spirituale. Un giorno di giugno o luglio, mentre camminava su un angusto sentiero in una risaia e mangiava del riso soffiato che teneva in un cestino, sollevò lo sguardo al cielo e vide una bellissima e oscura nube tempestosa. Questa si espanse rapidamente fino a ricoprire tutto il cielo, e di fronte a essa passò uno stormo di candide gru. La bellezza di quel contrasto sopraffece il ragazzo. Cadde a terra perdendo i sensi, e il riso soffiato si riversò dappertutto. Alcuni abitanti del posto lo trovarono, e lo portarono in braccio fino a casa. Più tardi Gadadhar riferì che in quello stato aveva sperimentato una gioia incredibile.

Questo testo è estratto dal libro "Super Coscienza".

Data di Pubblicazione: 2 febbraio 2018

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