SPIRITUALITÀ ED ESOTERISMO   |   Tempo di Lettura: 9 min

Che Cos'è la Felicità?

Avrah Ka Dabra - Creo la Mia Felicità - Anteprima del libro di Dario Canil

La felicità come luogo comune

"Felicità non è l'essere amati.

Ogni persona ama sé stessa, ma amare questa è felicità."
Hermann Hesse

A parole tutti gli esseri umani sembrano voler essere felici, eppure alcuni paiono mettercela tutta nel boicottare in vario modo questa aspirazione; si impone quindi, prima di scoprire come poter raggiungere una tale condizione, il comprendere che cosa si intenda per felicità.

Letimologia fa derivare «felicità» da felicitas, felixicis, «felice», la cui radice «fe-» significa abbondanza, ricchezza, prosperità. La nozione di felicità, intesa come condizione (più o meno stabile) di soddisfazione totale, occupa un posto di rilievo nelle dottrine morali dell'antichità classica.

Comunemente la felicità viene intesa come lo stato d'animo positivo di chi ritiene soddisfatti tutti i propri desideri.

Questa ottica sembra avere a che fare con la concezione freudiana del principio del piacere, secondo cui l'uomo brama l'appagamento immediato e incondizionato dei suoi desideri, e contemporaneamente mira all'evitamento di ogni possibile forma di dispiacere e dolore.

Quindi in qualche misura l'uomo contemporaneo sembra confondere la felicità con il piacere. Che si tratti di una gratificazione dello spirito, oppure di un piacere intellettuale, oppure di una gradevole esperienza sensoriale, il più delle volte la ricerca di questa «felicità» assume la forma di spasmodici tentativi di riempire i propri vuoti esistenziali con qualche forma di pienezza. Una pienezza che vorrebbe essere permanente e che viene cercata fuori di sé.

Al bambino piccolo viene insegnato a rinviare il piacere facendogli comprendere che è possibile trovare la soddisfazione del desiderio anche in relazione a ciò che la realtà concretamente presenta.

Per esempio, il bisogno fisico di scaricarsi, una volta raggiunta l'età in cui i pannolini possono essere dismessi, non può sempre essere soddisfatto nel medesimo istante in cui si presenta, ma più opportunamente qualche minuto dopo. Se il bambino di 4 anni seguisse ciecamente il principio del piacere mentre si trova per strada, si insudicerebbe creando diversi problemi a sé stesso e agli altri. Per questo viene invitato a resistere per il tempo di arrivare a casa o di raggiungere un bagno pubblico. Egli impara così il principio di realtà che ha l'obiettivo di rinviare la gratificazione in funzione delle condizioni imposte dal mondo esterno.

Da adulto, la spasmodica ricerca della felicità come piacere sembra una sorta di vendetta trasgressiva e di regressione rispetto all'apprendimento forzato del principio di realtà. Ma è anche una trappola, perché per quanto si possa trovare il piacere cercandolo fuori di sé, di sicuro fuori di sé non si può trovare la felicità.

La felicità è qualcosa che si può trovare soltanto dentro di sé. Essa non dipende da cose materiali, come per esempio il denaro. In effetti ci sono molte persone ricchissime e totalmente infelici. Essa non dipende dalla soddisfazione sessuale. In effetti ci sono persone sessualmente del tutto appagate ma infelici. Essa non dipende nemmeno dal proprio partner affettivo. In effetti ci sono persone che han trovato l'anima gemella, tuttavia si sentono infelici.

Con questo non voglio affatto dire che il poter disporre dell'abbondanza del mondo esterno non aiuti a sentirsi felici. La prosperità economica, una sessualità soddisfacente e un partner con cui vivere una relazione armoniosa sembrano davvero un buon aiuto per vivere felici, tuttavia non possono mai essere direttamente la causa della felicità, in quanto essa è una condizione dell'animo che sgorga dall'interno.

Se casualmente tu fossi un romantico incallito e la tua mente si stesse in questo momento ribellando a tale postulato, ricordo che il partner amoroso è un magnifico pretesto per far esprimere al tuo cuore le più magnifiche note dell'amore, ma tali note possono essere espresse in totale indipendenza dall'oggetto esterno verso cui sono dirette. Esse nascono invariabilmente dall'interno. Anche nell'esprimere il tuo amore hai il 100% di responsabilità, come vedrai più avanti.

La felicità comincia nel posto più vicino a te

«Uomo conosci te stesso!» ammonisce l'oracolo di Delfi. Ma l'uomo ha paura di conoscere sé stesso. Eppure per sperimentare la felicità è necessario che tu conosca te stesso. Questo significa avere la capacità di metterti in discussione e auto-osservarti in modo neutro, in uno stato di presenza e comprende la tua percezione corporea, l'espressione delle tue emozioni, il riconoscimento dei tuoi stati d'animo e il controllo vigile del tuo pensiero. Nessuno di questi fattori dovrebbe mai essere al di fuori della tua consapevolezza. Semplice, no? In effetti è davvero semplicissimo, tuttavia per nulla facile, a causa di una vita intera di condizionamenti e programmazioni.

"La felicità della tua vita dipende dalla qualità dei tuoi pensieri."
Marco Aurelio

Quando trovi la quiete, non attraverso una rigida imposizione della disciplina, quanto piuttosto una amorevole attenzione a te stesso mentre sei in azione nelle faccende del quotidiano, allora, in quella quiete, puoi cominciare a intravvedere la verità.

Le antiche tradizioni spirituali indiane e diverse vie sciamaniche indicano nel silenzio uno straordinario alleato per arrivare alla conoscenza di sé.

Nel silenzio cessa l'assordante rumore del mondo caotico e puoi ricomporre la scissione instaurata dalla visione dualistica della realtà. Tutto torna a posto: riconosci la separazione come illusione, nelle «casualità» cogli sottili collegamenti, e la responsabilità di tutto ciò che attrai e di come lo percepisci è di nuovo nelle tue mani.

"La felicità è quando ciò che pensi, ciò che dici e ciò che fai sono in armonia."
Mahatma Gandhi

Nel silenzio la tua percezione si fa diretta, pura, limpida e, da quella quiete, l'azione si fa vera, profonda, creativa e la sperimentazione del reale non passa più attraverso i filtri della mente, ma attraverso il sentire del cuore. E questo sentire è la base della felicità.

Felicità non vuol dire che devi ridere sempre, che sei sempre euforico, che mantieni una costante esaltazione.

La felicità è come la vita: è azione e movimento. La felicità non è pensare di agire, è agire davvero. Puoi renderti molto infelice pensando, e molto felice agendo. E non ha alcuna importanza di che azione si tratti, purché essa sia compiuta in piena presenza.

Tutto si svolge ora. Non hai bisogno di realizzare qualcosa fuori di te prima, per poterti sentire felice dentro di te, dopo. Accade tutto ora. Agisci ora! Adesso è il miglior momento per essere felice.

La felicità è quando vivi in armonia con te stesso, al punto tale da dare vita al tuo mondo felice, un mondo in cui tu crei la tua realtà e ne sei padrone.

La sensazione oceanica della felicità

Quando sei felice te ne rendi conto perché sai di esserlo. Non è qualcosa in cui stai credendo, quanto piuttosto qualcosa che stai sentendo con il cuore. La felicità sparisce quando cominci ad analizzarla con i tuoi consueti processi mentali, mentre quando sei nella percezione della felicità in piena presenza, essa perdura. La felicità è uno stato d'animo che nasce dalla percezione dell'armonia tra lo stato psichico interno e le faccende del mondo esterno. Quando attraverso il silenzio, l'autoascolto e la presenza cominci davvero a conoscerti e a integrare in te quelle componenti che prima costituivano conflittualità e riconosci la tua Divina Presenza, allora cogli la perfezione dell'Essere, senti il primordiale progetto della creazione e sai di esserne parte integrante. In quel momento, qualunque persona, situazione o evento esterno, vengono da te riconosciuti per quel che sono: la perfezione in azione.

La sensazione che ne deriva è meravigliosa. Ti senti di appartenere al Tutto e sai di essere parte del Tutto, la tua vibrazione si eleva, il senso del benessere parimenti. Come tutte le cose di questo mondo, anche la felicità si esprime in innumerevoli gradi o livelli di intensità e puoi passare dall'estasi fino alla quieta, rilassata, amorevole consapevolezza del benessere. Ogni cosa è al suo posto, te compreso.

E allora non importa davvero in che direzione si sviluppi in quel momento il creato, perché tu comunque ne riconosci la perfezione. Quando ricordi chi sei, totalmente, riconosci la perfezione del Tutto e in questo non può esservi alcuno spazio per la lamentela, ma soltanto per la contemplazione e la gratitudine. E ciò vale anche in contesti ordinariamente definiti «tragedie». Questo, che è un discorso davvero ostico, lo approfondiamo nei prossimi capitoli.

Come riportato nei miei scritti precedenti, «la sofferenza è la rappresentazione della distanza che c'è tra quello che hai deciso di fare animicamente e quello che stai facendo davvero». «La sofferenza è la momentanea indisponibilità a vedere le cose con gli occhi del Cuore». La sofferenza è una delle forme di oblio che occultano percettivamente la perfezione di ciò che È.

Poiché non è vero che la felicità significhi una vita senza problemi, e poiché anche l'oblio che impedisce di vedere la perfezione delle cose è a sua volta perfetto, puoi provare a prendere la cosa come una sfida.

La vita felice spesso viene proprio dal superamento dei tuoi conflitti esistenziali e dei tuoi problemi, che possono entrambi rivelarsi meravigliose opportunità.

Ogni volta che tu affronti una sfida, ti metti in gioco e dai il meglio di te, ne deriva una intima profonda soddisfazione, che con ogni probabilità non potresti affatto sperimentare se tutto filasse sempre liscio.

Sei proprio un artista! Ti crei le tue sfide per mostrare a te stesso la tua Divina Presenza. Ricordati però di tenere gli occhi ben aperti per contemplarla adeguatamente!

Questo testo è estratto dal libro "Avrah Ka Dabra - Creo la Mia Felicità".

Data di Pubblicazione: 3 ottobre 2017

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