Scopri l'esatto significato degli insegnamenti sciamanici hawaiani leggendo l'anteprima del libro di Ulrich Emil Duprée.

L'Ho'oponopono: che cos’è?

L'Ho'oponopono fa parte degli insegnamenti sciamanici hawaiani, le scienze dei kahuna, e designa un metodo per la soluzione di problemi personali e conflitti relazionali. L’obiettivo dell’Ho’oponopono consiste nel guarire le relazioni su vari piani, (1) in primo luogo con se stessi, (2) con altre persone, (3) con l’ambiente e (4) con la Fonte originaria.

Coltivato per secoli come una specie di terapia familiare e di meditazione, negli ultimi decenni l’Ho’oponopono ha subito un’evoluzione da tradizionale riunione di famiglia a metodo di autoaiuto, che oggi viene spesso praticato in una versione semplificata. Al centro dell’Ho’oponopono c’è un rituale di perdono. Accettando, annullando il debito, perdonando, scusando e riconciliando, questa tecnica aiuta ad affrontare la vita nei tre grandi ambiti conflittuali: (1) relazioni, rapporto di coppia e famiglia, (2) lavoro, vocazione e sostentamento, (3) attivazione delle energie di autoguarigione (per esempio mediante la riduzione dello stress).

Significato del termine

In funzione del contesto, ho’o vuol dire “fare, realizzare, mettere o costruire qualcosa”. La parola pono, a seconda della situazione, può essere tradotta con (1) “giusto”, (2) “flessibile” o perfino con (3) “misericordia”. E appunto nelle relazioni che bisogna essere flessibili e mettere da parte l’ego. Sorvolare sui piccoli difetti non è solo un atteggiamento compassionevole, ma rende la vita più piacevole, dato che chi impone molte regole ai propri rapporti interpersonali vive in una situazione di limitazione, e a chi piace vivere in una gabbia mentale che si è creato da solo? «Nell’Ho’oponopono non si tratta di stabilire chi ha ragione, ma di avere buone relazioni», mi ha spiegato nel 2012 la sacerdotessa hawaiana Haleaka Iolani Pule.

Rimettere a posto le cose

Il termine Ho’oponopono può quindi essere tradotto letteralmente con “fare la cosa giusta”, ovvero “rimettere a posto le cose” o “ristabilire l’ordine divino”. L’idea di fondo è che tutto proviene dalla Fonte originaria (in hawaiano Ke Akua oi’a’io), la cui essenza è mana aloha, ossia amore puro. Per gli antichi hawaiani la vita era un grande fiume (in hawaiano imi waì) di ricchezza materiale e spirituale, a cui non si dovrebbe far altro che rivolgersi o aprirsi a livello mentale-spirituale. La vita stessa è abbondanza e chi vive in armonia con se stesso e con il cosmo può condurre un’esistenza felice, sana e prospera.

Ristabilire l’ordine cosmico

La parola pono viene ripetuta due volte, poiché occorre sempre essere in due, sia per una relazione armoniosa in cui tutti i soggetti coinvolti crescono, sia per un conflitto estenuante. Affinché un rapporto sia sostanzialmente equilibrato, la soluzione di un problema dev’essere pono per tutti gli interessati: giusta per me e giusta per te. Giusta per le persone, giusta per gli animali, giusta per tutte le piante e giusta per la Terra. Questo metodo di guarigione dei conflitti su tutti i piani ha come solo e unico scopo un cosiddetto rapporto win-win, vale a dire: si aspira ad avere relazioni in cui tutte le parti coinvolte vincono. Un rapporto di tipo win-lose - per esempio negli affari, quando a causa delle condizioni lavorative precarie nei Paesi del Terzo mondo la manodopera ci rimette la salute, o quando in agricoltura vengono impiegati pesticidi inquinanti - è in realtà una relazione lose-lose: tutti i soggetti coinvolti finiranno per perdere, poiché non si può costruire la propria fortuna sulla sofferenza altrui.

Giusto all’interno e giusto all’esterno

Ponopono, “giusto all’interno e all’esterno”, si fonda sul principio cosmico delle corrispondenze (in hawaiano kuolo). In questo senso, l’inquinamento ambientale all’esterno trova per esempio la propria corrispondenza all’interno sotto forma di sporcizia del cuore. Viceversa, una specie umana rispettosa nei confronti della Terra che causasse meno problemi ai propri simili sarebbe meno colpita dalle malattie del benessere. Ma il buco nel cuore privo di amore è come una botte senza fondo, che pretende di essere costantemente riempita. E solo per via di questo vuoto nel cuore che si manifestano i fenomeni di carenza nel mondo, poiché la catena dei nessi causali comincia nella mente. Si può anche dire che ogni cosa viene creata due volte: prima nella nostra immaginazione e poi sul piano materiale.

Giusto per te e giusto per me

Se i nostri pensieri e le nostre intenzioni sono amorevoli, compassionevoli e pacifici, anche i risultati saranno piacevoli. Come tutto nell’universo, anche ponopono segue la legge fondamentale di causa ed effetto: ka ua mea. Tutte le nostre azioni e le nostre omissioni producono risultati. Le nostre condizioni di vita non sono dovute al caso, ma sono la conseguenza dei nostri pensieri, delle decisioni che abbiamo preso e in definitiva delle nostre azioni consce o inconsce. C’è una differenza fra esprimere le proprie osservazioni per incoraggiare o per scoraggiare un collaboratore. Pensare bene e pensare male di una persona non è la stessa cosa. C’è una differenza fra il praticare e il non praticare uno sport, fra l’essere un modello positivo o negativo per i propri figli, nel comprare in modo sconsiderato e nel fare acquisti sostenibili. In quanto esseri maggiorenni e responsabili dotati di potenziale creativo, ogni nostra azione equivale a deporre nell’urna la scheda elettorale che indica la nostra scelta per noi e per il mondo. Oggi raccogliamo ciò che abbiamo seminato ieri e lo stesso vale anche per domani.

Questa legge di causa ed effetto racchiude in sé una grossa opportunità per il genere umano di guarire la natura e rendere possibile la pace nel mondo. Per abbandonare il ruolo di guastafeste all’interno dell’ecosistema e riprendere a giocare nella squadra della grande famiglia globale, dobbiamo seminare nuove cause: solo cosi potremo raccogliere la pace. La pace nel cuore genera la pace nel mondo.

Le correnti storiche dell'Ho'oponopono

L’Ho’oponopono sciamanico: la guarigione del corpo

L’Ho’oponopono è l’arte della mediazione e della riconciliazione, dell’appianamento, della sanazione e della soluzione di situazioni apparentemente senza via d’uscita. Ogni volta che nelle antiche Hawaii c’era un problema, si chiamava il kahuna-ho’oponopono per guarire le radici sul piano sottile. Questo specialista della Huna, il sapere occulto, analizzava le cause spirituali all’origine del conflitto e, dopo averle corrette, favoriva la riorganizzazione del piano dell’esistenza materiale.

In una riunione di famiglia di questo genere, il moderatore è chiamato haku ed è fondamentalmente un’autorità naturale. Funge da mediatore neutrale fra le parti in conflitto, ovvero fra le vittime, i persecutori e tutte le persone coinvolte nel dramma (in hawaiano hihia). Quindi, ogniqualvolta sorgeva un problema - vuoi all’interno della famiglia o a livello personale, come nel caso di una malattia - ci si rivolgeva al kahuna-ho’oponopono. Come il terapeuta greco, anche questo sciamano era un servitore degli dei, che metteva il proprio sapere e la propria esperienza a disposizione unicamente dei credenti. Uno dei presupposti più importanti per il successo di un kahuna nell’esecuzione dell’Ho’oponopono era la fiducia. Sappiamo come sia la fede a muovere le montagne, e non appena qualcuno manifestava dubbi sull’operato del kahuna, questi consigliava di rivolgersi a un altro esperto e si congedava.

Nella tradizione della Huna, l’archetipo e il modello del grande guaritore è una specie di superuomo chiamato kanaloa. Kane significa “essere umano” e “spirito dello spirito di Dio”, mentre loa è la luce del mana loa. Kanaloa era un accompagnatore degli dei che grazie alla sua purezza di cuore disponeva di enormi poteri curativi. Questa caratteristica ci ricorda Gesù, anch’egli dotato di illimitati poteri taumaturgici.

L’Ho’oponopono tradizionale: la guarigione delle relazioni

Le prime testimonianze scritte sull’Ho’oponopono si trovano nei libri della scienziata e scrittrice hawaiana Mary Kawena Pukui (1895-1986), che negli anni Cinquanta aveva pubblicato opere sulla cultura hawaiana. In quei libri l’Ho’oponopono veniva presentato all’Occidente come terapia familiare in cui, di comune accordo, si cercava di conciliare malintesi e comportamenti scorretti in quattro mosse. Il momento non avrebbe potuto essere migliore, dato che la società americana era in piena ripresa dopo la seconda guerra mondiale e la psicoterapia di Sigmund Freud (1856-1939), caratterizzata dall’individualismo e incentrata sul cliente, aveva accolto con favore questa nuova terapia familiare a orientamento sistemico.

Una sintesi dei quattro stadi della riunione di famiglia

Nell’Ho’oponopono tradizionale la famiglia si riuniva ogni sera per sistemare prima del tramonto tutto ciò che non era ancora stato chiarito, gli eventuali malintesi, ogni genere di stress, i conflitti relazionali, le divergenze di opinione, le invidie e i timori. In questo modo le negatività non perduravano e le emozioni non si amplificavano. Grazie a questo rituale decisamente primitivo, il sistema familiare si manteneva stabile, poiché venivano soddisfatti i seguenti bisogni primari: riconoscimento, considerazione, integrità, lealtà.

  1. Pule, la connessione: la famiglia si riunisce per risolvere un problema (in hawaiano pilikia). Questa fase consiste nel raccoglimento interiore e nella connessione in preghiera di tutti i presenti con la Fonte originaria. Si parla degli obiettivi comuni dell'ohana e si benedicono tutti i soggetti coinvolti affinché l’impresa abbia successo.
  2. Mahiki, l’osservazione del problema: sotto la guida di un mediatore, l’haku, i partecipanti parlano dettagliatamente del tema in questione e si assumono la loro responsabilità personale. Per migliorare la comprensione reciproca, nel corso di questa fase vengono anche scambiati i ruoli di vittima e carnefice, ovvero le parti in conflitto devono calarsi nei panni dell’altro e da lì parlare e argomentare.
  3. Mihi, la riparazione e il perdono reciproco: il debito materiale viene saldato. Si chiede scusa (piano intellettuale) e si chiede perdono (piano del cuore). Si concede a se stessi il perdono incondizionato.
  4. Kala, la libertà attraverso la concessione del perdono: dopo aver rilasciato tutte le emozioni negative, le persone coinvolte si dichiarano disposte da subito ad agire in modo costruttivo per il bene della comunità.

In questi passaggi emergono già le analogie con una costellazione familiare: la domanda (pilikia), il gruppo (ohana), il terapeuta (haku), i rappresentanti (lo scambio dei ruoli nel mahiki), il movimento verso l’immagine risolutiva (rnahiki e mihì) e l’immagine risolutiva stessa (la riconciliazione, mihi e kala).

L’Ho’oponopono moderno: un aiuto all’autoaiuto

Se ti ricordi la serie televisiva Una famiglia americana, hai in mente l’immagine di una grande famiglia composta dai nonni, dai genitori e da una sfilza di figli che la sera si radunano tutti in raccoglimento intorno alla radio, e in seguito davanti all’unico televisore presente in casa. Quell’epoca è terminata negli anni Settanta. Con l’avvento dei televisori a colori sono aumentati anche i canali e i programmi trasmessi. Ben presto ogni membro della famiglia ha potuto disporre in toto del proprio apparecchio televisivo personale, e anche dei propri problemi. Le famiglie stavano in un certo senso andando in frantumi ed era necessario un aiuto. Cosi Morrnah Nalamaku Simeona, la cui prozia era la già citata Mary Kawena Pukui, aveva adattato la riunione di famiglia alle condizioni moderne, integrandovi elementi cristiani e indiani, e trasformandola in un metodo di aiuto all’autoaiuto. Da quel momento è stato possibile praticare l’Ho’oponopono da soli, senza l’intermediazione di un haku fra le parti in conflitto. Questo metodo prevede una procedura in dodici passi con preghiere.

L’Ho’oponopono semplificato: una formula per la pace in quattro frasi

Negli ultimi anni si è diffusa una versione dell’Ho’o-ponopono in quattro passi, risalente al dottor Ihaleakala Hew Len, un discepolo di Morrnah Nalamaku Simeona che aveva fatto parlare di sé negli anni Ottanta, quando con il suo Ho’oponopono semplificato aveva guarito numerosi detenuti psichiatrici. L’obiettivo di questa versione semplificata consiste nel risolvere rapidamente i conflitti e recuperare l’equilibrio interiore, ovvero passare dalla separazione all’unione, ritrovare la centratura e ottenere quindi la guarigione. Al centro c’è la cancellazione dei ricordi disfunzionali o, se si preferisce, dei dati neuronali, che rendono un problema più grosso di quello che è. Spesso sorgono conflitti che non hanno quasi nulla a che vedere con il tema effettivo, ma il cui fondamento è esclusivamente nella nostra percezione, nelle ferite e nei ricordi risalenti alla prima infanzia.

Mi dispiace. Perdonami. Ti amo. Grazie.

Queste quattro frasi o passi dell'Ho’oponopono moderno sono una sintesi della parte centrale dell’Ho’oponopono tradizionale: il perdono reciproco (in hawaiano mihì). E proprio dalla semplicità di questa formula per la pace che emerge il concetto di risoluzione dei conflitti alla base dell’Ho’oponopono.

Mi dispiace - Accetto il negativo o l’opposto dell’amore in me. Mi dispiace che io e i miei antenati abbiamo ferito consapevolmente o inconsapevolmente te e i tuoi antenati. Mi dispiace di aver ferito altre persone consapevolmente o inconsapevolmente e di averne ostacolato l’evoluzione. Mi pento e mi scuso.

Perdonami - Mi perdono per il negativo che c’è in me. Mi perdono per essermi messo a disposizione. Mi perdono per essere stato il responsabile del disordine. Prego di perdonarmi per essere stato parte del problema. Mi perdono perché mi sento colpevole. Perdono il responsabile del disordine e lascio andare.

Mi amo/Ti amo - Rispetto me stesso e rispetto te. Mi amo e mi accetto con tutte le mie debolezze. Amo ciò che è. Ho fiducia che questa situazione mi faccia progredire. Rispetto la situazione che mi mostra che cosa va fatto. Amo la situazione che mi si è presentata per riportarmi nel flusso della vita. Vedo il divino in te e vedo il divino in me. Approfitto della conoscenza e imprimo una nuova forma alla situazione. L’amore è l’unica forza e la più grande nell’universo.

Grazie - Ringrazio per la benedizione insita in questa situazione. Ringrazio per la trasformazione. Ringrazio per la conoscenza. Grazie per l’esperienza acquisita. Grazie per la soluzione migliore per me e per tutte le persone coinvolte. Permetto la guarigione. Ringrazio per il miracolo. Rendo grazie per la mia vita.

Con la parola “grazie” si concede in un certo senso l’autorizzazione alla guarigione e alla distruzione dei dati che hanno dato origine al conflitto. Si dice “grazie” quando si riceve qualcosa. Non essendo possibile pensare a due cose in contemporanea, con la propria gratitudine si passa immediatamente dalla carenza all’abbondanza. Dire grazie significa credere o essere convinti di aver già ricevuto, poiché non avrebbe senso ringraziare quando si è a mani vuote. Non si può ingannare l’universo ringraziando in antìcipo con l’intenzione di ricevere. Il dubbio interiore è l’impulso originario (in sanscrito vrit) che agisce. Oltre al dubbio, alla paura e alla sfiducia, un altro ostacolo alla guarigione o alla purificazione consiste nel fatto che molti vorrebbero essere sani, ma non sono disposti a fare nulla per diventarlo. Questo dipende soprattutto dall’esistenza di un cosiddetto beneficio nascosto: si crede inconsciamente che mantenendo un problema si vada a soddisfare un bisogno (ad esempio riconoscimento o tranquillità). Così, nel profondo dell’anima una persona persegue sempre un obiettivo con le sue azioni.

Data di Pubblicazione: 2 ottobre 2018

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