Scopri perché una paura prolungata può produrre problemi anche a livello fisiologico leggendo l'anteprima del libro di Michele Putrino.
Che cos’è la paura e perché bisogna liberarsene
Cos’è che è perennemente presente nell’essere umano, che lo ossessiona costantemente e che non lo lascia mai in pace tanto da averlo spinto a creare enormi e complessi sistemi sociali, nonché tutti questi oggetti tecnologici di cui ci siamo circondati? La risposta a questa domanda è una e una soltanto: la paura.
Sapete come ragionano molti manager, industriali, politici e banchieri? Sapete qual è la filosofìa che molti di loro perseguono al fine di trovare “la spinta” per fare quello che devono fare e, cioè, produrre sempre di più? Non ci crederete mai. Ebbene, il principio che applicano su loro stessi per spronarsi a fare sempre di più è mettersi sempre maggiore paura addosso.
Ovviamente loro non utilizzano questi termini soltanto quando raccontano il loro “metodo” agli altri, ma lo applicano, con convinzione, anche su loro stessi. Ci mancherebbe. Però vi posso assicurare che è un “approccio al lavoro” di cui in molti sono convinti e che applicano con disinvoltura quotidianamente.
Dato che, giustamente, in molti saranno scettici riguardo a quella che potrebbe sembrare una mia strana affermazione, guardate cosa scriveva nel 2009 il famoso banchiere francese Jacques Attali:
«La storia ci insegna che l’umanità si evolve in modo significativo solo quando ha davvero paura.»
Chiaro no? Ma la cosa non deve stupire perché, lo ripeto, questa è la classica forma mentis di chi vuole “progredire” secondo le regole del sistema in cui viviamo. Libri e corsi motivazionali per manager e sulla leadership traboccano di questi concetti.
Giusto per fare un esempio, al fine di rendervi più chiare le idee su questa questione, ecco cosa scriveva Jim Rohn - personaggio considerato tra i più importanti e influenti motivatori per il business al mondo - nelle conclusioni di un suo libro:
«Indipendentemente dalla sua età, ognuno di noi dovrebbe avere un senso di urgenza che lo spinge verso l’azione immediata - in questo preciso momento!»
Sebbene Rohn non lo scriva esplicitamente, un po’ tutti siamo bene coscienti di quale sia l’unico modo di ottenere un “senso di urgenza” dove queste parole, ci tengo a precisare, sono evidenziate in neretto e anche in corsivo non da me ma così sono riportate nel testo originale.
Chiaramente questo modo di approcciarsi alla vita attraverso l’utilizzo della “droga della paura” non viene adoperato da alcuni dirigenti solo su loro stessi ma, visto che ritengono questo approccio come cosa “buona e giusta”, lo applicano anche per “spronare” i loro dipendenti, i loro clienti e, più in generale, chiunque si ritrovino davanti.
Ora vi dirò una cosa su questa questione che, di primo acchito, suonerà quantomeno strana. Questi signori, dal loro punto di vista, hanno ragione ad affermare e portare avanti questa filosofìa di vita incentrata sull’alimentare costantemente la paura per poter “produrre di più”. Sapete perché? Perché il mondo in cui noi viviamo si basa sul consumismo, e questo significa che la realtà in cui ci troviamo ha veramente bisogno che la paura venga continuamente alimentata negli animi degli uomini e delle donne per poter funzionare.
Se non fosse per la paura, infatti, chi andrebbe a comprare vestiti nuovi quando si ritrova con un armadio pieno di indumenti praticamente intatti? È la paura di apparire come fuori moda o inadeguati per un certo ambiente, infatti, che ci spinge a comprare sempre nuovi indumenti anche quando questi in realtà non ci servono. E lo stesso vale anche quando andiamo a comprare un nuovo telefono o un nuovo televisore, nonostante il fatto che quelli che avevamo funzionavano perfettamente.
Per il sistema in cui viviamo è importante che tutto questo continui, altrimenti l’economia collasserebbe. Ma lo stesso vale per il concetto di “progresso”: ovviamente per sentire la spinta a “progredire” bisogna sentire che dove si sta non va bene, che si ha paura di “rimanere arretrati”, altrimenti si rimane belli e sereni nello stato in cui ci si trova. Semplice no?
Altrettanto vale, come dicevamo, anche per molti manager e imprenditori: è la paura di non stare al passo con i tempi a spingerli a fare sempre di più. Vedendo che così stanno le cose, diventa ovvio per l’esperto di business consigliare a colui che vuole “progredire” di alimentare la paura in sé, proprio come colui che, volendo ingrassare, riceve dal dietologo il consiglio di mangiare di più.
Non è questo il luogo per fare critica sociale e non è mia intenzione trattare qui questo argomento, ma ai nostri fini è importante che vediate l’azione della paura sotto diversi punti di vista. E dato che la paura costante e continua, com’è ovvio, produce un forte malessere interiore, non è un caso che nel mondo moderno la depressione, l’angoscia e il non senso della vita dilaghino senza freni.
Dato tutto ciò, a questo punto è assolutamente fondamentale avere ben chiara in testa la differenza tra paura naturale e paura mentale. Intorno al concetto di “paura”, infatti, sono state fatte mille affermazioni, molto spesso in contraddizione tra di loro nonché, non di rado, affermazioni che di fatto sono delle palesi sciocchezze. Dunque, cerchiamo di chiarire in modo definitivo la vera natura della “paura” in modo non solo che, la spiegazione, risulti logica e lineare ma anche, e soprattutto, che il concetto di fondo appaia “ovvio” anche all’uomo della strada.
La paura in natura
Immaginate di trovarvi, a piedi, su un sentiero in un bosco diretti verso la casa di montagna di un vostro caro amico. Mentre vi gustate il profumo degli alberi durante la camminata, intravedete in lontananza qualcosa di grigio che attira la vostra attenzione. All’improvviso capite: è un lupo che vi punta. E non è il solo: altri due lupi sono con lui.
Vi si ghiaccia il sangue perché capite di essere seriamente in pericolo. Allora vi voltate a guardare quanto è ancora lontana la casa del vostro amico e capite che ce la potete fare, dovete fare solo una intensa corsa. Sentite il cuore arrivarvi quasi in gola e le braccia e le gambe riempirsi di sangue e forza.
Scattate. Iniziate a correte come non avete mai fatto prima. Correte così velocemente tanto da avere l’impressione che la suola delle scarpe arrivi solo a sfiorare il terreno. Mentre correte come dei folli, per un istante vi voltate velocemente nella speranza di non vedere i lupi rincorrervi. E invece sono lì, distanti sì ma che corrono veloci per raggiungervi.
A quella vista una fìtta più intensa vi colpisce tutta la schiena come se i lupi fossero riusciti ad azzannarvi, e allora correte ancora più veloci, con i polmoni e la gola che vi bruciano da morire. E quando non ce la fate più, quando sentite le vostre gambe quasi staccarsi e dolori lancinanti esplodere in ogni angolo del vostro corpo, quando il vostro cervello inizia a dirvi di lasciarvi andare perché “ma sì, meglio farsi sbranare”, ecco di fronte a voi la ringhiera della casa di montagna del vostro amico.
Questa volta non vi voltate ma continuate a correre a più non posso, facendo affidamento a quel residuo di energia che sperate vi sia ancora rimasto. Ma i lupi li sentite appena dietro di voi; li sentite a pochi centimetri dai vostri glutei mentre tentano di mordervi. E allora correte, correte, correte... Siete a pochi metri dal cancello... Spingete ulteriormente sulle gambe come degli ossessi fino, finalmente, ad aggrapparvi alle sbarre del cancello.
Lo aprite e vi voltate chiudendolo rapidamente; ma sentite che almeno un lupo è entrato con voi e appena vi volterete vi salterà alla gola come nei film horror... Lo sentite, è lì, sta per saltarvi addosso! E invece no: vi rendete conto che i lupi non solo non sono né dentro né fuori dal cancello ma che, addirittura, avevano smesso di inseguirvi già da un bel pezzo.
Cos’è successo? Semplice: avete avuto paura, una intensa paura. Si tratta della stessa paura con cui abbiamo a che fare quotidianamente, soprattutto nei nostri ultimi tempi? Fisiologicamente sì, tecnicamente, invece, no. Cerco di spiegare meglio il concetto.
La paura mentale
Quando ci sentiamo in pericolo il nostro corpo imposta la propria fisiologia in due possibili modalità: lottare contro chi ci sta minacciando oppure fuggire via. Fa questo soprattutto mandando gran parte del nostro sangue e, quindi, delle nostre “energie” verso le braccia e le gambe sottraendolo, di conseguenza, da tutte quelle parti del corpo che non rientrano nella necessità immediata.
È, insomma, un po’ la stessa cosa di quando uno Stato, trovandosi in guerra, sospende tutte le attività ordinarie per concentrarsi sull’attività bellica. Tutto normale, dunque? Fino a quando ci troviamo ad avere a che fare con lupi et similia certo che sì. Però in quei casi questo tipo di reazione dura poco, qualche minuto o qualche ora, poi o ci si riesce a mettere in salvo oppure si finisce sbranati; in ogni caso la reazione fisiologica ha fine.
Cosa succede, invece, quando abbiamo paura durante la nostra vita moderna? Che il nostro cervello, quando percepisce un pericolo, fa scattare lo stesso identico meccanismo fisiologico che si attiva se ci troviamo in presenza di un branco di lupi; l’unico problemino consiste nel fatto che, di solito, arriva a spegnersi soltanto dopo settimane, mesi o addirittura anni. Per comprenderci meglio, facciamo un ulteriore piccolo esempio.
Immaginate di essere dei dipendenti di un’azienda di imballaggio di banane. Voi siete lì tranquilli, mentre imballate serenamente banane alla vostra solita postazione che occupate da anni, quando all’improvviso entra il vostro capo e annuncia a tutti che la prossima settimana uno di voi verrà licenziato. Naturalmente vi prende una morsa allo stomaco: nella vostra sezione siete soltanto in sette a lavorare e quindi ci sono buone probabilità che sia la vostra testa a saltare.
La vostra mente non riesce a stare ferma: dovete finire ancora di pagare il mutuo di casa e appena qualche mese fa eravate riusciti a comprare lo scooter che tanto avevate sognato, pagandolo sempre a rate, ovviamente. E adesso tutto rischia di diventare un enorme inferno. Addirittura, le cose che sono sempre sembrate, ai vostri occhi, come gli oggetti della felicità - la vostra casa, il vostro scooter - ora, all’improvviso, li percepite come delle gigantesche palle al piede. E all’improvviso comprendete quella strana frase di quel vostro vecchio amico che allora vi era sembrata senza senso: “Le cose che possiedi alla fine ti possiedono”.
Per tutta la settimana non riuscite a chiudere occhio; il vostro pensiero è sempre lì fìsso: non riuscite a pensare ad altro se non al rischio di vedervi senza lavoro e con un sacco di debiti da cui rischiate di essere travolti. Vi siete messi a divorare qualsiasi cosa per il nervosismo, soprattutto sacchetti di patatine fritte a non finire, e rispondete male a chiunque vi rivolga la parola.
Poi, finalmente, ecco giungere il giorno del giudizio. Quella mattina vi svegliate due o tre ore prima del solito e con il respiro corto, la sensazione di bolle nella pancia e gli arti rigidi vi recate a lavoro. E restate in queste condizioni per tutto il tempo, almeno fino a quando arriva il vostro capo sulla soglia della porta.
A quel punto quasi più non respirate e un brivido vi corre lungo le spalle e il collo. Il tempo sembra essersi bloccato. Il vostro capo pronuncia il fatidico nome e... Non siete voi. Chiaramente a quel punto vi rilassate come non vi era mai capitato prima. E ritornate al vostro lavoro, come se vi foste appena svegliati da un incubo.
Insomma, la paura
Da quello che abbiamo visto, dunque, appare evidente che la paura è quella cosa che ha un senso se si ha a che fare con una situazione naturale e che ha una breve durata, ma che diventa completamente insensata e distruttiva se si protrae per lungo tempo. Perché dico distruttiva?
Perché, come spiegano gli esperti, concentrando tutte le nostre risorse ed energie per lungo tempo negli arti e nei nostri punti fisiologici atti a combattere o a fuggire, alla fine tutte le nostre altre parti “ordinarie” non vengono nutrite in modo adeguato e si “guastano”, cioè si ammalano.
Questo è, ad esempio, quello che succede con l’ulcera allo stomaco o con le malattie all’intestino (dove ogni tot di giorni si deve riprodurre uno strato protettivo per non creare danni all’organo). Comunque, questo non è un libro di fisiologia e non siamo qui per trattare queste cose: quanto detto mi serviva solo per farvi notare il fatto che una prolungata paura è talmente non-normale da produrre problemi gravi anche a livello fisiologico.
Dunque, è chiaro (o almeno spero che lo sia): la paura prolungata al di fuori delle situazioni naturali è solo ed esclusivamente dannosa. Una piccola osservazione a margine. A molti da tempo piace dire frasi del tipo: “La paura è naturale che ci sia e fa anche bene!” e poi partono, in genere, con mille spiegazioni per convincere chi li ascolta della veridicità di questa loro convinzione.
Questo tipo di affermazione viene fatta sia dai così detti esperti che dalle persone comuni. Allora, come avete capito da quanto ho descritto finora, questa è la tipica mentalità di coloro che vogliono progredire a tutti i costi in questo sistema; ne consegue che, ovviamente, è quanto di più lontano dalla mia posizione.
Ritengo, anzi, che affermare cose del genere sia altamente diseducativo perché spinge le persone ad assecondare le proprie paure invece di imparare ad affrontarle. Quindi, non vi aspettate nelle pagine che seguiranno affermazioni del genere perché non ne troverete. L’intento di questo libro è quello di imparare ad affrontare a testa alta ciò che tenta di incuterci paura senza piegarci a essa.
Data di Pubblicazione: 9 giugno 2021