SPIRITUALITÀ ED ESOTERISMO   |   Tempo di Lettura: 8 min

Che cosa sono le esperienze di premorte

Che cosa sono le esperienze di premorte

Cenni storici sul fenomeno delle near-death experiences: attività non-ordinaria di coscienza, leggi l'anteprima del libro di Nera Luce.

Cenni storici

Le Esperienze di Premorte non hanno avuto facile accesso alla credibilità pubblica a causa dell’influenza inibitoria esercitata, per moltissimo tempo, da un ambiente culturale e scientifico intenzionato a sminuirne e negarne la significatività.

Nonostante la presenza di innumerevoli testimonianze all’interno della popolazione dei sopravvissuti sia sempre stata molto elevata, esse sono rimaste poco studiate all’incirca fino alla metà degli anni Settanta.

Il clima instauratosi con l’era dell’Illuminismo e l’egemonia ottenuta successivamente dalla visione positivista, con la conseguente svalutazione di tutto ciò che non è dimostrabile in modo empirico, ha in un certo senso sommerso e messo al bando il fenomeno delle near-death experiences.

Se ancora oggi, nel post-modernismo, alcuni pregiudizi permeano l’ambiente scientifico, possiamo immaginare quanto il clima positivista dell’epoca possa aver inibito e rallentato la crescita e la ricerca sul fenomeno delle esperienze pre-morte.

Il pregiudizio contribuisce ad alimentare un circolo vizioso di atteggiamenti è comportamenti, sia da parte dei clinici che all’interno del contesto familiare dei sopravvissuti: elementi che non aiutano i pazienti, nel processo di accettazione e integrazione delle esperienze nde nella loro vita.

E soltanto in epoca più recente che fanno la loro comparsa testi e articoli sulle nde in ambito medico, psicologico o parapsicologico. Il termine “near-death experiences” è stato coniato da Raymond Moody, con la pubblicazione della sua opera La vita oltre la vita. In questo libro, attraverso l’analisi di una casistica di oltre cento persone che hanno avuto nde, vengono individuati quindici elementi che ricorrono con frequenza durante questa esperienza.

La tematica delle nde ottiene, con la pubblicazione del libro di Moody, una notevole notorietà e rende celebre un argomento che fino a quel momento aveva ricevuto un’attenzione abbastanza limitata da parte sia del pubblico che della comunità scientifica. Divenuto rapidamente un best-seller, il libro solleva il velo dell’ignoranza, e, nel fare questo, apre nuovi interrogativi e dibattiti sul fenomeno.

Il libro di Moody è in un certo senso il primo serio tentativo di descrizione fenomenologica delle esperienze pre-morte, secondo criteri rigorosi e obbiettivi: l’estesa casistica presa in considerazione e la sistematicità delle analisi fanno del lavoro pioneristico di questo autore un’opera di riferimento nel panorama della letteratura sulle esperienze pre-morte.

Appare chiaro il valore di questa ricerca se consideriamo che il testo nasce all’interno di un ambiente culturale dove la posizione dominante attribuiva al fenomeno nde origini prevalentemente patologiche escludendolo a priori dalla possibilità di qualsiasi argomentazione scientifica, inserendolo tout court nel paranormale.

A partire dalla fine degli anni Settanta, dopo questo nuovo impulso alla letteratura sulle esperienze pre-morte, si moltiplicano gli studi: prima con la diffusione delle indagini retrospettive e successivamente con la comparsa di ricerche prospettiche che impiegano metodi di maggior rigore scientifico.

Attività non-ordinaria di coscienza

Nella letteratura sui casi di arresto cardiaco, che furono quelli dove la ricerca sulle nde si concentrò maggiormente, spiccano per rigore metodologico e accuratezza descrittiva le ricerche di Van Lommel & Parnia, focalizzate sulle caratteristiche cliniche ed epidemiologiche delle nde.

Tutte queste interpretazioni, nonostante provengano dall’applicazione di metodi rigorosi di ricerca scientifica e nonostante la validità oggettiva dei risultati ottenuti, rimangono pur sempre di natura speculativa: valide ipotesi indiziarie che vanno nella direzione di una potenziale risposta definitiva, ma che contengono però al loro interno numerosi vincoli.

La relazione che intercorre tra mente e cervello, nonostante i grandi progressi neuroscientifici in tale direzione, non è ancora stata compresa completamente, e sono molte le domande aperte su come le alterazioni dei correlati celebrali possano indurre i qualia dell’esperienza soggettiva cosciente.

È necessaria un’ulteriore considerazione di valenza storica circa l’evoluzione che l’uso del termine “near-death experìences” ha avuto nel tempo: le implicazioni che derivano dagli usi terminologici riferiti ai concetti non sono infatti problemi secondari nell’ambito della ricerca.

Allo stato attuale manca ancora univoco accordo sulla definizione di NDE in letteratura.

Parliamo infatti genericamente di “near-death experiences” per riferirci a stati alterati di coscienza causati dalla presenza di condizioni critiche che minacciano la vita.

Parallelamente a questo problema, si pone l’ineludibile questione su come vada inteso il concetto di “stato alterato di coscienza” e fino a che punto si possa ritenere che le near-death experiences ne facciano parte.

Secondo Facco, ad esempio, non si tratterebbe soltanto di processi di alterazione della coscienza, dato che i soggetti che hanno avuto una nde non solo in molti casi erano del tutto incoscienti, ma nei loro racconti mostrano di avere accesso a una lucidità straordinaria. Nei decenni passati tutta una serie di esperienze tra cui ipnosi, meditazione, sogno ed esperienze pre-morte erano ritenuti “stati alterati di coscienza” e il concetto fu poi esteso fino a includere stati fisiologici e condizioni patologhe, tra cui deprivazione sensoriale, stati di trance, coma, sintomi psicotici.

Parlare di alterati stati di coscienza introduce infatti un bias linguistico, implicando conseguentemente concetti di disfunzionalità e deviazione rispetto a una soglia ritenuta normale, oltre la quale ricade tutto ciò che è patologico. Tuttavia, le modifiche della coscienza che si osservano durante le nde non sono, fino a prova contraria, chiaramente disfunzionali o patologiche.

Facco propone di usare come termine alternativo «attività non-ordinaria di coscienza», ritenendo tale uso più adatto a descrivere il fenomeno delle near-death experiences.

Near: esperienza di un breve periodo di morte

Un ulteriore problema deriva dalla questione su come debba essere inteso il termine "near" dal momento che si tratta di una temporanea modifica o sospensione delle ordinarie attività della coscienza, su cui vertono diverse possibilità interpretative.

Agrillo concorda con l’idea che il termine “near” vada inteso propriamente come il fare effettiva esperienza di un breve periodo di morte, piuttosto che essere “quasi morti”.

In questo senso, possiamo considerare l’esperienza delle nde come un’introduzione alla conoscenza dei processi iniziali cui va incontro la mente quando essa sta per cessare la sua attività, durante l’esperienza del morire.

Attualmente sono impiegati diversi criteri per la definizione dell’esatto momento della morte biologica e questo aggiunge ulteriori aree di indefìnizione a una questione che già di suo è intrinsecamente complessa.

Il problema rappresentato dagli usi linguistici è noto alla storia della scienza per le imponenti implicazioni di cui si fa portatore: definire qualcosa con un nome è attribuirgli una valenza connotativa, oltre che denotarne una fenomenologia specifica.

Una questione culturale di grande risonanza, su cui molti si sono pronunciati, e che ancora oggi nel post-modernismo non ha ottenuto risoluzione.

La tendenza prevalente, nel Ventesimo secolo, dominato da una visione materialistica e riduzionistica dei fenomeni, è quella di voler trasmettere un’immagine patologica di tutti quei processi mentali di natura non ordinaria che si allontanano da una possibilità di comprensione e indagine empirica.

Questo atteggiamento continua ad alimentare il pregiudizio, limitando le possibilità della ricerca in quegli ambiti, come le nde, che sono mai del tutto dimostrabili o che ricadono in aree di manifestazione che confinano con la metafìsica.

Bruce Greyson, psichiatra e direttore della Division of perceptual studies della Virginia University, è attualmente considerato tra i principali esperti in materia di near-death experiences. La scala di Greyson è a oggi lo strumento di misurazione più validato e utilizzato dalla ricerca sulle nde a livello internazionale.

Nell’ultimo decennio inoltre, un’ulteriore spinta alla validazione scientifica del fenomeno nde proviene dalla proliferazione di ricerche in quest’ambito e dalla crescente attenzione ottenuta dalla comunità neuroscientifìca.

Allo stato attuale è presente una società scientifica, nota come International Association far near-death studies dove, sul «Journal of near-death studies», vengono pubblicati i risultati delle ricerche e gli articoli riguardanti le nde.

Data di Pubblicazione: 25 febbraio 2020

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