Che cos'è l'Astrologia Karmica? In che modo il Karma influenza la nostra Carta Natale? Scoprilo leggendo l'anteprima del nuovo libro di Francesca Spades.

Che cos'è l'Astrologia Karmica?

La Carta Natale "incontra" il Karma

"Casa è il luogo dove si trova il cuore."

Plinio Il Vecchio

Il concetto di casa per l’essere umano evoca appartenenza.

Chi è a casa non ha bisogno d’altro perché si trova nel proprio elemento, la minaccia non esiste e neanche il pericolo. Plinio il Vecchio sosteneva che casa fosse il luogo dove si trova il cuore. E il cuore è centralità e calore, sorgente di vita.

Nel centro non esiste dinamismo tuttavia. Non ci si muove e non si diventa. Nel centro si sta fermi. E infatti chiunque rimanga a casa, avvolto nelle sicurezze del nido, senza affacciarsi al mondo, difficilmente impara qualcosa.

Imparare tutto sommato è una forma di movimento, ha a che fare con l’aggiungere qualcosa a quello che già si possiede, si acquista, si muove, si espande. E per crescere occorre sporcarsi le mani.

Accogliere incerto, scomodità, paure.

La sfida consente di crescere, perché nel rischio dell’errore, del dolore o del fallimento si cela la possibilità di accrescere il proprio bagaglio e diventare più di quel che si era.

Per questo la parabola di ogni essere umano è riassumibile in una uscita di casa. In un andare fuori, avventurarsi, mettere il piede dove non si vede.

Ed in effetti egli, l'Uomo, nella mitologia di ogni parte del mondo, esce immancabilmente da mani di Divinità, da nidi sopraffini, per essere precipitato in un luogo in cui perfezione e sicurezza invece vengono meno.

Il suo imparare è procurare a se stesso la capacità di cavarsela.

Nella memoria mitologica e ieratica di ogni tempo viene infatti cacciato da giardini incantati o creato da entità, più o meno sacre, per fare diretta esperienza di un piano esistenziale inferiore rispetto a quello da cui origina.

Presso i Sumeri la sua creazione è riportata nel mito di Enki, signore della Terra e di sua sorella Ninmah, grande Madre cosmica. Le due divinità ebbero a dover risolvere una rivolta sollevata dai numi minori del Pantheon — racconta la storia — scatenata dalla durezza delle condizioni di vita cui si trovavano sottoposte. Per sedare gli animi Enki e Ninmah decisero di creare una nuova specie, più umile, che avrebbe lavorato la terra placando gli Dei.

Per questo Enki plasmò una creatura nell’argilla a cui infuse la sua sconfinata saggezza e Ninmah si preoccupò di portarne a termine la gestazione nel suo utero sacro. E i tentativi di creare un essere adeguato alla sua funzione furono molteplici, le due divinità lavorarono sodo, tuttavia diedero costantemente vita a creature difettose, come se il tentativo di degradare la loro stessa natura fosse impresa ai limiti del disperato.

L'impasse fu superata, secondo un altro mito coevo, dal Signore dell'Aria Enlil che provvedette a separare Terra e Cielo e poi collocare il seme del primo uomo nel ventre scuro del suolo affinché venisse fecondato.

 

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Non poteva nascere una creatura inferiore da due Divinità, c'era bisogno di materia più pesante.

Il seme Divino di Enlil trovò una controparte non sacra nella terra. Così fu possibile la genesi di una nuova entità. E l’idea che l’uomo venga fuori da una divinità per fare esperienza di un mondo inferiore è presente anche nella letteratura Egizia.

Il Dio Khnum, meglio noto come Atum, venerato già in epoca predinastica, signore del Nilo e della fertilità, custode delle sue acque sacre, plasmò l'essere umano come opera d’arte utilizzando la creta ricavata dal fiume delle Divinità.

Nelle rappresentazioni più antiche il Dio mostra la testa di un ariete su corpo umano e nella simbologia Zodiacale l’Ariete è senza dubbio associato alla genesi e al fuoco primordiale della creazione.

Di nuovo un materiale terrestre e degradato è coinvolto nella genesi dell’essere umano, che sia argilla o creta, il dato dimostra che un intento divino deve incontrare necessariamente la materia affinché un essere umano possa vedere la Luce.

Non diversamente il mito greco presenta continue vicende di creazione binaria. La vicenda iniziatica di Dioniso, il nato due volte, rappresenta una di queste. Fu figlio infatti di Zeus e Semele, creatura mortale, la quale pare fosse così follemente amata dal divino Re degli Dei da essere accontentata anche in un letale capriccio.

La legittima consorte di Zeus, Era, furiosa per l'ennesimo tradimento del marito, volle infatti sbarazzarsi della rivale instillandole il desiderio incontenibile di vedere Zeus nella sua forma Divina più sfolgorante.

E quando il re dei Divini l’accontentò, con la morte nel cuore, Semele ne risultò incenerita all'istante, tanto che l’amato dovette raccogliere dal suo corpo esanime il feto portato in grembo e cucirselo in una coscia per consentirgli di vivere e venire al mondo.

Dioniso figlio di Semele che sbaglia e muore, ma anche figlio del Re degli Dei che lo partorisce nuovamente nella luce dell’immortalità. Polvere e folgore.

Come la creatura umana nel suo complesso, che scaturisce dal genio di un essere sacro, ma conosce al contempo un mondo che sacro non può dirsi.

 

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Il Vero Divino

Come un figlio incompleto che dalla casa paterna deve muoversi per cercare la propria pienezza. Anche la Bibbia ci racconta una storia molto simile. Genesi 2.7:

Allora il Signore Dio plasmò l’uomo con la polvere del suolo e soffiò nelle sue narici un alito di vita e l’uomo divenne un essere vivente.

Al culmine del processo cosmogonico, nell’ultimo giorno di lavoro, il settimo, Dio genera dal solito materiale denso, un essere che sarà sotto la sua onnipotenza come il resto del creato, ma forgiato a differenza di tutto il resto a propria immagine e somiglianza. Lo afferma un altro passo tratto dalla Genesi:

E Dio disse: Facciamo l’uomo a nostra immagine, secondo la nostra somiglianza: domini sui pesci del mare e sugli uccelli del cielo, sul bestiame, su tutti gli animali selvatici e su tutti i rettili che strisciano sulla terra.

E Dio creò l’uomo a sua immagine; a immagine di Dio lo creò; maschio e femmina li creò.

Dio li benedisse e disse loro: Siate fecondi e moltiplicatevi, riempite la terra e soggiogatela, dominate sui pesci del mare e sugli uccelli del cielo e su ogni essere vivente che striscia sulla terra.

(Genesi 1,26-28)

L'uomo allora è meno del suo creatore eppure partecipa della sua potenza, replicandola su un piano inferiore.

Il che è ampiamente documentato e approfondito dal pensiero laterale ma affascinante della Gnosi, in cui la dualità umana è condotta agli estremi e poi sublimata.

 

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Il Dio veterotestamentario nell'impianto gnostico appare infatti come una Divinità posticcia e imbrogliona chiamato Demiurgo, di Platonica memoria, persuaso di una bugia ontologica, ovvero quella di essere il solo Vero Dio, il quale a suo dispetto, è invece insondabile e inconoscibile, collocato al centro di un mondo perfetto e altissimo detto Pleroma.

L'essere umano in tale prospettiva viene presentato come una fragile entità plasmata dal Demiurgo, meglio noto come Arconte Capo, talvolta indicato con il nome di Abraxas talvolta come Jaldabaoth. Si tratta del figlio di un Dio di serie B, che crea per imitazione e con le sue decadute possibilità.

L'uomo è così titolare di una mente e di un corpo, ma privo di qualsiasi scintilla spirituale, poiché Abraxas non è in grado di conferire Spirito. Eppure, anche in siffatta durissima genesi (impietosa per l’essere umano, declassato a volizione di un impostore) viene ammesso un miracolo stupefacente.

La povera creaturella umana, infatti, come indicato negli scritti di San Paolo di Tarso, viene utilizzata dal Vero Dio, centro irraggiungibile del Pleroma, per correggere l'equivoco esistenziale di cui il Demiurgo è convinto: ovvero essere l’unica Divinità creatrice dell’universo tutto.

Il vero Dio in altre parole raggiunge l’essere umano e lo insuffla con il suo Divino Spirito. Lo innalza da ultima pagliuzza del creato a figlio diletto. Lo dignifica con il compito di correggere la devianza manifestata dal Demiurgo.

Lo redime.

Ne fa un vincente ignaro, già titolare della sua stessa gloria benché inconsapevole, adorno di un corpo e di una mente e al contempo di una scintilla altissima di Spirito, che di fatto lo colloca al di sopra del Demiurgo stesso.

Il problema è la presa di coscienza di tale segreta e meravigliosa natura, motivo dell’esistenza nel mondo della dualità che serve come un secchio d’acqua gelata a svegliarsi e nulla più.

 

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Terra e Fuoco

Se nell'impianto Gnostico il compito assegnato all'Uomo è quello di indagare la sua condizione esistenziale e conoscere la propria identità più elevata, adagio anche espresso dall’Iscrizione del Tempio di Apollo a Delfi regalata dal grande Talete di Mileto in una lamina d’oro puro (“O uomo conosci te stesso e conoscerai l'Universo e gli Dei”), in altre tradizioni il compito dell’essere umano è quanto meno più variegato.

Nella letteratura Sumera svolge mansioni ritenute troppo gravose per gli Dei. O vive come ornamento di grande pregio artistico nel creato come vorrebbero gli Egizi, o ancora diviene un riflesso di Dio attraverso il quale Egli possa compiacersi della propria gloria eterna, come sembra emergere dai testi Biblici.

Quale che sia lo scopo per il quale l’Essere umano esiste, resta il fatto che la sua natura binaria lo mette in condizione di oscillare fra i due poli che lo caratterizzano.

Terra e Fuoco.

Deve andare, muoversi, conoscere, lavorare, specchiare la grandiosità del Divino. Uscire di casa inconsapevole per farne ritorno carico di esperienza.

Ed è proprio nell’economia di questa faticosa ricerca su sé stesso e la propria occulta identità spirituale che l’Astrologia gioca il suo millenario ruolo di Scienza Sacra.

Marsilio Ficino la collocava nel territorio Cabalistico di Chockmah, seconda emanazione del Divino o Sephiroth nell’Albero della Vita. L’emanazione intitolata alla Grazia Divina, che benedice il creato fornendo strumenti di risveglio, come l’Astrologia appunto. Forse donata, assieme alla Cabala stessa, dall’arcangelo Raziel al genere umano.

 

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Va da sé che l’Astrologia rappresenti un canale iniziatico di riconnessione al Divino ben lungi dal potersi atteggiare ad intrattenimento per le masse. È grazie al suo linguaggio verticale che ci consente di riallacciarci a quella parte di noi umani, che al di là della polvere, è destinata a tornare al suo luogo di provenienza: lo splendore dello Spirito.

E questo è solo un piccolo saggio per quanti vogliano imparare poco alla volta a decifrare il reale linguaggio iniziatico.

Ogni vicenda va conosciuta dalla sua origine, per questo ho inteso scrivere di quel momento in cui la nostra scintilla interiore ha conosciuto la separazione dalla Fonte originando il movimento di discesa e ritorno al fine di conoscersi.

Da quella uscita di casa che è foriera di dolore e apprendimento. Perché non c'è ferita più profonda che quella generata dalla separazione con il Divino. Non c'è lutto più grande della perdita dell’unità con il Tutto.

E ogni altra perdita nelle nostre esistenze non fa altro che ripetere, mille e mille volte su un piano inferiore, quella ancestrale lontanissima separazione, come un sasso che allarghi infiniti cerchi affondando in uno specchio d’acqua calma. Tutte copie più lise e confuse di quel primo impatto.

Così quando l’Uno diventa Due ogni altra ferita non è altro che il replicarsi di quello strappo primario, in tanti corollari più estesi o variopinti, dalle multiformi cangianze.

E ciascuna scintilla del Divino, ciascuna creatura umana, ha dipinto quel distacco con i colori che le sono caratteristici, caricando l'evento della propria soggettività irripetibile.

Nessuno vede il mondo per quello che realmente è, ma solo per come appare ai propri occhi.

Questa separazione è cecità.

È la polvere di cui l’uomo è plasmato.

Data di Pubblicazione: 5 dicembre 2022

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