SAGGI E RACCONTI   |   Tempo di Lettura: 5 min

Scopri il Pensiero della Chiesa verso il Contraccettivo

Pensiero della chiesa e contraccettivi

Anteprima del libro "Cristianaggini" di Giuseppe Verdi

Coitus christianus

«I figli immaginari vengono protetti dalla contraccezione con molto più vigore di quanto i figli reali, quasi adulti, vengano difesi dall’inferno della guerra e dalla morte sui campi di battaglia, secondo l’intollerabile errata credenza cattolica che i veri crimini dell’umanità si compiono nella camera da letto matrimoniale e non sui teatri di guerra».

Uta Heinemann, teologa

La chiesa combatte senza quartiere la contraccezione non perché ami la vita, ma perché odia il piacere, ossia ogni rapporto non riproduttivo. Esiste forse, infatti, qualche altra ragione per considerare omicidio la razionale prevenzione di maternità pericolose o non desiderate?

Uno dei più entusiastici sostenitori della contraccezione fu il santissimo Agostino d’Ippona. Certo, come risulta evidente dalle sue Confessioni, prima di convertirsi egli aveva condotto una vita dissoluta, tra amanti e postriboli, in completa contraddizione con l’affermazione secondo cui «fin dalla mia più tenera infanzia, io avevo succhiato col latte di mia madre il nome del mio Salvatore». Miracolosamente ravvedutosi. Agostino prese a considerare il sesso come il peggiore dei mali. Inevitabile, quindi, che sotto la sua scure cadesse anche la contraccezione, da lui definita “vergognosa” e condannata anche se praticata da persone sposate. Egli scriveva infatti nel 420:

«... Se dunque è capace di continenza, non si sposi né generi figli. Se, però, non ne è capace, si sposi, come è lecito, affinché non generi figli vergognosamente o, cosa più vergognosa, abbia rapporti senza generare.

Per quanto, quest’ultima turpitudine la commette più d’uno anche fra coloro che sono regolarmente sposati. E questo rapporto, in cui si evita il concepimento della prole, è illecito e vergognoso anche con la consorte legittima».

La scelta della castità

In altre parole, per Agostino la scelta migliore è la castità. Egli ammette, tuttavia, il matrimonio (una sorta di male minore), anche se a condizione che non si eviti il concepimento.

Perché la chiesa ufficializzasse la condanna della contraccezione come omicidio, tuttavia, fu necessario attendere circa cinque secoli e la pubblicazione del documento noto come Si aliquis (anno 906), contenuto nel Libro penitenziale del monaco Reginone di Prum e inserito nel Codice di Diritto Canonico dal XIII secolo al 1917. Trascorsero oltre cinquecento anni dal Si aliquis e nel XVI secolo giunse l’equiparazione tra contraccezione e aborto, sancita prima dal Catechismo romano del 1566, nel capitolo sul matrimonio e, a distanza di ventidue anni, da Sisto V, che puniva con la pena di morte anche chi impediva il concepimento con «pozioni che sterilizzano e medicine maledette».

Si consolidava in tal modo l’idea, ancora oggi ben radicata nella dottrina cattolica ma priva di ogni fondamento razionale, secondo la quale prevenire il concepimento equivale a un assassinio. Ecco perché, dal punto di vista cattolico, sono forme di omicidio anche la masturbazione e i rapporti omosessuali.

Risulta quanto meno curioso, tuttavia, che da secoli la chiesa si impegni strenuamente sul terreno della difesa a oltranza della “non vita” (visto che la contraccezione precede il concepimento) quando, al contrario, non ha profuso particolare impegno nella tutela della vita (già pienamente in atto) degli esseri umani, soprattutto nel caso in cui si trattasse di eretici, “infedeli” e streghe.

Di fronte a un tale atteggiamento sessuofobico, diventa diffìcile credere che la chiesa miri davvero a tutelare le vite “potenziali” e non, piuttosto, a proibire i rapporti sessuali finalizzati al solo piacere fìsico. Lo dimostra il fatto che, pur con il trascorrere dei secoli, la linea dottrinale della chiesa in questa sua immorale moralità non è mutata, facendosi anzi più intransigente. Un esempio significativo furono le risposte del collegio cardinalizio (nel 1842 e nel 1851) al quesito circa la possibilità che la donna acconsentisse a rapporti sessuali con il preservativo: «No, si renderebbe complice di un delitto abietto e commetterebbe peccato mortale». Al medesimo quesito, nel 1916 il Santo Ufficio rispose in maniera ancora più perentoria: «la donna deve opporre resistenza come contro un violentatore».

Le alternative sono semplici, anche se eroiche: astinenza o morte; ipotesi, quest’ultima, che per la chiesa risulta senz’altro percorribile, visto che può riguardare solo la donna, tradizionalmente considerata inferiore. Tale soluzione, infatti, era ritenuta valida ancora pochi decenni fa, se e vero che il geniale vescovo tedesco Michael Keller, negli anni Cinquanta del XX secolo, scriveva:

«La moglie non deve usare mezzi contraccettivi neppure come “legittima difesa”, ad esempio per proteggersi da un marito affetto da malattie sessuali che porterebbero la donna a correre un evidente rischio di vita in caso di gravidanza».

Soprattutto, però, nel corso del Novecento, la condanna di ogni forma di contraccezione è arrivata chiara e netta anche dal pulpito più alto, vale a dire quello papale. Iniziò Pio XI, il quale si pronunciò sullo scottante argomento ribadendo che, poiché il coito è «per sua natura» finalizzato alla procreazione, chi fa ricorso ad accorgimenti volti a renderlo «incapace di questa conseguenza» compie un azione «turpe e disonesta». Il pontefice specificava poi che la contraccezione non è ammissibile nemmeno per tutelare la salute fìsica della madre e che, quindi, al profilattico va sempre preferita l’astinenza.

Questo testo è estratto dal libro "Cristianaggini".

Data di Pubblicazione: 15 giugno 2018

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