Introduzione:
Ho vissuto con Paramhansa Yogananda come suo discepolo negli ultimi tre anni e mezzo della sua vita. Ero con lui da un anno e mezzo, quando egli cominciò a esortarmi a prendere nota di quello che diceva nelle sue conversazioni informali. Eravamo nel suo ritiro nel deserto, dove stava completando i suoi commenti alla Bhagavad Gita.
Dapprincipio mi trovai un po’ in difficoltà. Non conoscevo la stenografia e la mia calligrafia era illeggibile persino per me. Il Maestro, però, fedele al suo stesso insegnamento che bisognerebbe concentrarsi sulla luce piuttosto che sull’oscurità, non prestò alcuna attenzione a impedimenti così insignificanti. Continuò a esortarmi. «Non parlo spesso da un livello di gyana [saggezza impersonale]» diceva. La sua natura, infatti, si esprimeva solitamente nell’amore divino.
Il mio entusiasmo crebbe, man mano che mi rendevo conto di non avere mai letto o udito altrove insegnamenti così profondi, chiari e convincenti. «Scrivilo!» mi ripeté spesso il Maestro negli anni seguenti, durante le sue conversazioni con i monaci o i visitatori. A volte, come spiegazione, aggiungeva: «Non l’ho mai detto prima d’ora».
La realizzazione del Sé
Dato che la mia scrittura era quella che era, non potevo sperare di stargli dietro. Tuttavia, con il passare delle settimane, scoprii che il Maestro mi aveva concesso una straordinaria benedizione: potevo sentire la sua voce come se pronunciasse le parole nella mia mente mentre le annotavo, anche dopo diverso tempo. Era una benedizione così straordinaria che anni dopo, in India, ebbi la conferma che i miei ricordi delle parole, e perfino di intere frasi, che il Maestro aveva pronunciato in hindi o in bengali erano corretti, benché non conoscessi quelle lingue quando lui era in vita.
Ancora oggi, nella mia mente, risuona con chiarezza il ricordo delle sue parole e della sua voce, colme di saggezza, di amore divino e della pienezza del potere spirituale, spesso accompagnate da un delizioso senso dell’umorismo. Le sue conversazioni erano costellate di aneddoti, sfavillavano di metafore ed erano colme delle piu? profonde intuizioni riguardo a tutti i livelli della realta?, umana e divina, che io abbia mai avuto la grande benedi- zione di incontrare.
Swami Kriyananda
DAL PRIMO CAPITOLO
La Follia del Materialismo
1- «La verita?, semplicemente, esiste. Non si puo? decretarne l’esistenza con una votazione. Deve essere percepita da ogni individuo nell’immutabile Se? interiore».
2 - Paramhansa Yogananda disse: «Lo scienziato materialista utilizza le forze della natura per migliorare l’ambiente dell’uomo e per renderlo piu? confortevole. Lo scienziato spirituale usa il potere della mente per illuminare l’anima.
«Il potere della mente indica all’uomo la strada verso la felicita? interiore, che lo rende immune ai disturbi esterni.
«Quale fra i due scienziati, secondo te, offre il servizio piu? grande? Lo scienziato dello spirito, sicuramente».
3 - «Che senso ha impiegare tutto il proprio tempo in cose che non durano? Il dramma della vita ha come morale proprio questo semplice fatto: e? solo un dramma, un’illusione.
«Gli stolti, immaginando che la commedia sia reale e duratura, piangono durante gli atti tristi, si addolorano perche? le scene felici non possono durare e soffrono perche? la commedia deve, infine, giungere a una conclusione. La sofferenza e? la punizione per la loro cecita? spirituale.
«I saggi, tuttavia, comprendono che il dramma non e? altro che un’illusione, e cercano la felicita? eterna nel Se? interiore.
«La vita, per coloro che non sanno come manovrarla, e? una macchina terribile. Prima o poi, li fa a pezzi».
4 - Un uomo che Paramhansa Yogananda conobbe a New York si lamento? con lui dicendo: «Non potro? mai perdonarmi di avere impiegato trentacinque anni per guadagnare il mio primo milione di dollari!».
«Non siete ancora soddisfatto?» chiese il Maestro.
Per nulla!» si lamento? l’uomo d’affari. «Un mio amico ha guadagnato molte volte tanto. Non saro? soddisfatto finche? non avro? guadagnato quaranta milioni!».
Anni dopo, ricordando questo episodio, Paramhansa Yogananda concluse il racconto dicendo: «Prima che quell’uomo riuscisse a guadagnare i suoi quaranta milioni e potesse ritirarsi per trascorrere il resto dei suoi giorni in pace e felicita?, fu colto da un gravissimo esaurimento nervoso. Di li? a poco, mori?.
«E? questo il frutto dell’eccessiva ambizione mondana».
Data di Pubblicazione: 2 ottobre 2017