EDUCAZIONE E FAMIGLIA

Come Allattare il Tuo Bambino - Anteprima del libro di Tiziana Catanzani

Come Allattare il Tuo Bambino - Speciale

Informarsi fa bene all’allattamento

Come Allattare il Tuo Bambino?

Informarsi fa bene all’allattamento

Una domanda per iniziare: cosa serve per allattare? E subito la risposta: il seno (e in certi casi è persino sufficiente una sola mammella!), le braccia per sostenere il bambino, informazioni corrette e... tifo da stadio, ovvero tanto sostegno pratico ed emotivo e incoraggiamento. Così poco? Sì, allattare è una pratica sostenibile ed economica.

Fortunatamente si va diffondendo la consapevolezza che l’allattamento al seno non è solo la scelta alimentare d’elezione per il bambino ma anche elemento di prevenzione e garanzia di salute; sempre di più le madri comprendono quanto sia importante e vitale poter contare su informazioni corrette a questo proposito e quanto sia importante iniziare a raccoglierle già durante la gravidanza, in modo che, una volta giunto il momento di allattare, la consapevolezza e la sicurezza possano veramente fare la differenza nella riuscita.

L’UNICEF e l’OMS raccomandano che i vari aspetti dell’allattamento siano affrontati entro l’ottavo mese di gravidanza, perché quanto appreso possa essere utilizzato e messo in pratica subito dopo la nascita del bambino.

Autorità sanitarie, operatori e ricercatori concordano sul fatto che a una buona informazione in gravidanza corrispondono esperienze positive di allattamento e percentuali più alte riguardo la durata e l’esclusività.

La domanda sorge dunque spontanea: è necessario studiare tanto per esprimere un atto che è parte della natura umana?

L’allattamento è un gesto appreso e oggi più che mai frutto di una scelta, poiché le donne non sono più circondate d’abitudine da altre donne che hanno allattato o allattano al seno e dalle quali, dunque, osservare questa pratica come gesto quotidiano; le donne osservano altre donne in tantissimi altri gesti di cura, come cucinare per esempio, mentre per l’allattamento questa quotidianità si è parzialmente perduta. Occorre allora che sia di nuovo possibile imparare.

Nel secondo dopoguerra e nel periodo del boom economico, con l’introduzione del latte artificiale l’allattamento è stato progressivamente abbandonato a favore di quello che la pubblicità definiva come un prodotto sicuro, pulito, facile da preparare. I latti in polvere per un lungo periodo sono stati anche pubblicizzati come alimento qualitativamente superiore al latte materno, assurgendo a simbolo di emancipazione della donna dalle incombenze domestiche; l’immaginario collettivo è stato anche molto condizionato dal fatto che il latte artificiale e il biberon venivano rappresentati come strumenti e opportunità per rendere interscambiabili il ruolo della madre e quello del padre.

Poi, grazie anche alla spinta di associazioni di genitori che hanno avviato campagne a sostegno dell’allattamento e oggi grazie alla formazione aggiornata di fasce sempre più ampie di personale del settore, l’attenzione è tornata a concentrarsi su questo momento così importante nella vita del bambino e della madre e sono iniziate campagne di informazione e sensibilizzazione. Sempre più attenzione viene rivolta oggi anche al linguaggio utilizzato per parlarne, perché le parole scelte plasmano la percezione della realtà. Un esempio ormai noto è l’espressione che descrive il latte di mamma come “alimento superiore” per il bambino. Aggettivi come “ideale” o “migliore” lasciano intendere che il latte materno rappresenti qualcosa di auspicabile, quindi lasciano aperte le altre possibilità contemplandole come accettabili, normali. Definendo l’allattamento come una pratica che si dovrebbe sostenere, si afferma di conseguenza che è l’alimentazione artificiale a far parte della vita di tutti i giorni; tale linguaggio appartiene al marketing del latte in polvere e fa la sua fortuna. Per questo motivo da qualche tempo si sta affermando in ambito scientifico un nuovo modo di comunicare e speriamo che ciò possa accadere presto anche in ambito giornalistico: si parla di latte materno come norma biologica con cui devono confrontarsi tutti gli altri tipi di alimenti. Ne deriva che, siccome la norma diviene l’allattamento (che non è più, quindi, un atto ideale o da eroine), tutto il resto è da considerarsi fuori dalla norma. E evidente che in questo modo si offre una prospettiva diversa e si ha un impatto differente sull’opinione pubblica. Si tratta di un messaggio che auspica anche profondi ripensamenti rispetto alla consuetudine culturale di mettere sullo stesso piano latte materno e latte artificiale. Quando si tratterà di scegliere come alimentare il proprio bambino, si avrà la consapevolezza del valore dell’allattamento e dei suoi benefici a breve, medio e lungo termine.

Allattare fa bene a mamma e bambino

Il latte materno non ha bisogno di pubblicità: non è un prodotto commerciale di cui serva magnificare le doti per renderlo più appetibile rispetto ad altri. Il latte delle madri è collaudato da quando l’uomo è sulla terra e ha sempre garantito e garantisce agli esseri umani la sopravvivenza e lo sviluppo psico-fisico grazie alla sua formulazione “specie specifica”: è un tessuto vivente, che varia nel corso della poppata, della giornata e nei diversi momenti di crescita del bambino, adattandosi perfettamente a tutti i suoi bisogni. Come detto, è la norma biologica.

Allattare, lo conferma la scienza, fa bene alla salute a breve, medio e lungo termine, sia per il bambino che per la madre. E questo patrimonio di salute ha un impatto positivo sull’intera società, per questo è così importante che si parli dei benefici del latte materno e che essi siano conosciuti.

Chi lavora nei reparti ospedalieri di terapia intensiva neonatale sa quanto la nutrizione con il latte materno possa fare la differenza per la salute e addirittura per la sopravvivenza stessa del bambino. I risultati sono immediati. La protezione immunitaria garantita dal latte materno è tra le prime preziose risorse che la madre offre al suo piccolo. Gli anticorpi che passano al bambino sono personalizzati, a seconda del contesto in cui il neonato si trova e della necessità che ha. Il latte materno è ricco di immunoglobuline A (IgA), gli anticorpi che fanno da barriera alle sostanze estranee che minacciano le mucose gastriche e le vie aeree.

La madre che vive nello stesso ambiente del bambino entra in contatto con i medesimi germi con cui anche il neonato è a contatto e produce anticorpi per quegli agenti patogeni, anticorpi che arrivano alla mammella per poi passare nel latte e quindi al bambino.

Ormoni come il cortisolo e alcune proteine (fattore di crescita dell’epidermide, fattore di crescita nervosa, fattore di crescita insulino-simile e somatomedina C) svolgono il medesimo compito di protezione e maturazione delle mucose. La maturazione del sistema immunitario del bambino allattato è più rapida rispetto a quella del bambino alimentato con latte artificiale, motivo per cui quest’ultimo è statisticamente più a rischio di contrarre infezioni e sviluppare infiammazioni. Ciò fa comprendere come il latte materno sia molto più che semplice alimento: è un tessuto vivente in grado di far funzionare in maniera fisiologica i sistemi del bambino.

Specifiche proteine ed enzimi con proprietà antiinfettive e battericide come lattoferrina e lisozima, si trovano in quantità maggiori nelle urine di bambini allattati al seno rispetto ai bambini alimentati artificialmente. Sembrerebbe che tali molecole siano prodotte nella mucosa delle vie urinarie dei bambini e quindi che l’allattamento induca protezione locale dalle infezioni delle vie urinarie. Inoltre gli oligosaccaridi, presenti in notevoli quantità, resistono alla digestione e arrivano nell’intestino del bambino favorendo la proliferazione dei batteri buoni (il bifidobacter, che dà alle feci del bambino allattato il suo caratteristico odore di yogurt) e impedendo la moltiplicazione della flora intestinale dannosa. Quindi con il latte materno si innalza la protezione dalle malattie infettive gastrointestinali e delle vie respiratorie (gastroenterite, meningite, polmonite, otite media). Nel prematuro protegge anche dal rischio di enterocolite necrotizzante (infiammazione e necrosi della mucosa dell’intestino che colpisce per lo più i prematuri) e sepsi (infezione batterica del sangue). Allattare inoltre ha effetto protettivo su:

  • SIDS, Sindrome della morte infantile improvvisa.
  • Intolleranza alle proteine del latte di mucca: l’allattamento esclusivo evita l’esposizione precoce a proteine estranee.
  • Celiachia: grazie all’allattamento esclusivo prolungato e alla prosecuzione dell’allattamento dopo l’introduzione di cibi solidi contenenti glutine.
  • Malattie infiammatorie dell’intestino come morbo di Crohn e colite ulcerosa.
  • Malattie autoimmuni come diabete mellito insulinodipendente e sclerosi multipla. In modo particolare, per quest’ultima patologia, l’effetto protettivo si ha poiché i grassi del latte materno rendono stabile e rafforzano la guaina mielinica che circonda le cellule nervose, proteggendole dal deterioramento proprio della sclerosi. La mielina di un bimbo nutrito con latte artificiale è più instabile.
  • Obesità: si ritiene che con l’allattamento a richiesta il bambino impari ad autoregolarsi chiedendo di succhiare quando ha fame e interrompendo la poppata quando si sente sazio; con il biberon è più facile sovralimentare. Inoltre il latte materno contiene minor carico di proteine e maggior quantità di leptina, un ormone che regola l’appetito e il metabolismo.
  • Alcuni tipi di cancro, in modo particolare quelli legati a carenze immunitarie. Si ritiene che il latte materno, grazie ai fattori anticorpali, antinfiammatori, antimicrobici e immunomodulatori, possa avere qualche effetto protettivo su leucemia e linfoma di Hodgkin, perché le infezioni sono un fattore di rischio per questi tumori. Un fattore antitumorale contenuto nel latte materno di recente scoperta è il complesso proteico Hamlet (Human Alphalactalbumin Made Lethal to Tumour cells), costituito da alfalattoalbumina e acido oleico. Nei test di laboratorio, Hamlet si è mostrato efficace su 40 diversi tipi di tumore senza provocare alcun danno alle cellule normali, lasciandole integre e sane.

Allattare ha benefici anche per la madre:

  • Previene l’emorragia post-partum.
  • Velocizza l’involuzione dell’utero alle sue dimensioni pre-gravidiche.
  • Diminuisce il fabbisogno di ferro con l’amenorrea da allattamento.
  • Riduce il rischio in premenopausa di cancro alla mammella, alle ovaie e all’endometrio (effetto dose dipendente, ovvero la protezione è maggiore più a lungo si allatta e più figli si fanno).
  • Protegge dall’osteoporosi e dalla frattura del femore. Già in gravidanza inizia a verificarsi una perdita della densità ossea che prosegue per tutto l’allattamento. Ma quando si smette di allattare la quantità di minerale osseo torna ad aumentare. Gli studi effettuati mostrano che l’assunzione di integratori di calcio in allattamento è inutile.
  • Nella donne diabetiche diminuisce il fabbisogno di insulina durante l’allattamento.
  • Arresto temporaneo dell’endometriosi.
  • Riduce il rischio di malattie metaboliche e cardiovascolari.
  • Aiuta a ritornare più velocemente al peso che si aveva prima della gravidanza.

L’anatomia del seno e il meccanismo della produzione del latte

La conoscenza di come è fatto il seno e del meccanismo di produzione del latte è utile a tutte le madri che si informano già durante la gravidanza; si riesce così a comprendere che avere il latte non è una questione di fortuna e non occorre esservi predestinate per fattori ereditari. Ogni donna può produrre latte (in abbondanza!) per crescere in salute il proprio bambino o anche più di uno in caso di parto gemellare. Il seno, insieme all’utero, è l’organo che si prepara già in gravidanza a nutrire il bambino grazie a straordinarie modificazioni.

Come è fatto il seno

La mammella è una ghiandola cutanea dotata alfinterno di una struttura ghiandolare. All’incirca nella parte centrale e più sporgente della mammella si trova l’areola con il capezzolo. L’areola è una porzione tondeggiante di cute più pigmentata, che ha un diametro medio che va dai 4 agli 8 cm. Sul capezzolo si trovano i pori lattiferi (forellini da cui esce il latte) nei quali sfociano i dotti lattiferi. Sull’areola si trovano anche piccole sporgenze (tubercoli di Montgomery) collegate a ghiandole sebacee le quali secernono un liquido oleoso per mantenere la pelle di areola e capezzolo morbida ed elastica; tale liquido pare abbia anche effetto disinfettante. Capezzolo e areola sono dotati di fibre muscolari lisce che si contraggono permettendo la protrusione del capezzolo e il corrugamento dell’areola; questo aiuta il bambino a mantenere una buona parte del tessuto del seno nella bocca durante la poppata.

A partire dalla prima metà della gravidanza si possono notare modificazioni nella forma e nell’aspetto delle mammelle: l’areola aumenta di diametro e si scurisce, mentre il capezzolo diventa più sensibile alle stimolazioni. Per effetto degli ormoni prodotti dalla placenta, il tessuto ghiandolare interno si moltiplica e si specializza preparandosi a produrre latte. Può quindi capitare che in questo periodo si notino sul capezzolo gocce di liquido trasparente o denso e giallastro: il colostro. Se questo non succede non c’è comunque motivo di preoccuparsi perché il seno si sta preparando e, immediatamente dopo il parto, il colostro sarà già disponibile per il bambino.

L’interno del seno

La mammella è una struttura composta all’interno per la maggior parte da tessuto ghiandolare preposto alla produzione del latte. Questo tessuto è raggruppato in lobuli collegati tra loro da una rete di dottuli e dotti, a loro volta connessi a dotti più grandi che sfociano sul capezzolo. Ciascun lobulo contiene molti piccoli acini, detti alveoli, nei quali è prodotto il latte che scorre poi attraverso la rete dei dotti fino ad arrivare al capezzolo e alla bocca del bambino.

Il tessuto connettivo e i legamenti sostengono tutta la struttura interna e danno al seno la sua tipica forma. L’alveolo è il cuore operativo del tessuto ghiandolare e si può paragonare a un microscopico pallone da calcio le cui tessere sono le cellule che producono il latte, su spinta della prolattina; il latte prodotto finisce dentro la cavità del pallone-alveolo che poi fluisce dai dotti al capezzolo.

Come fa il latte a uscire?

L’alveolo è circondato da una rete di cellule lunghe, dette cellule mio-epiteliali, simili alle maglie di un canestro da basket. Quando il bambino succhia al seno, quando la madre stimola la mammella (attraverso la spremitura manuale, il massaggio o con il tiralatte) o anche solo se la mamma sente piangere il suo bambino, lo pensa o ne annusa un vestitino, avviene un rilascio di ossitocina nel sangue che raggiunge queste cellule lunghe provocandone la contrazione; l’alveolo viene letteralmente strizzato e il latte fuoriesce lungo i dotti. Ciascuna mammella produce latte indipendentemente dall’altra.

Gli altri elementi che costituiscono il seno sono:

Il tessuto adiposo

È il grasso che circonda il tessuto ghiandolare e lo protegge dai traumi; dà anche la forma al seno. La quantità di tessuto adiposo nel seno è molto variabile da donna a donna.

Il tessuto linfatico

Le mammelle sono percorse da vasi linfatici attraverso cui sono espulsi fluidi e sostanze di scarto. Il drenaggio avviene principalmente attraverso i linfonodi delle ascelle e della clavicola.

Vasi sanguigni

Le sostanze nutritive, gli anticorpi e gli ormoni di cui il latte materno è ricco sono trasportati dai numerosi vasi sanguigni delle mammelle. Per questo motivo ciascun alveolo è circondato da un reticolo di capillari. A partire dalla metà circa della gravidanza il flusso di sangue al seno aumenta e rimane costante per tutto il periodo dell’allattamento.

Il tessuto nervoso

La sensibilità di areola e capezzolo dipende dalla rete nervosa che avvolge la mammella. Quando il bambino inizia a succhiare, alcuni nervi presenti sull’areola trasmettono un preciso messaggio al cervello materno: è il momento di rilasciare nel sangue gli ormoni dell’allattamento e consentire la poppata. A volte, traumi del seno o cicatrici da esiti di operazioni nella zona attorno all’areola, possono compromettere il buon funzionamento di questi nervi e creare difficoltà alla produzione di latte.

Ossitocina e prolattina

Ossitocina e prolattina sono i principali ormoni dell’aHattamento e non possono stare l’uno senza l’altro.

L’ossitocina è prodotta e rilasciata dalla parte posteriore dell’ipofisi, entra in circolo con secrezioni a picchi e agisce sulle cellule mioepiteliali attorno all’alveolo. Durante l’allattamento è l’ormone che permette l’emissione del latte.

Durante il travaglio e il parto l’ossitocina provoca le contrazioni che servono per far nascere il bambino; nei primi giorni dopo la nascita, queste contrazioni si fanno sentire ad ogni poppata e sono utili a far tornare velocemente l’utero alla sua dimensione pre-gravidica.

Sentire l’utero contrarsi quando inizia la poppata è un segno positivo di suzione efficace.

L’ossitocina inoltre:

  • Previene l’emorragia dell’utero nell’immediato post parto, quando il bambino è posto in contatto pelle a pelle con la madre senza restrizioni di tempo.
  • Stimola l’istinto di accudimento rendendo la mamma più sensibile e attenta.
  • Riduce la pressione sanguigna.
  • Aumenta la capacità di resistenza al dolore.
  • Svolge bene il suo lavoro quando la madre è rilassata e tranquilla.

La prolattina, lo dice la parola stessa, serve per produrre il latte. Prodotta dalla parte anteriore dell’ipofisi, nel sangue della madre raggiunge livelli di concentrazione più alti circa 30 minuti dopo l’inizio della poppata, agisce sulle cellule che compongono l’alveolo (le tessere del pallone da calcio) e prepara il latte per la poppata successiva. Inoltre:

  • Inibisce l’ovulazione.
  • Aumenta di notte, in assenza di luce.
  • Aumenta il senso di benessere di madre e bambino.

Il riflesso ossitocinico, detto anche riflesso di emissione o di discesa del latte, è stimolato dal bambino che, appena si attacca, avvia una suzione rapida e superficiale. Dopo circa un minuto il sopraggiungere del riflesso è avvertito con sensazioni molto variabili tra loro: pizzicore, contrazione, solletico, brivido, fastidio ecc., ma ci sono anche donne che non lo avvertono affatto. Senza il riflesso di emissione il latte prodotto non potrebbe fuoriuscire.

Durante la poppata si verifica più di un riflesso ma di solito la madre avverte distintamente solo il primo. In questo modo il latte scende copioso e il bambino inizia a succhiare in modo più lento e vigoroso. Se tra una poppata e l’altra trascorre molto tempo, gli alveoli si riempiono di latte e, anche in questo caso, può attivarsi il riflesso di emissione, così la madre comprende che è ora di offrire il seno al suo bambino.

Il riflesso di emissione è favorito da pensieri positivi, riposo, informazioni corrette e fiducia. Al contrario, stanchezza, stress, dubbi e ansia inibiscono il lavoro dell’ossitocina e della prolattina provocando difficoltà di allattamento.

Questo testo è estratto dal libro "Come Allattare il Tuo Bambino".

Data di Pubblicazione: 25 settembre 2017

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