SELF-HELP E PSICOLOGIA   |   Tempo di Lettura: 10 min

Come creare nuove abitudini

Come creare nuove abitudini

Scopri come le nuove abitudini possono essere coltivate e diffuse leggendo l'anteprima del libro di Charles Duhigg.

Il cervello affamato

Nei primi anni del Novecento, un importante dirigente americano, Claude C. Hopkins, venne contattato da un vecchio amico per una proposta commerciale. L’amico aveva scoperto un prodotto sbalorditivo, che secondo lui avrebbe fatto scalpore. Era una pasta dentifricia, un preparato schiumoso al sapore di menta, che aveva chiamato « Pepsodent ». Nell’affare erano coinvolti alcuni investitori senza scrupoli - uno di loro vantava una lunga serie di imprese immobiliari fallimentari; un altro, si diceva, aveva legami con la mafia - ma l’affare, prometteva l’amico, avrebbe fruttato moltissimo, se Hopkins avesse accettato di sostenere una campagna promozionale a livello nazionale.

All’epoca Hopkins era ai vertici di un’industria in fortissima crescita e che pochi decenni prima neppure esisteva: la pubblicità. Hopkins aveva convinto gli americani a comprare la birra Schlitz vantando il fatto che l’azienda pulisse le bottiglie con «getti di vapore», trascurando di dire che tutte le altre ditte usavano esattamente lo stesso metodo. Nonostante l’indignazione di qualche storico, il pubblicitario aveva convinto milioni di donne ad acquistare il sapone Palmolive sostenendo che nell’antichità venisse usato nientemeno che da Cleopatra. Aveva fatto conoscere i cereali soffiati della Puffed Wheat dicendo che venivano «sparati da un fucile» finché i grani non si gonfiavano «fino a otto volte il normale». Grazie a lui decine di prodotti prima sconosciuti - i fiocchi d’avena Quaker Oats, gli pneumatici Goodyear, il battitappeto Bissell, le scatolette di maiale con i fagioli Van Camp’s - erano diventati famosissimi. Hopkins divenne così ricco che nella sua autobiografia (il best seller I miei successi in pubblicità) racconta spesso della difficoltà di spendere tutti quei soldi.

Claude Hopkins era anche celebre per aver coniato alcune regole su come indurre nuove abitudini tra i consumatori. Tali indicazioni trasformarono la produzione industriale e divennero patrimonio comune di addetti alle vendite, pedagogisti, professionisti della sanità, politici e amministratori delegati. Ancora oggi le regole di Hopkins hanno una vastissima influenza, dai prodotti per la pulizia della casa ai dispositivi utilizzati dai governi per debellare le malattie. Svolgono un ruolo fondamentale nella formazione di una nuova routine.

Tuttavia, quando il vecchio amico di Hopkins si fece vivo per parlargli del Pepsodent, il pubblicitario mostrò un tiepido interesse. Non era un mistero che la salute dentale degli americani fosse ai minimi storici. Il paese era sempre più ricco, e la vendita di cibi elaborati e zuccherati aumentava. Quando il governo procedette all’arruolamento per la Prima guerra mondiale, le reclute con i denti guasti erano così numerose che gli ufficiali consideravano la scarsa igiene dentale un rischio per la sicurezza nazionale.

Eppure, come Hopkins sapeva bene, vendere dentifricio equivaleva a un suicidio economico. C’era già un esercito di venditori porta a porta, quasi tutti sull’orlo del fallimento, che proponevano polveri ed elisir per la cura dei denti di dubbia efficacia.

Qual era il problema? Quasi nessuno comprava il dentifricio perché, nonostante i problemi di igiene orale del paese, quasi nessuno si lavava i denti.

Hopkins non dovette riflettere molto prima di rifiutare la proposta dell’amico. Le sue specialità erano saponi e cereali. «Non vedevo un modo per educare i profani alle teorie mediche sul dentifricio» spiegava nella sua autobiografia. L’amico, tuttavia, non si era scoraggiato. Insistette facendo leva sull’ego ipertrofico di Hopkins, e alla fine il pubblicitario cedette.

«Alla fine accettai di farmi carico della campagna se mi avesse concesso un’opzione di sei mesi su un pacchetto azionario» scriveva Hopkins, e così raggiunsero l’accordo.

Fu la decisione finanziaria più saggia della sua vita.

Una nuova attività quotidiana

In cinque anni Hopkins trasformò il Pepsodent in uno dei prodotti più conosciuti al mondo e in seguito contribuì a creare un’abitudine, quella di lavarsi i denti, che in America si diffuse con impressionante rapidità. Ben presto chiunque, da Shirley Temple a Clark Gable, si vantava del proprio «sorriso Pepsodent». Nel 1930 il Pepsodent veniva già venduto in Cina, Sudafrica, Brasile, Germania, e in qualsiasi altro luogo dove Hopkins riuscisse ad acquisire spazi pubblicitari. Dieci anni dopo la prima campagna Pepsodent gli esperti di indagini di mercato scoprirono che lavarsi i denti era diventato un rito per oltre metà della popolazione americana. Hopkins aveva introdotto una nuova attività quotidiana: lavarsi i denti.

In seguito il pubblicitario sostenne che il segreto del suo successo era la scoperta di un certo genere di segnale e gratificazione che alimentava una particolare abitudine. Si tratta di un’alchimia così potente che ancora oggi i suoi princìpi vengono utilizzati da progettisti di videogiochi, aziende alimentari, ospedali e milioni di venditori in tutto il mondo. Eugene Pauly ci ha insegnato che cos’è il circolo dell’abitudine, ma è stato Claude Hopkins a mostrarci come le nuove abitudini possono essere coltivate e diffuse.

Ma cosa fece esattamente Hopkins?

Creò un bisogno. E questo bisogno innesca segnali e gratificazioni. Il bisogno è alla base del loop habit, il «circolo dell’abitudine».

In tutta la sua carriera una delle strategie di Hopkins fu quella di individuare stimoli semplici per convincere i consumatori a usare ogni giorno i suoi prodotti. Ad esempio, riuscì a vendere i cereali Quaker Oats come una colazione in grado di fornire energia per tutta la giornata - ma solo mangiandone una ciotola ogni mattina. Hopkins vendeva ricostituenti come rimedio al mal di stomaco, all’artrite, all’acne e «ai problemi delle donne» - ma solo prendendo la medicina appena comparivano i sintomi. Ben presto la gente cominciò a divorare avena all’alba e a ingollare medicine al minimo accenno di stanchezza. Cosa che, per quanto si potesse essere fortunati, spesso accadeva almeno una volta al giorno.

Per vendere il Pepsodent Hopkins aveva bisogno di uno stimolo che giustificasse l’uso quotidiano del dentifricio. Il pubblicitario lesse innumerevoli testi di odontoiatria. «Una lettura arida. Ma in uno di questi libri trovai un riferimento alle placche di mucina sui denti, che in seguito avrei chiamato ‘patina’. Questo mi diede un’idea affascinante. Decisi di fare pubblicità a questa pasta dentifricia come un modo per diventare più belli. Risolvendo il problema della patina che rendeva i denti opachi.»

Concentrandosi sulla «patina», Hopkins ignorava che questa aveva sempre coperto i denti senza che nessuno se ne preoccupasse. La patina è una pellicola che si forma naturalmente sui denti indipendentemente da quello che si mangia o dalla frequenza dei lavaggi. Nessuno vi aveva mai prestato troppa attenzione, e non c’erano motivi particolari perché lo facesse: è possibile eliminare la patina mangiando una mela, facendo scorrere un dito sui denti, spazzolandoli o sciacquando vigorosamente la bocca. Il dentifricio non serviva affatto a rimuovere la patina. In realtà una delle più importanti ricerche in campo odontoiatrico dell’epoca sosteneva che tutti i dentifrici - in particolare il Pepsodent - erano inutili.

Ciò tuttavia non impedì a Hopkins di sfruttare la sua scoperta. Ritenne di aver individuato un segnale in grado di innescare un’abitudine, e in breve i muri delle città furono ricoperti di manifesti pubblicitari del Pepsodent.

«Basta scorrere la lingua sui denti. Sentirai una patina - è questo che fa sembrare i tuoi denti ‘privi di colore’ e favorisce la formazione della carie.»

«Guarda quanti bei denti si vedono in giro» diceva un altro manifesto affollato di belle ragazze sorridenti. «Milioni di persone usano un nuovo metodo per lavarsi i denti. Perché una donna dovrebbe avere quella patina di sporco sui denti? Pepsodent elimina la patina! » La genialità di questi messaggi si basava su un segnale - la patina - universale e impossibile da ignorare. Consigliare di passarsi la lingua sui denti, si scoprì, induceva chiunque a farlo davvero, rendendosi conto della presenza della patina. Era semplicissimo innescare questo stimolo, e gli annunci pubblicitari di Hopkins ottenevano esattamente questo scopo.

Non solo: la gratificazione immaginata da Hopkins era ancora più allettante. Chi non vorrebbe sembrare più bello? Chi non vorrebbe un sorriso più seducente? Soprattutto se basta lavare i denti con Pepsodent!

Le prime due settimane successive al lancio della campagna pubblicitaria trascorsero tranquillamente. La terza settimana la domanda era esplosa. Gli ordini di Pepsodent erano così numerosi che l’azienda non poteva farvi fronte. In tre anni il prodotto si diffuse in tutto il mondo e Hopkins preparava annunci pubblicitari in spagnolo, tedesco e cinese. In dieci anni il dentifricio Pepsodent divenne uno dei beni di consumo più venduti al mondo, e per oltre trent’anni rimase il dentifricio più venduto negli Stati Uniti.

Comprendere la psicologia umana

Prima che il Pepsodent facesse la sua comparsa, solo il sette per cento degli americani teneva un tubetto di dentifricio nell’armadietto dei medicinali. Dieci anni dopo la campagna pubblicitaria di Hopkins, la percentuale salì al sessantacinque per cento, e alla fine della Seconda guerra mondiale l’esercito degli Stati Uniti non considerava più un problema l’igiene dentale dei suoi soldati.

«Guadagnai un milione di dollari con il Pepsodent» scrisse Hopkins qualche anno dopo la comparsa del prodotto sugli scaffali. Il segreto era aver compreso la «psicologia umana». Una psicologia basata su due regole elementari:

  • Primo, trovare un segnale semplice e ovvio.
  • Secondo, definire chiaramente le gratificazioni.

Se questi due aspetti funzionano, prometteva Hopkins, il gioco è fatto. Nel caso del Pepsodent, Hopkins aveva identificato un segnale - la patina sui denti - e una gratificazione - avere denti belli - che avevano convinto milioni di persone a inaugurare un rito quotidiano. Ancora oggi le regole di Hopkins sono centrali nei testi di marketing e sono alla base di milioni di campagne pubblicitarie.

Questi principi sono stati usati per creare migliaia di altre abitudini - spesso senza che le persone si rendano conto di seguire la formula di Hopkins. Ad esempio, studi su soggetti che hanno iniziato con successo nuove routine di esercizio fisico mostrano che ci sono più probabilità che seguano un piano d’allenamento se scelgono un segnale specifico, come ad esempio correre appena tornati dal lavoro, e una gratificazione chiara, come una birra o una serata davanti alla tv senza sentirsi in colpa. Ricerche sulle diete dicono che creare nuove abitudini alimentari richiede un segnale predeterminato - come stabilire in anticipo i menu - e semplici gratificazioni per chi si è messo a dieta e si è attenuto al programma.

«Per certi aspetti, la pubblicità ha ormai raggiunto la condizione di scienza» scrisse Hopkins. «La pubblicità, che un tempo era un azzardo, è diventata una delle speculazioni meno rischiose.»

Forse è una tesi un po’eccessiva, anche perché è noto che le due regole di Hopkins non bastano. Se si vuole creare un’abitudine è necessario soddisfare una terza regola - una regola così sottile che lo stesso Hopkins seguiva senza neppure conoscerne l’esistenza. Questa regola spiega tutto, dal perché è così difficile ignorare una confezione di merendine a come una corsa mattutina può trasformarsi in una routine quasi riposante.

Data di Pubblicazione: 21 febbraio 2020

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