Perché nella vita c’è tanto dolore? Qual è il suo significato? E come possiamo superarlo? Scoprilo leggendo l'anteprima del libro di Marianne Williamson.
Accogliere il dolore
Tutti desideriamo felicità e amore, e a volte li troviamo. Eppure ognuno di noi a un certo punto incontra anche la sofferenza. Una relazione, un lavoro, una circostanza particolare ci ha reso felici, ma poi qualcosa è andato storto. Altre volte, anche se non sappiamo dire con precisione perché, non proviamo gioia né amore.
La vita, in effetti, non è sempre facile e vivere con dignità un dolore profondo può essere molto faticoso. Il tormento emotivo e la sofferenza fisica che sembrano sopraffarci lanciano un grido potente dal profondo del nostro animo: perché nella vita c’è tanto dolore? Qual è il suo significato? E come possiamo sopravvivere e superarlo?
Uno sguardo spirituale non evita domande simili, ma cerca di dare loro una risposta. Questi interrogativi sono infatti al cuore di tutti i grandi insegnamenti spirituali, dal primo incontro del Buddha con il dolore, quando si allontanò dal palazzo reale del padre, alla sofferenza degli Israeliti che vivevano come schiavi del faraone e poi vagarono nel deserto, fino al tormento di Gesù sulla croce. Le verità spirituali universali che costituiscono il nucleo degli importanti insegnamenti religiosi sono un balsamo per il cuore che arriva direttamente dalla Mente divina.
Ironia della sorte, queste verità sono spesso oscurate dalle religioni, che nascondono gli straordinari poteri di conforto e di ispirazione che esse racchiudono. Questo libro cerca di svelare quei principi: messaggi in codice che ci indicano non solo qual è la fonte delle nostre sofferenze, ma anche come guarire.
Guarire il cuore, infatti, è una facoltà divina. Se noi lo chiediamo, lo spirito mette ordine tra i nostri pensieri e, così facendo, porta pace nel cuore. La pace interiore non scaturisce da una comprensione intellettuale, ma da un processo spirituale che coinvolge il corpo e l’anima. Il cambiamento è generato da un’intercessione divina nient’affatto metaforica, se allineiamo i nostri pensieri al divino.
La teologia in sé non offre conforto, ma i principi spirituali, se applicati, sono un portale per la pace interiore. Nel libro si parla di come rendere i principi spirituali un’infusione alchemica per la trasformazione personale, servendoci delle intuizioni delle importanti verità religiose per alleviare il dolore che è parte della condizione umana.
Anche semplicemente svegliarsi al mattino per affrontare gli impegni quotidiani di una normale esistenza può essere gravoso, emotivamente o persino fisicamente. Il dolore lancinante può pesare sul nostro cuore per mesi o anche per anni, annientando ogni gioia e impedendo le più piccole consolazioni. I ricordi traumatici incidono la psiche come lame affilate. Il dolore può prevalere su ogni altra cosa e, anche se crediamo che esista un Dio, in momenti simili può sembrarci molto lontano.
Ma Dio non è mai lontano, perché è in noi, nella nostra mente. Siamo liberi di pensare qualunque cosa vogliamo. La porta che conduce alla liberazione emozionale è soprattutto mentale. Se allineiamo i nostri pensieri con il divino, possiamo risvegliarci a Dio nel mezzo della sofferenza. Possiamo trovarlo nell’oscurità e camminare insieme a lui nella sua scia di luce. L’universo è predisposto per la connessione con la luce divina proprio come una casa lo è per l’elettricità, e la mente di ognuno è come una lampada. Ma occorre inserire la spina perché una lampada faccia luce. Ogni volta che chiediamo o ci viene chiesto scusa, ci colleghiamo alla luce. Ogni volta che comprendiamo i nostri errori e siamo disposti a scontarli, ci connettiamo alla luce. Ogni volta che perdoniamo, entriamo in contatto con la luce. Ogni cinque minuti di meditazione, ogni pensiero compassionevole, ogni momento di fede ci porta alla luce.
La ricerca di Dio è ricerca di luce e al di fuori di questa noi viviamo nella sofferenza. Nella luce siamo guariti e integri.
Nell’abisso profondo e scuro
So qualcosa della sofferenza, perché, per ben due volte, mi è stata diagnosticata una depressione. Ho vissuto inoltre drammi personali e la perdita di persone care. Ho conosciuto tradimenti e delusioni devastanti e, in più di un’occasione, ho pensato di aver perso ogni possibilità di essere felice. Ho visto la sofferenza da vicino, non solo nella mia vita personale ma anche in quella di molte altre persone nel corso della mia esperienza lavorativa. Niente ci offre una visione a raggi x della sofferenza altrui come aver sperimentato noi stessi il dolore. Conosco il volto della depressione, molto bene.
Ho sempre osservato la realtà attraverso le lenti del misticismo - ancor prima di comprendere il reale significato di questa parola - e quindi ho imparato a leggere gli eventi che si verificano nella mia vita nel contesto di un viaggio spirituale. I momenti di sofferenza sono stati parte di un mistero che si dispiegava, notti nere dell’anima a cui era importante che, per quanto sconvolta, fossi pienamente presente. Per quanto profonda fosse la sofferenza, ho scelto di non ricorrere ad alcuna anestesia nell’affrontarla. Proprio come una futura madre che vuole dare alla luce il proprio figlio senza farmaci che l’aiutino a superare il travaglio, perché vuole vivere “il parto naturale”, ho scelto di essere pienamente presente alla profondità del mio dolore. Perché? Perché sapevo che aveva qualcosa da insegnarmi. Sapevo che in qualche modo la sofferenza mi avrebbe portato a un’alba di luce, ma solo se fossi stata disposta ad attraversare la notte profonda e scura che la precedeva.
Non voglio certo proporre una versione romanzata del dolore. Le notti insonni, i pensieri ossessivi e la sofferenza mentale ed emotiva estrema non possono certo essere presi alla leggera. I viaggi nell’infelicità profonda, però, mi hanno insegnato tanto sulla luce quanto sull’oscurità, perché nel comprendere la sofferenza sono arrivata a conoscermi meglio. L’altra faccia della medaglia della mia sofferenza è stata che ho potuto vedere cose che altrimenti non avrei scoperto. Ho visto come ho contribuito alle mie sventure. Ho compreso che l’amore non è un gioco e che dev’essere preso sul serio. Mi sono accorta che i sentimenti delle altre persone sono importanti tanto quanto i miei, che i beni materiali non contano realmente e che se il nostro obiettivo non è l’amore, andremo incontro alla sofferenza. So che l’amore è più forte del male e che niente è certo, se non l’amore divino. E ho visto che la vita va sempre avanti.
Il dispiacere, il rimorso, l’umiliazione, il dolore fisico, la perdita, il fallimento possono essere strazianti, però, per quanto difficili da affrontare, a volte ci aprono la strada all’illuminazione: consapevolezza, perdono, umiltà, pentimento, apprezzamento, gratitudine e fede. Talvolta capita di guardare indietro, ai momenti di dolore emotivo, e comprendere che sono stati la prova del fuoco da cui è emersa la verità su chi siamo.
Ho imparato molto dai periodi in cui la depressione mi teneva sveglia di notte, per quanto siano stati strazianti. Spesso è proprio nelle notti insonni che ci troviamo faccia a faccia con i mostri che durante il giorno scacciamo e che si allontanano portando con sé non solo il nostro dolore, ma anche informazioni importanti. Le difficoltà non sempre sono negative: possono mostrarci qualcosa che è importante cambiare in noi, qualcosa che dobbiamo scontare, possono rivelarci come difetti caratteriali o schemi comportamentali nevrotici ci stiano rovinando la vita, quali sconfinamenti dobbiamo perdonare e per che cosa è necessario fare ammenda. Alla fine magari sceglieremo di affidare ogni cosa a Dio, chiedendogli di aiutarci a perdonare noi stessi, e poi comprenderemo la sua misericordia mentre preghiamo perché ci sia data un’altra possibilità. Magari piangeremo i nostri cari che abbiamo perso e arriveremo finalmente a sentire il legame eterno che ci unisce per sempre. In notti così, spesso, si piangono lacrime necessarie.
A volte la luce scaturisce da ciò che comprendiamo mentre siamo immersi nell’oscurità. I periodi di sofferenza non sempre sono deviazioni nel viaggio verso la luce, ma possono rivelarsi soste fondamentali lungo il cammino. I demoni personali che emergono dall’antro buio dell’infelicità non possono semplicemente essere “trattati”, ma sono da dissolvere nella luce della consapevolezza di sé. Dobbiamo guardare tutto ciò che è necessario guardare e comprendere tutto ciò che è importante comprendere. Pronunceremo ogni preghiera che dev’essere recitata.
Può volerci del tempo
Un periodo di sofferenza emotiva spesso non è semplicemente un sintomo depressivo, quanto un fattore fondamentale per la guarigione. Magari è qualcosa che è necessario affrontare anziché evitare, nel viaggio verso il luogo in cui la sofferenza non esisterà più.
A volte, quindi, dobbiamo lasciare spazio al dolore. Forse abbiamo proprio bisogno di attraversare mesi di sofferenza, elaborando i misteri dell’amore e della perdita per riuscire finalmente a comprendere che nello spirito non esiste la perdita e che in Dio c’è sempre speranza. Un simile lutto è un viaggio sacro e non dev’essere percorso frettolosamente. Se è necessario piangere quarantacinque lacrime, allora diciassette non bastano. Il dolore profondo è una febbre dell’anima, e la febbre, nella psiche come nel corpo, ha i propri tempi. La tendenza a guarire - un sistema immunitario innato che procede sempre verso la guarigione - è nella mente come nel corpo. Dobbiamo semplicemente darle tempo.
Siamo sempre vulnerabili alla sofferenza, è parte dell’esperienza umana. Quando c’è amore, c’è gioia, ma se i legami d’amore s’infrangono, soffriamo. Il mondo è dominato dalla paura e oppone resistenza all’amore in tanti modi: come possiamo aspettarci di non soffrire in questa vita?
E chi ha vissuto abbastanza lo sa. Arriva ad accettarlo e a conviverci con grazia. Impara a incassare i colpi, sapendo che sono parte della vita. Hello darkness, my old friend; I’ve come to talk with you again (Ben tornata oscurità, vecchia amica mia; ancora una volta sono qui a parlare con te). Non è solo l’inizio di un brano di Simon & Garfunkel, ma descrive l’atteggiamento di chi accetta che una settimana o un mese o magari persino un intero anno potrebbe essere difficile, però lo supererà. E per certi versi, proprio perché abbiamo affrontato e superato quel periodo, diventiamo persone più vive e forse anche più belle di prima. Nelle parole di Elisabeth Kùbler-Ross, la psichiatra nota per gli studi sulla psicologia del lutto e della perdita: “Se volessimo proteggere i canyon dalle tempeste, non vedremmo mai la vera bellezza dell’effetto del vento sulle rocce.”
La depressione è un crollo emotivo, a volte in un abisso molto profondo e scuro. Certo. Per una vita di luce, però, non è necessario non cadere mai nel baratro: è importante invece che, quando cadiamo, impariamo a uscirne. E importante sviluppare la forza che ci permette di rialzarci emotivamente, proprio come sviluppiamo i muscoli del corpo per muoverci fisicamente. Il lavoro dell’anima è potenziare questi muscoli, e consiste nella ricerca di Dio e del nostro vero sé.
Dio non è altrove ma in noi: è l’amore, nostra vera essenza. Viviamo in Dio e Dio vive in noi. Il dolore del mondo è la sofferenza insostenibile di vivere separati dalla relazione con Dio, perché, se ci allontaniamo da Dio, ci separiamo da noi stessi. Che cosa c’è di più triste che vivere separati da noi stessi? E che cosa c’è di più naturale che cercare di ritrovare noi stessi proprio quando il nostro cuore è dilaniato? Per alcuni di noi, cadere in ginocchio per il dolore è stato il primo passo per cominciare a pregare. Nei momenti in cui il dolore è troppo, il corpo sceglie naturalmente l’umiltà davanti a Dio.
Qualunque problema affrontiamo, qualsiasi dolore infiammi il nostro cuore, l’unica risposta fondamentale è la pace divina. Il libro Un corso in miracoli ci insegna che noi pensiamo di avere molti problemi diversi, ma in realtà il problema è solo uno: siamo separati da Dio. Il libro parla di come alleviare il dolore: talvolta attraverso la preghiera, a volte con il perdono e sempre affidandoci a Dio e lasciando andare ogni pensiero che non riguardi Dio.
Così troviamo la pace interiore.
Data di Pubblicazione: 27 settembre 2019