Impara come cucinare cibi naturali e acquisire nel tempo uno stile alimentare sano, ecologico e gentile, leggendo l'anteprima del libro di Stefano Erzegovesi.
La dieta migliore del pianeta: antica eppure moderna
Quando, di recente, ho letto che il giro d'affari delle diete ammonta ad almeno 50 miliardi di dollari all'anno (Greger, 2019), ho pensato di aver letto male.
Non sarebbe la prima volta che confondo million, milione, con billion, miliardo. Invece no, è proprio così: il mercato delle diete, solo negli Stati Uniti, ammonta a 50 miliardi di dollari ogni anno e, fatto interessante, si basa soprattutto sui repeat customers, i clienti che, nel corso del tempo, acquistano più e più volte i prodotti legati a una qualche dieta.
In effetti, se ci pensate, ha molto senso: dov'è l'affare, per chi la vende, di una dieta che funziona bene, fa perdere peso, fa guadagnare salute e la fa mantenere per tutta la vita? Un cliente guarito per sempre è un cliente perso per sempre.
Molto meglio un prodotto che funzioni bene, ma solo all'inizio: ci fa raggiungere l’obiettivo in fretta e, peccato però, «dopo qualche mese non riesco più a starci dietro»: comincio a sgarrare, «ma sarò io che non sono più motivato» o, forse, «devo cercare una dieta o un prodotto dimagrante più efficace».
Ecco quindi l’acquisto ripetuto e, dollaro dopo dollaro, i 50 miliardi spesi in un anno. Non è negli scopi di questo libro stare a giudicare le diete commerciali. Un consiglio, però, mi sento di darvelo: se, in qualsiasi regime dietetico che attira la vostra attenzione, vi chiedono di spendere i vostri risparmi per qualcosa che non sia «cibo naturale», fatevi venire un dubbio: «Ѐ proprio necessario, per essere magro e in salute, spendere molti soldi per mangiare — o deglutire — qualcosa che non rientra nelle tradizioni alimentari di nessun popolo del mondo?».
La risposta, il più delle volte, sarà: «No, non è necessario». Se volete aiutare l’economia del nostro Paese, acquistate cibi — soprattutto vegetali — coltivati e prodotti vicino a casa, senza la fissa del «chilometro zero» (va benissimo l’agricoltore poco fuori città, ma anche quello di un’altra regione). E, soprattutto, cibi «che la vostra bisnonna riconoscerebbe come cibo», diceva Michael Pollan (Pollan, 2009).
Forza di volontà o forza di sopravvivenza?
A proposito di bisnonne, se una bisnonna dice: «Ci devi mettere la volontà» (niente come l'articolo «la» dà forza a una affermazione) o se, in maniera più forbita, un dottore dice: «Ci devi mettere più motivazione, dipende tutto dalla tua motivazione», non so se succede anche a voi, ma a me viene un po' di angoscia. «E se poi la motivazione non è abbastanza? E se poi la motivazione mi passa?».
Oppure, come raccontano spesso, dolorosamente, i miei pazienti sovrappeso: «Se dipende tutto da me, sicuramente non ce la faccio».
Cerchiamo allora di cambiare il registro mentale: passando dal programma «Giudizio attivo» («sono motivato, quindi sono bravo» oppure «non mi impegno abbastanza, quindi non valgo niente») al programma «Giudizio disattivato» («più che di volontà, si tratta di capire quali sono i miei bisogni» oppure «se questo cibo mi attrae in modo così irresistibile, ci sarà pure un motivo, un motivo che va capito»).
L'antenato che è in noi
Cambiato il registro mentale, siamo pronti per chiedere un parere ai nostri antenati che, milioni di anni fa, hanno avuto la forza di sopravvivere e riprodursi in condizioni di estrema carestia.
Se potessero parlare oggi, i nostri antenati direbbero due cose:
- Siamo vivi perché siamo risparmiatori. Il sistema di difesa anticarestia, presente in ogni singola cellula del nostro corpo — cervello compreso — è programmato per conservare, e non per consumare, energia. Vi dirò di più: siamo geneticamente programmati per conservare le energie. Quindi non lasciatevi incantare dalle pubblicità delle pasticchette drenanti, dimagranti, bruciagrassi e «più magre e più belle in 10 giorni». Magari ingannerete il sistema di difesa per qualche giorno e consumerete qualche manciata di calorie in più. Subito dopo, fiutato lo spreco che sta avvenendo, il nostro corpo riprenderà a conservare energia, con ancor più efficienza di prima;
- siamo geneticamente programmati per mangiare cibi poco raffinati. Il sistema di difesa anticarestia si è evoluto, in milioni di anni, per estrarre energia da alimenti semplici e poco raffinati: radici, bacche, foglie. Quando andava bene, frutti maturi. Quando andava benissimo, qualche piccolo animale acquatico o terrestre. Se, nei giorni migliori, i nostri antenati avevano davanti a un'abbondante fonte di energia più concentrata — un albero ricolmo di frutta matura, una scogliera piena di cozze e vongole — erano geneticamente portati ad abbuffarsi; abbuffarsi significava: «Mangia il più possibile oggi, perché domani non ci sarà più nulla, e poi chissà per quanti giorni non ci sarà altro da mangiare».
Oggi viaggiamo in aereo, abbiamo il frigorifero in casa e leggiamo il giornale sul tablet, ma il nostro sistema di difesa anticarestia è sempre lo stesso dei nostri antenati: pronto a percepire gli alimenti ricchi e densi di energia e farci scattare subito in modalità «mangia più che puoi oggi, perché domani potrebbe essere tardi».
L'infinita seduzione del cibo moderno
L'alimentazione cosiddetta «moderna», che ha gradualmente preso piede dalla fine della Seconda guerra mondiale in poi, ha prodotto quantità sempre maggiori di cibo che ha eccitato a dismisura il nostro sistema anticarestia: alimenti raffinati, a basso costo, facilmente accessibili, facili da preparare e da consumare.
Come se il nostro sistema anticarestia fosse, tutti i giorni, sedotto e tradito da una voce che lo incita: «Mangiami come se non cl fosse un domani, perché oggi è festa, ma domani chissà».
Lo scopo iniziale dell’alimentazione moderna era anche condivisibile: vivendo in città e lavorando, donne e uomini, tutto il giorno, c'era un grande bisogno di alimenti facili e veloci da preparare, comodi da mangiare, che durassero molto senza guastarsi e che fossero immediatamente piacevoli al palato.
Il problema vero è che non siamo pronti, neanche oggi, per questa abbondanza di cibo raffinato ad alta densità energetica. II pensiero razionale, che sta in alto nella nostra corteccia cerebrale, potrà anche dire: «Non mangiare questa cosa, ti fa ingrassare e ti fa male alla salute»; ma il ragionamento, istintivo e primitivo, che risiede nelle parti più antiche e profonde del nostro cervello, continua, ancora oggi, a dirci: «Mangiane in abbondanza, perché “del doman non v'è certezza”».
Cibi droganti: schietti o ambigui?
Non ci sono dubbi che l’industria alimentare e la ristorazione spingano moltissimo, per rendere appetibili i cibi, su tre nutrienti particolarmente graditi al nostro sistema anticarestia: sale, zucchero e grasso (Moss, 2014).
Come mai proprio questi tre?
- Sale: siamo animali terrestri e, per sostenere l’apparato cardiocircolatorio e far contrarre bene i muscoli, abbiamo bisogno di un apporto costante di sodio. Tanto sodio ci fa sicuramente male, ma la giusta quantità ci fa stare in piedi;
- Zucchero: per il sistema anticarestia, la presenza di zucchero significa energia prontamente disponibile e velocemente assimilabile. Così come, nel corso dell’evoluzione, il nostro cervello ha reso gratificante fare amore (se fai l’amore, ti riproduci e porti avanti la specie), nello stesso modo ha reso gratificante il mangiar cose dolci (se mangi cose dolci, metti da parte energie utili per la sopravvivenza);
- Grasso: nello stesso modo dello zucchero, grasso vuol dire «metti da parte energie utili» e, meglio ancora dello zucchero, vuol dire tanta energia concentrata in poco spazio.
Non stupiamoci quindi se troviamo il sale nei cibi dolci, lo zucchero in quelli salati e il grasso in entrambi: il cervello, quando sente la presenza di sale, zucchero e grasso contemporaneamente, riconosce il vantaggio per la sopravvivenza (questo cibo ti farà sopravvivere) e rinforza i meccanismi di gratificazione emotiva correlati a quel cibo (questo cibo ti fa anche godere e, nel corso del tempo, potrai diventarne dipendente).
A proposito di alimentazione «moderna», teniamo gli occhi aperti e il palato allenato: siamo portati a considerare «troppo calorici e che ci fanno male» solo alcuni cibi, come quelli del fast food, le merendine o le bibite gassate zuccherate. Che sicuramente sono troppo calorici ma, attenzione, non sono i soli a sedurre e drogare il nostro sistema anticarestia.
Possiamo chiamare i cibi del fast food «cibi droganti schietti»: sono sicuramente ad alta densità calorica e troppo processati industrialmente ma, quantomeno, siamo in grado di riconoscerli con facilità per quello che sono. A nessuno di noi verrebbe in mente di fare una dieta dimagrante a base di patatine fritte, merendine dolcissime e panini gonfi di carne grassa, bacon e formaggio.
Pensiamo pero anche ai cibi «droganti ambigui» che, all’apparenza, sembrano poter accompagnare un regime dietetico sano e leggero: cosa dire di quella merendina biologica piena di zucchero, olio e farina bianca? O di quei tarallini della macchinetta con la bellezza del 2,5% di sale aggiunto? O ancora di quei grissini o cracker leggeri come una nuvola, a base di farina bianca raffinatissima — quindi zucchero — tanto sale e oli industriali?
Anche in questo caso, non stiamo a impazzire con il programma «Giudizio attivo», che ci farebbe dire: «Attento al cibo-veleno, prodotto da multinazionali cattive per farti essere malato». Attiviamo invece il programma «Giudizio disattivato» e facciamoci una domanda: cosa succede al mio cervello quando mangio un cibo raffinato e denso di nutrienti come sale, zucchero e grasso?
Succede che il mio palato, insieme al mio sistema metabolico, «gode» all'istante e per un breve periodo.
Ѐ un po’ come andare sull’ottovolante o giocare alla roulette: sensazione di brivido immediato, piccola delusione quando finisce il giro, desiderio di voler ripetere subito l’esperienza.
Per questo non amo l’espressione junk food o «cibo-spazzatura», che contiene al suo interno un elemento di giudizio totalmente negativo. Preferisco il termine «cibo-giocattolo», un po’ come andare sull’ottovolante: ci fa tornare bambini per un’oretta ma, alla lunga, finisce per annoiarci (quanti di noi vorrebbero andare sull’ottovolante tre volte al giorno tutti 1 giorni?) e renderci meno liberi.
A proposito di libertà
Pensiamo ai momenti della nostra vita in cui, per mille motivi — un turbamento adolescenziale, un problema lavorativo o di coppia, una malattia cronica da affrontare — ci sentiamo più fragili e meno liberi.
La fragilità emotiva ci rende più facilmente attratti dagli stimoli rapidi e concentrati, come il gioco d’azzardo, le droghe, il fumo e l'alcol, o il cibo-giocattolo. Questo è il motivo per cui, nei periodi in cui amiamo mangiare cibi raffinati pieni di sale, zucchero, grasso, non serve giudicarci («sono un cretino a riempirmi di cibo-spazzatura») o attaccare gli altri («lasciatemi stare, faccio quello che mi pare»).
Meglio cogliere l'occasione per farsi qualche domanda sulla nostra vita: come me la sto passando in questo periodo? Forse sto trascurando i segnali di stanchezza o di irritazione che il mio corpo mi sta mandando? Forse sto tirando avanti senza domandarmi come effettivamente mi sento? Forse ho bisogno di andare a letto più presto?
Per cominciare a rispondere a queste domande, non serve diventare dei guru del benessere del terzo millennio: basta iniziare a rallentare un po’ quando consumiamo il pasto — una ventina di minuti stando seduti, all’inizio può bastare — e, soprattutto, domandarci come ci sentiamo un'oretta dopo aver finito di mangiare.
Data di Pubblicazione: 22 marzo 2022