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Il viaggio dello yoga attraverso asana, pranayama e pratyahara

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Riscopri il significato profondo dello yoga come magia dell'unione fra mente, corpo e spirito, leggendo l'anteprima del nuovo libro di Rino Siniscalchi.

Il concetto di Yoga

Ѐ un fatto assolutamente evidente che sempre di più la concezione dello yoga, oggi, poggia pressoché solo su asana.

Chi pratica yoga, infatti, esegue essenzialmente asana, spesso ignorando del tutto gli altri livelli della disciplina. Ѐ bene ricordare, infatti, che Patanjali, mitico personaggio vissuto circa duemila anni fa, nello Yoga Sutra mise per iscritto principi e criteri attinenti allo yoga, che fino a quel momento erano stati solo di trasmissione orale da maestro a discepolo.

La struttura base del suo scritto è l’Ashtanga yoga, ovvero yoga delle otto braccia (ashta = otto, anga = braccio): Yama, Niyama, Asana, Pranayama, Pratyahara, Dharana, Dhyana, Samadhi.

Eppure oggi la situazione vede asana non più come un ottavo dell’insieme, bensì come l'elemento fondamentale, quasi unico, che copre tutto il campo. E, in conformità con questo stato, le scuole di yoga esistenti sono virtualmente tutte concentrate sul modo migliore di eseguire le posizioni, inventando di continuo nuove varianti, modifiche e aggiunte, che hanno portato il numero delle posture a centinaia di migliaia, e non si comprende quale possa essere il reale bisogno.

Gli altri livelli, oltre asana, sono stati messi da parte, alcuni diventati marginali, altri del tutto negletti. Una qualche considerazione è riconosciuta a pranayama, mentre per gli altri “anga” esiste una sorta di oblio. In tale quadro, una sequenza di yoga si svolge eseguendo una serie di asana per un certo tempo x, dopo il quale, eventualmente, si dedica un ritaglio di tempo a qualche esercizio di pranayama, dopo di che si prova a fare un po’ di meditazione, e tutto avviene secondo uno schema a compartimenti stagni, senza interrelazione, scambio, progressione.

Ebbene, questo libro vuole provare a riportare un po' d'ordine, proponendo un approccio omogeneo e armonioso, che comprenda tutti gli otto livelli indicati da Patanjali, ma vissuti assieme, eseguiti assieme, in un processo di profonda trasformazione di cui il corpo e la coscienza sono chiamati a fare esperienza. In tal modo va vista la tavola di sintesi riportata più avanti.

 

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Il ruolo fondamentale della respirazione pranayama

La “novità” di tale impostazione consiste nell’eseguire asana con il supporto doveroso e ineliminabile di pranayama, che va inteso come capacità e abilità di respirare in maniera corretta. La combinazione asana/pranayama si concretizza tramite pratyahara, il ritiro dei sensi verso l'interno, che costituisce la condizione base per tutta la durata della pratica.

Non si deve mai dimenticare che per yoga si intende una pratica costituita da posizioni (Asana) tese a diffondere il soffio vitale in tutta la struttura corporea. Raggiunto questo obiettivo base, si passa al livello successivo, in cui si vuole che l'energia diventi più sottile, così da favorire lo stato meditativo, che eleverà il livello di coscienza.

Nell'ordine, per instaurare questo flusso armonioso, occorre che la mente si ponga umilmente al servizio del corpo, ne ascolti debolezze e forze, ne rispetti disagi e limiti, senza forzare posizioni, né creare stati di ansia da prestazione. Questa è la dimensione corretta di asana e pranayama. In questa fase, la mente deve conquistare la fiducia del corpo, lo deve tranquillizzare, rovesciando le normali condizioni della vita quotidiana in cui il corpo è tenuto ad adattarsi alla rapidità della mente.

In questa fase iniziale, è preminente l’ascolto di quanto succede dentro l’involucro corporeo, come percezione dei sensi, consapevolezza del respiro, introspezione profonda, per realizzare il fine proprio dello yoga, sintetizzato addirittura nel nome, “yoga = unione”.

Il respiro sarà l’elemento di collegamento fra corpo e mente in un armonioso connubio, in un crescente stato di consapevolezza, coscienza, meditazione. La vera difficoltà della pratica yoga si colloca proprio nella disponibilità a prendere atto di quanto è contenuto nello spazio interiore, tanto che per alcuni costituisce un vero e proprio atto di coraggio, essendo il corpo stesso una sorta di supporto magnetico, su cui vanno a imprimersi eventi, traumi, ferite, che tendono a riemergere, non appena quella specifica area sarà stimolata, quindi percepita, sentita, raggiunta dalla coscienza, portando così in superficie un problema, che potrà essere affrontato e risolto.

 

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Il viaggio dello Yoga

Yoga è un viaggio. Un lungo cammino dentro se stessi, con passaggi e strumenti di crescita progressivi, e ogni conseguimento costituisce la base su cui integrare lo stadio successivo, Con la costanza, si riusciranno a vivere tutti i campi simultaneamente. Ma per dare inizio a tale cammino speciale, occorre essere mossi dalla sincera volontà di conoscersi.

Per meglio comprendere il cammino da compiere, saranno proposte tavole schematiche, dirette a mettere in rilievo continuità e contiguità delle varie voci.

Le otto braccia dello Yoga Sutra, sopra riportate, si possono suddividere in quattro parti: primo Yama e Niyama, secondo Asana, Pranayama e Pratyahara, terzo Dharana, quarto da Dhyana e Samadhi. Si dovrà stabilire una sintonia crescente con una realtà interiore molto sottile, in cui il successo dipende dalla misura in cui ci si attiene scrupolosamente ai principi enunciati da Patanjali negli Yoga Sutra, che raccoglie la conoscenza relativa allo yoga dell’epoca, e ciò lo rende uno strumento di indagine di ineguagliabile importanza, non esistendo una qualche precedente divulgazione scritta.

Per favorire lo sguardo d’insieme del percorso da compiere, nel testo sono presenti tavole che mostrano la relazione fra le fasi prescritte da Patanjali, universalmente accettate da tutte le scuole di yoga.

Tralasciando Yama e Niyama, che sono premesse etiche al viaggio yogico e meritano una trattazione a sé, e Samadhi, che e conseguenza e conclusione di tutto il percorso e che si vedrà in seguito, in ogni sessione di yoga, obiettivo del praticante deve essere quello di volgere intento verso la realizzazione dell’insieme, da Asana a Dhyana, poiché in ogni pratica il fine è armonizzare tutti i livelli.

La continuità da Asana a Dhyana va vissuta non solo nella sequenza tutta, ma in ogni singola posizione, nel senso che ognuna di esse deve prevedere diversi livelli di ascolto e di realizzazione inerenti ad Asana, Pranayama, Pratyhara, Dharana e Dhyana.

A questo obiettivo si arriva col tempo e la pratica, evitando accuratamente di eseguire solo Asana. Da subito, bisogna impegnarsi ad associare Asana e Pranayama, poi integrare Pratyahara e nel tempo Dharana e Dhyana per raggiungere lo stato di unione di mente, corpo e spirito. A tal riguardo, si sconsiglia assolutamente uso di supporti di qualsiasi tipo per eseguire le asana, proprio per evitare che l'attenzione si rivolga a un oggetto esterno.

 

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La pratica di Yoga come percorso di introspezione

La pratica yoga deve essere un percorso di introspezione, come se si facesse un'unica asana, con tante evoluzioni e l'impegno deve essere quello di mantenere l'attenzione sempre dentro. Al contrario, un oggetto richiederebbe attenzione, comporterebbe il rivolgere la mente fuori, dedicare concentrazione a quel fatto esteriore. Questo vale non solo per la condizione in cui ci si viene a trovare, in cui bisogna pensare alla cinghia, al mattone, allo strumento specifico, che finirebbe con l'intromettersi nella relazione fra mente e corpo.

Ma c'è anche la fase preparatoria, prendere l’oggetto sistemarlo in un certo modo, adattarlo alle esigenze del caso etc., e in tutto questo tempo si perderebbe tutto il lavoro fatto fino a quel momento. Uno strumento qualunque si può utilizzare solo ed esclusivamente nel caso in cui vi sia tanta sofferenza e la persona non riesca a pensare ad altro.

Altra eccezione si ha quando vi sia il rischio di trasgredire al principio del “primum non nuocere”. Infatti, si tende a ritenere che la pratica yoga non possa fare male, e quindi ci si lancia in esercizi che trascurano principi fisiologici elementari di rispetto dei punti critici del corpo e, spesso, ciò determina problemi alla colonna, alle articolazioni, per non parlare di muscoli duri e rigidi.

Di conseguenza, si comprende bene che praticante di yoga esperto non sarà chi sia capace di eseguire posizioni strabilianti che lascino l'osservatore a bocca aperta, bensì la persona che, senza fare alcunché di sbalorditivo esteriormente, riesca a realizzare la magia dell’unione, dell’unità di tutta la persona, integrando i vari passaggi previsti dalla disciplina, in ogni esercizio, in ogni momento, per tutta la durata della pratica che, in tal modo, diventerà una meditazione avente per oggetto il corpo.

 

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Ultime considerazione sul respiro

Asana e Pranayama sono dunque strettamente connessi, per cui pranayama indica il procedimento per raggiungere un respiro sano, ampio, giusto e corretto. Nel caso in cui il respiro sia corto, meno ossigeno viene immesso nell’organismo rispetto a quanto serve, e questo può comportare stanchezza fisica, mentale, stati di stress e disturbi vari.

Ciò può essere dovuto soprattutto a un insufficiente funzionamento del diaframma, muscolo principale del respiro, oltre che a scarsa elasticità dei muscoli inspiratori. Respirare correttamente significa rimediare a queste insufficienze. Prana è la forza vitale, la riserva energetica che uno possiede sin dalla nascita, e dalla sua quantità dipende la durata della vita.

Questa energia va alimentata con pratiche corrette, alimentazione idonea, esercizio fisico adatto, e non va dilapidata attraverso alcol, fumo, dieta scorretta, abitudini malsane e altro. Quindi Pranayama, in quanto gestione dell’energia vitale, va studiato nell'ottica dell’evoluzione favorita da Asana, con attenzione rivolta dentro di sé.

Quanto si recepisce nelle pratiche yoga rimane in dotazione alla persona, che lo impiega durante tutto l’arco della giornata.

 

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Data di Pubblicazione: 21 marzo 2022

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