SPIRITUALITÀ ED ESOTERISMO   |   Tempo di Lettura: 10 min

Ai confini dei mondi insieme a un Viaggiatore Astrale

OBE Autobiografia di un Viaggiatore Astrale - Renato Patelli - Speciale

Quali segreti e misteri si celano dietro all'esperienza straordinaria del Viaggio Astrale? Scoprili leggendo l'anteprima del nuovo libro di Renato Patelli.

Ai confini dei mondi insieme a un Viaggiatore Astrale

Al fine di evitare ogni possibilità di equivoco, sento di dover precisare che gli ambienti e quant'altro di rappresentato e di interpretabile si possa incontrare nella dimensione detta “astrale”, non sono e non costituiscono l’autentica dimensione spirituale.

Lo Spirito, infatti, liberato della sovrastruttura animica, vive al di là di ogni condizione, essendo Egli, per sua intima e insuperabile essenza, aspaziale e atemporale, motivo per cui sarebbe oltremodo sciocco annetterlo ad alcunché di sovrastrutturato.

Dico ciò dal momento che, da qualche parte, si tende ad accreditare l’immagine di una dimensione spirituale che ricalca, in tutto o in parte, quella terrena e questo è, come ognuno può ben capire, naturalmente un’assurdità.

Già parlare di “aldiquà” e di “aldilà” è, a parer mio, espressione di un puro gioco dialettico che poco ha a che vedere con la realtà. Infatti, essendo il tutto Uno, non ha davvero senso, almeno da un certo grado di consapevolezza in poi, suddividere e frammentare l’esistente per categorie.

La scissione della Realtà tra universo materiale e universo spirituale è, a quel livello, del tutto incongrua e inquadrabile, tutt'al più, nell’inganno delle apparenze, perché la struttura dello Spirito è sostanzialmente equiparabile a quella propria dell’energia che tutto informa e governa.

Inoltre, volendo ancora usare questi stereotipi per meglio comprenderci, l'immediato post-mortem - perché di questo si tratta quando si parla di ambienti ultraterreni, e di tutto ciò che in esso si percepisce — non è altro che la proiezione di una soggettività tuttora gravida di terrestrità.

Che poi molte delle raffigurazioni che il Sé va sperimentando una volta abbandonato il corpo fisico, in via definitiva con il trapasso o temporaneamente in stato di OBE, siano comuni a più individualità vibranti - come dire? - su di una stessa lunghezza d'onda, ovvero su di un piano di uguale sentire e delimitate quindi da un simile momento evolutivo, nulla cambiano alla sostanza del discorso.

Assolutamente altro è lo Spirito individualizzato, o “IO Reale” come, personalmente, preferisco chiamarlo, mutuando il termine dall’Amico Giorgio di Simone, da ciò che, come poc'anzi scrivevo, va sotto il nome di aldiquà, aldilà, corpo fisico, corpo astrale, corpo mentale, corpo akasico e via via tutta la congerie di piani e di sottopiani, tanto cari alla letteratura di certo vecchio occultismo.

Insomma, l’anima non è da confondersi con l’Io Reale, perché di questi è mero strumento.

E allora, coloro i quali intendono infirmare la validità del fenomeno OBE (che ricordo essere la sigla inglese di Out of Body Experience) confinandolo nell’ambito delle manifestazioni oniriche, data la somiglianza dei suoi “ambienti” con quelli umani, fatta questa premessa, dovrebbero ora tranquillizzarsi.

Almeno per quanto mi riguarda, e nei ristretti limiti della mia cultura e sensibilità, una certa pratica in questa materia acquisita in anni di esperienze, mi ha insegnato a distinguere ciò che è artificio di una mente ancora gravida dell'esperienza umana, terrena, da ciò che è riassumibile nella realtà dell’Essere libero dalle incrostazioni animiche e che possiamo tutt’al più intuire in minima parte e per brevi e illuminanti flash.

Così come noi, ora, non possiamo disconoscere la relativa oggettività delle forme fisiche e dell’ambiente in cui tutti ci muoviamo solo perché costituiscono un “inesistente” sul piano Assoluto, perché mai non dovremmo considerare e studiare la natura del post-mortem dal momento che un giorno tutti, vivaddio tutti, per un “tempo” più o meno lungo, dovremo soggiornarci?

 

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Primi segni dall'Assoluto

"Chi non ode la musica non danza; senza senso di festività non vi è festa."

Kerènyi

I bambini come me pregavano Gesù per avere la febbre.

Non troppo alta ma neppure tanto bassa. Diciamo un buon 37,5 di prima mattina: giusto che potesse bastare, insomma, per non andare a scuola. Specie d'inverno, quando il freddo era difficile da gestire e, molto spesso, da sopportare... La mamma, allora, non prima che papà se ne fosse andato a lavorare in FIAT col baracchino nella borsa, mi faceva andare nel lettone, ed io mi accoccolavo sopra i miei 7 anni gioiosamente febbricitanti. Che bello!

Una giornata intera e, forse, anche il giorno appresso e un altro ancora, a riempirmi il cuore delle speciali tenerezze che le mamme portano sempre in serbo per i figli con la febbre. Anche la mia, in quelle situazioni, era assai prodiga di amorevolezza, ma solo dopo che avesse fatto macerare nell’acqua gelida la carta di giornale recuperata, soprattutto nella casa della famiglia dove andava a “fare le ore” o dalla mia madrina di battesimo che “faceva il mercato” e spesso ne aveva di avanzo.

Quei fogli di giornale diventavano, allora, delle piccole “palle” che, una volta strizzate per benino, si mettevano ad asciugare vicino alla stufa fino al punto che non fossero diventate compatte e dure.

In quel tempo di vacche neppure tanto magre, ma per molti di noi del tutto inesistenti, questo e solo questo era il nostro combustibile per il riscaldamento. Nonostante le ristrettezze, la mia sorellina ed io (il fratellino non aveva ancora aperto gli occhi sul mondo) eravamo comunque sempre contenti e in modo particolare quando, almeno per quanto mi riguardava, avevo la febbre e pure la tosse.

E tu anche, mamma, perché in quelle giornate ti sentivo talvolta cantare, nonostante “i soldi che non bastavano mai”.

 

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Una volta, però...

Dunque, andiamo per ordine: era una fredda mattinata d’inverno, fuori nevicava ed io avevo in corpo la giusta temperatura, dormivo nel lettone, a “pancia all’ingiù”, come dicevamo noi bambini, e tu stavi certamente pressando le palle di carta di giornale, quando, a un certo momento, mi svegliai improvvisamente e - terrore! — ebbi la sensazione di non potermi più muovere.

Mi sentivo letteralmente paralizzato e, in quello stato di assoluta rigidità, pensai bene di gridare il tuo nome - mamma! - ma dalla bocca non sentivo fluire alcun suono e la mia richiesta di aiuto rimase, ovviamente, inappagata. Questione - che so? — di qualche breve attimo e tutto come d’incanto si normalizzò, ma accidenti che strizza quella volta! Ero molto spaventato e ti raccontai, con dovizia di particolari, cosa mi era successo.

“Che vuoi che sia - tu mi dicesti - sarà stato un incubo, ma adesso tutto è finito”.

E già, sarà stato sicuramente un incubo. Peccato, però, che di queste “brutte sensazioni” ne avrei vissute non poche durante il corso della mia prepubertà.

Queste piccole esperienze erano solite manifestarsi al momento del risveglio dal sonno pomeridiano, soprattutto nei periodi di vacanza alle colonie estive. Era per me normale risvegliarmi al suono della campanella, senza che mi riuscisse, se non dopo qualche interminabile secondo, di ripristinare, progressivamente e a partire dagli arti superiori, il movimento di tutto quanto il corpo quel tanto che mi consentisse, con mio sommo gaudio, di alzarmi finalmente dal letto! Tanto che poi imparai a non farci più caso.

Se è vero, come è vero, che nulla avviene per caso, oggi sono ragionevolmente certo che la stranezza di quei momenti di catalessi, peraltro comuni ad altri bambini, sono stati senz'altro propedeutici a ciò che mi sarebbe poi capitato di esperire durante il corso della mia esistenza.

 

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Il primo viaggio astrale

"Il corpo presta all’anima le sue sensazioni senza le quali l’anima non potrebbe fare esperienza della natura e della vita umana.

Non potrebbe già solo questo essere il cosiddetto senso della vita?"

Corrado Piancastelli

"Tutti sono convinti che una cosa sia impossibile, finché arriva uno che non lo sa e la realizza."

Albert Einstein

Tutto cominciò in una notte del 1977.

Con mia moglie e nostra figlia di tre anni, vivevamo in un appartamento molto piccolo. Il lettino di Patrizia l’avevamo posto a fianco del nostro, in uno spazio oltremodo ristretto. Io dormivo sul lato destro che dava verso la piccola.

Ad un tratto fui svegliato improvvisamente dal pianto di Patrizia.

Mi accorsi subito di trovarmi in uno stato che non mi permetteva il benché minimo movimento e, in quella rigidità motoria, feci una qualche fatica ad aprire financo gli occhi.

Per il tempo che ne ebbi, dal momento che il tutto si svolse nel giro di pochi ma intensissimi secondi, rimasi esterrefatto nel vedere, carponi a lato del letto, una figura umana di incerta quanto nebulosa consistenza e somaticamente disegnata sul modello maschile.

Ci fissammo negli occhi e indovinai chiaramente, in quel doppio, la mia immagine speculare!

Vissi un attimo di confusione e, a un certo punto, tra il me stesso ancora disteso sul letto e l’altro di fronte cominciò — e qui vorrei che per davvero le parole riuscissero a rendere l’idea di quanto stava accadendo — una vera e propria oscillazione della coscienza.

A veloce intermittenza, la consapevolezza del mio Sé poggiava ora su una ora sull’altra personalità, di modo che potevo alternativamente percepirmi nella mia interezza in ambedue gli stati.

Straordinario, al limite dell’immaginabile, e, per me che non mi ero mai trovato in una simile situazione, diciamo pure, di confine, e che dunque la sperimentavo per la prima volta, il fenomeno non lasciava dubbi sulla sua intrinseca realtà.

Tentai, allora, di alzarmi dal letto ma tosto mi accorsi che, a parte il movimento degli occhi, non mi era possibile muovere gli arti. Per alcuni lunghissimi istanti provai una sensazione di forte malessere e, a quel punto, mi prese il panico, che riuscii tuttavia a superare perché, contemporaneamente a quello stato di confusione, avvertii il prodursi nel mio interno di una forte energia che mi fece progressivamente recuperare l’uso di gambe e braccia.

Ebbene, a mano a mano che il mio corpo fisico riusciva con sforzo a compiere l’azione di alzarsi dal letto, simultaneamente vedevo l’altro rarefatto me disgregarsi nelle sue sempre più incerte forme che si riassorbivano, in rapida successione, nella individualità psico-fisica di un solo essere.

Fu così che mi ritrovai ritto in piedi, davanti alla spalliera del lettino della bimba che non aveva mai smesso di piangere. Riacquistai per intero la mia lucidità e la piena padronanza delle mie facoltà fisiche e intellettive.

Senza alcun indugio, quindi, protesi le braccia verso Patrizia per sollevarla dal lettino, ma, nell’atto di afferrarla, mi accorsi con mio grande, indicibile stupore, che le mani le attraversavano il corpicino e non avevano presa su di lei.

Era come se le mie braccia fisiche avessero subìto per qualche interminabile istante un prolungamento di impalpabile consistenza, sprofondate le quali nel corpo di Patrizia, con le mani fisiche riuscii finalmente ad alzare la bimba, fino a stringerla al petto.

Evidentemente ciò poté avvenire perché i due corpi, il fisico e quello indicato come astrale, non si erano ancora perfettamente integrati.

Calmai, allora, la mia bambina che, dopo qualche coccola, riprese a dormire...

Confesso che quella notte non mi riuscì di riprendere il sonno.

Mi sentivo emotivamente provato, confuso.

Lo stupore e la meraviglia di quanto mi era per la prima volta accaduto me lo portai dentro fino al mattino. E poi ancora.

Dovevo comunque capire, indagare, per comprendere che cosa mi era successo.

E da allora fu uno straordinario susseguirsi di “esperienze fuori del corpo”, del tutto spontanee, che si protrassero per alcuni anni.

 

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Data di Pubblicazione: 9 agosto 2022

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