Che cos'è il "vero amore"? Perché amiamo? Ha senso parlare di anima gemella? Esplora il sentimento dell'amore, leggendo il nuovo libro di Caterina Pettinato.
Conoscere se stessi attraverso l'Amore
L'Amore
“Come posso riconoscere l’Amore Vero?” gli chiesi.
“Finché non impari ad amarti non potrai riconoscerlo” mi rispose.
Un giorno che sembrava normale, due cuori iniziarono a ripulsare insieme.
Questa è la magia che gli umani chiamano Amore.
La mia vita è sempre stata guidata dall’amore, nel bene e nel male. A volte mi ha fatto bene e a volte mi ha fatto tanto male. Non ho mai contato quante volte ho sofferto e quante volte ho gioito per amore, forse ho sbagliato, perché troppo spesso ci si dimentica di quanto amore abbiamo realmente nella nostra vita.
Chissà perché sono più le volte che ripensiamo a quanto abbiamo sofferto più che ricordare quanto siamo stati bene. Ecco perché siamo pronti a dire facilmente che l’amore fa male, che l’amore fa soffrire. Ma vi garantisco che non è così.
Ci si ostina a voler dare una definizione di amore, ci si ostina a voler definire l’amore attraverso qualche parola. È come voler mettere in gabbia un uccellino e non farlo più volare. L'amore è tante cose e può essere definito con niente. L'amore può arrivare con dolcezza o impetuosità.
Ma c’è una cosa sulla quale non c’è dubbio sull'amore: l’amore fa stare bene, se fa stare male non è più amore.
Lo so che su questo punto potreste non essere d’accordo con me. In questo momento forse vi stanno venendo in mente tutte quelle volte in cui avete sofferto per amore, ma di una cosa sono certa, dal momento in cui l’amore inizia a farvi stare male non è più amore.
È finito un amore e pensate di non farcela perché vi manca l’altra persona? È solo illusione. Non esiste amore sano unidirezionale.
Quello che accade neurofisiologicamente quando amiamo e siamo amati è molto semplice. Ci sono due ormoni che sono coinvolti in particolare: l’ossitocina, chiamato anche l’ormone delle coccole, e la vasopressina, meno conosciuto ma implicato nelle relazioni di coppia, nell’empatia che si viene a creare quando si vive una storia di amore.
Questi ormoni vengono rilasciati quando si riceve amore e si dà amore, ma cosa succede quando l’amore finisce anche solo da una delle due parti? Si può continuare a parlare di amore?
I ricercatori che studiano la neurofisiologia dell’amore romantico (Fisher, Marrone, Aron e Mashek, 2010) hanno identificato modi comuni del cervello di reagire alla perdita di un rapporto speciale e i sei sistemi cerebrali che sono influenzati dallo stato emotivo in seguito ad una rottura.
Secondo questi neuroscienziati quando il sentimento che chiamiamo amore finisce anche solo da uno dei due partner viene meno la neurochimica dell'amore (ossitocina e vasopressina), ecco perché non si può più parlare di amore. Piuttosto subentrano in gioco altri ormoni che sono collegati a stati di iperattivazione e stress.
Questo stato di attivazione tradotto in stato emotivo è: sto soffrendo perché lo/la amo, l’amore fa male, sono ancora innamorato/a. Ma questa è solo un’illusione.
Tra i vari sistemi cerebrali che si attivano nella fase di rottura di una relazione c’è il cosiddetto sistema di incollaggio (Sistema di Bonding). È un sistema di collegamento gestito principalmente da ossitocina e vasopressina (ormoni implicati nella fase dell’amore). Questi neurotrasmettitori, rilasciati dall’ipofisi posteriore, sono i responsabili della fedeltà e dell’attaccamento al compagno ed hanno un ruolo importante nella nascita del sentimento.
Subito dopo una rottura, questo sistema può andare in overdrive e quindi spingere il pensiero e l’azione continuamente verso l’ex partner anche se si è consapevoli che se in fin dei conti si è stati lasciati non era il partner giusto per noi. A causa di questa chimica ci si può sentire soli e percepire una forte mancanza dell’altro ma è solo un vissuto emotivo, ossia ciò che cognitivamente il soggetto costruisce intorno alla situazione vissuta.
Quindi capite perché non si può continuare a parlare di amore dopo una rottura?
Semplice, perché gli ormoni rilasciati sono diversi e danno sensazioni diverse e negative rispetto alle sensazioni tipiche dell’ossitocina e la vasopressina. Si sperimentano così la mancanza, la tristezza, ansia, stress ecc... e siamo ben lontani da poter definire queste emozioni Amore.
Quindi l’amore è vero che non può essere definito con termini precisi, ma di una cosa siamo sicuri: fa stare bene e lo si percepisce fisicamente. Quindi esiste una definizione di amore? No. E sapete perché? Perché l’amore è un libro che ognuno di noi può scrivere. Ognuno di noi ha la sua storia e ogni storia meriterebbe un romanzo.
Perché amiamo
L’amore può essere bellissimo e inebriante, straziante e demoralizzante, spesso tutto ciò contemporaneamente.
Quindi perché amiamo sottoporci a questa girandola emotiva? Perché si ama nonostante tutto? La risposta più semplice sarebbe da imputare alla psicologia classica e alla scala dei bisogni di Maslow che tra i bisogni primari indicava anche il bisogno di amore e appartenenza, ma penso che dietro ci sia ben altro e di molto più complesso.
L’amore è veramente tutto ciò che ci serve per dare un senso alla nostra vita? Se comunque l’amore ha uno scopo forse né la scienza né la psicologia lo hanno ancora scoperto.
Vari filosofi hanno provato a dare una spiegazione rispetto l’amore romantico e perché si ama, e in letteratura si trovano versioni contrastanti, ma ognuna porta con sé, a mio parere, un pezzetto di verità.
Partiamo da Platone, il quale affermava che l’amore ha la funzione di renderci nuovamente “interi”, e diceva che si amava per tornare ad essere completi. Nel suo "Simposio" racconta la storia di Aristofane, il quale durante un banchetto raccontò che un tempo gli umani erano fatti da quattro braccia, quattro gambe e due facce.
Un giorno fecero arrabbiare Zeus che decise di dividerli. Da allora a ognuno manca una metà di sé. Ecco perché si è alla ricerca dell’anima gemella che secondo l'immaginario comune ha il compito di farci sentire completi. Una visione quella di Platone direi molto romantica e credibile soprattutto per chi è alla ricerca della propria anima gemella. Confutabile dal mio punto di vista in quanto bisognerebbe fare chiarezza sulla funzione dell’anima gemella.
Il filosofo tedesco Arthur Schopenhauer, invece, scriveva che si ama perché i nostri desideri ci portano a credere che un’altra persona ci renderà felici, per poi scoprire che non è proprio così. Il vero motivo per cui si ama è in realtà una forma di rispetto verso la natura umana che è dedita alla procreazione.
È come se la natura ci ingannasse per farci procreare e, aggiunge, alla fine quello che noi chiamiamo amore si consuma nei figli. Quando i nostri desideri sessuali sono soddisfatti, si è gettati nuovamente nelle nostre tormentate esistenze. Quindi l’amore sembra essere solo una scappatoia dalla nostra solitudine.
Quella di Schopenhauer è una visione più fatalista dell'amore, facilmente confutabile in quanto a mio parere non si può ricondurre all’amore esclusivamente un ruolo procreativo, saremmo tutti apatici e forse ammalati di sesso.
Per il filosofo premio Nobel Bertrand Russel, amiamo perché si ha paura del mondo freddo e crudele e l’amore rappresenta una sorta di guscio sotto il quale proteggerci. Questa di Russel inizia ad essere una visione con sfumature più umane e che si pone in mezzo tra la versione romantica di Platone e versione fatalista di Schopenhauer.
Poi l’idea dell’amore come “guscio” sinceramente mi piace, è comunque un aspetto che è importante e che di sicuro contribuisce a fare nascere l’amore.
Buddha invece propone una visione egoistica di amore. Egli affermava che si ama solo per soddisfare dei bisogni primari. I desideri passionali erano considerati difetti e i legami, tra i quali l’amore romantico, erano visti come una grande fonte di sofferenza. Ecco perché Buddha arrivò alla scoperta dell’ottavo sentiero, un modo per estinguere le fiamme del desiderio per raggiungere il Nirvana, uno stato di coscienza illuminato di pace, chiarezza, saggezza e compassione.
Pensiero molto discutibile in quanto in questo caso l’amore viene visto solo dalla parte della sofferenza, ma sappiamo bene che non è così. Sennò saremmo veramente tutti dei misantropi e vivremmo come gli uomini della caverna platonica di ombre in una vana attesa di poter arrivare alla luce del sole.
Una filosofa che mi è sempre piaciuta, infine, è la francese Simone de Beauvoir, la quale suggerì che l’amore rappresenta il desiderio di integrarsi con un altro che infonda significato alle nostre vite. Finalmente una visione direi equilibrata dell’amore. Poco interessata alla domanda del perché si ama, piuttosto più interessata a trovare una risposta sul come poter amare meglio.
Realizzò che il problema dell’amore romantico tradizionale è che può essere così accattivante che a volte viene trasformato nella nostra unica ragione di vita. Sappiamo però molto bene come la dipendenza dall’altro non porta ad una forma di amore sano, ma questo lo vedremo più avanti.
Per questo motivo Beauvoir consigliava di amare autenticamente, come in un’amicizia. Le persone che si amano veramente si sostengono nella scoperta di se stessi, nell’arrivare al di là di se stessi, nell’arricchire insieme le proprie vite e il proprio mondo.
Ecco perché io ripeto sempre ai miei pazienti che l’altro non deve completarci ma arricchirci sennò non è amore sano ma dipendenza. L’amore sarà sempre una corsa su una montagna russa emotiva. Ci può far soffrire e volare allo stesso tempo. Forse perdiamo noi stessi, forse ritroviamo noi stessi. Può rivelarsi straziante oppure la cosa migliore della nostra vita, ma il tutto rimane a quanto coraggio abbiamo di volerlo scoprire.
E nonostante tutto continueremo ad amare.
Data di Pubblicazione: 7 gennaio 2022